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sabato 29 aprile 2023

FISCHIA IL VENTO


(via Giovanni Tranchida Altamira)

 Ve lo confesso: ho sempre preferito cantare "Fischia il vento".

Mi piace la progressione che dalla prima strofa, dall'inverno del nostro scontento, cavalca fino al climax finale di primavera e di vittoria.
Amo quell'eppure che avversa le avversità, quel bisogna che non è solo necessità ma appello al coraggio, quell'andar che va per montagne, boschi e covi di città.
Quest'anno poi, in questo 25 che per la prima volta non sarà davvero festa d'aprile, sarebbe proprio la canzone più adatta.
Perché "Fischia il vento" la scrisse un medico e le sue parole furono abbozzate sui fogli di un ricettario per farmaci e terapie.
Quel medico, giovane e bello come un Pelìde Achille, si chiamava Felice Cascione, nato a Imperia, orfano di padre, giovane promessa della pallanuoto; prima di intraprendere gli studi, scrisse alla madre che curare e guarire i malati sarebbe stata la missione di tutta la sua vita.


Esercitò poco più di un anno nella sua città, perché dopo il 25 luglio 1943 e l'inizio del governo Badoglio fu arrestato insieme alla madre per sedizione; dopo l'8 settembre aveva già preso la via della montagna, il sentiero che lo fece partigiano, nome di battaglia U Megu, "il medico" in dialetto ligure.
Durante le lunghe giornate sui monti, compose il testo di quello che sarebbe diventato l'inno delle Brigate Garibaldi, non prima di averlo spedito in città alla madre Maria, maestra elementare, perché lo correggesse.
La maestra Maria cambiò "urla" in "fischia", "ardir" in "agir" (poi nell'uso comune divenuto "andar") e lo rispedì a Felice, il quale si ritrovò con un testo pronto, ma senza musica.
Tentò di adattarlo a Va' pensiero, ma il destino, gran compositore, gli presentò Giacomo Sibilla, operaio, reduce dalla campagna di Russia e ora partigiano Ivan, che tutte le sere teneva alto il morale dei compagni strimpellando attorno al fuoco una canzone russa che parlava di una giovane Katiuscia, in pena per il suo amore al fronte.
"Fischia il vento" fu eseguita per la prima volta alla fine della messa di Natale del '43, nella chiesetta di un borgo del Savonese.
Felice non ebbe il tempo di vederla volare di montagna in montagna, di brigata in brigata, fino all'ingresso trionfale nelle città liberate, perché cadde in un'imboscata qualche settimana dopo, il 27 gennaio del 1944, e venne giustiziato dalle camicie nere.
Aveva 26 anni, lo tradì proprio un fascista ferito, catturato sui monti e poi fuggito, che Felice si era rifiutato di fucilare.
Non solo la sua canzone, ma anche le testimonianze dei numerosi feriti da lui curati sfidando il pericolo dei rastrellamenti, corsero di bocca in bocca fino a raggiungere due giovani, figli di un agronomo sanremese emigrato a Cuba e poi tornato in Italia, e spingerli a entrare nella stessa divisione partigiana, ora intitolata a Felice Cascione: sono i fratelli Floriano e Italo Calvino.
A Felice, medico e partigiano, ancora fischia il vento.

1 commento:

  1. Complimenti Giovani Tranchida Altamira e Mimma Zuffi per averci fatto ricordare questa splendida e intensa "Fischia il Vento".
    "Fischia il vento e infuria la bufera
    Scarpe rotte eppur bisogna andar
    A conquistare la rossa primavera
    Dove sorge il sol dell'avvenir
    A conquistare la rossa primavera
    Dove sorge il sol dell'avvenir..."

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