Iperborea - pagg. 352 - € 18,50
Considerato
uno dei capolavori della letteratura baltica, Il
pozzo è un romanzo d’amore e di desiderio, un racconto di rara finezza
psicologica e struggente tensione, con una scrittura che ha tutta la forza
seduttiva del classico.
Nella quiete
incantata di un lago della campagna baltica, durante un’estate dei primi anni
Settanta, Rūdolfs, medico di Riga, assapora la sua vacanza solitaria. Costretto
a chiedere in prestito una barca in un antico casale, vi trova una donna esile,
scalza, in camicetta e pantaloni consunti, lo sguardo sfuggente e impenetrabile
che a tratti tradisce una segreta inquietudine, i modi ritrosi che senza
volerlo emanano una grazia ammaliante. È Laura, che lì vive con i suoi due
bambini insieme alla suocera Alvīne e alla cognata Vija, in un gineceo percorso
da tensioni sotterranee e tenere complicità nell’ingombrante assenza di Ričs,
in carcere per un omicidio accidentale.
Ričs il figlio ribelle di Alvīne, erede
di una tragica saga famigliare che ha attraversato il passato nazista e il presente
sovietico della Lettonia. Ričs il marito che Laura, nella distanza, ha scoperto
di non amare, ma che attraverso la distanza la incatena al ruolo soffocante di
moglie devota. Nel succedersi dei giorni e degli incontri apparentemente
innocui intorno al lago, fra Rūdolfs e Laura nasce un’intesa di sguardi e di
anime sempre più fremente, un bruciante desiderio di vicinanza che si nutre di
silenzi carichi di attesa, piccoli gesti che parlano, mani che si sfiorano e
per un attimo credono di potersi afferrare. Con una prosa vivida e
raffinatissima, capace di rendere l’incanto di un istante e il potere evocativo
di un dettaglio, Il pozzo racconta
un mondo circondato dall’acqua e avvolto dai lunghi crepuscoli dell’estate
nordica, una realtà fluida e sfumata come lo sono i rapporti umani e i paesaggi
interiori in cui ci immerge, tra gli effetti più sottili della solitudine e del
desiderio.
Regīna Ezera
(1930-2002) è considerata la grande
dame della
prosa lettone e una delle voci più importanti della letteratura baltica,
autrice di una ventina di opere che si distinguono per la singolare finezza psicologica. Nata a Riga in una
famiglia di origini in parte polacche e bielorusse e cresciuta in un mondo che
è sempre stato un intreccio di lingue e culture, nel 1965 si trasferisce a
Brieži, in campagna, nei pressi del fiume Daugava, «vicino a un bosco e
all’acqua», dove ha sempre voluto vivere e dove rimarrà fino alla morte. Nel
1972 arriva la sua consacrazione di scrittrice con Il pozzo,
che nello stesso anno ottiene il Premio Statale della Repubblica Sovietica di
Lettonia e nel 1976 viene tradotto in un film di successo, La sonata del lago, rimanendo il suo romanzo più amato e conosciuto, oggi
diventato un classico.
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