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venerdì 14 aprile 2017

"Tokyo transit", di Fabrizio Patriarca

(a cura di Mimma Zuffi)
66th and 2nd - pagg. 208 - € 18,00


66thand2nd candida al Premio Strega TOKYO TRANSIT di Fabrizio Patriarca

Tokyo transit, di Fabrizio Patriarca, è il candidato di 66thand2nd all’edizione 2017 del Premio Strega. A presentarlo sono Alessandro Piperno e Raffaele Manica, entrambi convinti sostenitori dell’originalità e della ricchezza della lingua con cui Patriarca mette in scena l’epopea di Alberto Roi, figlio di un magnate romano delle fotocopie, e di Thomas Asca, maltese, filosofo nichilista dedito al culto della cocaina: due picari contemporanei, in fuga dall’Europa e destinati a trovare, nello stridio meccanico della megalopoli giapponese, uno specchio delle proprie nevrosi più profonde.


“Tokio transit – scrive Alessandro Piperno - è un’allucinazione edonista che fa pensare a Strange Days di Kathryn Bigelow: forse per la messa in scena sfacciatamente distopica, forse perché c’è poca luce e troppa oscurità, o forse per il consumo ipertrofico di sesso e cocaina, o più probabilmente perché è dolce crogiolarsi in questo nulla.
Certo è che lo stile di Patriarca, le immagini, i giri di frasi, l’audacia, la sfrontatezza declamatoria gli garantiscono un bel posto con vista nel panorama della narrativa italiana contemporanea”. 

Secondo Raffaele Manica la prosa di Patriarca è un “Un caso di rara consapevolezza e sorveglianza dei mezzi dispiegati, che segnala l’autore e il suo romanzo come una delle voci più originali e convincenti dell’annata letteraria”.

Tokyo, dicembre 2005. Alberto e Thomas, due trentenni che si conoscono fin dai tempi dell’Università, sopravvivono nella capitale giapponese, maestri nel «naufragare a vista» tra i quartieri, i personaggi, i vizi della metropoli. Entrambi hanno un passato che li perseguita, inclinazioni socialmente discutibili e un complesso di nevrosi decisamente fuori moda. Alberto tenta di placare un’indomita ossessiona per il sesso aggrappandosi alle carezze di Masuoka Motoko, una misteriosa sessantenne scampata all’attentato alla metropolitana del 1995. Thomas, schiavo dei dettami della sua unica amante, la cocaina, sbarca il lunario portando a spasso turisti stranieri per vendere loro qualche emozione maudit.  Un’avventura lunga un giorno – su e giù per Shinagawa, Asakusa, Ginza, Shibuya, Odaiba e Roppongi –, in una città «immersa in un gelo cauterizzato senza benefit di sorta», dove i due uomini sono costretti ad affrontare i loro fantasmi. Ne esce un’epopea caustica e bruciante, raccontata con una lingua iperbolica che abbatte a scudisciate i mulini a vento di una contemporaneità fieramente disperata. Perché i giapponesi, come scriveva Kafka, non sono altro che «pensieri suicidi nella mente di Dio».

Motivo principale di fascinazione di Tokyo transit è senz’altro la lingua… una metaforizzazione a tavoletta, una prosa strafatta che può ricordare quella del primo Nicola Lagioia, ma che piuttosto si ispira, forse, alla brillantezza da forzato di Martin Amis - Andrea Cortellessa, La Stampa TTL

Tokyo transit è un romanzo che affonda nel male di vivere di due trentenni alla deriva in un nichilismo dissipativo, dove anche il cupio dissolvi ha una sua vitalità – Cristina Taglietti, La Lettura

Mi ha lasciata sopresa, interdetta, ammirata. Raramente capita di trovare una proprietà lessicale di questa portata, una ricchezza terminologica e un linguaggio pirotecnico, direi, allucinato, a tratti. Michela Murgia, Quante Storie – Rai 3


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