di Delia Cacciapuoti
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I racconti delle anziane donne isolane ai
figli e ai nipoti narravano della presenza a Procida delle janare, ‘e ghjanare
(in dialetto) e delle loro gesta. Queste donne erano dotate di poteri
straordinari e si diceva che vivessero in capanne o nelle grotte.Una notte
Delis, le aveva scoperte: la coraggiosa che amava camminare nella verde macchia
mediterranea, per ascoltare i rumori ed i silenzi della natura, portava sempre
con sé un pugnale. Aveva visto le janare sotto alberi centenari in cerchio intorno
al fuoco, preparavano erbe medicinali, pozioni d’amore e di veleni, cantando
delle nenie: Delis ne era rimasta estasiata, ma si era allontanata attenta a
non farsi scoprire, le era rimasta la curiosità di saperne di più; aveva
confidato all’amica Maria la sua scoperta. Altre voci raccontavano che le
janare, cosparse di un unguento magico, prendessero il volo per assumere
sembianze di animali, capre, uccelli, gatti e che si radunassero nelle notti
senza luna, lungo le spiagge, compiendo riti magici e propiziatori.
In una di quelle notti, Delis e Maria
erano state testimoni dei loro riti; uscite nella notte le due donne si erano
inoltrate nella vegetazione con l’intento di incontrare le janare; impaurite
camminarono a lungo, ma erano decise a proseguire, si appoggiavano agli alberi
per riposarsi e si sentivano protette dalla loro presenza. Le amiche avanzavano
nel buio e finalmente udirono in lontananza delle voci basse che arrivavano
come un eco: parevano preghiere, come un mantra.
Maria era emozionata; avevano ripreso a
camminare, sentivano un insieme di suoni e la voce del mare le avvisava che
erano arrivate; si erano nascoste dietro una duna di sabbia da cui potevano
vedere le janare danzare: ballavano e saltavano a pedi nudi al ritmo dei loro
canti e dei tamburelli, con il palmo delle mani battevano con forza gli
strumenti e l’intensità del ballo aumentava. La potenza del fuoco e della
musica esaltava i loro sensi. La guardavano eccitate colpite dallo spettacolo
che si presentava ai loro occhi: le donne in cerchio continuavano il loro ballo
con gli occhi rivolti al cielo e poi a terra, con un ritmo travolgente per
crollare poi sulla sabbia, bagnate di sudore, di unguenti e di salsedine... Le
due donne si erano guardate senza parlare, nei loro sguardi si leggeva il
desiderio di entrare in quel cerchio e di ballare con loro, ma quello che
avevano visto oltre che a sconvolgerle aveva dato loro un’idea: la possibilità
di entrare in contatto con le janare.
Erano scappate dalla spiaggia senza farsi
scoprire, per raccontare ai loro uomini l’avventura di quella notte.
Il gruppo Procida libera, dopo il racconto di Maria e Delis sulle
janare, aveva deliberato di mandarle ad incontrare Rosina: si diceva fosse una
di loro, avevano saputo che aveva anche fama di essere una strega dedita al
bene.
Le due donne andarono una notte nella
grotta dove viveva Rosina, la quale le lasciò entrare nella sua tana disadorna:
indossava un vestito lungo di tela di lino, aveva capelli biondi lunghi e ricci
ed era scalza. In quella casa di pietra c’era della paglia con l’impronta del
suo corpo ed una coperta cucita insieme con tanti pezzi di sacco. Da un
pentolone di coccio sul fuoco usciva del vapore, un forte profumo di erbe
aromatiche riempiva l’angusta dimora; le ospiti sedute su pietre lisce unica
comodità di quel posto respiravano l’aroma incuriosite, ma non osavano chiedere
nulla, mentre Rosina in piedi, le fissava. Nella grotta si era creata una
strana e magica atmosfera: l’unica candela con la sua luce tremolante
proiettava le sagome delle tre donne sulla parete e ad ogni piccolo gesto
sembravano marionette guidate da fili invisibili o disegnate da un’abile mano.
Maria e Delis, erano arrivate con coraggio
e ora di fronte alla janara, la guardavano intimorite e mute. La presenza della
donna che le scrutava con i suoi occhi azzurri come il cielo e l’atmosfera
della sua tana le aveva trasportate fuori dal tempo, in un luogo di magie e di
streghe... Ma, erano tornate ben presto alla realtà; il motivo per cui si
trovavano lì era troppo importante
per l’isola. Confidavano nei poteri della
janara e non potevano perdere tempo. Incominciarono a parlare, le dissero che
erano volontarie di Procida
libera,
conoscevano la sua fama di guaritrice e le
sue magie, per questi motivi le chiedevano di volare nella notte stessa sopra
le vele dei vascelli, mentre i volontari avrebbero rapito i felini. Rosina le
aveva ascoltate attentamente, nel sentire le intenzioni di tutto il paese e
ricordando le barbarie inflitte ai gatti dal re Borbone, un velo di tristezza
era apparso nei suoi occhi; rispose alle donne che avrebbe fatto quello che le
chiedevano per la causa di Procida: sorvolare le navi con il potere della sua
magia..Aveva poi offerto loro, in ciotole di pietra il liquido di un colore
verdastro contenuto nella pentola; dopo aver bevuto la bevanda che aveva uno
strano gusto piccante, ringraziarono la janara con un sorriso e, uscirono dalla
grotta con la testa che girava... erano così inebriate che ballarono felici
prima di tornare a casa: la luna ammiccava sorniona.
- Estratto dal libro
"Una storia di Procida (per gatti ed umani) di Delia Cacciapuoti -
Racconto interessante e magico, vorrei leggere tutto il libro. Dove posso acquistarlo. Brava Delia, Gaia.
RispondiEliminaGrazie Gaia, se sei di Milano lo puoi trovare alla libreria
RispondiEliminaDEL CONVEGNO via Lomellina,35 tel. 02-743556.
Tanti saluti e grazie. Delia Cacciapuoti