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lunedì 19 febbraio 2024

Il gabinetto del dottor Caligari

 di Selene G. Rossi


   Locandina originale de "Il gabinetto del dottor Caligari".
La Grande Guerra era finita da poco ma, in Germania, l’aria era ancora satura di tensioni; tensioni che sfociarono in un periodo di malcontento sociale, politico e spirituale che si rifletté anche in ambito filosofico, musicale, poetico e, soprattutto, in quello delle arti visive. La Germania della Repubblica di Weimar fu caratterizzata da un'inquietudine artistica che si manifestò soprattutto tra i giovani, decisi a ribellarsi contro l'opprimente autocompiacimento delle idee del XIX secolo come venivano rappresentate nelle arti e nella letteratura Impressioniste e Naturaliste (1). Il malcontento raggiunse lo zenit con l’Espressionismo, un movimento libero da costrizioni, emotivo e spesso pessimista, caratterizzato da soggettività estrema e netta opposizione al Naturalismo, il cui scopo era ricostruire un universo antropocentrico, contrapposto alle vecchie dottrine in cui materia e natura regnavano incontrastate. Quindi, tutto - oggetti, luce, l’universo intero - doveva essere rimodellato in base alla visione dell’individuo, visione suggestiva della vita che toccò inizialmente la poesia, contaminando presto le altre forme artistiche. 



Nato negli anni precedenti alla I Guerra Mondiale, l’Espressionismo riscosse successo tra il pubblico a partire dal 1918 quando «to a revolutionarized people [it] seemed to combine the denial of bourgeois traditions with faith in man’s power freely to shape society and nature on account of such virtues it may have cast a spell over many Germans upset by the breakdown of their universe» (2). 

Cesare in fuga sui tetti.
Massima espressione cinematografica di questo nuovo movimento artistico è Il gabinetto del dottor Caligari che - grazie ai set geometricamente esagerati (3), ai fondali dominati da linee curve e angoli esasperati, alla narrazione circonvoluta e alla recitazione sopra le righe di Conrad Veidt e Werner Krauss e al loro make-up - è in grado sia di trasferire sullo schermo il manifesto espressionista secondo il quale l'inconscio dell'essere umano crea un universo distorto da paure, desideri e ansie di ogni singolo individuo, sia di disorientare il pubblico (4). Le case si sporgono maligne verso lo spettatore; le finestre occhieggiano, curve o inclinate, mute testimoni degli eventi; le porte, oscene voragini angolate, invitano a varcarne la soglia per portarci all'interno di un baratro oscuro da cui non può esservi ritorno; mentre l'immagine curva e ghignante del dottor Caligari permea, anche con la propria assenza, ogni singolo istante della pellicola. Come ricorda David Soren «out of this tortured age came Caligari, a film full of sociological significance for its time and it was told with a combination of Expressionist distortion, Reinhardtian atmosphere [...], and Munchian isolation. […] Thus Caligari was born of the madness and frustration of its age and it is important that its makers chose Expressionism as the mean to bring the most intense feelings to the screen. Caligari is a nightmare vision of the twisted world dominated by Caligari and his young, murderous (yet innocent) pawn. The sets are distorted, often jagged and harsh, indicators of the madness in which the characters are trapped. One finds the harsh disorienting diagonals already familiar from Munch and Cesare the somnambulist bears a striking resemblance to the sad figures of Munch’s Spring Evening on Karl Johan Street: that same black, emaciated frailty, and isolation» (5).

Sera sul viale Karl Johann (1892).
Pervaso da un'atmosfera lugubre che contribuisce a determinare il tono del film fin dall'inizio, Il gabinetto del dottor Caligari si apre sull'inquadratura di due uomini seduti su una panchina circondata da alberi scheletrici. Il più anziano si protende verso il giovane Francis, protagonista e narratore della storia a venire, mormorando con gli occhi sgranati dal terrore: «Ci sono spiriti… ovunque. Sono intorno a noi. Mi hanno portato via dal focolare e dalla casa, da mia moglie e da mio figlio.» 
All'improvviso l'attenzione di Francis è attratta dall'apparizione spettrale della bella Jane che, come uscita dal nulla, si muove fluttuando lungo il sentiero con lo sguardo smarrito, introducendo il tema dello zombie che si paleserà completamente con l'entrata in scena di Cesare il sonnambulo; come, infatti, nota Prawer «even before introducing Veidt’s Cesare, The Cabinet of Dr. Caligari has given us a disconcerting image of zombie-like presence and absence, of existence in a limbo between life and death, through the appearance of the heroine, Jane, walking slowly towards the camera while staring straight ahead with unseeing eyes» (6); la descrizione che di questa scena fornisce R. V. Adkinson «suggests how the mise en scène of the opening sequence slides us from a “normal”world to the distorted one presented in the stylized settings that are yet to come. The wall and the path we see at first seem to be an actual wall, an actual garden or park, with natural branches and leaves […]. The older’s man opening words, in the first of the intertitles that appear in the film, act as a preparation for different mise en scène: one that presents living actors and normal pieces of furniture in an unrealistic setting which yet conveys, unmistakably, the ambience of small German towns. They also announce one of the great themes of the terror-film: that of being shaken out of one’s familiar world, the world of hearth and home, wife and children, by the intrusion of a “spirit” world which is always there, always waiting, but does not always spring upon us. The words may be those of a man whom the world writes off as “mad;” but may not such madness bring insights as well as deprivation? The old man’s words have a theological, philosophical, and social resonance that cannot be simply shut off» (7).
L'incontro con Jane
Fissando la fanciulla con gli occhi colmi di ammirazione e passione, Francis esclama: «Ecco la mia amata,» prima di rivolgersi al compagno pronto ad ascoltare la descrizione degli eventi che contribuirono a cambiare per l'esistenza dei due innamorati: «Ciò che io e lei abbiamo vissuto è ancora più strano di ciò che avete vissuto voi. Lasciate che ve lo racconti. La cittadina dove sono nato…»
Ed è grazie a queste parole che entriamo nell’universo magico de Il gabinetto del dottor Caligari dove, come accadrà anche nei film della Golden  Age  americana, compaiono  due paure  molto importanti: quella legata allo straniero, visto come invasore e distruttore del nostro mondo sicuro, e quella legata al fatto che chi parte socialmente “svantaggiato” possa insorgere contro l’establishment. Con una tuba calcata sul capo, Caligari entra in scena inerpicandosi lungo una rampa di scale che sbuca nel luogo da cui si dipana la sagra; giuntovi  in  cima,  si  gira  verso  l'obiettivo e, sbirciando maligno attraverso gli occhiali, osserva la piazza prima di incamminarsi claudicante lungo le vie della città.
Come ha notato Prawer, anche se l'andatura zoppicante utilizzata da Werner Krauss per caratterizzare Caligari, analizzabile come riflesso di «[...] something physically wrong with him; that he is, in some 
La ridente cittadina di Hostenwall
not immediately tangible way, a cripple
,» potrebbe spingere lo spettatore a considerare la sua brama di potere come un modo per compensarne l'inferiorità fisica e quella - effettiva o immaginata - sociale, in realtà è probabile che sia stata utilizzata dall'attore per «find a dynamic equivalent for the static distortions of the scenery – just as his hand and arm movements, when clutching a book or miming hallucination, are as deliberately exaggerated and twisted as the painted perspectives before which they are enacted. That gait and gestures of the soberly clad director of the asylum are noticeably less extravagant than those of the showman in his high hat» (8).
Nata dall'incontro tra Hans Janowitz e Carl Meyer, la sceneggiatura originale non contemplava le due cornici iniziale e finale, aggiunte successivamente da Erich Pommer, a capo della Decla, e Robert Wiene, regista della pellicola (9). Questo film fu concepito «originariamente dagli sceneggiatori Carl Mayer e Hans Janowitz come parabola politica sullo sfrenato autoritarismo seguito al cataclisma bellico. Caligari simboleggiava lo Stato, mentre Cesare rappresentava le masse di sonnambuli spedite a uccidere ed essere uccise. La vicenda inoltre ricopriva per i due uomini più di un significato metaforico» (10). Reduce della I Guerra Mondiale, sconvolto dai massacri compiuti in nome di una presunta “giusta causa,” Janowitz  «returned as a convinced pacifist, animated by hatred of an authority which had sent millions of men to death. He felt that absolute authority was bad in itself» (11). Stabilitosi a Berlino, l'ex Ufficiale di Fanteria incontrò Carl Meyer che, dopo essere stato costretto a sottoporsi a numerosi test psichiatrici contro la propria volontà, aveva sviluppato una forte avversione nei confronti della psichiatria. Ma per determinare lo spunto che diede origine alla pellicola, si devono prendere in considerazione due eventi. Il primo risale al 1913 quando, alla Fiera di Amburgo, Janowitz fu testimone involontario di un crimine; come ricorda Teo Mora «gli capitò di assistere, senza rendersene conto, a un delitto sessuale e di riconoscere al funerale della vittima l'uomo che sospettava dell'assassinio» (12). Il secondo, invece, vide coinvolti i due amici che dopo aver assistito allo spettacolo “Uomo o macchina,” in cui il forzuto protagonista si muoveva come sotto ipnosi prevedendo, inoltre, il futuro degli astanti. Dall'unione di queste esperienze, e influenzato dai film di Wegener (13), Janowitz si convinse del fatto che il medium cinematografico avrebbe potuto contribuire a diffondere i suoi ideali pacifisti; infatti, come ricorda Kracauer, «according to the pacifist-minded Janowitz, they had created Cesare with the dim design of portraying the common man who, under the pressure of compulsory military service, is drilled to kill and to be killed» (14).
Ma il film andava al di là del semplice simbolismo metaforico e il produttore Erich Pommer e il regista Robert Wiene imposero un cambiamento radicale: la vicenda fu dunque incorniciata da un prologo e da un epilogo, «per cui il racconto non risultava altro che il delirio di un folle (in una precedente versione del copione, Francis, ora medico affermato, raccontava la storia agli amici). Lo stesso Caligari veniva presentato come una figura tragica, vittima di una malattia mentale. In un colpo solo, lo sfondo politico del film veniva cancellato, almeno nel pensiero dei suoi autori. Come in seguito avrebbe commentato lo storico del cinema Siegfried Kracauer:  “Un film rivoluzionario, seguendo il logoro schema di dichiarare folle un individuo normale ma turbato e di spedirlo in un manicomio, diventa conformista.” Inoltre, come sempre, i produttori temevano di sfidare il gusto convenzionale con contraccolpi economici. L’uomo della strada avrebbe considerato folli i temi e le immagini di Caligari, e dunque aveva bisogno di rassicurazioni sulla correttezza delle proprie opinioni» (15).
Personaggio dalle molteplici valenze, il dottor Caligari ricopre svariate funzioni; secondo Prawer, è
innanzitutto «a piece of scene-design: part of an over-all visual pattern which gains its meaning from a larger whole. In The Cabinet of Dr. Caligari, as in later films of terror, this point is driven home, unobtrusively but constantly, by the composition of the frames, the relation of the actor to the scenery and to his fellow-actors as conveyed by stance, costume, and camera angle» (16). Ne Il gabinetto del dottor Caligari non solo i set sono funzionali alla storia, ma anche i costumi ricoprono un ruolo importante per lo svolgimento della storia e la comprensione dei personaggi; questo si evince sia dagli abiti di Caligari sia da quelli di Jane. Così, laddove, fin dalla sua prima apparizione, il primo indossa un cappotto scuro, stazzonato, riflesso della sua anima malvagia, la seconda indossa sempre abiti chiari o bianchi - a eccezion fatta per  la scena ambientata dopo il funerale - come a volerne indicare la purezza d'animo. In realtà, così come il finale della pellicola offre un ribaltamento di tutto ciò a cui eravamo stati portati a credere, anche l'abbigliamento del saltimbanco viene alterato in due occasioni. La prima, ambientata nella camera da letto di Caligari-Direttore del manicomio ritenuto una “persona per bene,” presenta il villain con indosso una camicia da notte bianca, come a significarne l'apparente innocenza. Ma, ancora un volta, questo topos classico che abbina virtù e incorruttibilità al bianco, è stravolto  dalla scoperta che, realtà nella realtà, il Caligari rappresentato nella parte interna della pellicola è veramente deviato. La seconda, ambientata nell'epilogo del film, mostra il vero Caligari, o perlomeno quello presentatoci come tale, con indosso un completo lindo, sinonimo della pulizia interiore dell'uomo.
Immagini tangibili del candore di Jane e della sporcizia interiore di Caligari.

Sempre secondo Prawer, Caligari «is a showman whose deliberately weird get-up and exaggerated gestures are designed to induce an audience to attend the thrilling spectacle that awaits it in his fairground tent» (17); un esempio lampante è dato dalla sua postura nella scena ambientata all'interno del Municipio: sporgendosi in avanti come un uccello rapace, sembra quasi voler passare inosservato cercando rifugio in un angolo della sala.
Prawer prosegue nella sua analisi del personaggio dimostrando come «Caligari is shown, thirdly, to be a multiple personality whose facets are indicated by the distinct costuming and make-up which we also associate with Jekyll and Hyde films. As “Caligari” he is a fairground showman, pushed around by authorities whom he has to cajole and coax, dependent on audiences whom he has to attract. The menace that comes from him in that guise is the menace of the underdog who is eager to take his revenge for social slights and oppression. As director of the mental home he is – well, dual again, for [Francis] sees him, and we see him for a time, as a power-obsessed maniac who belongs in a strait-jacket  more surely than his patients, while the final scenes suggest that he may be the urbane and benevolent healer of sick minds» (18).

Il poster di Cesare e L’urlo di Munch: dolore allo specchio.
Amplificato dalla presentazione di Cesare all'interno della fiera - attraverso un poster straordinariamente simile a L'urlo di Edvard Munch (19), il dottor Caligari urla: «Avvicinatevi, signore e signori! Qui, per la prima volta, potrete vedere Cesare, il Sonnambulo!» - il tema della Tirannia/Autorità dominante la popolazione, e da cui è impossibile sottrarsi nonostante gli sforzi, assume contorni sempre meno sfumati. Secondo Kracauer, infatti «one should expect the pole opposing that of tyranny to be the pole of freedom; for it was doubtless their love of freedom which made Janowitz and Mayer disclose the nature of tyranny. Now this counterpole is the rallying-point of elements pertaining to the fair – the fair with its rows of tents, its confused crowds besieging them, and its diversity of thrilling amusements. Here Francis and Alan happily join the swarm of onlookers; here, on the scene of his triumphs, Dr. Caligari is finally trapped. In their attempts to define the character of a fair, literary sources repeatedly evoke the memory of Babel and Babylon alike. […] The manner in which such Biblical images insert themselves unmistakably characterizes the fair as an enclave of anarchy in the sphere of entertainment. This accounts for its eternal attractiveness. People of all classes and ages enjoy loosing themselves in a wilderness of glaring colors and shrill sounds, which is populated with monsters and abounding in bodily sensations – from violent shocks to tastes of incredible sweetness. For adults it is a regression into childhood days, in which games and serious affairs are identical, real and imagined things mingle, and anarchical desires aimlessly escapes a civilization which tends to overgrow and starve out the chaos of instincts – escapes it to restore that chaos upon which civilization nevertheless rests. The fair is not freedom, but anarchy entailing chaos. Significantly, most fair scenes in Caligari open with a small iris-in exhibiting an organ-grinder whose arm constantly rotates, and, behind him, the top of a merry-go-round which never ceases its circular movement. The circle here becomes a symbol of chaos. While freedom resembles a river, chaos reserves a whirlpool. Forgetful of self, one may plunge into chaos; one cannot move on it. That the two authors selected a fair with its liberties as contrast to the oppressions of Caligari betrays the flaw in their revolutionary aspirations. Much as they longed for freedom, they were apparently incapable of imagining its contours. […] Whether intentionally or not, Caligari exposes the soul wavering between tyranny and chaos, and facing a desperate situation: any escape from tyranny seems to throw it into a state of utter confusion» (20).
Tra i numerosi meriti de Il gabinetto del dottor Caligari vi è anche quello di aver introdotto una figura che, negli horror a venire - e soprattutto in quelli della Golden Age americana - ricoprirà una funzione essenziale, ovvero quella dell'ipnotista, di colui che con la forza dei poteri mentali è in grado di piegare la volontà di chiunque si trovi sul suo cammino; Caligari diventa quindi «the mesmerist, the controller from afar, the man who can kill without ever being seen to raise the knife himself, the man who can induce others to act or to be acted upon in the way a puppet-master manipulates his marionettes» (21).
Non ambientata in un universo reale palesemente riconoscibile, né in uno completamente fantastico, questa pellicola è un riflesso distorto del mondo tangibile ove l'Autorità trionfa sul popolo, qui rappresentato da Cesare e Francis; tutto contribuisce a creare una sensazione di claustrofobia e sottomissione alla tirannia di uno Stato onnipresente, a partire dai complementi d'arredo fino ai fondali dipinti. Seppur scettico di fronte alle teorie esposte da Kracauer, Prawer è comunque costretto ad ammettere che «[…] the uncertainties and fears the film conveys in its final form have a good deal to do with uncertainties and fears felt in the young Weimar Republic, in a Germany that had just lost a war and seen the apparent collapse of its traditional authoritarian structure» (26). Come infatti notato da Kaes, Jay, e Dimendberg (22), gli eventi caratterizzanti questo periodo della storia tedesca fornirono le basi per la nascita de Il gabinetto del dottor Caligari. Tra tutti, si ergono: gli strascichi traumatici della I Guerra Mondiale e la conseguente nascita di una generazione di giovani orfani di padre; gli sconvolgimenti economici e l'instabilità sociale che toccarono ogni istituzione del periodo; e, infine, la nascita del nazionalsocialismo (o meglio, degli -ismi europei) la cui manifestazione si palesò attraverso la scalata al potere di tiranni crudeli. Molti critici si sono opposti alle teorie propugnate da Kracauer; tra tutte, si erge quella di Thomas Elsaesser che, partendo dal presupposto che il sociologo tedesco abbia analizzato una quantità troppo ristretta di film teutonici del periodo, sostiene: «What seems to me not permissible, if we are to understand the manner in which history has entered into these films, is the double reduction which Kracauer operates upon his material. In order to establish the homology between German cinema and German history on which his thesis rests, he first of all has to “narrativize” German history in a particular fashion, by which I do not primarily mean the inevitability he posits, whereby all events are seen to lead up to Hitler and Fascism: what is problematic is the process and selection of the forces and determinants he deems as pertinent to our understanding of history. That he has to narrativize, even personalize these forces is evident if we look at the protagonist he creates: the “German soul, ” the national character, who becomes the plaything of instinct, sex, fate, destiny, tyrants and demons. The history he thus constructs is itself an expressionist drama, and while he makes it clear that the categories he employs are those that the films themselves suggest, the tautologous nature of the reasoning seems inescapable: the films reflects German history, because this history has been narrated in terms and categories derived from the films» (23). 
Seppur privo di movimenti di camera degni di nota (24), Il gabinetto del dottor Caligari non solo si avvale di un uso intelligente dei primi piani, ma anche di un utilizzo arguto delle dissolvenze. Antesignano dei film horror a venire, questa pellicola detiene anche il merito di mostrare uno dei primi esempi di “crescendo” mortale: «The first murder is initially reported in a title, followed by the police investigation in the official's bedroom. The second - that is, Allan's, murder - is seen through the pantomime of shadows reflected on the wall, so that the crime - even the murder weapon - is perceived but the criminal cannot be identified. Cesare's attempted murder of Jane raises the horror even further because the attempt takes place face to face in carefully designed segments: Cesare's stealthy entrance through the window; his approach to the victim with measured steps, a dagger in his hand; and finally his outburst into a vicious, lustful rage at Jane's resistance. Form a filmic point of view, these three instances constitute an early example of the iconography of crime in which the gradual transition from concealment to revelation creates the dynamics of the horror story» (25).
Non solo egregio rappresentante dell'Espressionismo (26), questo film ricopre un'importante funzione tanatologica mettendo in guardia gli ignari spettatori dei pericoli che si corrono affidandosi completamente all'autorità e ai suoi rappresentanti. In From Caligari to Hitler, Siegfried Kracaur analizza i film tedeschi girati tra il 1919 e l'avvento di Hitler (27), dando spazio a un'analisi attraverso la quale queste pellicole sono viste come allegorie del desiderio del popolo tedesco di essere guidati da una leadership totalitarista, ovvero l'inconscio sociale di questo popolo predisposto a essere portato sul baratro della distruzione da un capo ipnotico e carismatico. Come concepita da Janowitz e Mayer, la sceneggiatura originale verteva sull'idea di Autorità intesa come follia in grado di plagiare il popolo. La figura di Caligari rappresentava pertanto il Governo,  «[…] an unlimited authority that idolizes power as such, and, to satisfy its lust for domination, ruthlessly violates all human rights and values» (28), mentre Cesare era l'incarnazione dei giovani tedeschi costretti a imbarcarsi in una Guerra contro la quale non avevano voce in capitolo alcuna; «functioning as a mere instrument, Cesare is not so much a guilty murderer as Caligari’s innocent victim» (29). L'aggiunta di un prologo e un epilogo esplicatori mutarono il significato della pellicola privandola pertanto del proprio intento sovversivo; se, infatti «com’era stato originariamente concepito, il Caligari aveva per soggetto il contrasto tra autorità e schiavitù, tra tirannia e ribellione,» l'aggiunta delle due cornici fa sì che «[…] il messaggio [sembri] trasformarsi in una rivalutazione della sottomissione e della passività» (30). Se, dunque, la sceneggiatura originale ritraeva gli abusi compiuto da un potere assoluto, da una Tirannia, la cornice voluta da Pommer ne riconosce l'autorità, suggerendo inoltre che questa possa comportare dei benefici; pertanto, secondo Kracauer, «quite logically, the film spreads an all-pervading atmosphere of horror. Like the Nazi world, that of Caligari overflows with sinister portents, acts of terror and outburst of panic. The equation of horror and hopelessness comes to a climax in the final episode which pretends to re-establish normal life. Except for the ambiguous figure of the director and the shadowy members of his staff, normality realizes itself through the crowd of insane moving in their bizarre surroundings. The normal as a madhouse: frustration could not be pictured more finally» (31). 
In realtà, ciò che turba maggiormente in questo film non è solo il finale pseudo-sovversivo, ma anche la mise-en-scene della violenza che, come nota Stephen Prince «is deeply embedded in the history and functioning of cinema» perché «the appeal of violence in the cinema - for filmmakers and viewers - is tied to the medium’s inherently visceral properties» (32).
Seppur privo dei brutali ed espliciti effetti visivi degli horror contemporanei, Il gabinetto del dottor Caligari permette allo spettatore di riflettere su uso e abuso del potere da parte delle Istituzioni che, nascondendosi dietro la facciata della legalità, esercitano una violenza maggiore di quella da loro condannata. Creando questa favola politica in cui Caligari incarna l'autorità sfrenata e Cesare rappresenta invece la popolazione costretta a soggiacere agli ordini del tiranno, Mayer e Janowitz erano intenzionati a fornire un onesto ritratto dell'uso e abuso di potere esercitato dalle dittature durante la I Guerra Mondiale; purtroppo, con l'inserimento della cornice che racchiude il film, Wiene negò quest'allusione contribuendo invece a ricostituire la forza dell'autorità. In Caligari: The Story of a Famous Story, un manoscritto di centocinque pagine redatto, in teoria, da Janowitz nel 1939 a New York, lo stesso sceneggiatore si manifestava contrario all'inserimento della cornice, la cui unica utilità fu di «make the film's expressionis palatable to the audience. However, his main point continues to be that the primary purpose of the script is to tell the tragic story of a psychiatrist who has lost his mind. Symbolically, this becomes for him a story that reveals the madness implicit in authority. Caligari's victimization of Cesare stand for the ruthless exploitation of the common man by the authorities gone mad: “… our Dr. Caligari, the great authority, was mad, mad with the lust to kill, mad with lust to force his brutal instincts on innocents subjects!» (33). 
Villain ambiguo, progenitore dei classici hollywoodiani in cui fu rappresentato il confronto tra Mostro e fanciulla indifesa, versione espressionista di La Bella e la Bestia, Cesare si oppone, per una sola volta, alla volontà distruttrice del suo padrone anche se, come ricorda Prawer, «in [this] archetypal confrontation scene between Cesare and Jane The Cabinet of Dr. Caligari once again subtly modifies and […] improves what had been envisaged in the original screen-play. The directions in the screen-play preserved in the Deutsche Kinemathek clearly insinuate that what happens when Cesare stays his hand is that a blind sexual impulse overpowers the equally blind impulse to obey his master. In the film Cesare’s disobedience is not so crudely motivated: we have just a glimpse in Jane’s bedroom, of the more gentle, pathetic creature susceptible to beauty who is so unforgettably presented in the final scene which shows him caressing a flower – another scene, we should remember, which was added after the screen-play left its’ author’s hands» (34). 
Jane ed Elizabeth: vittime dello sguardo maschile.

Seguendo una composizione circolare, il film torna nel parco dell'inizio dove Francis, ancora seduto sulla panchina rivela al suo compagno che «[…] da quel giorno, il folle non ha più abbandonato la sua cella.» Perso nei meandri della dolorosa memoria, il giovane abbassa il capo mentre il suo compagno, cercando di rinfrancarne lo spirito, lo invita a passeggiare. 
Partendo dal presupposto che Francis sia un narratore attendibile e che, quindi, il direttore del manicomio sia l'incarnazione di un tiranno psicotico, Il gabinetto del dottor Caligari può anche essere analizzato come precursore dei film psicologici in cui lavaggio del cervello, controllo mentale, malattia psichiatrica e crimine sono strettamente connessi, contribuendo a spiazzare lo spettatore. Infatti, come nei racconti di Kafka il lettore si identifica solo ed esclusivamente con la soggettività del protagonista, in Caligari «it would be then possible to maintain that not only the story was told from Francis's point of view but the frame story as well, the difference being that Francis fabricated the main story while the frame story is what he perceives without a conscious attempt at fabrication. This would account do the degree of difference on the distortion: Francis's normal view of the world is already distorted, but his attempt to explain himself is even more distorted» (35).

NOTE

1. Mentre in Germania nasceva l'Espressionismo, in Francia presero piede Cubismo e Surrealismo, in Italia il Futurismo e, in Unione Sovietica il Costruttivismo.
2. Siegfried Kracauer, From Caligari to Hitler. A Psychological History of the German Film. Revised and Expanded Edition, Princeton University Press, Princeton, New Jersey, 2004.
3. Pur non essendo realisticamente resi, i set riescono a conferire al film un'aura claustrofobica e maligna, in cui la figura dell'autorità e/o del tiranno si erge sempre al di sopra chiunque. Infatti, «except for a few slips or concessions – some backgrounds opposed the pictorial convention in too direct a manner, while others all but preserved them – the settings amounted to a perfect transformation of material objects into emotional ornaments. With its oblique chimneys on pell-mell roofs, its windows in the form of arrows or kites and its treelike arabesques that were threats rather than trees, Holstenwall resembles those visions of unheard-of cities which the painter Lyonel Feininger evoked through his edgy, crystalline compositions. […] As expressionist abstractions they were animated by the same revolutionary spirit that impelled the two scriptwriters to accuse authority – the kind of authority revered in Germany – of inhuman excesses. However, Wiene’s version disavowed this revolutionary meaning of expressionist staging, or, at least, put it, like the original story itself, in brackets. In the film Caligari expressionism seems to be nothing more than the adequate translation of a madman’s fantasy into pictorial terms» (Siegfried Kracauer, From Caligari to Hitler. A Psychological History of the German Film. Revised and Expanded Edition, Princeton University Press, Princeton, New Jersey, 2004).
4. In Anxious Visions, la storica dell’arte Sidra Stich «lega la preoccupazione surrealista per i corpi deformi e sfigurati all’improvvisa presenza, dopo la guerra, di una percentuale elevata di feriti e mutilati. La tecnologia bellica moderna aveva introdotto approcci nuovi e precedentemente inconcepibili alla distruzione o brutale ridefinizione del corpo umano. I contemporanei progressi della medicina moderna resero possibile la sopravvivenza di soldati per ferite prima fatali. “L’invasione della morte nel mondo dei vivi e la rappresentazione del corpo umano così violentemente sfigurato dominano le raffigurazioni surrealiste,” scrive la studiosa. “Con quelle membra mancanti, dislocate e sproporzionate, le figure surrealiste richiamano l’attenzione sul corpo come entità disunita nella quale prevalgono assenza e deficienza. ” Le immagini surrealiste, osserva la Stich, alterano pure le distinzioni evoluzionistiche e zoologiche. “Queste figure degradate e questa carne disfatta minano profondamente i confini consueti che separano gli umani dalle altre specie”» (Sidra Stich, Anxious Visions: Surrealist Art, Berkeley e New York, University Art Museum e Belleville Press, 1990, cit. in David J. Skal, The Monster Show. Storia e cultura dell’horror, Baldini&Castoldi, Milano, 1998).
5. David Soren, (a cura di), The Rise and Fall of the Horror Film, Midnight Marquee Press, Inc., Baltimore, Maryland, 1997.
6. Siegbert Salomon Prawer, Caligari’s Children. The Film as Tale of Terror, Oxford University Press, Oxford, 1980.
7. Ibid.
8. Ibid.
9. Inizialmente convocato per dirigere la pellicola, Fritz Lang fu costretto ad abbandonare il progetto per portare a termine le riprese del serial Die Spinnen (1919).
10. David J. Skal, The Monster Show. Storia e cultura dell’horror, Baldini&Castoldi, Milano, 1998.
11. Siegfried Kracauer, From Caligari to Hitler. A Psychological History of the German Film. Revised and Expanded Edition, Princeton University Press, Princeton, New Jersey, 2004.
12. Teo Mora, Storia del cinema dell’orrore, vol. 1. Dalle origini al 1957, Fanucci Editore, Roma, 2001.
13. Come Der Student von Prag (1913) o Der Golem (1915).
14. Siegfried Kracauer, From Caligari to Hitler. A Psychological History of the German Film. Revised and Expanded Edition, Princeton University Press, Princeton, New Jersey, 2004.
15. David J. Skal, The Monster Show. Storia e cultura dell’horror, Baldini&Castoldi, Milano, 1998.
16. Siegbert Salomon Prawer, Caligari’s Children. The Film as Tale of Terror, Oxford University Press, Oxford, 1980.
17. Ibid.
18. Ibid.
19. Titolo originale: Der Schrei der Natur, 1893.
20. Siegfried Kracauer, From Caligari to Hitler. A Psychological History of the German FilmRevised and Expanded Edition, Princeton University Press, Princeton, New Jersey, 2004.
21. Siegbert Salomon Prawer, Caligari’s Children. The Film as Tale of Terror, Oxford University Press, Oxford, 1980.
22. Anton Kaes, Martin Jay, Edward Dimendberg, The Weimar Republic Sourcebook, University of California Press, Berkeley, 1994.
23. Thomas Elsaesser, Social mobility and the Fantastic: German Silent Films, Wide Angle 5, n 2, 1982 cit. in Uli Jung, Walter Schatzberg, Beyond Caligari. The Films of Robert Wiene, Berghahn Books, Oxford - New York, 1999.
24. Wiene effettua solo due brevi carrellate: la prima all'interno della stazione di polizia per mostrare la folla adirata intorno al sospetto appena catturato; la seconda all'interno dello studio di Caligari-Direttore del Manicomio per mostrare l'interesse suscitato dal diario di quest'ultimo negli psichiatri.
25. Uli Jung, Walter Schatzberg, Beyond Caligari. The Films of Robert Wiene, Berghahn Books, Oxford - New York, 1999.
26. Secondo Prawer, The Cabinet of Dr. Caligari, come Der Golem e Frankenstein, introduce alcune figure imprescindibili per lo sviluppo del genere: 
Il vecchio saggio, di solito uno scienziato con un profondo rispetto per l’occulto. 
Il creatore, o controllore di mostri, di solito un uomo che sfida le convenzioni scientifiche del mondo in cui vive, dominato dal bisogno faustiano di saggezza e conoscenza, incompreso dai suoi simili e poco interessato alle conseguenze nefaste delle proprie azioni.
Il suo assistente sinistro, spesso deforme, superstizioso, ignorante e crudele. Soggetto alla volontà dello scienziato, a volte può commettere azioni, più o meno disastrose, determinate dal ricorso al libero arbitrio.
Il mostro che a volte coincide con l’assistente, altre con il suo creatore,
L’eroina che, di solito nella scena centrale, si trova ad affrontare il mostro. 
Un corteggiatore fedele il cui compito è proteggere l’eroina. 
Persone normali che compiono azioni normali, spesso vittime e poi carnefici del mostro e del suo creatore.
Figure secondarie introdotte come comic relief allo scopo di «deflect an amusement that might otherwise be directed at the grotesque aspects and actions of characters meant to be taken seriously» (Siegbert Salomon Prawer, Caligari’s Children. The Film as Tale of Terror, Oxford University Press, Oxford, 1980).
27. A supporto della propria teoria secondo la quale Caligari anticipava l'avvento di Hitler, Kracauer citava il romanzo Never Call Retreat di Joseph Freeman (1943), ove «its hero, a Viennese professor of history, tells of his life in a German concentration camp where, after being tortured, he is thrown into a cell: “Lying alone in that cell, I thought of Dr. Caligari; then, without transition, of the Emperor Valentinian, master of the Roman world, who took great delight in imposing the death sentence for slight or imaginary offenses. This Caesar’s favorite expression were: ‘Strike off his head!’ – ‘Burn him alive!’ – ‘Let him be beaten with clubs till he expires!’ I thought what a genuine twentieth century ruler the emperor was, and promptly fell asleep.” This dreamlike reasoning penetrates Dr. Caligari to the core by conceiving him as a counterpart of Valentinian and a premonition of Hitler. Caligari is a very specific premonition in the sense that he uses hypnotic power to force his will upon his tool – a technique foreshadowing, in content and purpose, that manipulation of the soul which Hitler was the first to practice on gigantic scale. Even though, at the time of Caligari, the motif of the masterful hypnotizer was not unknown on the screen […] nothing in their environment invited the two authors to feature it. They must have been driven by one of those dark impulses which, stemming from the slowly moving foundations of a people’s life, sometimes engender true visions» (Siegfried Kracauer, From Caligari to Hitler. A Psychological History of the German Film. Revised and Expanded Edition, Princeton University Press, Princeton, New Jersey, 2004).
28. Siegfried Kracauer, From Caligari to Hitler. A Psychological History of the German Film. Revised and Expanded Edition, Princeton University Press, Princeton, New Jersey, 2004.
29. Siegfried Kracauer, From Caligari to Hitler. A Psychological History of the German Film. Revised and Expanded Edition, Princeton University Press, Princeton, New Jersey, 2004.
30. Robert F. Moss, Karloff & Co. I film dell’orrore, Milano Libri Edizioni, Milano, 1977.
31. Siegfried Kracauer, From Caligari to Hitler. A Psychological History of the German Film. Revised and Expanded Edition, Princeton University Press, Princeton, New Jersey, 2004.
32. Stephen Prince, Graphic Violence in the Cinema: Origins, Aesthetic Design, and Social Effects, Screening Violence. Ed. Stephen Prince. New Brunswick, Rutgers Univ. Press, 2000.
33. Uli Jung, Walter Schatzberg, Beyond Caligari. The Films of Robert Wiene, Berghahn Books, Oxford - New York, 1999.
34. Siegbert Salomon Prawer, Caligari’s Children. The Film as Tale of Terror, Oxford University Press, Oxford, 1980.
35. John D. Barlow, German Expressionist Film cit. in Uli Jung, Walter Schatzberg, Beyond Caligari. The Films of Robert Wiene, Berghahn Books, Oxford - New York, 1999.

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