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giovedì 21 giugno 2018

Giordania: a spasso nel Wadi Rum



Appunti sparsi di viaggio di Marina Fichera



Il mio primo viaggio fuori dall’Europa fu nel lontano 1996, destinazione Giordania. Era un premio aziendale  per un tour che toccava le principali località turistiche del Paese e finiva con due giorni a Eilat, in Israele.
Da allora sono passati ventidue anni e avevo voglia di tornare in questo paese così accogliente, affascinante e sicuro. Volevo rivedere senza fretta Petra e desideravo passare qualche giorno nel magnifico deserto del Wadi Rum, per vivere l’incommensurabile fascino del vuoto e del silenzio. Ma volevo anche sentirmi un po’ come Gertrude Bell - l’equivalente femminile di Lawrence d’Arabia, sulla quale ho scritto un articolo pubblicato proprio su Sognaparole.blogspot.it - che a inizio del ‘900 trascorse la sua avventurosa vita in Medio Oriente, viaggiando, scrivendo e studiando le usanze e la lingua delle popolazioni locali, fino a diventare la fondatrice del museo archeologico di Baghdad.


Il mio viaggio inizia dalla capitale giordana, Amman. E’ domenica mattina, che nei paesi islamici è un giorno feriale, ma alle nove le strade sono ancora poco affollate e il traffico scorre rapido e ordinato. Dall’alto dell’antica Cittadella, che sorge su uno dei colli dove è adagiata la città – un po’ come Roma - quello che mi colpisce è il suo nuovo skyline. Amman è diventata una metropoli di oltre tre milioni di abitanti e alcuni modernissimi grattacieli si stagliano all’orizzonte, dando alla città un’immagine moderna e completamente diversa da come la ricordavo!
Lo Skyline di Amman dalla Cittadella – foto di Marina Fichera


La lunga striscia d’asfalto che percorre, senza curve per centinaia di chilometri, la Giordania da Nord a Sud, è una vera e propria arteria femorale per il paese. Da essa si diramano le più piccole e morbide strade che conducono a tutte le principali località turistiche: il Mar  Morto, Petra, il deserto del Wadi Rum, fino al mare di Aqaba, la sua località più meridionale. Dopo parecchie ore di bus attraverso panorami abbastanza monotoni, arrivo al Wadi Rum Visitors Center nel tardo pomeriggio. I famosi Sette Pilastri della Saggezza, illuminati dalla luce che precede il tramonto, danno il benvenuto a coloro che si accingono a entrare nel deserto rosso.
I Sette pilastri della saggezza – deserto del Wadi Rum –
foto di Marina Fichera


I colori del tramonto accompagnano il trasferimento in jeep al campo tendato. Le ombre si allungano e il sole scompare dietro le rocce, arrivo al campo in cui soggiornerò per tre notti e resto colpita dalla bellezza primitiva del luogo. Le poche tende di colore scuro sono disposte a semicerchio sotto un’alta roccia rossa, intorno solo sabbia, rocce e qualche cespuglio. 
Dopo cena usciamo dal campo e ci togliamo le scarpe per sentire il freddo della sabbia sotto i nostri piedi. Un fremito ci percorre la schiena mentre alziamo gli occhi ad ammirare il sorgere della luna da dietro una roccia e la miriade di stelle che costella il cielo sopra le nostre teste.
Durante questi giorni voglio cercare di vivere con i ritmi naturali del deserto. Ho intenzione di trascurare per un po’ lo smartphone e i social, di dimenticare l’orologio e il ritmo frenetico delle nostre città. Voglio svuotare la mente per riempire il cuore di bellezza e pace. Non vedo l’ora di affacciarmi su panorami infiniti e ammirare la maestosità del deserto, un luogo quasi mistico, dalle mille seducenti sfaccettature.
Tramonto nel deserto – foto di Marina Fichera
In giro per il deserto, a piedi o su degli scalcinati pick-up, esploriamo alcune tra le località più famose e affollate, ma anche molte aree più nascoste e isolate, che per me sono le migliori. Alte dune di sabbia gialla si alternano a rocce a picco sul nulla e a distese di onde rosse, impetuose come un oceano di sabbia. Ma qui, al contrario dell’oceano, regna un silenzio che a tratti confonde. Se ci si ferma un attimo e si trattiene il respiro: l’unico rumore che si può ascoltare è il battito del proprio cuore che ti dice “Vivi, vivi qui e ora!”.
Il Wadi Rum è davvero magnifico, mutevole e mai scontato, e la magia del deserto sa intrappolare chi vi soggiorna in un incantevole sogno a occhi aperti.
La sera, illuminati solo dalla splendente luna e dalle stelle di un cielo incredibilmente limpido e luminoso, chiacchieriamo con il nostro simpatico e gentile autista beduino. In un ottimo inglese – lingua che ha imparato da autodidatta, con il solo aiuto del fratello e dei turisti – questo ragazzo che dimostra più anni di quelli che ha, ci racconta che negli ultimi anni il turismo è cresciuto in maniera esponenziale. Ci dice che per alcuni versi è un bene, ma gli manca la vita tradizionale e tranquilla di una volta, e poi i turisti portano troppi rifiuti.
Penso che noi occidentali siamo una sorta di virus e mi sento in colpa, come se stessi violando l’armonia e la sacralità del luogo che sto visitando. E’ una sensazione che spesso provo durante i miei viaggi e, nonostante cerchi di essere sempre molto rispettosa, non ho ancora trovato una soluzione.  

Il deserto del Wadi Rum – foto di Marina Fichera

Quando partiamo alla volta di Petra, dopo tre giorni e tre notti nel deserto del Wadi Rum, siamo tutti un po’ tristi. Lasciamo il deserto a malincuore, ma sapere che Petra, l’antica città nabatea scolpita nelle rocce dai mille colori, ci attende, rende il commiato meno difficile.
Per arrivare di fronte al Tesoro – El Khasneh in arabo – conosciuto a livello globale per le famose scene di Indiana Jones e l’Ultima Crociata, si deve percorrere il lungo canyon del Siq. Uscire dal Siq è un po’ come rinascere: dopo aver camminato per oltre un chilometro e mezzo tra le ombre e le rocce sinuose della stretta gola, la bellezza del Tesoro che ti si staglia all’improvviso davanti lascia senza fiato.

 Petra - Il Tesoro si svela al termine del Siq – 
            foto di Marina Fichera

Sulla spianata di fronte al Tesoro numerosi e accaldati turisti si scattano i soliti selfie ricordo. Il luogo mi sembra abbastanza diverso da come lo ricordavo, oltre che essere molto più affollato; è stata anche costruita una grande area attrezzata con bar, negozi e tavoli di legno. Inoltre non si può più entrare nelle camere del Tesoro, chiuse da un' alta cancellata a proteggere i più recenti scavi archeologici. Ventidue anni prima io ero riuscita a visitarle!
Durante la mia prima visita a Petra, negli anni ‘90, la guida ci disse che alcuni studi prevedevano che le rovine della città nabatea sarebbero quasi sparite da lì a cinquant’anni, consumate dall’inquinamento e dal turismo di massa. Per fortuna dopo tutti questi anni le cose non mi sembrano cambiate poi molto. Solo una grotta che una volta era una spettacolare  bottega/abitazione, con rocce di mille colori, ora è vuota e chiusa da una cancellata. Di quella bottega ricordo gli occhi scuri e fieri di un’anziana commerciante, che immagino fosse una discendente dell’antico popolo che scavò la tenera roccia di questa valle desertica per creare la suggestiva città. La nostra guida mi dice che ci sono stati dei crolli per cui il sito non era più agibile e le persone che lo occupavano se ne sono dovute andare.
     Petra  - la bottega ora chiusa – foto di Marina Fichera

Camminare tra le rovine dell’enorme sito archeologico è una continua scoperta: una roccia che si tinge di sinuose venature colorate, una facciata che si erge all’improvviso dietro uno spuntone di pietra, una strada di migliaia di gradini che salgono fino a portare di fronte alla grandiosa facciata del Monastero. E’ bello non seguire uno schema, un unico sentiero, e lasciarsi trasportare un po’ dal vento, come le nuvole che scorrono veloci sopra la nostra testa.
Petra - Il Monastero – foto di Marina Fichera




Petra - dettaglio di una facciata
foto di Marina Fichera


Del piccolo villaggio di Petra ricordo una scena che mi colpì particolarmente durante il mio primo viaggio: davanti all’ingresso del sito archeologico si ergeva l’enorme cantiere di quello è stato il primo lussuoso albergo di una nota catena internazionale svizzera e accanto a esso, tra la polvere, un pastore beduino con un grande gregge di capre. Ora Petra è enorme, caotica e trafficata come una strada del centro di Roma all’ora di punta e l’hotel di lusso è uno dei tanti alberghi che sono sorti come cozze su uno scoglio, uno attaccato all'altro,  senza soluzione di continuità.
Sotto un sole cocente e un bel cielo azzurro visitiamo Jerash, a circa trenta chilometri a nord della capitale. Jerash è un’antica città romana, ottimamente conservata. Le colonne bianche della grande piazza – che doveva essere tonda ma, per un antico errore di progettazione, è ovale – si affacciano sul lungo colonnato del decumano massimo. La città vanta innumerevoli templi, un ippodromo e ben due teatri, quasi totalmente restaurati e dall’acustica perfetta, che ci mostrano ancora oggi l’importanza che la cultura  aveva per il potente impero romano.
La piazza e il colonnato di Jerash – foto di Marina Fichera

Torniamo alla città in cui siamo arrivati e dalla quale ripartiremo di venerdì pomeriggio, giorno festivo in Giordania.  A metà pomeriggio la capitale sonnecchia quasi deserta, si anima solo dopo le 18. Sulla grande piazza di fronte al bel teatro romano incontro giovani famiglie a passeggio, ragazzi che scherzano e si scattano foto, bambini che giocano a pallone. Sono tutti molto rilassati e sorridenti e l’atmosfera è piacevole, quasi da paese, anche se siamo in un centro abitato di oltre tre milioni di abitanti. E’ la bella atmosfera familiare che ho percepito anche in altre città mediorientali, penso a Damasco o ad Aleppo e mi si stringe il cuore.  
Il teatro romano di Amman – foto di Marina Fichera

Prima di cena è d’obbligo fare un bel giro al mercato, dove compro lo za’atar - un mix di semi di sesamo tostato, origano, timo e sommacco da condire con olio di oliva e spalmare sul pane arabo - e dei fantastici dolcetti di miele e pistacchi da portare a casa come souvenir.
Chiudiamo la nostra avventura giordana in un ristorante molto semplice del centro. Il locale è affollato da giordani e qualche turista. C’è odore di fritto ed esseri umani, ma tutte le persone che vedo percorrendo uno stretto corridoio, pieno zeppo di tavolate, sembrano rilassate e soddisfatte. Ci viene preparato un lungo tavolo sul quale viene stesa una tovaglia di plastica trasparente blu, usa e getta. Con mia somma gioia – non mangio carne - scopriamo che il menù è esclusivamente vegetariano: del pane arabo caldo, lanciato come dischi volanti sulla tovaglietta blu, accompagna falafel, hummus, salse varie, olive, insalata e altro. Il tutto è servito senza piatti, perché si attinge da varie ciotole in comune e si mangia la propria porzione direttamente sul sottile pane. Alcuni all’inizio non sono molto convinti, ma alla fine il cibo si rivela veramente ottimo, abbondante ed economico, circa tre euro a persona! Mi piace mangiare in questi locali popolari, semplici, che accolgono, mescolano e ti avvicinano alla vita quotidiana delle persone del luogo.
L’affascinante Giordania, con la gentilezza e il sorriso dei suoi abitanti, i colori incantati del deserto, la magnificenza di Petra, ha mantenuto ancora una volta le sue promesse. Rientro a casa con immagini e atmosfere che non dimenticherò presto  e so che prima o poi ci tornerò ancora!
Svegliarsi all’alba nel deserto è come svegliarsi  dentro un opale. La nebbiolina sbuca dagli avvallamenti, i rivoli di rugiada scivolano dai teli delle nere tende formando figure spettrali, mentre i languidi splendori del cielo orientale fanno posto ai forti raggi dorati del sole che sorge.” – Gertrude Bell


10 commenti:

  1. finalmente i tuoi reportages sono ritornati!

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  2. La tua capacità di raccontare è eccezionale. Trasportata nel tuo mondo, mi sento anch'io in colpa per essere una turista/virus occidentale pur non essendo mai stata in quei magici luoghi. Le tue foto sono eclatanti. Grazie Marina e complimenti!

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  3. magnifico come tutti o tuoi articoli

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  4. Ciao Marina, bellissime sia le foto che l'articolo molto ben descritto.
    Un viaggio sicuramente da fare. A presto. Patrizia

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