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domenica 9 gennaio 2022

Isole Fær Ǿer: in viaggio tra pecore e nuvole

 

appunti sparsi di viaggio di Marina Fichera

  


Le isole Fær Ǿer o Føroyar - in italiano Faroe - sono una manciata di piccole isole a metà strada tra la Scozia e l’Islanda, sperdute nell’Oceano Atlantico del Nord. Il nome Fær Ǿer vuol dire isola delle pecore e in effetti, ancora oggi, la popolazione ovina è circa il doppio di quella umana, che conta poco più di 52.000 anime.

Le diciotto isole che formano l’arcipelago delle Faroe appartengono al Regno di Danimarca ma godono di un’ampia autonomia politica, tanto da non far parte dell’Unione Europea nè aver aderito al Trattato di Schengen.


Di solito si va in queste remote e poco conosciute località per due motivi: scattare foto alla splendida e selvaggia natura e fare spettacolari trekking su stretti sentieri a picco sul mare.


                                L’iconica cascata di Múlafossur (foto di Marina Fichera)

Io sono andata sempre per due motivi, ma completamente diversi.

Il primo era una curiosità nata durante la mia infanzia, quando i colorati francobolli faroesi, parte della collezione filatelica di mio padre, mi ammaliarono. Eppure, anche se coltivavo il pensiero di andarci da decenni, l’avevo sempre considerata una meta troppo vicina e perciò continuamente rimandata. Solo nell’agosto del 2021, viste le restrizioni ai viaggi extraeuropei conseguenti alla pandemia, ho preso tre voli e sono atterrata nelle verdi isole delle pecore.

Il secondo motivo, che per molti è una ragione per cui non andare alle Faroe, è l’arcaica e selvaggia pratica della grindadrap. Volevo provare a parlare con gli abitanti, discendenti diretti dei vichinghi, per cercare di capire come sia possibile praticare ancora questa caccia alle balene e ai delfini, tanto feroce quanto inutile e inaccettabile.

Purtroppo uno scambio più lungo di poche parole con i faroesi – una popolazione giovane, per quel che ho visto - è stato quasi impossibile. Qui si incontrano moltissime pecore ma pochissime persone e quelle che incontri stanno lavorando. Le rare volte in cui ho potuto, in qualche modo, interagire con i faroesi si sono dimostrati gentili ma freddi, che sembrerebbe una battuta, ma non lo è.

Una ragazza in una vecchia scuola composta da una sola stanza, ora trasformata in un minuscolo museo con negozio/caffè, mi ha raccontato la storia delle ingiallite foto appese alle pareti. Poi, quando le ho chiesto quanti abitanti aveva il villaggio mi ha risposto, con un bel sorriso, “d’estate circa venti” e non ho avuto il coraggio di chiederle altro.

                               La chiesa del villaggio di Viðareiði (foto di Marina Fichera)

Nella maggior parte dei villaggi che ho visitato, e che contano dai dodici ai quattrocento abitanti, non c’è praticamente nulla e non si incontra quasi nessuno.

Spesso, dopo aver percorso strade che si srotolano lungo ripidi pendii a picco sull’oceano,  si arriva all’imbocco del fiordo e si trova un mucchietto di case rosse e nere con i tetti d’erba, affacciate sull’oceano, strette strette tra loro come a proteggersi dalla furia del clima nordico. Unici luoghi pubblici sono la bianca chiesetta, di solito aperta un’ora a settimana e, per i centri maggiori, la scuola. Per il resto non si trova un negozio, un piccolo bar, una farmacia. Il nulla.

                                        Case a Saksun (foto di Marina Fichera)

La capitale delle isole Faroe, Tórshavn – che vuol dire “porto di Thor”, l’antico dio scandinavo - è una della capitali più piccole al mondo. Vivace e tecnologica – sede di molte start-up digitali - con poco più di ventimila abitanti, Tórshavn è l’unico centro abitato in grado di offrire una serie di servizi per noi fondamentali, ma che qui non sono per nulla scontati. Molti abitanti delle isole devono percorrere decine di chilometri oppure prendere un battello o un elicottero per poter trovare negozi, bar, ristoranti, supermercati, hotel, l’ospedale o il cinema, presenti solo a Tórshavn.

Per rendersi conto dell’estrema essenzialità a cui sono abituati i faroesi basti pensare che in tutte le diciotto isole ci sono solo quattro farmacie. Ho fatto il conto che nel giro di cinquecento metri da casa mia ce ne sono almeno sette!

 

                                         Strada faroese (foto di Marina Fichera)

Al di fuori dalla capitale e di Klaksvik, la seconda città dell’arcipelago – con circa cinquemila abitanti - gli unici luoghi pubblici dove poter mangiare sono i rari distributori di benzina. Organizzati come piccoli autogrill vendono generi alimentari, surgelati, articoli per la casa, riviste e tutti hanno una piccola tavola calda che serve vari tipi di hot dog.

Qui, anche se può sembrare strano, si mangia quasi esclusivamente carne. Carne fornita dalle migliaia di pecore che pascolano ovunque e che, prima della macellazione, vengono deposte dagli allevatori con l’uso di apposite corde -  per un certo periodo sulle scogliere, in modo che le carni si insaporiscano dei profumi del mare!

                                  La spiaggia nera a pagamento (foto di Marina Fichera)

Alle Faroe si paga per fare la maggior parte delle cose, trekking compresi. Qui infatti non esiste il pubblico demanio perciò all’imbocco di molti sentieri, tutti privati come quello che porta al lago sospeso di Sørvágsvatn o sull’isola di Mykenes, si trova qualcuno che strappa un biglietto, quasi sempre pagato a caro prezzo. Ma la cosa più strana, e anche abbastanza irritante, è stata dover strisciare la carta di credito per poter attraversare un tornello stile stadio e percorrere il sentiero che permette di accedere alla spiaggia di sabbia nera di Saksun.

 


                              La rotatoria del tunnel sottomarino (foto di Marina Fichera)

Una delle particolarità delle isole sono i vari tunnel sottomarini, naturalmente a pagamento, che collegano le principali località faroesi. L’ultimo, aperto al traffico nel dicembre 2020, è un’opera mastodontica e unica al mondo. Il lungo tunnel a forma di Y - oltre undici chilometri - collega l'isola di Streymoy all'isola di Eysturoy e comprende la prima rotatoria sottomarina mai costruita, a ben 180 metri sotto il livello del mare. La rotatoria è abbellita da grandi sculture metalliche ed effetti di luce.

                     Tipica casa faroese, isolata a picco sull’oceano (foto di Marina Fichera)

La sensazione più frequente che ho provato camminando sotto i cieli arruffati da nubi oscure e sopra le onde violente di un mare plumbeo è stata la malinconia. La sensazione che manchi qualcosa, ma non capisci esattamente cosa sia. Forse perché alle Faroe non ci sono alberi e si è sempre esposti, come nudi di fronte alla durezza di una natura primitiva quanto affascinante. O forse perchè in una settimana il sole ha fatto solo rare apparizioni. Non mi era mai capitato, neanche in altri paesi ancora più a Nord che ho visitato.

Il silenzio, manca anche il silenzio. Sembra assurdo ma qui il silenzio, perennemente schiaffeggiato dal gelido vento oceanico, non è mai silenzioso. E quando non c’è vento – cioè quasi mai - è il mare a farsi sentire, perchè nessun punto sulle isole dista a più di cinque chilometri dalla costa. Potente, quasi arrogante, il profondo e freddo mar nordico ti ricorda che sei sperduto nel nulla.

Certo, sono suoni ben diversi rispetto a quelli a cui siamo abituati nelle nostre città, sono i suoni dei miti scandinavi, dell’impermanenza e della durezza a cui i faroesi sono abituati. E immagino che per questi motivi gli abitanti dell’arcipelago siano a loro volta riservati e ruvidi come i pesanti maglioni di lana grezza che indossano.

                                        Pulcinelle di mare (foto di Marina Fichera)

Dopo una movimentata traversata in traghetto, su un mare che per noi mediterranei sarebbe stato improponibile da solcare ma che qui è la normalità, il 16 di agosto sbarco sull’isola di Mykenes, la più occidentale dell’arcipelago. La piccola isola è il luogo ideale per ammirare migliaia di pulcinelle di mare, i simpatici uccellini dal grosso becco colorato, che ricordano i pinguini. Vedere per la prima volta dal vivo le pulcinelle di mare è una bella emozione. Sono migliaia e sono teneri e buffi nei loro voli sghembi in picchiata dalle scogliere, il fatto che riescano a vivere qui è per me strabiliante.

                     Nebbia e pulcinelle di mare sull’isola di Mykenes (foto di Marina Fichera)

A Mykenes c’è un vento cattivo, che sbatte a terra e fa lacrimare, e un nebbione che neanche a novembre in Pianura Padana e risalire il ripido pendio dall’attracco del traghetto alla strada sterrata che attraversa l’isola non è per nulla facile. Mi chiedo chi me lo ha fatto fare, ma poi sorrido pensando che, finalmente, sono tornata a fare un normale ferragosto anormale, al freddo e all’avventura!

Fiordi e declivi dai quali temere che da un momento all’altro spuntino dispettosi troll o malvagi giganti; spiagge deserte e scogli che hanno visto l’ascesa e il declino di antichi guerrieri vichinghi; villaggi intrisi di superstizioni e miti scandinavi, ormai quasi disabitati; tecnologia e start-up; erba verde e umida di rugiada e nebbia; nervose nuvole maltrattate da venti glaciali. Queste sono le Faroe.

Isole sperdute nel mare del Nord dove, da secoli, tutto è in continuo mutamento ma tutto, in fondo, resta sempre uguale. 

 

 

Se il tempo non ti piace aspetta cinque minuti e vedrai che cambia

Antico proverbio faroese

4 commenti:

  1. Bellissimo articolo, Marina! Scritto in modo avvincente, ma soprattutto intriso delle stesse emozioni e stati d'animo che quelle isole hanno suscitato in me! Sensazioni intense, a volte dure, come la natura di quel luogo, relativamente vicino ma per noi quasi "impensabile"

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  2. Io sono sempre stata affascinata dalle isole del.nord, le Faroe, le Orcadi.
    La tua descrizione è affascinante , respinge e attira. Come resistere in un' isola in cui non c' è neanche un bar? Un punto di ritrovo? Ma tu dove hai dormito ? Dove hai mangiato?E com' è la popolazione, oltre che taciturna, è bella come i vichinghi delle saghe?

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    1. Ciao, abbiamo dormito in case locali prese in affitto, ma non abbiamo avuto alcun contatto con i proprietari. Per mangiare quasi sempre nelle stazioni di servizio, la sera a casa cucinavamo cibo portato dall'Italia, anche se si trova anche lí ma è molto caro. La mancanza di punti di ritrovo ha "sconvolto" 6anche me. Loro sono abbastanza belli, e hanno tanti bambini.
      Ciao
      Marina

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