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lunedì 7 ottobre 2019

Fabio Tombari e Orlando Sora Artisti del Novecento



 
di Giovanna Rotondo


Mentre scrivevo il mio libro in omaggio a Orlando Sora, artista del Novecento, ho rimpianto di non aver ben ascoltato, ragazzina, le tante storie che lui mi raccontava, soprattutto quelle appartenenti alla sua vita fanese del tempo di “Cronache di Frusaglia”, il primo libro scritto dal suo amico Fabio Tombari, un libro arguto e singolare sulla gente di quei luoghi, come adesso non ce ne sono più. I due erano amici sin dalla primissima infanzia, quasi coetanei, Tombari aveva tre anni più di Sora o poco più, ambedue avevano vissuto in un ambiente molto “frusagliano", per usare un terminologia “tombariana”. E tale doveva essere Fano a quei tempi: cittadina di pescatori in riva al mare con un passato di antica città romana, ben visibile ancora oggi.



Passeggiando per il centro di Fano, molti anni dopo, cercavo di immaginarmi come poteva essere la città un secolo prima. Una città dove tutti si conoscevano, con Sora e Tombari che se ne andavano insieme per il corso — la madre di Sora, modista, e il padre fabbro, avevano negozio l’una accanto all’altro proprio sotto la casa in cui abitava Tombari — e che cosa potessero dirsi due tipi così diversi tra loro nell’aspetto e nello spirito: con la parola facile Tombari, mentre Sora s’inceppava ogni due parole o ci impiegava una vita a spiccicarne una. Erano diversi anche fisicamente, alto e magro Tombari, con un fare brusco che a volte metteva soggezione; di statura media, magro ma possente e con un viso da asceta, Sora. E belli tutti e due!
Sia Tombari che Sora, ma soprattutto Tombari, raccontavano come nessuno avesse mai manifestato all’altro la sua passione per l’arte, per uno strano pudore o ritrosia. Tuttavia li legava un affetto profondo che avevano coltivato scambiandosi frequenti visite tra Fano, dove Tombari ha abitato fino al 1951, anno in cui si è trasferito a Rio Salso di Tavullia, e Lecco, quel ramo del lago di Como tanto decantato dal Manzoni, dove risiedeva Orlando Sora dal 1931.
Tombari fingeva di credere, la storia lo divertiva e ne parlava di frequente, che Sora, appassionato di boxe - era stato pugile per diletto - avesse intrapreso la carriera di pugile.
Si scoprirono a vicenda quando divennero entrambi affermati come scrittore l’uno e pittore l’altro. E il 1927 fu l’anno della svolta per tutti e due: Fabio Tombari pubblicò il suo primo libro “Cronache di Frusaglia”, che ottenne grandi riconoscimenti e a cui fu aggiudicato il premio dei “dieci” due anni dopo. Continuò a scrivere con successo, pubblicato dalle più importanti Case Editrici, tra cui, per lungo tempo, da Arnoldo Mondadori Editore. I suoi libri sono stati tradotti in molte lingue.
Nel 1925 Orlando Sora si sposta a Milano per iscriversi all’Accademia di Brera a studiare figura e composizione. Dopo un anno circa, il giornalista e critico d’Arte Pier Maria Bardi, avendolo visto dipingere, lo invita a partecipare all’esposizione della Galleria Micheli per il 1927, invito che Sora accetta, presentando ben 52 opere: impressionante il talento dimostrato! Personaggi come Carlo Carrà, Mario Sironi, Aldo Carpi, Vincenzo Bucci e molti altri parlarono di lui come di un’autentica promessa per la pittura italiana, e così accade alla mostra del 1928 presso la stessa galleria. Negli anni a venire avrebbe continuato a imporsi all’attenzione del pubblico e della critica partecipando a eventi nazionali e internazionali con i migliori artisti del tempo.

Sora è un figlio del Novecento, il tempo in cui è nato e ha vissuto le sue esperienze, ma è difficile attribuirgli una tendenza: la sua pittura, pur entrando a pieno titolo in quel periodo ricco e bellissimo per l’Arte italiana,  è assolutamente personale. Alcune opere, collocabili nel periodo del Realismo Magico o del Chiarismo, ma anche quelle di altri periodi, mostrano appieno le sue capacità pittoriche. Sia Sora che Tombari erano lontani da gruppi e avanguardie, amavano lavorare in silenzio e solitudine, come due artigiani: nel suo studio di Lecco, Sora, nella sua casa di Fano e, in seguito, in quella di Rio Salso, Tombari.
Orlando Sora viveva in un mondo tutto suo, una realtà fatta di suoni e colori: la sua mente era sempre affollata da visioni e immagini, oltre a un grande talento possedeva capacità lavorative e di studio notevoli. Un uomo che guardava al Rinascimento, il desiderio di poter realizzare opere di pittura murale come l’affresco era per lui una necessità.
Ed era anche un appassionato musicista ed eccellente interprete della chitarra classica, negli ultimi anni della sua vita si era esibito in concerti solisti importanti. Aveva accompagnato la corale di Lecco trascrivendo personalmente, da musiche barocche e rinascimentali, i testi che eseguiva alla chitarra solista.
La sua natura schiva e riservata lo portò ben presto a vivere appartato e a dedicarsi al suo lavoro lontano da qualsiasi forma di pubblicità. Ma ritornava a Fano tutti gli anni. Amava la città della sua infanzia e s’incontrava con Fabio Tombari.
Ed è a Fano che vidi Tombari per la prima volta, mi trovavo con Sora nei pressi del bar Centrale, un incontro breve e casuale, non sapevo chi fosse. Poi un giorno andammo a trovarlo a Rio Salso, a cui, allora, Sora faceva riferimento come a Rio Salso di Pesaro, oggi ho scoperto che è Rio Salso di Tavullia o Mondaino e la cosa mi ha alquanto confuso. Tombari diceva scherzosamente che dormiva nelle Marche e mangiava in Romagna poiché la casa era situata sul confine tra le due Regioni, in un piccolissimo borgo nella campagna marchigiana, un puntino nel verde delle valli, dove Fabio Tombari aveva vissuto con la famiglia per molti anni: una bella casa di campagna, piena di profumi, di sogni, di amore. Apparteneva alla famiglia di Angela, sua moglie, una persona rara alla quale lo scrittore dettava i suoi scritti e affidava i suoi pensieri e le sue emozioni: “La Casa nel Nulla”, com’ è stata definita poeticamente in tempi recenti, riferendosi alla meravigliosa e incontaminata natura che la circondava e la circonda ancora oggi. Ricordo che l’atmosfera del luogo mi aveva affascinato e avevo desiderato tornarci.
Ho rivisto Fabio Tombari a Lecco diverse volte, ospite di Sora, ma, credo, anche di Alfredo Chiappori, illustratore e scrittore lecchese. Lo ricordo una volta a un concerto di Sora, attorniato e festeggiato, ho scambiato con lui poche parole, era difficile per me, allora ragazzina poco più che ventenne, parlare a uno come lui, mi sentivo impacciata e c’erano sempre molte persone intorno a lui che desideravano parlargli. Tuttavia era spesso presente nei discorsi di Sora e questo mi dava la sensazione di conoscerlo più di altri.
Nonostante le evidenti differenze fisiche e caratteriali Orlando Sora e Fabio Tombari non erano dissimili nel loro modo di intendere l’arte: due personaggi autentici che non si lasciavano influenzare da mode e retoriche esterne e forse per questo sono stati dimenticati o relegati a un ruolo minore.
Il ricordo di questi due artisti di grande personalità è per me un privilegio come quello di averli conosciuti e frequentati. Il desiderio di presentarli insieme vuole essere una testimonianza dell’amicizia che li legava, mostrando la poesia e l’incanto delle loro opere.
La lirica Essere di Fabio Tombari sarà illustrata dai dipinti di Orlando Sora. La scelta, per decidere quale tra dipinti o affreschi inserire, è stata faticosa. Pur tuttavia sono stata costretta a scegliere e l’ho fatto seguendo alcuni criteri: composizioni eseguite in periodi diversi e un’atmosfera descrittiva in sintonia con l’essenza della lirica.
Tra i dipinti, l’affresco della chiesa di San Giuseppe a Lecco, un affresco mirabile per bellezza e tecnica, indubbiamente uno dei capolavori di Orlando Sora, e alcune immagini delle 14 formelle degli affreschi della Via Crucis che si trovano nella chiesa di San Giorgio ad Acquate di Lecco.
Avendo lo stesso Fabio Tombari scritto l’introduzione a uno dei primi cataloghi di Sora, nel 1968, ho pensato che non potesse esserci presentazione migliore per un artista di quella scritta da un altro artista con cui molto si è condiviso. E nella parte finale del libro un racconto intitolato a Orlando Sora e firmato “dall’amico suo Fabio Tombari.

Giacomo Panicucci descrive, nella presentazione che fa di Fabio Tombari, una singolare figura di scrittore, particolare nello stile delle sue opere e nelle scelte di vita. Per certi versi non dissimile dalla descrizione che Tombari fa di Sora nella sua introduzione. Inoltre, Panicucci ci presenta un breve ma efficace commento della lirica “Essere”.
Federica Antonelli introduce l’affresco della chiesa di San Giuseppe a Lecco, Il Giorno del Giudizio, e una breve sintesi sulla vita di Orlando Sora da lei apprezzato e considerato a tutti gli effetti, un artista del Novecento italiano.
Giacomo Panicucci e Federica Antonelli hanno discusso le loro tesi di Laurea su Tombari e Sora in due periodi e luoghi diversi, senza essersi mai incontrati: Giacomo all’Università di Pisa nel 2012; Federica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel 2017.
Due giovani che senza conoscersi sono stati attratti da due straordinari artisti nati e cresciuti nella stessa città: dallo scrittore l’uno e dal pittore l’altra. Una bella coincidenza! E anche per me l’esserne venuta a conoscenza.



                                         Paesaggio con la luna, 1963


Essere

fino a morirne
ed essere in tutte le cose.




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