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domenica 20 marzo 2016

"LA PAROLA", di Kaj Munk

(a cura di Mimma Zuffi)

Iperborea - pagg. 176 - € 15,00 

Esce per la prima volta in Italia il testo del grande drammaturgo e giornalista danese Kaj Munk, che folgorò Carl Dreyer a Copenaghen nel 1932 e da cui fu tratto l’omonimo capolavoro Ordet – La parola, vincitore del Leone d’Oro e del Golden Globe come miglior film straniero. 

Kaj Munk, scrittore e pastore della Chiesa danese, uomo di teneri sentimenti ma di fede vigorosa nella Parola biblica, capace di essere «più forte della morte», è considerato un martire della resistenza danese e fu rapito e assassinato dagli occupanti nazisti per aver predicato una Chiesa non asservita al potere e un cristianesimo in antagonismo con le forze nemiche della libertà: «Non vi sono che due modi di servire il nemico di Dio, e non si sa quale sia il più pericoloso: uno consiste nell’essere attivi nel male, l’altro nell’essere inerti nel bene». 



Se si pensa che a compiere l’azione furono i membri del «gruppo Skorzeny», il commando autore della spettacolare liberazione di Mussolini sul Gran Sasso, che vennero inviati da Berlino su diretto ordine di Himmler, ci si rende conto di quanto Kaj Munk, i suoi scritti e le sue prediche, fossero considerati un pericolo per il terzo Reich. La Parola è il suo dramma più noto e racconta la pietà religiosa in una comunità contadina danese all’inizio del Novecento, ma soprattutto il contrasto tra la fede vera di Johannes, una sorta di «idiot de la famille» che va in giro a parlare di miracoli e di resurrezione dei morti, e la fede più convenzionale del pastore del villaggio e degli altri componenti della piccola comunità. Il tema centrale del dramma è proprio la possibilità, attraverso la fede, di veder operati miracoli anche ai giorni nostri, un’eventualità comunemente accettata nel mondo cattolico, dura da ammettere in quello protestante. In fondo, i miracoli non si verificano più perché non ve n’è più bisogno o forse perché non v’è più fede? 

Kaj MUNK (1898-1944), scrittore e giornalista danese, autore di scritti autobiografici e di drammi che hanno avuto notevole risonanza in Danimarca e in tutto il Nord europeo per la paradossale religiosità kierkegaardiana che investe molti scottanti problemi di vita contemporanea. Munk si afferma nel 1932 col dramma La Parola, e porta poi sulla scena la tragica realtà politica degli anni precedenti la seconda Guerra mondiale: Sejren, 1936, su Mussolini che vince la guerra d’Etiopia ma perde la propria anima; Han sidder ved Smeltediglen, 1938, su uno scienziato di fede nazista che, sul punto di perdersi, si ravvede e prende la via dell’esilio; e nell’ultimo suo lavoro Niels Ebbesen, l’epopea di una specie di Guglielmo Tell danese che si batte per l’indipendenza dello Jütland contro il dominio tedesco. 

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