!-- Menù Orizzontale con Sottosezioni Inizio -->

News

mi piace

mercoledì 18 dicembre 2024

La speranza ha il volto di un bambino

 

di Antonio Torresin

Una donna che attende un figlio, un bambino che ancora non si vede, nascosto nel suo grembo, ma che è già capace di irradiare una luce di speranza, un dono già ricevuto anche se non ancora visto. Si spera in ciò che non si vede (Rm 8,24), ma che pure abita nel cuore, nel corpo, nei segni e nei germogli della vita che pulsa nella carne della storia. Dovremmo imparare a sperare così, stretti nel groviglio delle contraddizioni della vita ma non prigionieri del buio che ci avvolge. Due immagini possono aiutarci a cogliere questo coraggio della speranza. Sono due quadri di Klimt titolati appunto Speranza 1 e Speranza 2.


La donna che attende è posta in contrasto con le forze malefiche della morte, rappresentate dalle losche figure, collocate dietro la giovane donna incinta. La speranza della vita che contrappone alla morte. Nonostante tutto intorno a lei rappresenti il male e la morte, la donna nuda incinta sembra riuscire a mantenere una calma e una serenità imperturbabile perché sa fiduciosamente che presto nascerà una nuova vita, simbolo della speranza e del bene. Dentro di sé è fiduciosa per il rinnovamento che la nuova vita (il suo bambino) porterà nel mondo.

 

Ogni figlio che nasce, ancor prima di venire alla luce, porta con sé il dono certo di una speranza che rinnova il coraggio di vivere.

 

Papa Francesco sottolinea il carattere di dono, che fonda la speranza: «Sperare è attendere qualcosa che ci è già stato donato: la salvezza nell’amore eterno e infinito di Dio. Quell’amore, quella salvezza che danno sapore al nostro vivere e che costituiscono il cardine su cui il mondo rimane in piedi, nonostante tutte le malvagità e le nefandezze causate dai nostri peccati di uomini e di donne. Sperare, dunque, è accogliere questo regalo che Dio ogni giorno ci offre. Sperare è assaporare la meraviglia di essere amati, cercati, desiderati da un Dio che non si è rintanato nei suoi cieli impenetrabili ma si è fatto carne e sangue, storia e giorni, per condividere la nostra sorte.

 

 

 



Il capo rivolto verso il basso e con gli occhi chiusi sembrano coglierla intenta a pregare per la buona salute e la sicurezza di suo figlio. All’altezza del suo stomaco un teschio preannuncia che sia la mamma sia il suo bambino stanno correndo dei veri e propri pericoli. Sotto le vesti della mamma sono presenti due donne anche loro con il capo chino e colte nell’atto di pregare per la sorte del bambino; l’espressione del loro volto però è molto triste quasi a prevedere quello che potrebbe accadere al piccolo.

Eppure, i colori sgargianti del manto della donna sembrano irradiare una luce di speranza più forte della paura. Si tratta di saper vedere i piccoli segni di bene, più luminosi dei segni del male.

 

Ascoltiamo ancora le parole di Francesco: «Sperare è un dono di Dio e un compito per i cristiani. E per vivere la speranza serve una «mistica dagli occhi aperti», come la chiamava il grande teologo Joseph-Baptist Metz: saper scorgere, ovunque, attestazioni di speranza, l’irrompere del possibile nell’impossibile, la grazia dove sembrerebbe che il peccato abbia eroso ogni fiducia. Invito ogni lettore di questo testo ad un gesto semplice ma concreto: alla sera, prima di coricarsi, ripercorrendo gli eventi vissuti e gli incontri avuti, andate alla ricerca di un segno di speranza nella giornata appena trascorsa. Un sorriso di qualcuno da cui non ve lo aspettavate, un atto di gratuità osservato a scuola, una gentilezza riscontrata sul posto di lavoro, un gesto di aiuto, magari anche piccolo: la speranza è proprio una «virtù bambina», come scriveva Charles Péguy. E serve tornare bambini, con i loro occhi meravigliati sul mondo, per incontrarla, conoscerla e apprezzarla. Alleniamoci a riconoscere la speranza. Sapremo allora stupirci di quanto bene esiste nel mondo. E il nostro cuore si illuminerà di speranza. Potremo così essere fari di futuro per chi ci sta intorno».

 

Vorremmo avvicinarci al Natale con un cuore capace di sperare. Sostenuti dal dono ricevuto, già presente anche quando non ancora visto. Con uno sguardo fiducioso, una “mistica degli occhi aperti”, che sanno vedere i piccoli segni del bene che possono vincere ogni paura.

 

Nessun commento:

Posta un commento