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lunedì 26 giugno 2023

HARAMBEE

 di Bortolo Uberti

 

Tra le Città invisibili di Italo Calvino, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, ce n’è una che sempre mi affascina particolarmente ed è Tecla. L’incantato viaggiatore Marco Polo racconta all’imperatore Kublai Khan il fascino di una città in perenne costruzione. La città, di suo, è praticamente invisibile perché nascosta da impalcature, armature metalliche, scale, tralicci, ponti sospesi, tele di sacco. Gli abitanti lavorano indefessamente “perché non cominci la distruzione”. Se, infatti, smettessero di lavorare, tutto, ma proprio tutto, comincerebbe ad “andare in pezzi”, “non soltanto la città”. Il viaggiatore s’interroga ed interroga quegli abitanti indaffarati: “Che senso ha il vostro costruire? Qual è il fine d'una città in costruzione se non una città? Dov'è il piano che seguite, il progetto?”. La risposta si fa attendere fin quando non “scende la notte sul cantiere. È una notte stellata. «Ecco il progetto», dicono”.

 

La prima considerazione che nasce spontanea in noi è quella di un senso di frustrazione: com’è possibile che il lavoro non finisca mai? Com’è possibile che quella città non sia mai ultimata? Noi, quando mettiamo mano a qualcosa vorremmo vederlo realizzato nel minor tempo possibile. Se va per le lunghe viene spontaneo ripetere l’espressione milanese “Lungh ‘me la Fabrica del Domm”, cioè lungo come la Fabbrica del Duomo, qualcosa che non finisce mai.

 Poi però affiora anche il fascino di qualcosa che continuamente si rinnova. Quella città non invecchia mai, non cede al degrado, all’incuria. E nel costruirla si costruiscono i suoi abitanti, le relazioni tra loro, i progetti comuni, i sogni di tutti. Si manifesta così la bellezza di una comunità che lavora nella condivisione e nella collaborazione, cresce nell’unità, ha uno sguardo sull’insieme.

 Trova qui il suo valore lo slogan per le feste d’estate che concludono il cammino dell’anno : Alziamoci e ricostruiamo. L’espressione è tratta dal Libro biblico di Neemia (2,17). Questo testo descrive il ritorno del popolo d’Israele a Gerusalemme dopo l’esilio babilonese, grazie all’editto di Ciro. Neemia, prima coppiere e poi governatore di Artaserse, re di Persia, riceve la missione di ricostruire la città. Ispeziona le mura e gli edifici distrutti poi chiama a raccolta il popolo e lo incoraggia a mettersi all’opera. Il fondamento della ricostruzione è l’amore per Dio e la fedeltà alla sua misericordia.

 

Noi non abbiamo subito la distruzione, come invece vediamo accadere negli scenari di guerra, e non abbiamo subito una deportazione, come è avvenuto invece qualche decennio fa. Ma se non lavoriamo insieme, con passione ed entusiasmo, la nostra comunità si sfalda, piano piano si sgretola, si svuota. Nessuno può stare a guardare, ciascuno deve metterci il suo e deve farlo con gli altri. Il progetto, non dimentichiamolo, è il cielo stellato, cioè qualcosa di alto, infinito, di divino. Il progetto è scritto nelle parole della Bibbia, ha il suo modello in Gesù e in quella comunità che prende forma dal dono dello Spirito santo.


 

Ci sono, tuttavia, due modi opposti di costruire: alla maniera di Babele al tempo della torre o alla maniera di Gerusalemme nel giorno di Pentecoste. I primi, guidati dall’ambizione, sfidano Dio per affermare se stessi, ma finiscono con il dividersi tra loro e disperdersi nella regione. I secondi, i discepoli nel Cenacolo a Gerusalemme, si lasciano riempire dal dono dello Spirito, vincono la paura, spalancano le porte ed escono sulla piazza. La loro gioia contagerà molti e la loro parola (in realtà, quella di Gesù) raggiungerà i confini della terra. C’è un costruire che è quello paradossale del self made man, di chi si fa da sé, non ha bisogno degli altri, e c’è quello di chi lavora insieme per raggiungere un obiettivo comune.


 

Nella lingua swahili (Kenya) harambee significa “tutti insieme”. Harambee è il grido che riunisce tutto il villaggio per fare insieme qualcosa che è utile per tutti. È un canto di festa che accompagna la gioia della collaborazione. Viene spesso raffigurato con una scultura in ebano nella quale la comunità è unita nello sforzo comune, ciascuno sostiene l’altro per il sogno di tutti. Allora alziamoci anche noi e costruiamo insieme. Harambee! La nostra comunità sarà un riflesso dello splendore del cielo stellato!

 


 

 

1 commento:

  1. Fantastica visione della nostra società, dove tutti siamo soli e orgogliosi di fare da soli. L'unione fa la forza! Complimenti, semplicemente fantastico e riflessivo. Grazie. Juanito

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