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martedì 11 marzo 2025

Anche i medici cantano...

(di Mimma Zuffi) 

Come avevo scritto, ho attraversato un periodo difficile che mi ha tenuto lontano da sognaparole, ma non per questo dallo scrivere, diciamo, pensieri sparsi.

Ho ripreso la penna in mano grazie a un medico dagli occhi penetranti che non si lasciavano sfuggire nulla, quasi “segnalatori del pensiero”, che ha capito che cosa si agitava in me e mi rendeva triste e nervosa. Mi chiese infatti se conoscevo il significato della parola giapponese “ikigai” (ragione di vita e felicità di una persona). Perché? Aveva colpito nel segno.

Qualche giorno dopo, era mattina, con mia grande sorpresa mi portò dei fogli e una penna invitandomi a scrivere. Dopo poco tempo,  passando davanti al suo studio lo sentii canticchiare a bassa voce. A quel sussurrato susseguirsi di note, si unì una voce femminile. Era la bionda dottoressa venuta a dargli il cambio. Una sorta di “riccioli d’oro”  che sapeva risollevare il reparto dalla tristezza. Allegra, sorridente con degli occhi che sprizzavano vitalità e forza, quella forza che riusciva a trasmettere ai suoi pazienti.


Ecco qualche pensiero sparso:

1. “Era una notte buia e tempestosa…” Questa frase è un po’ il simbolo di Snoopy, il bracchetto di Charlie Brown  quando batteva a macchina sopra la sua cuccia.

Io voglio solo dire che quella non fu una mattina come tutte le altre, infatti era il primo dell’anno e un vecchio proverbio recita “quel che fai il primo giorno dell’anno lo fai per tutto l’anno”. Oh no! Quella mattina, mentre facevo gli auguri a un’amica mi sono sentita poco bene. Per fortuna lei ha percepito che qualcosa non andava e ha chiamato subito l’ambulanza. Inizia così il mio viaggio verso l’Inferno. Mi aveva colpito uno scompenso cardiaco che avrebbe potuto cancellarmi. La sirena dell’ambulanza mi perforava le orecchie e il mio respiro diventava sempre più affannoso. Una frenata, un ascensore, il reparto di rianimazione dell’ospedale. Diagnosi: scompenso cardiaco.

Le parole mi giungevano ovattate, capivo che forse ce l’avrei fatta. Il giorno successivo: intervento. Mi avevano preso per i capelli.

Sto ascoltando “Köln Concert” di Keith Jarrett e, come al solito, sulle note di questa musica, avvolgente nella sua profondità di suono, il pensiero torna al mio passato lontano e presente. Perché presente?  Per l’ “inferno” che ho attraversato per arrivare fino a oggi.

 

2.Quando le maschere cadono le persone si rivelano per quello che sono. E’ solo questione di tempo, poi lo spettacolo inizia.

Cosa importa se mi faccio mille problemi per non fare del male a nessuno. Ho notato che gli altri questi problemi non  se li fanno.

Questo corpo tanto amato, questo spirito così ribelle, così intraprendente, così sensibile, dove è finito? Ne rimane solo il ricordo.

Rimane solo come fiamma ardente. Quanti ti hanno voluto e tu hai respinto. Sono come un esercito invisibile  e silente alle tue spalle. E senti che premono su di te.

Ti manca il fiato, i tuoi occhi si appannano, non riesci più a vedere il sole, e ti trascini stancamente verso l’inevitabile fine.

Con te finisce un mondo di sogni, di realizzazioni mai compiute, ma anche di successi nel campo del lavoro.

Tutt’attorno solo marionette messe in moto da fili invisibili gestiti da un’invisibile entità. Che cosa faccio al mondo? Che cosa posso dare ancora? Quali tormenti mi spingono ad andare avanti. Sei stata colpita al cuore. Il punto più pieno di amore che nessuno ha saputo cogliete. Come vorrei rifare il percorso e saper cogliere anche il più piccolo gesto d’amore.

Io non mi arrendo perché la vita mi deve ancora un sogno.

 

 

 

 

2 commenti:

  1. È stupendo come lo sei tu

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  2. uno scritto molto commovente, sei una donna forte, resiliente, con un cuore matto. Ora riposa un po', ma non si ferma mai

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