A cura di Sandra Romanelli
Chet Baker
(Yale, 23 dicembre 1929- Amsterdam, 13 maggio 1988)
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Così è stato per me.
La musica e la voce di questo
musicista, mi hanno portato, poi, a voler leggere tutto quanto hanno scritto su
di lui. Desideravo scoprire le sue origini, capire le ragioni di questa sua
passione per la tromba, immergermi nelle vicende umane e artistiche che hanno
caratterizzato la sua vita.
Molti sono gli autori che, in modi
diversi, hanno narrato in maniera biografica o romanzata, fasi della vita di
questo artista indimenticabile.
Desidero porre all'attenzione degli
amanti di Chet Baker, un libro che mi è piaciuto molto: “Un'estate
con Chet”, pubblicato nel febbraio 2005 dalla casa editrice
Nutrimenti da O.GRA.RO Roma.
Era la primavera del 1952. Chet Baker
aveva solo ventidue anni e con un telegramma in tasca arrivò di corsa al
binario del treno che lo avrebbe portato a Los Angeles in California. Un amico,
forse Dick Bock, l'aveva avvisato che alle tre pomeridiane Charlie “Bird” Parker faceva un'audizione al
Tiffany Club, cercava giovani jazzmen per la tournée in Canada.
Un ragazzo nero, Charlie Liston di San Diego, era già lì in attesa
con il suo contrabbasso, aspettava di essere chiamato.
- So che Bird cerca proprio un
trombettista- gli disse- ma non credo che ami i bianchi.
Chet non fece caso a quelle parole,
era lì non per il colore della sua pelle, ma per offrire il meglio di sé, la
melodia e le note pure e malinconiche che distinguevano il suo stile.
Certo la musica di Bird era
tutt'altra cosa: frenetica, aggressiva, piena di dissonanze, praticamente
l'opposto della sua.
Alla fine dell'audizione Bird lo
fissò per qualche minuto senza dire nulla.
Quel ragazzo gli piaceva proprio.
Pensò subito che lo avrebbe fatto
sentire a Miles Davis e a Gizzy Gillespie:
- E' bianco sì, ma ha stoffa,
vedrete, vi darà problemi! - avrebbe detto loro. - Non osava pensare alla loro
risposta.
Ho voluto riassumere, brevemente, un
capitolo di questo libro.
Scritto da due giornalisti fiorentini
che vivono a Roma, Massimo Basile e Gianluca Monastra, è un libro ben
articolato, che si legge velocemente per lo stile fresco e pulito, senza sbavature.
Fantastica, quasi una favola nera, la
storia di un contrabbasso rinvenuto dai fratelli di Charlie Liston (il ragazzo
nero che Chet Baker incontra all'audizione al Tiffany Club, di Los
Angeles), e di ciò che accadde loro
quando iniziarono a suonarlo.
Consiglio questo libro a chi, come
me, ama scoprire le biografie di jazzmen, siano esse reali o romanzate, entrare
nelle loro vite spericolate per comprendere meglio quella meravigliosa musica,
capace di trasmettere le più variegate emozioni.
Molto spesso, queste biografie,
narrano storie maledette di sudore e lacrime, di violenze subite (come accadde
a Billie Holiday), sempre di tossicodipendenza dalla quale pare impossibile
uscire.
Ma, tra le righe, a volte s'intuisce
quello che le orecchie, immancabilmente, riescono a percepire: la musica jazz è
in grado non solo di divertire, ma a volte di
placare o di scuotere gli animi degli ascoltatori. Essa ti porta a
vivere in un mondo differente, dai colori più accesi; un mondo che non è quello
della routine abituale.
Chet Baker, definito per la sua
giovanile bellezza faccia d'angelo, iniziò a esibirsi con Charlie Parker sulla West Coast, ma fu
grazie a Gerry Mulligan, sassofonista, che diedero vita a un quartetto
senza l'accompagnamento del piano: Chet Baker alla tromba, Bob Whitlock (o Carson Smith o Joe Mondragon)
contrabbasso e Chico Hamilton alla batteria.
Quel tipo di jazz, languido e
rilassato, era il “cool jazz”. Chet era
anche la voce solista del quartetto, una voce dolce, morbida. Diventò leggendaria
la versione del suo pezzo “My funny Valentine”.
Chet Baker e Gerry Mulligan Quartet |
Tra il 1953 e il 1956 un sondaggio lo
proclamò il miglior cantante jazz.
E dopo aver ascoltato My Funny
Valentine come si può non essere d'accordo con Mina Mazzini, che disse di
lui:
“Adoro Chet Baker. Lo amo quando suona, ma quando canta mi sembra un
angelo. Un angelo cupo, solitario, pensoso, rancoroso, dolente, ma abbagliante.
Usa il cervello, non la voce. Usa l'anima, non la gola. Sono pazza di lui. “ (Mina)
Il sodalizio con Gerry Mulligan
s'interruppe presto poiché il sassofonista finì in carcere per uso di
stupefacenti.
Ma anche Chet Baker più tardi venne
arrestato negli Stati Uniti per la sua dipendenza da droghe. Decise così di
venire in Europa.
Negli anni Sessanta si esibì in
Inghilterra e Germania, poi in Italia. Purtroppo la sua dipendenza da eroina lo
portò in carcere anche qui. Rimase in cella a Lucca per sedici mesi.
Uscito di prigione, faccia
d'angelo rimase sempre maledettamente dannato, per la dipendenza dalla droga.
Oltre a “Un'estate con Chet” ho
letto altri interessantissimi libri su Chet Baker.
“Come
se avessi le ali.- Le memorie perdute“ è il memoriale di Chet Baker. Con quest'opera
egli ci lascia entrare nel suo mondo, e oltre la musica, mette a nudo la sua
anima. Qui troviamo i ricordi della sua infanzia, l'arruolamento nell'esercito
(insieme alla sua tromba) a soli sedici
anni e le lunghe settimane di addestramento in fanteria, le donne “adorabili” che hanno attraversato la sua vita, le migliori jam session californiane, ma anche gli arresti per uso di stupefacenti e i giorni passati in cella, i processi.
L'introduzione è firmata da Carol
Baker, moglie di Chet, la quale ammette:
“Rileggendo questo meraviglioso miscuglio di immagini e sensazioni,
posso solo stupirmi di quanto riflettano fedelmente la vera essenza della vita
di Chet: un caos incessante intriso di puro
genio.” ( Carol Baker)
“Funny Valentine - La vita di Chet Baker” di Mattew Ruddick, è uscito nel 2014, parecchi anni dopo la
tragica scomparsa di Chet Baker, avvenuta cadendo, il 13 maggio 1988, da una
finestra di un albergo ad Amsterdam, in circostanze mai completamente chiarite,
ed inizia con la descrizione dei tempi
migliori della vita della famiglia Baker, di Chesney e di Vera, genitori
di Chet, prima delle conseguenze della
crisi economica del 1935.
Anch'essi suonavano uno strumento:
Chesney la chitarra, ma aveva imparato a suonare anche il banjo, da
autodidatta, Vera il pianoforte; furono loro a trasmettere al piccolo Chet
l'amore per la musica.
Chesney, nei momenti di difficoltà
sbarcò il lunario facendo il musicista nelle prime forme di jazz, suonando il
banjo.
Mattew Ruddick, autore inglese, con
questa monumentale opera ripercorre, lungo le sue seicentosettanta pagine, la
vita e la carriera artistica di Chet Baker, dagli esordi con Charlie Parker
fino alle sue ultime apparizioni europee.
Si avvale di oltre duecento
interviste inedite a musicisti, amici, produttori e giornalisti che conobbero Chet Baker, riuscendo così a
mettere in risalto gli elementi che
definiscono e precisano la natura di questo musicista, il formidabile talento e
la grandezza della sua eredità musicale.
Bob Whitlock, contrabbassista, uno dei membri originali del Gerry Mulligan
Quartet affermò:- “Per definire la sua musica usiamo aggettivi come audace,
insolente, temeraria, no? Ma naturalmente ne usiamo anche altri, come delicata,
lirica, toccante, vertiginosa, calda e piena di sentimento.”
Questo libro, interessante e
suggestivo, parte da un presupposto: non era Chet Baker l'uomo che il 13 maggio
del 1988 volò da una finestra del Prins Hendrik Hotel di Amsterdam.
Quasi vent'anni dopo, una mattina del
2006, il protagonista di questo romanzo ritrova in un cassetto il foglio della
partitura di My Funny Valentine, proprio dopo aver ricevuto una
telefonata che gli conferma che Chet, il bello e dannato James Dean del jazz,
non è morto ma si trova in Italia. Baker vive nel Salento, in una casa di legno
come quelle del Midwest, isolata, con belle finestre dai vetri limpidi
che si affacciano su un campo. E c'è anche chi giura di aver sentito il
suono della sua tromba.
Ma sarà proprio lui quel vecchio con
una ragnatela di rughe sul viso che però nessuno ha mai visto con una
tromba in mano?
Lo spartito e le note di My Funny
Valentine, dall'inizio alla fine, accompagnano il protagonista, in questo
romanzo denso di suspence e di energia. L'autore dà voce anche ad alcune donne che lo
conobbero, tra tutte Nathalie, americana trapiantata a Parigi, che lo aiuta
nella ricerca di Chet, in un reticolo di paesi del Sud Italia e grazie a
lei si potrà svelare un mistero veramente affascinante.
E nemmeno un rimpianto... è il verso finale tratto dal suonatore Jones di Fabrizio De André
nel suo album Non al denaro, non all'amore, né al cielo. Il violinista
Jones che in musica De André trasforma in un suonatore di flauto, appare nei versi de La collina, una
poesia dell'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. È un personaggio
che, come Chet, vive solo di musica e da essa si lascia guidare fino a
novant'anni, cercando di vivere in libertà, senza freni né costrizioni e quindi
senza rimpianti.
Roberto Cotroneo costruisce una storia
avvincente, citando fatti e persone che, realmente, fecero parte della vita
dell'artista.
Impossibile non citare, tra gli altri,
il bellissimo libro di James Gavin, Chet
Baker. La lunga notte di un mito, Baldini & Castoldi, 2002.
Questo libro mi ha tenuto incollata alla
lettura, fin dall'inizio, con la narrazione del funerale di Chet, una
descrizione quasi surreale, per poi continuare con il viaggio, accurato e
completo, nella storia travagliata di questo angelo dannato, splendido
talento, distrutto dal nemico comune dei jazzmen: la droga; come Charlie
Parker, col quale fece la sua prima audizione, ma che per droga morì a soli
trentaquatto anni. Il libro è ricco di
testimonianze, interviste e foto. È un' accurata biografia, dove non mancano
descrizioni romanzate; un libro che
cattura e allontana per il disappunto di vedere un talento così straordinario
arrivare all'autodistruzione. A volte mi
è venuta voglia di interrompere la lettura e, quasi per consolarmi, tornare a immergermi nella sua musica e
ascoltare quella voce dolce, melodiosa e androgina, i cui assolo erano
considerati dai suoi ammiratori, armoniosi come poesie, salvo poi tornare a
leggere la sua vita, in un moto continuo che trasporta dal piacere di un
rilassante ascolto, alla curiosità per la coinvolgente lettura.
Negli ultimi anni della sua vita ci furono numerosi passaggi di
Chet Baker a Milano, da solo o con Gerry Mulligan, nello storico locale di
musica jazz, il Capolinea.
Qui incise anche un disco live.
Bruce Weber, fotografo e regista statunitense, ha scritto e
diretto nel 1988 un documentario, basato sulla vita di Chet Baker, dal titolo: Let's
Get Lost – Perdiamoci, interpretato dal musicista stesso.
https://youtu.be/2Ynn3mzC2E4
Chet Baker - Best Of Chet Baker
TEMPO DI CHET. LA VERSIONE DI CHET
BAKER
Paolo Fresu |
Il teatro Stabile di Bolzano, ha
prodotto uno spettacolo dal titolo: Tempo di Chet. La versione di Chet Baker
per ricordare con musica e parole la storia del jazzista americano diventato
leggendario. Il testo di questa pièce è di Leo Muscato e Laura Perini, la regia
di Leo Muscato. Lo spettacolo è andato in scena a Milano al Teatro Elfo
Puccini, dal 15 al 20 gennaio 2019, riuscuotendo un enorme successo.
Paolo Fresu, musicista, diplomato in
tromba al Conservatorio di Sassari, vincitore già nel 1984 di premi prestigiosi
(RadioUno Jazz, Musica Jazz e
Radiocorriere) come miglior talento di Jazz italiano (e un lungo elenco di
altri premi ancora, o Nomination, fino al Premio Arte e Diritti umani 2011
di Amnesty International) ripropone, in questo spettacolo, brani famosi di
Chet Baker e altri, scritti proprio per questa pièce, insieme agli altri due
musicisti: Dino Rubino e Marco
Bardoscia.
Paolo Fresu alla tromba, Dino Rubino al piano, Marco Bardoscia al contrabbasso.
Alessandro Averone, nei panni di Chet Baker, ripercorre molti
momenti cruciali della sua esistenza, da quando, ancora bambino, suo padre gli
regalò la prima tromba, al pestaggio che subì e gli fece perdere tutti i denti,
fondamentali per l'emissione dei fiati, fino agli ultimi giorni della sua vita,
prima di volare giù da quella finestra di un albergo di Amsterdam, una notte di
primavera.
Desidero
terminare con una considerazione su Chet Baker del musicista Paolo Fresu:
«Se
la sua vita e la sua morte sono ancora oggi avvolte dal mistero, la sua musica
è straordinariamente limpida, logica e trasparente, forse una delle più
razionali e architettonicamente perfette della storia del jazz. Analizzando
tutti i suoi assolo è raro trovarvi una nota fuori posto.» E aggiunge «Ci si chiede dunque come mai la
complessità dell’uomo e il suo apparente disordine abbiano potuto esprimersi in
musica attraverso un rigore formale così logico e preciso».
Bibliografia
-“Un'estate
con Chet”, di Massimo Basile e Gianluca Monastra pubblicato
nel febbraio 2005 dalla casa editrice Nutrimenti da O.GRA.RO Roma.
-“Come se avessi le ali.- Le memorie
perdute” di Chet Baker, Minimum fax
-“Funny Valentine - La vita di
Chet Baker” di Mattew Ruddick, Ed. Arcana
-“E nemmeno un rimpianto- ll segreto di
Chet Baker” di Roberto Cotroneo, Ed. Mondadori
-“Chet Baker. La lunga notte di un mito”, di James Gavin, Baldini &
Castoldi, 2002.
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