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domenica 25 agosto 2019

Le canzoni di Narayama, di Schichiro Fukazawa


di Valentina Leoni
Einaudi - pagg. 100 - € 5,16 
Prima di analizzare il romanzo, è necessaria una premessa: il monte dove abbandonano le vecchie è un elemento leggendario e non ha mai trovato nessun fondamento storico, nonostante sia citato in molte espressioni artistiche nipponiche, dal teatro al cinema.

Il romanzo di Schichiro Fukazawa non è, però, mitologia. Scritto agli inizi degli anni Sessanta, si rivolge a un popolo provato dalla terribile esperienza della guerra, esaltando lo spirito giapponese autentico, incarnato nell’orgogliosa O-Rin, fieramente disposta a 
tollerare l’intollerabile (fu con questa frase che l’Imperatore esortò il popolo ad arrendersi) per il bene comune. In questo strano romanzo, presentato nella veste di studio etnologico ma comunque opera di finzione, colpisce il fatto che lo spirito giapponese autentico non è incarnato da bellicosi samurai, raffinate geisha o intellettuali dediti alla cerimonia del tè, ma dai poveri montanari di un Giappone ancestrale, selvaggio ma libero da ogni condizionamento dottrinale, dove ogni sforzo è teso alla pura sopravvivenza e niente è taciuto o sottinteso.


Lirico, pur non nascondendo la brutalità della vicenda che racconta, il romanzo di Schichiro Fukazawa è una lettura scomoda, molto lontana dalla sensibilità di noi lettori occidentali del ventunesimo secolo, ma se siete tra gli impavidi disposti a cambiare, per una volta, angolazione, potreste scoprire un autore (che pochi anni dopo fu costretto dalla censura a cessare ogni attività) e un Giappone davvero originale.
Da questo romanzo sono stati tratti due film omonimi: uno, molto famoso e che consiglio di recuperare, vinse il Festival di Cannes nel 1983. Diretto dal celebre Shōhei Imamura, ha tra gli interpresti Ken Ogata, Sumiko Sakamoto, Ronpei Hidari, Takeo Aki, Seiji Kurasaki e Junko Tokada.
(pubblicato con l'autorizzazione di www.inkroci.it)

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