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sabato 31 ottobre 2015

IL VAMPIRO - UNA STORIA SENZA TEMPO - 1


di Selene G. Rossi

Il vampiro nella storia

Lilith secondo John Collier (1892)
Parente prossimo del licantropo - narra la leggenda che al momento della morte un lupo mannaro diventi vampiro - e assurto a icona orrorifica nel 1897 con la pubblicazione di Dracula di Bram Stoker, il vampiro incarna da sempre una funzione apotropaica. Le prime tracce di questo essere nato in forma di donna risalgono a Lilitu, temuto demone della civiltà babilonese di cui esiste una raffigurazione - nota come Rilievo di Burney - risalente al 1765-1745 a.C., ora custodita presso il British Museum di Londra (1). Conosciuto anche come Lilith, questo demone si ritrova anche nella mitologia ebraica. Secondo la tradizione cabalistica, prima di creare Eva, Dio donò ad Adamo - creato con sabbia purissima - un’altra compagna, ovvero Lilith, plasmata con un composto melmoso. Dopo un primo periodo di attività sessuale intensa, la donna rifiutò di continuare a essere “sottomessa,” volendo invece assumere una posizione dominante. Ribellatasi all’ira di Adamo, Lilith fuggì dall’Eden. Ascoltata la supplica dell’uomo, che rivoleva la propria consorte, Dio inviò tre angeli  - Sanvi, Sansavi e Semangelaf - in cerca della donna che, rifugiatasi nei pressi del Mar Rosso, si era unita carnalmente con alcuni demoni, insieme ai quali aveva procreato numerosi figli - chiamati lilin. Rifiutandosi di obbedire all’ordine di Dio, che la voleva ancora a fianco di Adamo, Lilith, ora con pieno potere su neonati, uomini e fanciulle, giurò che se avesse visto i nomi degli angeli scritti vicino a qualunque neonato, questo sarebbe stato risparmiato.  

In realtà, tracce di Lilith, seppure implicite, compaiono anche nella Bibbia; si legge infatti nella Genesi: «E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. […] Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole  e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: “Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta» (Gn 1, 20 e Gn 2, 20-23). 

Nella mitologia greca Lilith, succube equivalente femminile dell’Incubo, fu assorbita dalla figura di Ecate, regina dell’oltretomba a capo di un esercito di demoni di cui faceva parte l’Empusa, «demone femminile, capace di assumere vari aspetti, fra i quali quello di cagna, vacca  o bella fanciulla. In quest’ultima forma questi demoni femminili si giacevano con gli uomini la notte o durante la siesta pomeridiana, succhiandone la forza vitale e provocandone la morte» (2). In seguito, l’Empusa si unì alla Lamia, demone di origine libica, acquisendone identiche caratteristiche di succube. Narra la leggenda che Zeus si fosse invaghito di Lamia, figlia del re Belo, da cui ebbe numerosi figli. Infuriata e gelosa per il tradimento del consorte, Era uccise tutti i figli della coppia - solo Scilla riuscì a sopravvivere - cagionando in Lamia un dolore tale che la donna si trasformò in mostro crudele che, incapace di sopportare la morte della propria prole, decise di vendicarsi divorando i piccoli di altre donne.  
Archetipicamente femminili, questi esseri malvagi assunsero connotazioni maschili con il passare dei secoli, deprivando pertanto la donna demoniaca del potere di ribellione di cui era stata dotata fino a quel momento. E come nel caso del lupo mannaro, «sulla mitologia pagana del vampiro si innesta la nuova mitologia costruita dalla Chiesa. Si suggerisce che i preti e Dio sono i migliori protettori contro il vampiro. Questo innesto muta anche il vampiro stesso: se nelle credenze popolari il vampiro può anche essere pericoloso solo relativamente, mantenere degli aspetti umani e dei sentimenti, la Chiesa nega al vampiro ogni complessità, lo rende esclusivamente nocivo e pericoloso. Il vampiro diventa il nemico» (3). 
Semioticamente presente nell’immaginario occidentale solo a partire dal Secolo dei Lumi (4), il vampiro è da sempre presente anche nella storia occidentale. A partire dalle striges dell’antica Roma, passando per il Blautsauger bosniaco - creatura priva di scheletro e pelosa come un lupo - o per il Vukodlak montenegrino - in grado di diventare lupo sotto l’influsso della luna piena -, questo essere è spesso stato considerato causa scatenante delle epidemie che afflissero l’Europa medievale. Ritenuti una vera e propria piaga sociale, soprattutto nei Paesi dell’est, i vampiri iniziarono a essere
perseguitati in tutta Europa, dando vita a una versione necrofila della “caccia alle streghe” che si era abbattuta sul mondo occidentale.

Incisione xilografica raffigurate Barbablù disegnata da
Gustave Doré (1867) e Gilles de Rais
secondi Eloi Firmin Fèron (1835)
Nel 1440, la Francia e l’Europa intere furono scosse da una scoperta agghiacciante che non solo trasportò il vampiro dal mondo delle campagne a quello aristocratico, ma che gettò anche le fondamenta per la leggenda di Barbablù; nel settembre 1440, Gilles de Laval signore di Rais, valoroso maresciallo e compagno d’armi di Giovanna d’Arco nella guerra dei Cent’anni, fu arrestato con l’accusa di lesa maestà e alto tradimento per essere entrato in una chiesa e aver rapito il prelato Jean de Ferron, sacerdote di St. Etienne de Mermorte, fratello di Geoffroy Le Ferron, tesoriere di Giovanni V, Duca di Bretagna. 

Già fortemente sospettato per la scomparsa di numerosi bambini e ragazzi delle campagne francesi, Gilles fu indagato dal Vescovo di Nantes che, dopo aver fatto perquisire i castelli del nobile e aver rinvenuto i resti di numerosi cadaveri, lo fece arrestare. Processato per quarantanove capi di accusa - tra i quali eresia, stregoneria, stupro, sodomia e omicidio - sia dal Tribunale Ecclesiastico sia da quello Civile, e minacciato di essere sottoposto a tortura, de Rais confessò i suoi crimini - si pensa che le sue vittime si aggirino tra ottanta e duecento - e fu condannato al rogo. La vita terrena di questo spietato Barone giunse al termine il 26 ottobre 1440, centosettanta anni prima della nascita di Erzsébet Bathory, Contessa sanguinaria protagonista di fatti altrettanto sconvolgenti che turbarono l’Ungheria.
Questa nobildonna transilvana, sorella di Stefan - Principe di Transilvania, Re di Polonia e compagno d’armi di Vlad III -, moglie a quindici anni del Conte Ferencz Nadasdy e vedova a quarantaquattro, aveva mostrato fin da giovane una propensione alla crudeltà e al sadismo più estremi, palesatisi nelle torture inflitte ai danni delle cameriere che fallivano nell’eseguire gli ordini da lei impartiti. Questa
Erzsébet Batory
in un ritratto
conservato presso
il Museo Nazionale
di Bucarest
donna estremamente vanitosa iniziata all’occulto in giovane età, comprimaria di tresche amorose e tradimenti ai danni dell’ignaro marito - che alla moglie aveva sempre preferito l’arte della guerra - si ritrovò, poco più che quarantenne, a dover affrontare una crisi di mezza età che acuì ulteriormente la sua depravazione. Aiutata dal servitore Thorko, dalla vecchia bàlia Ilona, e dalle streghe Dorottya e Darvulia, Erzsébet iniziò a procurarsi il sangue di vergini in cui immergersi per ottenere una bellezza imperitura. Sempre più desiderosa di procacciarsi materia prima, e certa che del sangue nobile sarebbe stato più utile per la sua causa, la Contessa istituì un’accademia ove alcune fanciulle di rango elevato avrebbero potuto portare a termine un ciclo di studi che avrebbe permesso loro di raffinare la propria educazione. La scomparsa di queste giovani, vittime dello stesso destino toccato alle contadine che avevano varcato la soglia del Castello di
Cséjthe, fece sorgere molti dubbi sulle reali attività che si svolgevano all’interno del maniero. Ben presto, queste voci giunsero all’orecchio dell’Imperatore ungherese Mathias II che, incaricato il Conte Thurzo, cugino di Erzsébet, scoprì una terribile verità. Il 30 dicembre 1610, penetrato nel castello a capo di uno squadrone di soldati, Thurzo rinvenne i cadaveri mutilati di numerose vittime. Diversamente dai suoi soci nel crimine, condannati a morte, Erzsébet fu processata e condannata a essere murata all’interno di una stanza della sua fortezza dove fu ritrovata priva di vita nell’agosto del 1614.
Come già accennato all’inizio, le leggende dedicate ai vampiri furono raccolte in Dracula, romanzo di Bram Stoker alla base dei più dissacranti film horror degli anni Trenta e Cinquanta. Ma in realtà, come nota M. J. Trow, «Bram Stoker non “creò” Dracula; lo attinse dalle leggende di Arminius Vambery [filologo, storico e scrittore ungherese amico di Bram Stoker] e semplicemente operò una trasposizione, mescolando i varcolac e gli strigoi, creature notturne romene, con un personaggio storico realmente esistito. L’ossessione per il sangue […] accomuna il voivoda e il conte. I metodi di esecuzione di un vampiro (il cuore trafitto da un palo) sono una evidente variante dell’impalamento. La decapitazione dei vampiri come unico modo di ucciderli fu il destino di Vlad e di suo padre. Durante il giorno, il vampiro dorme in una bara (è seppellito vivo come Mircea, il fratello di Vlad). Il suo “ritorno dal mondo dei morti” per governare la Valacchia, non una, ma tre volte; i suoi attacchi notturni a danno dei Turchi; l’essere proprietario non solo di un “castello di Dracula” ma di diversi castelli; tutto ciò ha un evidente correlazione con l’opera di Stoker» (5).

Ritratto di Vlad III Teps conservato nel castello
di Ambras, Innsbruck
Figlio di Vlad II Dracul, Vlad III Tepes, ovvero l’Impalatore, era conosciuto anche come Dracula, o “Figlio di Dracul,” ovvero del Dragone o del Diavolo; infatti, come notano Franco Pezzini e Angelica Tintori in The Dark Screen, «in prima battuta Dracul richiama infatti il ‘dragone,’ simbolo araldico di forza già usato in età romana e riferito all’insegna personale di Vlad II o -come più spesso affermato -al fatto della sua appartenenza all’Ordine del Dragone (Societas Draconis o Draconistarum). […] D’altro canto, in ambito popolare valacco, Dracul indica il diavolo, proprio attraverso il richiamo al dragone-serpente: e che la ferocia di Vlad III sia in grado di evocare il concetto di ‘figlio del demonio’ non sembra strano» (6).
Nato tra il 1429 e il 1431 in Romania, una decina d’anni prima dell’arresto e della condanna di Gilles de Rais, nel 1442 Vlad III e il Fratello Radu il Bello furono lasciati in ostaggio ai turchi dal padre. Questa permanenza obbligatoria segnò profondamente Vlad III che, tornato in Valacchia per succedere al padre, si ritrovò a fare i conti con Vladislav II, voivoda designato da Hunyadi, reggente di Ungheria, che dopo due mesi dal ritorno di Vlad II si riappropriò del trono.  Dopo essere stato costretto all’esilio per otto anni, e ora appoggiato da Hunyadi, Vlad tornò a governare la Valacchia fino al 1462. In quegli anni, a partire dalla caduta di Costantinopoli (1453) presa dai Turchi guidati dal Sultano Maometto II, la cristianità si trovava sotto assedio. Papa Pio II, preoccupato che i princìpi cristiani potessero crollare con l’invasione Ottomana, «propone ai prìncipi cristiani -tra i quali Mattia  , figlio di Hunyadi e re d’Ungheria -un piano di crociata antiturca: ma in pratica è soltanto Dracula a sottoscriverlo con entusiasmo» (7).

Fu proprio in questi anni che il voivoda perpetrò la maggior parte delle atrocità a lui imputate. Anche se l’impalamento era tra le torture preferite da Dracula, questo non era l’unico mezzo a cui ricorreva per mantenere il potere incutendo terrore. Ne Il racconto su Drakula voivoda, libello pubblicato nel 1453 per esaltarne le gesta, l’anonimo autore cita, tra i tanti, un episodio che serve a gettare luce sulla crudeltà e sull’arguzia del tiranno: «Un giorno arrivarono da lui due ambasciatori del sultano turco e entrando, inchinandosi secondo la propria abitudine, non si tolsero però i cappelli. Egli quindi chiese loro: “Perché vi siete comportati così: siete venuti da un grande signore e mi avete fatto un tale scorno?”. Essi così risposero: “Questa è la nostra usanza, signore, e del nostro paese”. Allora egli rispose loro: “E io voglio confermare la vostra usanza, affinché la manteniate con la forza”. E ordinò di inchiodare i cappelli alle loro teste con piccoli chiodi di ferro, e li congedò dicendo: “Andate, dite al vostro signore: egli è abituato a sopportare tale disonore da parte vostra, ma noi non lo siamo, che non mandi le sue usanze da altri signori, i quali non le vogliono avere, ma che se le tenga per sé”» (8).

Nonostante i successi ottenuti durante la sua campagna contro i Turchi, Vlad III non fu sostenuto da Mattia Corvino che cercò anzi di diffamarlo, giungendo al punto esibire prove false create ad hoc per farlo arrestare con l’accusa di tradimento. Prigioniero in Ungheria fino al 1475, Vlad ottenne la libertà probabilmente grazie alla conversione al cattolicesimo e al matrimonio con una parente di Corvino. Inoltre, l’emergenza turca era ancora più viva che mai. Fu così che il sovrano ungherese lo ricandidò al trono contro Basarab III, il voivoda regnante. A capo della Valacchia per la terza volta, da ottobre a dicembre, Vlad si trovò però costretto ancora una volta a combattere contro i turchi. Lasciato solo dai suoi alleati, ed esposto agli attacchi nemici, Vlad rimase ucciso. Ed è proprio a partire da questo momento che la leggenda sorta intorno a questo crudele tiranno, abile condottiero, inizia a svilupparsi fino a raggiungere i toni della tragedia misteriosa e orrorifica che caratterizzerà la sua, involontaria, incursione nel mondo della fiction. «Sulle circostanze della morte, tagliato a pezzi dai nemici o decapitato da un traditore o trafitto da una miriade di lance, non vi è certezza. Ma il mistero aleggia pure sulla sepoltura. Come da usanza presso gli Ottomani, lo scalpo -comprendente la pelle del viso, oltre ai capelli -dell’acerrimo nemico viene riempito di cotone e imbalsamato, per essere poi pubblicamente esposto: così deve probabilmente interpretarsi l’inesatta notizia sulla decapitazione del corpo di Dracula» (9).


Il vampiro nel cinema

Bela Lugosi (a sinistra) e Chris Lee nei
panni del Conte Dracula
Partendo dal presupposto che gli unici due veri  - e degni -  interpreti del mefistofelico Conte sono stati Bela Lugosi in Dracula (Tod Browning, 1931) e Christopher Lee in Horror of Dracula (Terence Fisher, 1958), e che su di loro è stato scritto di tutto, in questo breve excursus sulla mitologia vampiresca tratterò alcuni film conosciuti e altri - per fortuna - meno noti ai più.

Tra  i  flop  più memorabili, non può non essere menzionato The Legend of the 7  Golden  Vampires  (Roy Ward Baker, 1974). Dopo il grande successo riscosso da The Curse of Frankenstein (Terence Fisher, 1958), Horror of Dracula, e The Mummy (1959, Terence Fisher), lo Studio britannico Hammer aveva investito ogni sua risorsa sulla produzione di sequel e rielaborazioni dei temi affrontati in queste tre pellicole, senza però riuscire più ad aggiungere qualcosa di nuovo. The Legend of the Seven Golden Vampires, divertissement fine a se stesso ricco di scene di arti marziali, in cui vediamo il Conte Dracula muoversi in Cina  può essere classificata come il Canto del cigno della Hammer.


Il principe Manuvalda si risveglia dopo un sonno ristoratore

Ma gli anni Settanta videro anche due importanti produzioni vampiresche. La prima, Blacula (William Crain, 1972), è il primo esempio di blaxploitation in cui sono descritte le avventure del principe africano Manuwalde che, duecento anni dopo essere stato contagiato dal Conte Dracula, si ritrova a Los Angeles. La seconda è Nosferatu -Phantom der Nacht, diretto da Werner Herzog nel 1979. Remake fedele all’originale del 1922 (Nosferatu, eine Symphonie des Grauens, di F.W. Murnau), il film si distacca però da questi per il modo in cui il Conte Dracula, non più Orlock, soffre per la propria condizione di essere dannato. Intrappolato dalla propria follia e dalla maledizione, Essere escluso e discriminato che presenta tratti eversivi rispetto alla società in cui si muove, il Dracula di Kinski è costretto a vivere come vampiro per colpa dell’istinto, senza essere mosso dalla distruzione fine a se stessa.

Ragazzi perduti al completo

 Il decennio successivo fu testimone invece della nascita di numerosi horror contaminati dalla commedia e rivolti a un pubblico di adolescenti e preadolescenti. Tra questi vanno ricordate pellicole come Ghostbusters (Ivan Reitman, 1984), I Goonies (Richard Donner, 1985), A scuola di Mostri (Fred Dekker, 1987) e, soprattutto, Ragazzi perduti (Joel Schumacher, 1987), ritratto perfetto di una generazione composta da giovani edonistici, privi di riferimenti e determinata a vivere per sempre anche a scapito di coloro che li circondano, in una sorta di rielaborazione del mito di Peter Pan. Film ricco di effetti splatter e gore, Ragazzi perduti racchiude alcune delle battute più memorabili dei film giovanilistici di quegli anni, oltre a una buona dose di effetti speciali e numerosi rappresentati della nuova generazione di attori - come Kiefer Sutherland, Corey Haim e Corey Feldman - tanto amati dalle ragazzine. 
Dopo questa parentesi adolescenziale, il Conte fu riportato alla ribalta da Dracula di Bram Stoker, miglior trasposizione cinematografica del romanzo di Stoker e blockbuster diretto da Francis Ford Coppola nel 1992 con un cast all-star che annovera, tra gli altri, Anthony Hopkins, Gary Oldman, Winona Ryder e Keanu Reeves. Poco concentrata su scene splatter e orrorifiche, la pellicola si focalizza invece su una storia d’amore intensa, in grado di varcare i confini spazio temporali
Gary Oldman nei panni
 del Conte Dracula
trascendendone l’identità terrena e mettendo in scena un’eccelsa rappresentazione delle tematiche legate a
eros e thanatos
. Principe oscuro condannato all’immortalità dopo aver rinnegato Dio in seguito alla morte dell’amata moglie, il Dracula di Gary Oldman è ciò che si avvicina maggiormente alla perfezione cinematografica della rappresentazione vampirica. Vivo ma privo della scintilla interiore che gli permette di essere uomo a tutti gli effetti, questo Dracula è un personaggio tragico, intrappolato nell’eterna ripetizione di se stesso, fino alla fine dei tempi. L’eccezionale interpretazione di Oldman è affiancata da quella altrettanto eccezionale di Anthony Hopkins nei panni di Van Helsing, medico sull’orlo della follia e ossessionato dai vampiri. Ciò che però impedisce al film di entrare appieno nell’olimpo dei capolavori vampireschi sono l’interpretazione sottotono di Winona Ryder, poco credibile nelle vesti della combattiva Mina, e Keanu Reeves, troppo fiacco e poco espressivo nei panni di Jonathan Harker. Non solo abbastanza fedele al romanzo, questo film propone una vasta gamma di immagini, spesso sensuali ed eroticamente intense, e una serie di luci e ombre contro le quali i personaggi, intrappolati in un dramma eterno, si stagliano con forza.

Lo stesso, purtroppo, non può essere detto per Intervista col vampiro (Neil Jordan, 1994), pellicola sui vampiri e non di vampiri, trasposizione dell’omonimo romanzo di Anne Rice, la cui trama ruota intorno all’esistenza di un succhiasangue. 
Povera Claudia, intrappolata nel corpo
di una banbina!

Nonostante il buon cast di attori - Tom Cruise, Brad Pitt, Antonio Banderas, Christian Slater e una giovanissima Kirsten Dunst - il film non riesce a mostrare fino in fondo le tematiche legate al vampirismo, qui solo un escamotage per trattare temi come l’impossibilità di invecchiare o morire - a patto che si rispettino certe regole, come evitare i raggi del sole -, o per mostrare le diverse personalità dei due protagonisti. Infatti, se per Louis (Brad Pitt), vampiro romantico incapace di liberarsi degli ultimi residui di umanità, l’eternità è una condanna, una maledizione prolungata all’infinito, per Lestat (Tom Cruise), vampiro senza cuore, la vita è un “cogli l’attimo” senza tregua. Raccontata dal punto di vista di Louis, che cerca di trovare il senso di una vita che sa durerà per sempre, la pellicola si snoda nel corso dei secoli, caricandosi di significati, nemmeno troppo sottesi, legati a omosessualità, pedofilia e, in un certo senso, incesto. Altri due temi presenti nel film sono l’elaborazione del lutto per la perdita di una persona cara - qui incarnato da Kirsten Dunst nei panni della piccola Claudia, vampira bambina, figlia e amante criogenizzata in una preadolescenza eterna, destinata a non crescere mai e disperata per il destino toccatole in sorte, rappresentazione della figlia di Anne Rice morta di leucemia a cinque anni - e l’idea di sopravvivenza. Seppur stanco e insoddisfatto dalla vita che è costretto a vivere, Louis non cerca mai di porre fine alla sua esistenza e, nonostante il tentativo di diventare “vegetariano,” non riesce a liberarsi del bisogno di nutrirsi di sangue umano. D’altronde, qual è il problema? Come nota Lestat, il più forte sopravvive sempre e, quindi, se l’uomo ha bisogno degli animali per sopravvivere, il vampiro ha bisogno degli esseri umani, elemento base per la sua alimentazione.

Con l’avvento del nuovo millennio, Wes Craven - regista di film di culto come Nightmare -Dal profondo della notte (1984) e Scream (1996) - torna sul grande schermo per proporre un’origine abbastanza innovativa di Dracula con Dracula’s Legacy - Il fascino del male (2000): trasferendo la nascita dal mito ai tempi della crocifissione, Dracula è identificato con Giuda Iscariota. Pentitosi per aver venduto Gesù, il discepolo tentò di suicidarsi ma la corda si ruppe. Come punizione per aver denunciato il figlio, Dio lo punì trasformandolo in un essere immortale. Ecco spiegato il motivo della profonda avversione di Dracula per tutto il simbolismo cristiano e per l’argento (i trenta denari con cui fu pagato). Un’altra piccola novità è data dal fatto che Matthew Van Helsing, il vecchio saggio della pellicola, altri non è che Abraham Van Helsing, tenuto in vita da iniezioni a base del sangue di Dracula, catturato e imprigionato nel 1897, estratto dal professore grazie al ricorso di sanguisughe.

Specchio, specchio delle mie brame,
chi è il Dracula più bello del reame?
Più che film horror, Dracula’s Legacy permette a Wes Craven di continuare a giocare a Scream, portando sul grande schermo un Gerard Butler al massimo della forma che, purtroppo, è ben lontano dall’affascinante Lugosi del Dracula originale.





(...segue il 3 novembre 2015)






3 commenti:

  1. Molto interessante. Aspetto il 3 novembre per leggere il seguito. Molto brava Selene.
    Marika

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  2. Ho letto tutti i tuoi saggi e mi chiedo perchè non scrivi un libro. Tra tante inutili pubblicazioni almeno tu dici qualcosa di interessante e lo scrivi in modo sobrio.
    Sei bravissima.
    Sandro

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    Risposte
    1. Grazie mille Sandro. E' un vero piacere leggere le tue parole; sarò sincera, mi hanno stimolata a continuare un mio vecchio progetto sulla Mummia. Chissà mai che non riesca a trovare una casa editrice interessata!
      Selene

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