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martedì 23 settembre 2014

La Mitica "Route "66": tra storia e malinconia

di Giovanni De Pedro

Non rammento una strada che abbia creato una leggenda facendo parlare tanto di sé, a parte la Salerno-Reggio Calabria, ma questa è un'altra storia.
Negli Stati Uniti esiste, invece, una via di comunicazione che conserva molti ricordi leggendari di vari periodi del Novecento, la mitica Route 66.
Il simbolo della "mitica" 66



Correva l'anno 1926 quando, nel piano di ampliamento stradale statunitense, venne realizzata la US Route 66. Durante la Grande Depressione del 1929, questa autostrada aiutò lo sviluppo economico delle cittadine situate lungo il suo percorso, nacquero ristoranti, stazioni di servizio, motel e officine meccaniche. 
Questa grande via di comunicazione vide il suo massimo splendore tra il 1931 e il 1939 quando le pianure centrali degli Stati Uniti vennero devastate da tempeste di sabbia chiamate “dust bowl”. La popolazione di quelle zone cercò lavoro e fortuna dirigendosi verso Ovest, percorrendo la US Route 66 che, da Chicago terminava in California, precisamente alla spiaggia di Santa Monica, allora come adesso. Il punto finale di questa “mitica” strada, viene ancora indicato da un cartello che, tutti i pomeriggi alle 16, viene rimosso per non essere rubato, come già è accaduto, da parte dei fanatici del mito che questa strada rappresenta.
Il cartello che indica la fine della "66"
(foto di Giovanni De Pedro)


Negli anni '40, la migrazione continuò con intensità, tanto da ispirare lo scrittore Jack Kerouac che, nel 1951, scrisse “On the road”, diventato il manifesto della cosiddetta “beat generation”. 
I due protagonisti “beatnik” Dean e Sal, scrittore e poeta, lasciano i fumosi bar di Chicago dove risuonano le note del blues e del jazz, affrontando un viaggio lungo la Route 66 per trovare la fortuna e il successo in California, cercando la libertà anche attraverso l'uso e l'abuso di droghe e alcool.
Il romanzo fu pubblicato soltanto nel 1957, ovvero l'anno precedente  l'inaugurazione della I40, l'autostrada che, tutt'oggi, sostituisce la Route 66.
Questo cambiamento danneggiò le attività commerciali nate lungo la “66” ma, con la nascita del movimento hippy, la strada venne ripercorsa dai “figli dei fiori” che viaggiavano alla ricerca della libertà assoluta rinnegando il sistema di una società conformista e il rifiuto della guerra, in primis quella del Vietnam che si combatteva in quegli anni.

"Peace and love" lungo la "66"
(foto di Giovanni De Pedro)


Quando il movimento hippy terminò, la Route 66 tornò a essere dimenticata fino al 1990, anno in cui un gruppo di commercianti costituì vari comitati che fecero nascere la “Historic Route 66”, mantenendo i paesi tali e quali ai tempi leggendari.
Durante un viaggio, ho toccato con mano le realtà di Gallup, Nuovo Messico, citata anche da Kerouac, dove, a fianco dell'area di servizio, del motel e  dell'unico locale del paese, è stato costruito soltanto un hotel.
A Seligman, Arizona, il barbiere del paese fu il fautore del primo comitato della Historic 66 e tuttora, alla veneranda età di ottant'anni, gestisce la sua bottega ancora arredata nello stile degli anni '60, con annesso un negozio di souvenir della “66” che mantiene viva l'economia della cittadina.
Cartello di benvenuto a Seligman, Arizona
(foto di Giovanni De Pedro)

Questa grande via di comunicazione non ha ispirato solo la letteratura ma anche il cinema. Nel film animato “Cars 2”, la città di Radiator Spring è situata proprio sulla Route 66 e la colonna sonora comprende la versione di John Mayer di un pezzo intitolato “(Get Your Kicks On) Route 66”.
Fu il grande Nat King Cole, nel 1946, a pubblicare per la prima volta questa canzone che cita le città più importanti attraversate da questa strada. 
Prima di John Mayer, fu ripresa nei decenni da grandi artisti come Chuck Berry, The Rolling Stones, The Manhattan Transfer e i Depeche Mode. 
Poco tempo fa, nella trasmissione “Stracult”, in onda su Rai2, ho scoperto un gruppo musicale che si chiama “Statale 66”, una via di mezzo tra “Route 66” e “Statale 17”, ovvero una canzone-parodia “blues” di un viaggio stile americano attraverso una statale tosco-emiliana, cantata da Francesco Guccini in un album live con i Nomadi.
Il simbolo del gruppo “Statale 66” è lo scudo di quella strada che, ormai, conoscete anche voi e che per sempre continuerà a vivere ed emozionare i viaggiatori e i nostalgici che la percorreranno e li farà continuare a sognare.
Un'auto anni '30
(foto di Giovanni De Pedro)
Il muso di un'auto anni '50 sulla Route 66
(foto di Giovanni De Pero)

















A questo punto bisognerebbe soltanto prendere una cabriolet e partire da Chicago, attraversare tutta la Route 66 con i capelli (per chi li possiede!) al vento, ascoltando Johnny Cash e i Doors, fino a Santa Monica, sulla West Coast, per non dimenticare e per provare emozioni che questa strada può ancora regalarci. Forever, Route 66!

Il percorso della "66"




2 commenti:

  1. Bella ricostruzione della mitica Route 66 che come ricordi, nel 1946, ispirò il compositore jazz e pianista Bobby Troup per la sua famosa (Get Your Kicks On) Route 66, dopo aver percorso di persona la highway per andare in California
    Aurelia

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  2. Grazie per la precisazione, infatti fu Bobby Troup a scrivere la canzone portata al successo da Nat King Cole. Comunque sei una intenditrice, visto che hai il nome di una strada importante, scherzo! Grazie di tutto cuore, Giovanni

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