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lunedì 22 aprile 2019

Andy Warhol

di Giovanna Rotondo Stuart

Alcuni anni fa, avevo visitato la mostra di Andy Warhol a Palazzo Reale, Milano. Una bella mostra, rivelatrice della vita di Andy Warhol. Ho trovato molto interessante l’attuale esposizione allestita a Villa Reale a Monza, completa l’immagine di Andy Warhol aggiungendo informazioni all’opera di questo straordinario e intelligente Business Artist, come lui amava definirsi.
E vorrei semplicemente riprorre  l’articolo integrandolo con qualche informazioni e immagine sulla mostra di Villa Reale a Monza.


Dal 25 gennaio al 28 aprile 2019, protratta al 5 maggio, si tiene infatti la mostra Andy Warhol. L’alchimista degli anni Sessanta, curata da Maurizio Vanni, prodotta dal Consorzio Villa Reale e Parco di Monza e dall’Associazione Culturale Spirale D’Idee in collaborazione con l’Associazione Culturale Metamorfosi, col patrocinio del Comune di Monza e della Regione Lombardia, con la partecipazione nel catalogo realizzato da Silvana Editoriale della The Andy Warhol Art Works Foundation for the Visual Arts.


La rassegna presenta 140 opere del padre della Pop Art, in grado di ripercorrere il suo universo creativo, attraverso le icone più riconoscibili della sua arte, dalle serie dedicate a Jackie e John Kennedy a quelle consacrate al mito di Marilyn Monroe, dalla osservazione critica della società contemporanea, attraverso la riproduzione seriale di oggetti della quotidianità consumista, all’analisi dei altri aspetti come la musica o la rivoluzione sessuale.

Sono le opere del periodo d’oro di Andy Warhol, quando la sua idea di Arte Popolare viene riconosciuta dalla critica e dal pubblico. Dopo che Leo Castelli, collezionista e mercante d’arte italo statunitense, molto stimato, acquistando alcune opere di Warhol, lo impose all’attenzione del mercato. 

La rassegna è divisa in diverse sezioni, inizia da Miti oltre il tempo, con le ben conosciute serigrafie di Marilyn Monroe e altri personaggi diventati mitici come Keith Haring, a Il consumismo con gli oggetti del quotidiano e della serialità, alla serie dei Personaggi celebri e alla sezione dedicata alla Rivoluzione sessuale, di cui Warhol fu un indubbio e convinto protagonista.  
 Liza Minnelli

Keith Haring

Billy Squier
Andy Warhol era un appassionato di musica di qualsiasi tipo: dal rock, alla lirica, dal jazz al pop e, inevitabilmente, diventa ideatore di copertine di star famose come Diana Ross, The Rolling Stones, John Lennon, Miguel Bosé e molti altri tra cui  Loredana Bertè
Il consumismo con gli oggetti del quotidiano e della serialità,




  







Palazzo Reale, Milano
Pop Art. Da Arte Popolare di cui Andy Warhol è stato indubbiamente uno dei massimi esponenti e il suo protagonista indiscusso e più spregiudicato:
Andy Warhol Autoritratto
Pop è consumo, pop è divertimento, pop è superficialità”.

Presente a Milano, a Palazzo Reale, dal 24 ottobre al 9 marzo, una grande personale dell’Artista, fulcro delle manifestazioni per l’Autunno Americano, insieme alla mostra di Pollock e gli Irascibili.
        
Andy Warhol a Palazzo Reale
             
Warhol, personaggio eclettico, si è cimentato in arti come la scultura, la pittura, la scenografia, la regia, la fotografia. E’ stato anche attore e produttore cinematografico. Grafico di grande talento, trascorre i primi vent’anni della sua vita a Pittsburgh,Pennsylvania, dove nasce Andrew Warhola jr, il 6 agosto 1928, da una famiglia povera di immigrati  slovacchi. Sono gli anni della Grande Depressione, anni difficili. Andy Warhol è un bambino particolare, che ha problemi di salute, spesso rintanato in casa perché ammalato.  Coltiva  la passione per il disegno e i fumetti. Pittsburgh, una città industriale, non è molto idonea alla carriera di un artista.Warhol, poco più che ventenne, finito l’Istituto d’Arte,  si trasferisce a New York, che è considerata tra le capitali mondiali della cultura e dell’arte. I primi anni sono durissimi e faticosi, ma Warhol si affermerà presto. Già nel 1952 terrà la sua prima mostra personale alla Hugo Gallery.
 Sua madre, con cui ha un rapporto affettivo molto intenso, lo raggiunge qualche anno dopo, lo aiuta nel lavoro, tra le altre cose, ricopia per lui le ricette per quel delizioso libro che pochi conoscono: Wild Rasberries. Il libro contiene cake designs, schizzi di torte e altre ricette, illustrato e scritto da Andy Warhol, prima che divenisse un celebre pittore e un divo del Jet Set internazionale.
                                   
                                          
                                       
    Andy Warhol disegni per “Wild Raspberries”, 1958





                                                  

  Andy Warhol disegni per “Wild Raspberries”, 1958
     
Sono gli anni 50. Gli anni dell’affermazione del sogno americano di benessere per tutti. Il consumismo, ormai ben radicato nella Società Americana, dà vita a una cultura di massa. Sono gli anni  della ricerca di nuove tecnologie in tutti i campi, del cinema e della televisione, di nuove forme di espressione artistica, della pubblicità.
A New York Warhol lavora come grafico pubblicitario per riviste importanti come Vogue, Glamour, Harper’s Bazar, fa il vetrinista e gli piace la pubblicitàche interpreta come nessun’altro ha fatto prima lui.
                                              
                                         
Andy Warhol Elvis Priesly Gold boot, 1956
                                        
Andy Warhol Red shoe, 1956

In breve diventa il disegnatore più richiesto e meglio pagato del momento. Disegna anche scenografie per il teatro, ha talento da vendere, è originale,  raggiunge il successo e la ricchezza prima dei trent’anni. Ma è, soprattutto, un ottimo imprenditore di se stesso.
Fonda l’impresa: ”Andy Warhol Enterprises”, verso la fine degli anni Cinquanta, per commercializzare le sue opere che riproducono oggetti di consumo industriale. Usa la tecnica della serigrafia che permette la moltiplicazione della stessa immagine innumerevoli volte.  E inizia la seconda parte della sua storia, che lui costruisce con molto impegno.

“Non c’è niente che riguarda l’Arte che uno non possa capire”.
In questa frase di Warhol è racchiusa molta parte del suo pensiero. L’arte deve essere consumata come un qualsiasi prodotto commerciale. In un mondo fatto di consumi di massa, dove i supermercati mostrano file della stessa merce, dove tutti mangiano e bevono le stesse cose, l’artista si ispira a oggetti, persone e avvenimenti della vita quotidiana e li rende visibili.
Warhol presenta l’arte come uno dei tanti prodotti seriali che si vendono nei supermarket e la espone ricordando a tutti noi che è un prodotto di consumo.
Con tecniche a impatto serigrafico, si dedica al riporto fotografico su tela o seta e ripete  la stessa immagine tutte le volte che vuole,  ritoccandola con colori decisi, alterandoli e vivacizzandoli a suo piacimento.
Lo fa con qualsiasi cosa: lattine di minestra in scatola della Campbell, bottiglie di Coca Cola, personaggi famosi, ma anche avvenimenti   tragici, quali incidenti mortali e simili.
Non c’è denuncia o condanna nelle sue raffigurazioni, ripropone all’infinito la realtà che lo circonda senza attribuirle valore polemico o di dolore, semplicemente svuotandola di significato.
E’ un provocatore nato oltre a un grandissimo uomo d’affari.
“Fare soldi è arte. Lavorare è arte. Un buon business è la migliore opera d’arte”.

                                                               Campbell over Coke, 1962

                                                           Minestra in Scatola, 1962

                                            
Thirty are better than one,1963 (trenta sono meglio di una)

Secondo la concezione consumistica di Warhol, Trenta Figure della Gioconda sono meglio di una.                                      
                                 
One Dollar bills, 1963

                               
Scatole e fiori, 1964

Marilyn, simbolo della mostra, viene consacrata da Warhol, qualche tempo dopo il suicidio, in tutto il suo splendore, per sempre.
Il segno in mezzo alla  fronte è causato da un proiettile sparato da Dorothy Podber, una delle amiche frequentatrici della Factory, che, entrata, chiede a Warhol se può sparare e, alla risposta affermativa, colpisce Marilyn in mezzo agli occhi. L’equivoco viene dal fatto che “shot”, il vocabolo usato, può essere attribuito sia allo sparo che allo scatto fotografico. A Warhol, Marilyn piace con quell’imperfezione in mezzo agli occhi e non la restaura.

          Shot light blue Marilyn
                                 La sedia elettrica serigrafia, 1964 e Liquorice Marilyn

                              Pensiero Pubblicitario, molto democratico, di Andy Warhol

                               
Andy Warhol, Silver Coke Bottles, 1967

Andy Warhol è un uomo all’avanguardia. Ben Collocato nel secolo scorso che di Avanguardie è stato molto fecondo: vedi  Cubismo,  Futurismo,  Surrealismo, Dadaismo, per citare i più significativi.
Gli interpreti   di questi movimenti danno una notevole impronta all’arte del Novecento: un fiorire di stili che  cercano di esprimere linguaggi artistici più fluidi, meno rigidi e legati alla realtà. Tutto il XX secolo è un susseguirsi e un inseguirsi di movimenti alla  ricerca di nuove espressioni,  spesso in polemica tra loro e spesso per la durata di un decennio. Warhol si afferma verso la fine degli anni Cinquanta, il periodo di maggior splendore dell’Impressionismo Astratto e dell’Action Painting, il primo vero movimento americano,  guidato da Jackson Pollock. Pollock usa la tecnica del “dripping”, il colore fatto sgocciolare dal pennello o da un bastone, su una tela stesa sul pavimento.  Una ventina di anni dopo Warhol concepisce  “Oxidation Paintings”. Prepara grandi lastre o tele, con fondo trattato a rame e vi orina sopra, solo o con amici.  L’ossidazione crea notevoli effetti cromatici: verdi, arancioni, oro e altre sfumature. Non si sa se il getto sulla composizione sia stato diretto in verticale o in orizzontale, conoscendo Warhol avrà tentato tutt’e due le posizioni. Le tele vengono anche chiamate “Piss Paintings”.


Oxidation, 1978

Notevole il ritratto di Richard Nixon, eseguito da Warhol in periodo elettoraleche scrive, di suo pugno, sotto il viso di Nixon: Vote McGovern, il suo rivale. Nixon lo inserisce nella lista nera dei suoi nemici.
                               
Andy Warhol Richard Nixon, 1976
                                   
Ritratto di Murray Brant, 1975

La sala della Polaroid
La Polaroid, o Big Shot, è  usata moltissimo da Andy Warhol che firma decine di ritratti a personaggi famosi dello spettacolo, della cultura e della politica, come si può vedere nell’ultima sala della mostra. La collezione viene esposta per la prima volta in Europa. “Io porto la mia macchina fotografica ovunque vada. Avere un nuovo rullino da sviluppare mi dà una buona ragione per svegliarmi ogni mattina”.
L’Ultima cena
Warhol, nonostante il suo spirito ribelle e provocatorio, non si sottrae al confronto con l’arte del passato. La sua ultima mostra avviene a Milano, nel 1987, con l’Ultima Cena ispirata a Leonardo da Vinci. Morirà lo stesso anno. Un Warhol mistico, diverso.

L’ultima Cena di Andy Warhol 1986

Andy Warhol, il mito
Gli anni Sessanta son gli anni in cui  Andy Warhol crea il suo mito. Si fa ritoccare il naso e disegna lo stile delle sue parrucche, prima biondo platino, poi color argento, da cui non si separerà mai. Indossa abiti stravaganti, sempre controcorrente.
La Factory è il luogo in cui lavora con i suoi collaboratori. Uno studio rivestito di carta argentata alle pareti in cui si organizzano feste e eventi mondani esclusivi.

Andy Warhol nella sua Factory
                           
Rilascia molte interviste, sempre ironico, provoca costantemente la banalità con altrettante banalità su di sé. Crea un numero notevole di autoritratti: fa di se stesso il suo modello più interessante e si ritrae in maniera ossessiva.
“Mi piace essere la cosa giusta nel posto sbagliato e la cosa sbagliata nel posto giusto.”
Andy Warhol Autoritratti (foto dal Web)

                                                              1964

1967 circa

1977






                               
1987 circa

Warhol si dedica con successo alla regia, contribuendo a rendere famoso il cinema cosiddetto underground, cioè fuori dai circuiti ufficiali e a basso costo.
Descrive senza riserve la vita quotidiana come fa nelle sue opere. Si circonda di ogni tipo di persone: disadattati, drogati, personaggi famosi e sconosciuti.
Vive la sua omosessualità senza costrizione e ipocrisia, da persona libera, condizione non facile a quei tempi. Alcuni suoi film  durano a lungo: “Sleep” ben sei ore (si vede qualcuno che dorme per tutto il tempo),  “Empire” otto.
Warhol subisce due attentati, di cui uno, nel 1968, lo riduce in fin di vita e in coma per più di un mese. Questo terribile avvenimento lo segna profondamente con conseguenze di disagio e dolore (deve indossare un corsetto su richiesta medica), per il resto della sua esistenza.
Un episodio che condiziona la sua arte e il suo stile di vita per sempre!
Chi  conosce Warhol lo definisce un uomo timido, riservato e  osservatore molto attento.
Muore a New York, il 22 febbraio del 1987, a 59 anni, durante un’operazione alla cistifellea, per complicazioni.E’ sepolto a Pittsburgh. Pittsburgh nel 1990 inaugura l’Andy Warhol Museum
Andy Warhol e Peter Brant 

                                   

              
Red on black autoritratto,1986 (rosso su fondo nero)
      
Tutte le 160 opere esposte provengono dalla Fondazione di Peter Brant, un ricco uomo d’affari statunitense, con la passione per l’arte moderna, che ha curato personalmente la mostra.
Brant è stato grande amico di Warhol,  ha condiviso la vita da Star dell’artista dagli anni Sessanta  fino alla sua morte, iniziando a collezionare opere dell’autore in giovanissima età: la sua prima serigrafia sulla Campbell Soup,risale al 1967.
Racconta che Warhol amava molto Milano e considerava “The Last Supper”, il suo lavoro più sentito.
Warhol aveva la convinzione che la sua arte non gli sarebbe sopravvissuta.
Una bellissima mostra quella su Andy Warhol,  un personaggio controverso e dissacratore, che ha avuto il  coraggio di metter a nudo una società puritana e consumista.

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