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sabato 14 luglio 2018

Le Janare


di Delia Cacciapuoti


I racconti delle anziane donne isolane ai figli e ai nipoti narravano della presenza a Procida delle janare, ‘e ghjanare (in dialetto) e delle loro gesta. Queste donne erano dotate di poteri straordinari e si diceva che vivessero in capanne o nelle grotte.Una notte Delis, le aveva scoperte: la coraggiosa che amava camminare nella verde macchia mediterranea, per ascoltare i rumori ed i silenzi della natura, portava sempre con sé un pugnale. Aveva visto le janare sotto alberi centenari in cerchio intorno al fuoco, preparavano erbe medicinali, pozioni d’amore e di veleni, cantando delle nenie: Delis ne era rimasta estasiata, ma si era allontanata attenta a non farsi scoprire, le era rimasta la curiosità di saperne di più; aveva confidato all’amica Maria la sua scoperta. Altre voci raccontavano che le janare, cosparse di un unguento magico, prendessero il volo per assumere sembianze di animali, capre, uccelli, gatti e che si radunassero nelle notti senza luna, lungo le spiagge, compiendo riti magici e propiziatori.


In una di quelle notti, Delis e Maria erano state testimoni dei loro riti; uscite nella notte le due donne si erano inoltrate nella vegetazione con l’intento di incontrare le janare; impaurite camminarono a lungo, ma erano decise a proseguire, si appoggiavano agli alberi per riposarsi e si sentivano protette dalla loro presenza. Le amiche avanzavano nel buio e finalmente udirono in lontananza delle voci basse che arrivavano come un eco: parevano preghiere, come un mantra.
Maria era emozionata; avevano ripreso a camminare, sentivano un insieme di suoni e la voce del mare le avvisava che erano arrivate; si erano nascoste dietro una duna di sabbia da cui potevano vedere le janare danzare: ballavano e saltavano a pedi nudi al ritmo dei loro canti e dei tamburelli, con il palmo delle mani battevano con forza gli strumenti e l’intensità del ballo aumentava. La potenza del fuoco e della musica esaltava i loro sensi. La guardavano eccitate colpite dallo spettacolo che si presentava ai loro occhi: le donne in cerchio continuavano il loro ballo con gli occhi rivolti al cielo e poi a terra, con un ritmo travolgente per crollare poi sulla sabbia, bagnate di sudore, di unguenti e di salsedine... Le due donne si erano guardate senza parlare, nei loro sguardi si leggeva il desiderio di entrare in quel cerchio e di ballare con loro, ma quello che avevano visto oltre che a sconvolgerle aveva dato loro un’idea: la possibilità di entrare in contatto con le janare.
Erano scappate dalla spiaggia senza farsi scoprire, per raccontare ai loro uomini l’avventura di quella notte.
Il gruppo Procida libera, dopo il racconto di Maria e Delis sulle janare, aveva deliberato di mandarle ad incontrare Rosina: si diceva fosse una di loro, avevano saputo che aveva anche fama di essere una strega dedita al bene.
Le due donne andarono una notte nella grotta dove viveva Rosina, la quale le lasciò entrare nella sua tana disadorna: indossava un vestito lungo di tela di lino, aveva capelli biondi lunghi e ricci ed era scalza. In quella casa di pietra c’era della paglia con l’impronta del suo corpo ed una coperta cucita insieme con tanti pezzi di sacco. Da un pentolone di coccio sul fuoco usciva del vapore, un forte profumo di erbe aromatiche riempiva l’angusta dimora; le ospiti sedute su pietre lisce unica comodità di quel posto respiravano l’aroma incuriosite, ma non osavano chiedere nulla, mentre Rosina in piedi, le fissava. Nella grotta si era creata una strana e magica atmosfera: l’unica candela con la sua luce tremolante proiettava le sagome delle tre donne sulla parete e ad ogni piccolo gesto sembravano marionette guidate da fili invisibili o disegnate da un’abile mano.
Maria e Delis, erano arrivate con coraggio e ora di fronte alla janara, la guardavano intimorite e mute. La presenza della donna che le scrutava con i suoi occhi azzurri come il cielo e l’atmosfera della sua tana le aveva trasportate fuori dal tempo, in un luogo di magie e di streghe... Ma, erano tornate ben presto alla realtà; il motivo per cui si trovavano lì era troppo importante
per l’isola. Confidavano nei poteri della janara e non potevano perdere tempo. Incominciarono a parlare, le dissero che erano volontarie di Procida libera,
conoscevano la sua fama di guaritrice e le sue magie, per questi motivi le chiedevano di volare nella notte stessa sopra le vele dei vascelli, mentre i volontari avrebbero rapito i felini. Rosina le aveva ascoltate attentamente, nel sentire le intenzioni di tutto il paese e ricordando le barbarie inflitte ai gatti dal re Borbone, un velo di tristezza era apparso nei suoi occhi; rispose alle donne che avrebbe fatto quello che le chiedevano per la causa di Procida: sorvolare le navi con il potere della sua magia..Aveva poi offerto loro, in ciotole di pietra il liquido di un colore verdastro contenuto nella pentola; dopo aver bevuto la bevanda che aveva uno strano gusto piccante, ringraziarono la janara con un sorriso e, uscirono dalla grotta con la testa che girava... erano così inebriate che ballarono felici prima di tornare a casa: la luna ammiccava sorniona.

- Estratto dal libro "Una storia di Procida (per gatti ed umani) di Delia Cacciapuoti -

2 commenti:

  1. Racconto interessante e magico, vorrei leggere tutto il libro. Dove posso acquistarlo. Brava Delia, Gaia.

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  2. Grazie Gaia, se sei di Milano lo puoi trovare alla libreria
    DEL CONVEGNO via Lomellina,35 tel. 02-743556.
    Tanti saluti e grazie. Delia Cacciapuoti

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