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domenica 25 marzo 2018

MIO CARO NEANDERTAL,Trecentomila anni di storia dei nostri fratelli- di SILVANA CONDEMI e FRANÇOIS SAVATIER

(a cura di Mimma Zuffi)
Bollati Boringhieri - pagg. 220 - € 24,00

 L’uomo di Neandertal non è mai scomparso: vive in noi. 
I veri europei, gli autoctoni incontestati del nostro continente, sono loro, i neandertaliani. Sono i Neandertal che si sono adattati al clima rigido e mutevole della penisola europea durante le glaciazioni, e che sono fioriti nel relativo tepore tra una glaciazione e l’altra. I Sapiens – africani e amanti del caldo tropicale – hanno a lungo evitato le nostre terre inospitali e gelide, e nelle loro migrazioni hanno piuttosto puntato verso Est, arrivando a colonizzare persino la lontana Australia prima di tentare con l’Europa, che pure stava lì a un passo. Homo neanderthalensis ha la fama del bruto; qualcuno ancora crede che sia un «uomo delle caverne» nostro antenato, ottuso e animalesco, dal quale ci saremmo in seguito evoluti noi, raffinati e longilinei. Niente di più sbagliato. 


Sappiamo che i primi Neandertal vivevano in Europa 300 000 anni fa, probabilmente discendenti da una specie umana africana – Homo heidelbergensis –, a sua volta antenata dell’Homo sapiens. Noi e i neandertaliani siamo dunque a tutti gli effetti fratelli. A rigore, loro sono i nostri fratelli europei. 
Ma com’era fatto l’uomo di Neandertal? Che aspetto aveva? Come viveva? A queste domande ora sappiamo dare molte più risposte di un tempo, e Silvana Condemi – che studia i neandertaliani da molti anni –, aiutata dal brillante giornalista François Savatier, ha scritto questo libro per raccontarci la loro storia, una storia affascinante che negli ultimi anni è cambiata molto. Neandertal con ogni probabilità parlava, mangiava carne, cacciava, viveva in clan, in un enorme territorio che comprendeva tutta l’Europa e un pezzo di Asia settentrionale e Medio Oriente. Era cannibale, ma certamente seppelliva i propri morti, almeno nel periodo tardivo, curava gli infermi e costruiva grandi quantità di strumenti litici. Neandertal si vestiva e aveva un pensiero simbolico. Messo in una metropolitana e ben vestito, quasi non ci accorgeremmo della sua presenza. Neandertal era uno di noi. Talmente «uno di noi» che noi portiamo dentro una parte di lui! Gli studi di genetica, a partire da un articolo memorabile pubblicato nel 2010 a firma di Svante Pääbo, confermano che nel nostro DNA c’è tra l’1% e il 4% di DNA neandertaliano: in altre parole ci siamo incrociati. In altre parole ancora, probabilmente siamo proprio noi i diretti discendenti di Neandertal, almeno in parte, e la sua «scomparsa», circa 35 000 anni fa, non è stata probabilmente violenta, bensì un lento assorbimento dei nostri fratelli nella nuova linea proveniente dall’Africa. 

Silvana Condemi, paleoantropologa, è direttrice di ricerca al CNRS e conduce le sue ricerche sui neandertaliani e sui primi Sapiens presso l’università di Aix-Marseille, in Francia. 

François Savatier è un giornalista della rivista «Pour la science», specializzato in preistoria.

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