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sabato 14 marzo 2015

"Il segreto del suo volto" - Film noir da vedere

di Annalisa Petrella

Fantasmi del passato in una Berlino post-bellica




“Mi interessano le persone che si rifiutano di accettare qualcosa e che per farlo vanno dritte per la loro strada armate di coraggio e determinazione.”
 Christian Petzold



Il regista tedesco Christian Petzold con “Il segreto del suo volto” (2014) compie un’ardita operazione cinematografica, a mio avviso molto ben riuscita, mettendo in scena con estremo rigore narrativo ciò che resta dell’amore di una coppia dopo la catastrofe e la vergogna dello sterminio nazista e, simbolicamente, ciò che resta di un popolo che non vuole affrontare il proprio passato, il tutto ambientato in una Berlino squarciata dai bombardamenti della guerra appena conclusa.
Scritto con il fedele collaboratore Harun Farocki, scomparso l’estate scorsa, Petzold trae liberamente l’ispirazione dal libro di Hubert Monteilhet, “Le ceneri di una defunta”, ambientato in Francia, mentre il film si svolge a Berlino, nel giugno del 1945. 
Nelly è miracolosamente sopravvissuta ad Auschwitz e, spaventosamente ferita al volto, fa ritorno nella sua città, accompagnata dall’amica Lene. Prima della deportazione Nelly è stata una cantante di
successo.
Lene, anch’essa ebrea, si è salvata dalla deportazione riuscendo a fuggire all’estero, ora è impiegata nell’Agenzia ebraica e, recuperata l’amica reduce dal lager, l’assiste amorevolmente, la ospita nella propria casa e la conduce da un chirurgo plastico per la ricostruzione del viso sfigurato da un’esplosione. 
I temi del ritorno e dell’identità sono i fili conduttori, la macchina da presa nelle prime scene immette in un’atmosfera cupa che si mantiene per buona parte del film, mostra l’automobile che attraversa una città fantasma, occupata da truppe militari di quattro Paesi diversi, con i segni della sconfitta in ogni angolo: mozziconi di palazzi spettrali, cumuli di macerie ovunque, volti cupi e sfuggenti, silenzi spezzati da voci insolenti. Berlino diventa il proscenio di un teatro della devastazione dove si aggirano loschi figuri senza scrupoli e personaggi impalpabili, ombre di un mondo sospeso. Successivamente le scene nei luoghi chiusi, il night, il sottoscala, le stanze, infondono un senso di claustrofobia e sono girate seguendo l’archetipo della kammerspielfilm che nella sua essenzialità ha una forte connotazione simbolica grazie anche al susseguirsi di campi e controcampi.
Nelly, contrariamente a quanto le suggerisce il chirurgo, gli chiede di restituirle il più possibile i tratti del proprio volto - un altro ritorno al passato - per recuperare la propria identità cancellata dalla violenza, così come decide di rimanere nella propria città, Berlino, da cui era stata strappata. 
Inutilmente Lene cerca di convincerla a trasferirsi con lei in Palestina per iniziare una nuova vita lontana dagli orrori vissuti, Nelly è irremovibile e vuole andare alla ricerca del marito il cui ricordo l’ha aiutata a mantenersi viva. Come superstite dall’inferno di Auschwitz, Nelly è determinata a voler ricordare per ritrovare se stessa e ciò che resta di un tempo passato, e a ricostruire la propria identità perduta nell’umiliazione dei campi di sterminio. In contrasto con la protagonista il film è pervaso dalla sensazione che coloro che sono rimasti desiderino soltanto dimenticare anziché fare i conti con una pagina orribile della Storia: grava su molti il peso dei compromessi o dell’indifferenza durante il regime nazista e il rifiuto della memoria è un rifugio per rimuovere colpe e responsabilità.
Nelly, interpretata magistralmente da Nina Hoss, musa del regista Petzold e già protagonista di “La scelta di Barbara” (2012), è magnifica nella sua parte di sopravvissuta all’inferno e si muove tra le macerie come lo spettro di se stessa alla ricerca del marito, Johnny, interpretato da Ronald Zehrfeld, che prima della guerra era il suo pianista. In una delle sue perlustrazioni notturne tra angoli bui e locali sordidi, affollati da soldati ubriachi e da prostitute compiacenti, finalmente lo trova, lavora come uomo di fatica al “Phoenix”, la cui insegna infuocata squarcia le ombre livide della notte. Il nome del night, che dà il titolo al film in lingua originale, è un evidente richiamo alla fenice mitologica, simbolo di una speranza di rinascita dalla devastazione. 
Da questo momento il film è sempre più pervaso dai toni del noir, l’uomo non la riconosce, ma notando una somiglianza con la moglie, che crede morta nel campo di sterminio, la coinvolge in un patto malefico per intascare la sua cospicua eredità che andrebbe perduta in quanto, dopo il suo arresto, lui aveva divorziato per scindere qualunque legame con una donna ebrea. Nelly nel frattempo ha saputo dall’amica Lene che la delazione che l’aveva fatta arrestare era partita proprio da Johnny, ma non si svela, accetta di entrare nel gioco perverso propostole dal marito per guardarsi riflessa negli occhi del suo uomo in un tentativo di recupero dell’immagine felice del proprio passato.
Comincia così l’addestramento di Nelly, a lui nota come Esther. Il marito, ignaro, pianifica di istruire segretamente la sconosciuta, ormai complice, a interpretare la parte della moglie che, a farsa conclusa, ricomparirà ufficialmente per rivendicare la ricca eredità che le spetta e poi spartirla in due. Johnny predispone nello scantinato in cui abita una sorta di camerino teatrale con abiti, trucco, battute, lezioni di portamento e di scrittura a imitazione della Nelly che lui crede morta e la donna entra nella parte con una dedizione totale alla ricerca di uno sprazzo d’amore o di un ricordo prezioso a cui attaccarsi. Alla domanda di Esther-Nelly sui campi nazisti Johnny risponde: - Nessuno chiederà dei campi, nessuno vuole veramente sapere.
Il richiamo al film “La donna che visse due volte” di hitchcockiana memoria è evidente quando il marito chiede alla donna di interpretare la parte della moglie, anche se qui il senso è rovesciato. Johnny agisce soltanto per motivi utilitaristici, fa un’opera di rimozione totale degli orrori e delle proprie responsabilità nel tentativo di azzerare un passato mostruoso e scrivere una nuova pagina decorata dalle cifre del denaro.
Petzold, attraverso la straordinaria Nina Hoss compone un ritratto femminile che s'imprime indelebilmente nella memoria dello spettatore, sottrae gestualità e parole al personaggio a favore degli sguardi, strali che scalfiscono l’anima, o delle posture che richiamano i movimenti rigidi di manichini privi di fluido vitale, anche la colonna sonora si afferma per sottrazione. E’ notevole la ricostruzione di una Berlino disarticolata dai colori ombrosi che ricordano il bianco e nero del film “Il terzo uomo” con Orson Welles. 
Nella seconda parte del film vi è un crescendo di tensione e drammaticità, perfettamente calibrati, si aprono spazi più luminosi che esaltano sempre di più il tema del ritorno ai luoghi, alla consapevolezza e, soprattutto, a se stessi.  
La scena finale poi è un’epifania catartica, un gioiello raro in cui Nelly, rasentando la perfezione, interpreta “Speak low” di Kurt Weill e sublima amore e tragedia, individuo  e umanità.
Da non perdere.

16 commenti:

  1. Regista stupendo che ha saputo dirigere in maniera eccelsa la sua musa. Ottima recensione per un film che vale veramente la pena di vedere, godendosi il finale con la splendida "Speak low" di Kurt Weill
    Miriam

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  2. Bello il film, più bello forse ripensandoci dopo qualche giorno, molto bella la recensione che con i suoi riferimenti cinematografici e culturali lo rende ancora più apprezzabile.
    Vittorio

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    1. Caro Vittorio, grazie del commento.
      Annalisa

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  3. Scrivi in maniera impagabile, sai rendere i significati e le scene di un film così bene e approfonditamente che ci si innamora del film. Luisa

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    1. Ti sono grata del commento generoso. Annalisa

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  4. Il film è cupo e triste, ma il finale è bellissimo. È raro leggere recensioni così complete. Noris

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    1. Cara Noris, ti ringrazio del commento. Annalisa

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  5. Anche La scelta di barbara è interessante, questo non l'ho ancora visto e ci voglio andare, grazie. B.T.

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  6. Bell'articolo, nel film ho notato che anche la parte del marito è recitata molto bene.

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    1. Condivido, Zehrfeld è un attore di ottimo livello, tra l'altro ha già lavorato con la Hoss nel film "La scelta di Barbara".

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  7. Come sempre ottima recensione! Un film che vale la pena vedere per recitazione e contenuto.
    Ludmilla

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    1. Cara Ludmilla, sei una mia fedele lettrice. Grazie! Annalisa

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  8. La recensione è davvero molto bella e aggiunge veramente valore al film. I temi trattati nel film rimangono ad un livello un po' superficiale, invece attraverso essa tutto il messaggio che il film vuole trasmette risulta più chiaro e sicuramente più interessante. Lucrezia

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    1. Cara Lucrezia, che bel commento! Grazie. Annalisa

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