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venerdì 15 maggio 2020

“Come in un labirinto di specchi” di Silvana Mazzocchi (Iacobelli): intervista all’autrice


  
Di Massimo Maugeri  

 Silvana Mazzocchi, scrittrice e giornalista, storica firma de La Repubblica, è autrice di vari libri di successo tra i quali Nell’anno della Tigre: storia di Adriana Faranda (1994); Iddu, la cattura di Bernardo Provenzano (con Enrico Bellavia, 2006) e il romanzo L’amore crudele (con Patrizia Pistagnesi, 2008).
Per i tipi di Iacobelli è uscito un nuovo romanzo di Silvana Mazzocchi. Si intitola Come in un labirinto di specchi. 

«Ho sessantacinque anni e ancora non so se sono una vigliacca o soltanto una donna responsabile. Non saprei dire che cosa sia la felicità, ma forse non conosco neanche la serenità. Ho chiuso tante porte nel corso della mia esistenza, ma chissà se l’ho fatto per egoismo, per superficialità o perché ho creduto ogni volta di muovermi nella direzione giusta.
Come tutti, avrei potuto fare scelte diverse e avere un’altra vita, ma non ho rimpianti, anzi. Eppure, nonostante la facciata tranquilla che mostro, è come se in me ci fossero due donne. Da sempre. So che solo cancellandone una, sarò realmente libera e, giorno dopo giorno, tiro avanti con le mie due anime. Da quasi mezzo secolo».

È questo il coinvolgente incipit del romanzo. La voce narrante di una donna che si guarda alle spalle, osserva la sua esistenza e riflette sull’oggi pensando al passato. E così la storia si dipana dall’oggi, datato 2016, saltando indietro nel tempo verso un periodo che ha lasciato un segno nella storia del nostro Paese: il ’68 e gli anni che ne sono seguiti. Ed è nel pieno del ’68 romano che il lettore farà la conoscenza di Emma e Luisa, due ragazze cresciute nei “quartieri-bene” della capitale, le cui storie si divideranno proprio partendo da quel periodo di contestazione. Luisa andrà a studiare all’estero, Emma rimarrà in Italia seguendo il percorso politico della contestazione più radicale ed efferata. Nonostante il distacco, le due amiche rimarranno in contatto almeno fino a un certo periodo delle loro vite.
Il racconto generato dalla penna brillante e florida di Silvana Mazzocchi ci restituisce l’impatto umano, emotivo e sociale di una storia che coinvolgerà il lettore in un percorso esistenziale complesso e variegato, come in un labirinto di specchi. Una storia che – procedendo a salti temporali – ci porterà negli anni 1975, 1976, 1977, e al gennaio 1995, ritornando – tra un passaggio all’altro – al 2016.
La voce narrante dell’anno 2016 è quella di Luisa (“Quanto smarrimento quando la memoria, quella a lungo rimossa, corrompe i ricordi ma anche li svela e li trascina a catena”) e, nell’ambito del processo di rivisitazione del proprio passato, risulterà determinante il ritrovamento di una lettera di Emma.
Ho avuto il piacere di rivolgere all’autrice qualche domanda su questo romanzo…
– Partiamo dall’inizio, Silvana. Raccontaci qualcosa sulla genesi di “Come in un labirinto di specchi”. Come nasce? Da quale idea, spunto, esigenza o fonte di ispirazione?

Decine di inchieste giudiziarie, commissioni parlamentari, libri, saggi. Da decenni si scava negli anni del terrorismo e tra i delitti di quella buia stagione. Ma c’è sempre stato silenzio su quanto accadde a quella gran parte di giovani che, nei primi anni Settanta, dopo il disfacimento dei gruppi extraparlamentari, si trovarono a dover scegliere se tornare nei ranghi o radicalizzarsi fino alle estreme conseguenze. Giovani che volevano cambiare il mondo, impegnati nelle lotte sociali, pieni di illusioni presto infrante, ma non ancora pronti ad abbandonarle. Ho sentito l’esigenza di affrontare quegli anni, di rompere il silenzio.
– Come epigrafe del libro hai scelto di inserire questa citazione di Sofocle, tratta da Antigone: “Prendi tua figlia e insegnale lo splendore della disobbedienza. È rischioso, ma lo è di più non farlo mai”. Perché hai scelto proprio questa frase?
Nel mio romanzo, la protagonista che si salva dalla china della lotta armata, deve la sua forza alla ribellione, al distacco e al “tradimento” che ha messo in atto anni prima rispetto alla sua famiglia borghese e al futuro al quale la sua estrazione sociale l’avrebbe inevitabilmente destinata. La sua solidità e le sue scelte non sono insomma dovute al caso, ma proprio alla “disobbedienza” d’origine che l’ha resa combattiva, determinata e capace di ragionare sempre con la propria testa, anche a costo di perdere l’approvazione della comunità sostitutiva della famiglia.
– Proviamo a conoscere le due protagoniste della storia partendo da Luisa. Cosa puoi dirci di lei? Che tipo di donna è?
Luisa è una ragazza che, anche a causa del suo “romanzo famigliare” (una madre anaffettiva, un fratello egoista e infantile e un padre che le ha insegnato il valore dello studio e della cultura) si stacca presto dalla sua famiglia e, pur senza rinunciare alle stampelle che la sua classe sociale le garantisce, insegue i suoi sogni. Che sono quelli della contestazione esplosa nel 1968. Vuole cambiare il mondo, partecipare alle lotte collettive. Lo vuole fare con coraggio perfino trasgressivo, ma restando nella legalità. Lavorando, studiando, e perché no, anche divertendosi.
– Ed Emma? Come la descriveresti?
Anche Emma ha lasciato la sua famiglia d’origine, o meglio solo un padre benestante e distratto che non la sa neanche ascoltare. È la migliore amica di Luisa. Insieme hanno studiato e lottato. E insieme sono andate a vivere da ragazze, da sole o nelle Comuni dell’epoca. Ma, al contrario di Luisa, Emma non ha un lavoro, non si tiene ancorata al “reale” e presto imboccherà una strada pericolosa, diversa da quella di Luisa. Con inevitabili conseguenze. Apparentemente Emma è la più determinata, la più tosta, la più coerente. Non è così.
– Che tipo di segno ha lasciato l’ideologia del ’68 sul nostro Paese e sulle vite dei giovani di allora?
Sono giovani che hanno creduto in ideali tuttora validi, che hanno combattuto con passione e dedizione per realizzarli, ma che sono stati traditi da se stessi e dalla storia. Quando, dopo la prima metà degli anni Settanta, la lotta armata ha alzato il tiro, quella fascia di giovani si è come smembrata. Alcuni si sono persi e sono entrati nella “zona grigia” che è stata il brodo di coltura del terrorismo, altri hanno fatto marcia indietro e hanno costruito vite e carriere anche rilevanti. Altri ancora hanno compiuto coscientemente scelte più razionali e più coerenti. E hanno continuato a impegnarsi nella politica, nel femminismo, nelle lotte collettive per i diritti civili, e in quelle sociali. La maggior parte però ha vissuto il disincanto provocato dal fuoco distruttivo che ha incenerito speranze e illusioni.
Non tutto però di quel periodo è andato perduto. Una certa visione del mondo, credere ancora oggi di poterlo almeno migliorare, l’ostinazione a difendere i diritti civili e le istanze di libertà. Le lotte delle donne, che negli anni Settanta hanno ottenuto conquiste epocali, tutto questo credo che si ritrovi ancora oggi nel Paese e costituisca un collante comune e sempre vivo tra i tanti giovani di allora,
– Nella tua nota finale dedicata ai ringraziamenti hai scritto una frase che colpisce molto: “solo la consapevolezza del presente può proteggerci dagli inganni della memoria”. Ti andrebbe di commentarla? E in che modo la consapevolezza del presente incide sulla storia di “Come in un labirinto di specchi”?
La mia scelta di raccontare una parte della storia in terza persona, ambientandola negli anni Settanta e di collocarne, invece, un’altra parte ai giorni nostri, con la protagonista Luisa che ricorda i fatti di quasi mezzo secolo prima, è dovuta a una considerazione. Il modo di vivere dei giovani di quell’epoca e dunque l’etica che guidava le loro azioni era filtrata da un’ideologia che non c’è più e dal mito che la “rivoluzione” fosse dietro l’angolo, resa imminente e “necessaria” dalle tante stragi che da Piazza Fontana, all’eccidio di Brescia, fino alle bombe sui treni, avevano sottratto l’innocenza a un’intera generazione. E non può che appartenere a quella realtà e a quel periodo. Quindi, se si vuole ricostruire il perché sono potuti accadere certi fatti, è necessario filtrare i ricordi attraverso la consapevolezza di oggi. Unica lente per non cadere nella trappola degli “inganni della memoria”.
– Grazie mille, cara Silvana. E complimenti per questo tuo nuovo romanzo bello e importante…

(pubblicato con l'autorizzazione di www.inkroci.com)

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