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lunedì 18 dicembre 2017

LE FIABE E LE FAVOLE DELLA NOSTRA INFANZIA

a cura di Sandra Romanelli


Ultimamente mi è capitato di rileggere una favola dei tempi della mia infanzia. Si tratta di “La cicala e la formica” di Esopo, rielaborata da Jean de la Fontaine. Ricordo che quando ero bambina, questa favola non era tra le mie preferite, perché trovavo esagerata quella morale che asseriva che chi ama la musica e si diverte a cantare e ballare non raccoglie niente e rimane a mani vuote.


Trovavo eccessivo il lavoro dell'instancabile formica, che immaginavo sempre vestita con un grembiule nero, indaffarata come una matta a immagazzinare provviste su provviste,  nonostante quelle  accumulate fossero più che sufficienti e mi dispiaceva che non riuscisse mai a trovare un momento di riposo o di divertimento.
La cicala e la formica









                                                                 
                                

Avrei voluto che all'arrivo dell'inverno, quando la cicala restava infreddolita e senza cibo, le formiche le avessero dato ospitalità nei loro cavernosi ambienti e anche un po' di quel cibo che,  tutte insieme, avevano ammucchiato durante l'estate.
Mi sarebbe piaciuto, ancora di più, che nel formicaio ci fosse una formichina simpatica, amante della musica, la quale avrebbe ospitato l'improvvida cicala per farla riparare dalle intemperie della brutta stagione e sarebbe stata felice di diventare sua amica, di ascoltare e applaudire il suo canto e di rifocillarla, magari con gli avanzi della sua tavola, che alla cicala sarebbero comunque bastati per sopravvivere al freddo e alla neve dell'inverno.
     
     
Tra le fiabe che amavo c'era “Biancaneve e i sette nani”, scritta dai fratelli Grimm e adattata da Walt Disney con i suoi celebri cartoni animati. Biancaneve, secondo me, nasceva proprio il giorno in cui sua madre si era punta con l'ago, in una notte in cui la neve aveva imbiancato ogni cosa e il silenzio aveva coperto ogni rumore. Il vagito di quella piccola creatura, dalla pelle bianca e dalle gote rosse, era il solo suono che era riecheggiato in quella notte e in quei freddi giorni.                                         
Da brava bambina, un po' maestrina come mi sentivo, mi piaceva anche il ruolo che Biancaneve assumeva con i nanetti, di accudimento e amorevole cura. Invece vedevo la tremenda strega cattiva come le insidie che incontriamo nella vita e che, a volte, purtroppo, non risparmiano neppure i bambini.

Biancaneve e i sette nani


Ma che dire de “La Bella Addormentata nel bosco”, di Charles Perrault, adattata anch'essa  da Walt Disney. Nel 2014 è arrivato sugli schermi un film statunitense Maleficent, remake tratto da questa fiaba e interpretato da Angiolina Jolie nei panni di Malefica, la strega malvagia. Nel testo originale tutto scorre nell'ordine predestinato, fino alla fine. Ma che rabbia dover aspettare il bacio di un principe che ti risvegli, per tornare a vivere!

La bella addormentata

 
Io, fin da piccola, mi impegnavo per essere autosufficiente e fare tutto da me. Da adolescente pensavo che era buona cosa seguire i consigli dei genitori, ma nonostante ciò, volevo essere io l'artefice dei miei atti: successi oppure errori. Tendevo alla dignità della mia autonomia personale. Oggi potrei essere  finalmente e completamente libera da vincoli, ma invece noto che ora, anche noi adulti, spesso dipendiamo dai bisogni degli altri, soprattutto da quelli delle persone che amiamo e talvolta anche dalle nostre necessità che non sempre corrispondono alle nostre aspirazioni.



C'è una cosa però, che mi piace della Bella addormentata, è la magia del tempo che si arresta.
Quante volte ho pensato che mi sarebbe piaciuto possedere poteri ultraterreni per fermare alcuni momenti straordinari della mia vita: i più belli, i più felici e magari continuare a riviverli all'infinito! Inoltre avrei voluto bloccare in tempo gli eventi terribili, per riuscire a non farli accadere. Sarebbe  stupendo se ciò potesse avvenire nella realtà e non solo nel mondo della fantasia: quanta felicità in più e quanta disperazione in meno!

La fiaba che in assoluto, nell'infanzia, mi ha sconvolto di più è stata “Pollicino” di Perrault, tradotta in italiano da Collodi.
Pollicino


Quel bambino abbandonato con i fratellini nel bosco mi intristiva troppo, ma stentavo a credere che proprio dei genitori, anche se poverissimi,  potessero decidere di compiere un'azione così brutta. Mi faceva paura l'idea dell'abbandono. Quel dolore l'avevo già provato quando avevo sofferto per la partenza improvvisa (per me) di mio padre, dovuta a motivi di lavoro in un'altra città e l'unico atto consolatorio era stato sapere, da mia madre, che presto l'avremmo raggiunto. Infatti questo è avvenuto e, negli anni successivi, ho voluto rileggere quella storia, più volte: forse per esorcizzare la paura di un nuovo abbandono.
In seguito, ho amato la fiaba di Pollicino, perché mi ha fatto capire che la vita prevede delle difficoltà, delle situazioni problematiche che a un bambino possono sembrare insormontabili, ma che, al contrario, spesso sono superabili e affrontandole nel modo giusto si può risolverle.

Amavo moltissimo le fiabe con gli animali protagonisti, però- a parte “Cappuccetto Rosso”, scritta in più versioni, da Perrault ai fratelli Grimm, fino ad arrivare a una versione di Italo Calvino e ai cartoni animati  di Walt Disney-, mi piacevano quelle storie dove i lupi erano o diventavano buoni e le bestie feroci  mansuete, oppure quando dimostravano la loro saggezza nel risolvere i problemi.

 
Cappuccetto rosso


Di Cappuccetto Rosso mi piaceva la spontaneità delle azioni di una bambina ingenua: la gioia di andare a trovare la nonna, di raccogliere fiori, di respirare l'aria pura in mezzo agli alberi, ma questa felicità veniva presto punita dalle insidie che il bosco nasconde. Per me, era difficile, però, comprendere, quand'ero piccolina, che bisogna stare lontano dalle false lusinghe.

Il gatto con gli stivali
Ho riletto più volte “Il gatto con gli stivali” nella versione di  Charles Perrault, una delle mie fiabe preferite, dove un simpatico e astuto gatto, dopo molteplici e difficili avventure,  riusciva a fare  la fortuna  e la ricchezza del suo padrone povero, fino a farlo diventare il ricco  marchese di Carabas.



                                                                           

C'é un'altra fiaba , dedicata agli animali, che mi piaceva molto, è : “Il brutto anatroccolo” di Hans Christian Andersen.
Disprezzato dai suoi simili, maltrattato e deriso da tutti, in realtà il brutto anatroccolo  racchiude dentro di sé uno splendido cigno e quando scopre la sua bellezza, nel riflesso dello stagno, è talmente emozionato e felice da essere ripagato dalle disavventure che ha dovuto sopportare fino a quel momento.

Ho amato questa storia non tanto da bambina, quanto da adolescente. Da  adulta mi piaceva leggerla a scuola, ai miei alunni. La ritenevo educativa perché rappresenta una vera e propria metafora delle problematicità della crescita. I  bambini e gli adolescenti si identificano nelle difficoltà che affronta l'anatroccolo e, alla fine, comprendono che bisogna accettare le differenze perché, spesso, si rivelano un vero e proprio apprezzabile dono.

Nel primo anno della scuola media mi regalarono un libro scritto dalla statunitense Mary Mapes Dodge: “I pattini d'argento”. La storia si svolge in Olanda tra distese di ghiaccio, imponenti dighe, mulini a vento e tulipani. I protagonisti sono due fratelli: Hans e Gretel che, a causa di un incidente accaduto al padre, vivono in povertà, ma l'affrontano dignitosamente e non perdono la voglia e la grinta di battersi, nonostante le avversità.






Ricordo che apprezzai moltissimo questo libro che mi portava in un  paese molto lontano dalla mia città, luogo che immaginavo splendido, per la cura messa dall'autrice nel descrivere i paesaggi e per i sentimenti che i personaggi esprimono: di positività e di fiducia nelle proprie capacità .

Però, il momento più bello della fiaba, per me è sempre stato quello di “Cenerentola” al ballo, di Perrault, riproposta anche dagli splendidi cartoni animati Walt Disney .

Cenerentola e il Principe

                
Entusiasmanti i preparativi prima del ricevimento a corte, iniziati grazie all'arrivo della Fata Smemorina che trasforma una zucca in carrozza, i topini, amici della sfortunata Cenerentola in quattro splendidi cavalli grigi, il vecchio  e stanco cavallo in un imponente nocchiere, il cane Tobia in un elegante valletto della carrozza. E che dire dell'emozione di vedere il  suo vestito strappato e consunto  diventare un elegante abito di seta e velluto e le ciabatte brillanti scarpette di cristallo!
Di quella fiaba conservo tuttora l'idea del limite: “la magia non durerà oltre mezzanotte! “- avverte la Fata Smemorina.

 
Cenerentola e la Fata Smemorina

Ed ecco allora che questa frase coincide, a volte, con i divieti che mi prefiggo. Forse, come Cenerentola, oggi so che non è bene andare oltre le regole e occorre, sempre, porsi dei vincoli.












9 commenti:

  1. La favola è la voce del sogno che abita nel cantuccio del cuore e canta con l'arpa delle emozioni. Noi lo crediamo e la ringraziamo per il suo dono. Auguri sinceri.
    Gianna e Benito

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    1. Grazie a voi per il garbato commento. Tanti auguri di cuore.
      Sandra

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  2. Ho letto molto volentieri il tuo articolo. Interessante la doppia lettura delle favole. Mi rimanda ai Canti dell'innocenza e dell'esperienza di William Blake, dove i bimbi gioiscono di ogni cosa bella, mentre gli adulti rovinano anche le cose più belle.
    Isella

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    1. Grazie Isella per la citazione di questo interessante poeta inglese del quale desidero citare una frase: "Vedere il mondo in un granello di sabbia e un paradiso in un fiore selvatico, tenere l'infinito nel palmo della mano e l'eternità in un'ora".

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  3. Le fiabe di cui hai parlato mi hanno fatto tornare bambina, con tanta nostalgia di quei tempi... Bravissima Sandra!
    Tina

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    1. Ho fatto un tuffo nel passato anch'io, con le fiabe. Grazie, cara Tina.
      Sandra

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  4. "Finché porterai un sogno nel cuore, non perderai mai il senso della vita".(Gandhi) Un abbraccio. Mariagrazia

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    1. Sì, Mariagrazia, spesso favola e sogno coincidono e ci rimandano alle frasi dette dai grandi. Grazie. Un abbraccio anche a te.
      Sandra

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    2. E a questo proposito voglio ricordare ciò che ha detto un grande poeta: "Ognuno ha una favola dentro, che non riesce a leggere da solo. Ha bisogno di qualcuno che, con la meraviglia e l'incanto negli occhi, la legga e gliela racconti." (Neruda)
      Sandra

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