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martedì 24 aprile 2018

Giovanna Ungaro di Montejaisi, vedere “oltre”



di Susanna Garavaglia


Ad un certo momento della sua vita, si era accorta che la capacità di vedere “oltre” fa parte del corredo natale. Accorgersene capita più facilmente a chi cerchi risposte e non consideri il diverso e l’ignoto come un limite invalicabile e pauroso, ma come occasione per spingersi al di là del conosciuto.

Giovanna Ungaro de Montejaisi è una delle donne più particolari con cui si sia intrecciata la mia vita e per questo motivo ho voluto intervistarla e inserirla in questa carrellata di Eccellenze al Femminile,che potete leggere qui una ad una. 
La sua personalità è così forte, pur in contrasto con una esilità ai limiti della trasparenza,  da non farla passare inosservata. Sin dal primo incontro sembra di conoscerla da sempre, nell’ascoltarla si è certi che stia dicendo qualcosa di sensato, anche se non tutto è subito chiaro; nel “lavorarle” accanto poi, si sente la validità di ogni suo gesto, anche senza capire esattamente cosa si stia facendo.

L’avevo incontrata in una di quelle occasioni sociali in cui si è solo la moglie che accompagna il marito, tutti paludati e un poco in prestito. Poi ci eravamo ritrovate ad un’altra cena formale, tipo “prego passi lei”; pochi anni dopo avevamo cominciato a cercarci, lei era venuta nel mio studio a meditare e io ero andata a casa sua per imparare a lavorare sui corpi sottili. Capivo di avere di fronte una persona aperta al visibile e al non visibile, non soltanto perché continuava a studiare l’argomento, ma soprattutto perché lo percepiva direttamente, in prima persona: aveva appreso come inoltrarsi con naturalezza fra altri piani di realtà.
Ad un certo momento della sua vita, si era accorta che la capacità di vedere “oltre” fa parte del corredo natale. Accorgersene capita più facilmente a chi cerchi risposte e non consideri il diverso e l’ignoto come un limite invalicabile e pauroso, ma come occasione per spingersi al di là del conosciuto. Scriveva ….. Wittgenstein cercavo i confini dell’isola e ho trovato l’oceano”.
Giovanna in quell’oceano si è tuffata, o meglio, come dice lei, ci è stata immersa, scaraventata, fiondata. Da cosa? Da ripetute malattie, iniziate con delle complicanze da parto e culminate con un tumore al seno e con una recidiva: ogni volta sospinta sulla soglia tra la vita e la morte, ne era riemersa come dalla tappa di una Caccia al Tesoro, con indizi preziosi per raggiungere quella successiva. E mai con l’atteggiamento di chi sa, ma sempre con quello di chi cerca e coinvolge gli altri partecipanti a fare squadra per unire le forze e scoprire insieme altri indizi e proseguire così nella Caccia al Tesoro… della vita. L’eterna ricerca del Graal.
Ma sempre con l’umiltà di chi non vuole sbandierare presunti successi da guru (che poi presto si sgonfiano), ma di chi sente l’ esigenza di raccogliere conferme dai risultati ottenuti, per trasformare il suo servizio in fertile materiale di ulteriore ricerca. Pur esercitando il suo aiuto da decenni e decenni, Giovanna ha sempre scelto di farlo nella totale gratuità, garanzia della sua serietà e del senso che ha sempre dato e continua a dare ad ogni suo intervento.
L’Energia del Femminile è in lei ben rappresentata dall’intuizione, da una stupefacente empatia, da una capacità di sintesi e di collegamento che sa unire ciò che apparentemente pare distante e lontano e da un ascolto rispettoso e profondo di ciò che avviene su ogni piano della nostra esistenza. Il suo Femminile si esprime anche nello spirito di accoglienza che caratterizza la sua grande casa milanese, per venti anni aperta a chiunque avesse bisogno di aiuto e di accudimento. Chi vi entrava sembrava andasse a trovare Giovanna per bere insieme un tè e poteva tornarci quando ne sentiva l’urgenza, oppure non rientrarci mai. Senza vincoli, senza obblighi reciproci, senza aspettative se non quella di provare a vedere se esiste un modo diverso per affrontare quello squilibrio, quel dolore, quell’inquietudine che premevano per trovare aiuto.
Dopo anni vissuti nell’ombra, evitando ogni pubblicità ed esercitando il suo aiuto senza nulla chiedere, dal 2011 ha deciso di uscire alla luce pubblicando "IL MEDIATORE. IL PONTE DIMENTICATO TRA ANIMA E CORPO" (ora alla sua seconda edizione con l’editore Bulzoni) e, sempre con la stessa casa editrice,"AMICO METT".  In essi spiega argomenti non semplici con la maggior semplicità consentita, nel tentativo di renderli accessibili anche a chi si accosta per la prima volta alla realtà del mondo sottile.
Il progetto di vita che Giovanna ha ritrovato infatti, consiste nel contribuire a divulgare e ampliare un insieme di contenuti normalmente trattati in maniera oscura e parcellare, per soli addetti ai lavori. Giovanna può riuscirci perché non parla o scrive in terza persona, basandosi su testi altrui, ma come testimone diretta e dopo aver elaborato due decenni di esperienza silenziosa. L’unitarietà dell’essere è la chiave per armonizzare tutti i piani? Certo, la Guarigione Spirituale, viene insegnato da millenni!”, dice Giovanna sostenendo che essa sia più raggiungibile, coi suoi effetti di ben-essere e di maggior potenzialità, quando questi piani siano ri-conosciuti. Perchè hanno leggi che vanno rispettate. Nel mondo sottile ignorantia legis non excusat. Ne abbiamo parlato a lungo insieme.

*Come è avvenuto il tuo passaggio dal mondo della moda e dell’arredamento a quello dello spirito?
Si è trattato di un passaggio graduale, inconsapevole e stupefacente. Un trauma da parto non diagnosticato aveva azzerato per quattro anni salute, attività e speranze. Poi, improvvisamente, come dal nulla, erano arrivate diagnosi, risorse e futuro. Una catena di accadimenti insoliti sembrava mostrare un nesso, come se tutta la sofferenza patita avesse un senso! Per cercare di individuare quella sorta di fil rouge avevo dedicato la fase della riabilitazione motoria ad approfondire il senso del dolore, ma le risposte culturali non mi bastavano mai, cosicchè, seppure dopo qualche resistenza, mi ero arresa alla preghiera: avevo chiesto di essere aiutata a capire il perché del mio dolore, ma piano piano la domanda aveva virato verso il motivo del dolore in generale e poi… verso come alleviarlo negli altri.
Giovanna Ungaro de Montejaisi nel corso di una conferenza
*E la tua domanda ha trovato subito una risposta?
Non subito subito, col tempo sì. A pensarci sembra insensato sia il chiederlo… sia il riuscire ad avere risposta, ma solo perché il mondo dello spirito rispetta un altro logos. E perché ad un certo punto è l’anima, comunque la si voglia chiamare, a illuminare la mente e a mutare ogni prospettiva. Non mi era chiaro cosa stesse succedendo, ma sentivo intimamente che era giusto per me; di conseguenza avevo partecipato, se mai “la creta nella mani del vasaio” partecipa alla propria forma… Non si tratta di misticismo, è solo effetto dell’aver raggiunto l’estremo della sopportazione: il resto diventa accettabile, anche se si tratta di esperienze-limite. Vedevo, sentivo, percepivo luci, colori, suoni, odori, pensieri ed emozioni, senza capirne funzione e significato; ma non avevo paura, intimamente convinta che si trattasse di una fase transitoria. “Col tempo capirai”. E sarebbe successo: sarei stata accompagnata a esplorare le dimensioni sottili che ci compongono con la finalità di riorganizzarle a sistema e di contribuire a divulgarne un ricordo più completo.
*Ma come è avvenuto il distacco dalle tue attività precedenti?
Quattro anni di invalidità chiudono molte porte e comunque mi avevano fatto perdere interesse per quel mondo, un altro mi attirava. Però le competenze maturate nella moda e nell’arredamento mi sono state utili: sapevo disegnare? Potevo riprodurre parte di quello che vedevo. Sapevo organizzare una casa da pochi elementi base? Potevo ricostruire concettualmente un’architettura e trovare dove inserire quanto a disposizione, oppure andare a cercare quanto mancante. Inoltre arredamento e moda aderiscono a canoni di estetica, ordine e bellezza che sono aspetti specifici dell’armonia, cui i mondi sottili aderiscono. Nessuna nostra esperienza è sprecata, mai.
 *Perché hai sempre aiutato gli altri riportando in equilibrio le loro disarmonie, gratuitamente, senza chiedere nulla in cambio?
Perché così mi è stato consigliato: dopo quattro anni di full-immersion medianica mi sembrava di saperne abbastanza per potermi muovere in autonomia. Col senno di poi trovo questa convinzione piuttosto ingenua, oltre che sintomo di un orgoglio che nel frattempo si è affievolito (in un mondo a più dimensioni e in continuo dinamismo ci sarà sempre qualcosa di nuovo da apprendere e nuovi confini da superare). Soprattutto sentivo il peso di essere da sola sulla via (anche se appoggiata da un marito molto molto protettivo). Delle tre richieste rivolte ai Piani Alti era stata accolta quella di condividere con altri quanto stavo imparando, però a condizioni precise: interagire solo con chi mi avrebbero fatto incontrare, restare nell’ombra fino a che me lo avessero consigliato e terzo, non farmi mai pagare. Dopo tutte le conferme ricevute sino ad allora potevo rifiutare di aderirvi? Fra l’altro da sola non me lo sarei detta… Nell’accettare l’immanenza di chi esiste in un eterno presente accettavo il mio limite di non capirlo. Non guadagnare nulla mi rendeva totalmente dipendente dal compagno, cosa che non mi era del tutto gradita. Però il tempo ha dimostrato la valenza del consiglio: 22 anni di totale gratuità testimoniano che il mio interesse è rivolto esclusivamente alla ricerca e all’aiuto. É difficile omologarmi a guru, santoni e millantatori.
* Hai accettato di pubblicare i tuoi libri e di partecipare a conferenze e convegni solo molti anni dopo l’inizio della tua attività di guarigione: che senso ha avuto per te rimanere nell’ombra?
I libri di Giovanna in vetrina al
Mondadori store, Milano 
Rimanere nell’ombra mi piaceva assai, era più aderente al mio temperamento, socievole, ma schivo. Melius esse quam videri, mi insegnava un padre mancato molto prima prima che mi impegnassi su questa strada. Erano gli anni del Maurizio Costanzo show, con contattisti che andavano a scrivere in diretta messaggi marziani, o pseudo-guaritori in cerca di gratificazione e visibilità. A me bastava riuscire ad aiutare chi mi trovava, spesso in maniera inusuale, dato che non ero nemmeno sull’elenco del telefono! Cosa importa se i risultati positivi restavano confinati ai diretti interessati? Con alcuni di loro sono nate delle profonde affinità, in una miscela di familiarità e amicizia che ha resistito al tempo e agli eventi. Comunque al mio prolungato silenzio e all’anonimato iniziale hanno concorso diversi altri fattori: l’invito alla riservatezza cui ho già accennato, la mia esigenza di avere conferma dai risultati che ottenevo e quella di agganciare il modello che avevo elaborato sia alla tradizione antica che alla ricerca contemporanea; su tutto, una resistenza fisica piallata da un bell’elenco di patologie, fra cui un incidente vascolare da parto, due cancri al seno e il malassorbimento conseguente alla celiachia e alla chemio. Sono una sopravvissuta, non una miracolata. Non posso stare troppo sotto pressione…
 *Hai sempre condiviso ogni tuo intervento di aiuto a chi stava male con persone che , guidate da te, ti affiancavano, privilegiando quindi l’energia di un gruppo alla tua azione in singolo
L’energia mediata da un gruppo (se omogeneo) è tutt’altra cosa, perché è una sommatoria di componenti: i maschi ad esempio, in genere forniscono energie più di terra, aiutano a radicare. Le femmine sono naturalmente empatiche, quindi -nel condividere spontaneamente l’emozione del soggetto- ne allentano la pressione, inoltre sanno raggiungere più facilmente le frequenze alte. Il mix di energia risultante è più variegata e questo aumenta l’efficacia dell’interazione.
*Come avviene un incontro con te e con il gruppo che ti affianca?
Mai per curiosità, ma solo per necessità. Io non posso farmi carico di tutti quelli che mi trovano, anche perché ci vuole una continuità che -soprattutto ultimamente- non posso offrire; pertanto nel caso venga da me una persona all’ultima spiaggia fisicamente o psicologicamente (spiritualmente pure, se non non avrebbe somatizzato), e nel caso riscontri in lei la volontà di collaborare al cambiamento, le propongo un aiuto ampliato; infatti come dicevo prima, il numero fa la forza. Arrivano come reietti, soli, spaesati e perplessi in mezzo ad estranei eterogenei assai; poi… non vorrebbero più andarsene, perché si sentono meglio, sgravati, vivificati, accettati senza giudizi né preclusioni, né attese. Questa assenza di aspettative è stata la conquista più difficile nei gruppi formatisi sinora: tutti vorremmo contribuire alla guarigione fisica delle persone, tipo taumaturghi, mentre invece ci è consentito contribuire a quella spirituale, da cui quella fisica può derivare. Può, ma non siamo noi a deciderlo.
*Le persone che accetti accanto a te quali requisiti devono avere?
Equilibrio, coerenza, generosità, assenza di giudizio, assenza di aspettative, stabilità, lealtà.
*Cosa significa per te guarigione? Si può morire guariti?
Giovanna e Matisse 
Che bella domanda “si può morire guariti”!! Sì, si può “morire guariti”, ma con un significato un po’ diverso. Per i filosofi medievali era più importante la guarigione spirituale (la sanatio latina), che riguardava l’anima e non il corpo; dalla sanatio poteva derivare la guarigione fisica, quella che noi ricerchiamo perché la sola che ci è nota. “Morire sanati” significa lasciarsi andare con serenità al trapasso, perché la mente ha compreso il significato dell’esistenza e si è intonata alle leggi dell’anima. Un “fiat voluntas tua” che non richiede necessariamente un nome sulle labbra, ma un Dio nel cuore (per citare il grande Gandhi). Era ben la sanatio, cioè la guarigione spirituale, che veniva cercata e mediata nei tanti luoghi sacri dedicati a questo scopo nell’antichità : i tholos greci, le piscine probatiche, i portici di certi templi, gli spiazzi sotto gli alberi sacri eccetera.
*In questo tuo risveglio e in questa tua attività dedicata al prossimo ti sei sentita sola e non capita?
Ho avuto qualche problema di incomprensione con mia madre e con i miei figli: la prima (cui dovevo geneticamente certe caratteristiche -come telepatia e preveggenza- e una sana educazione al loro uso) non era riuscita ad accettare la mia trasformazione da invalida dipendente (da lei) a soggetto autonomo, con un’attività e un grado di socializzazione incomprensibili per una ultraottantenne scozzese, cioè di coccio. Mi avrebbe osteggiata, anche se con l’intento di proteggermi: “Ti riammalerai (invece mi rinvigorivo proprio grazie a quello che facevo), cosa diranno i vicini (la nostra è una casa unifamiliare, isolata fra i giardini, con due conventi ai lati, giusto per purificare i luoghi), in questa casa non c’è più pace” (in effetti non esistevano ancora i cellulari e il telefono fisso squillava di giorno e di notte). I figli invece, quando minorenni erano imbarazzati dall’avere una madre “strana” e si defilavano volentieri per la via più breve; da adulti… pure, anche se all’imbarazzo sarebbe subentrata la perplessità.
*E come reagivi a queste incomprensioni ?
Fortunatamente ho avuto sempre l’appoggio pieno del marito che, da possessivo e gelosetto qual era, mi avrebbe lasciato piena libertà di azione: “se hai ricevuto un dono è giusto che lo usi”. Della solitudine interiore del primo periodo ho già accennato. Era estremamente impegnativo -non solo per me, ma per chiunque sia dotato di una famiglia tumultuosa- mantenere equilibrio e serenità: figurarsi se queste sono indispensabili per poter essere istruita dall’Oltre. Avrei desiderato avere un maestro in carne ed ossa, pensavo sarebbe stato meno faticoso. Alla sola formulazione di tale pensiero era stato risposto laconicamente: “Con tutti quelli che hai sprecato nelle vite…”
*In effetti la tua casa è sempre stata aperta a chiunque avesse bisogno del tuo aiuto. Nel breve periodo in cui ti ho affiancata, era particolare per me che avevo figli di poco più giovani dei tuoi, vedere come riuscivi a conciliare questa tua disponibilità verso il prossimo con le richieste della tua famiglia..
In una certa fase non l’ho conciliata per niente, presa dall’entusiasmo per tutto quel di più che animava i miei giorni. Qualche facciata presa in buona fede (il che è assai doloroso) mi avrebbe aiutata a rimediare in tempi abbastanza brevi: infatti nel periodo in cui accoglievo tutti, qualcuno se ne sarebbe andato sbattendo una porta che era aperta in entrata e in uscita. Dopo sarei diventata più selettiva, lasciandomi allarmare da particolari “vibrazioni” (che senza quelle esperienze negative non avrei saputo individuare) e avrei imparato a dividere il tempo tra le esigenze familiari e quelle degli esterni… come fanno tutte le donne che lavorano. In tempi più recenti poi, complice la quarta età, ho cominciato a godermi più pienamente gli effetti di ritorno dell’esistenza: che sia la gratitudine di una persona sanata, o il giardino milanese che si ricopre spontaneamente di violette, il mio vivere è un continuo grazie (il che non mi evita contrarietà ed ostacoli, ma mi aiuta a gestirli).
*Ti prendi cura di tutti quelli che ti cercano?
No, da quando ho lasciato l’anonimato mi dedico a coloro il cui nome (o voce) mi fa “suonare le campane”, cioè mi provoca una reazione interiore forte, come le campane a stormo nel giorno di Pasqua. Ho compreso con l’esperienza che il segnale corrisponde sia a una loro reale necessità, sia alla loro capacità potenziale di collaborare alla propria guarigione. Nessuno guarisce in delega.
* Racconta qualche esperienza significativa ..
Durante una cena una persona di uno dei primi gruppi ha un aneurisma ed entra in coma. Quando informata, un’amica dello stesso gruppo si fionda in ospedale e ci aggiorna in tempo reale: a detta dei medici non si può intervenire chirurgicamente, l’emorragia al cervello è troppo devastante e il coma irreversibile. La pensiamo nella preghiera. Il giorno dopo viene chiesto l’espianto degli organi, che la famiglia rifiuta. Consigliate/autorizzate, passiamo dalla preghiera all’azione (o meglio, al pensiero-azione, quello che può agire sui corpi sottili… se sai come fare) e ci accordiamo per inviare, tutte insieme nello stesso momento, energia di guarigione al quinto livello aurico, quello che è responsabile per l’aspetto organico e che è la porta di accesso alle incredibili energie dell’arco matrice (so di parlare in una lingua sconosciuta… anche a quelli che credono di saperla). In assoluta contemporaneità al nostro aiuto l’emorragia si ferma, i medici stupefatti si arrischiano ad intervenire e la persona sopravvive (anche se con qualche conseguenza motoria, ma leggera, rimediabile e rimediata con la fisioterapia). Da allora sono ormai passati quindici anni e sta meglio di me. Unico neo… uscita dal coma ci ha rimproverate perché stava benissimo dall’altra parte e avrebbe preferito restarci. Durante una seduta di riflessologia plantare la terapeuta mi pone un interrogativo sui trapassati; scoperto che ne so qualcosa, interrompe il suo lavoro e mi subissa di domande. “I morti vivono?” Sì, in altre dimensioni, o stati vibratori. “Si ricordano di noi?” Sì, mantengono ricordi emozioni e sentimenti, che si sommano a quelli precedenti. Se c’è stato amore addirittura ingigantisce. “Possiamo comunicare con loro?” Comunicare sempre e tutto, sentire dipende. “Mi manca enormemente la nonna…”. A queste parole incomincio a vedere un grande noce. Le chiedo se l’immagine abbia un qualche significato legato alla nonna stessa: “Sì, in fondo, quasi al confine della sua proprietà, ci sono tre alberi di noce (in prospettiva a me sembravano uno), presso cui lei amava sostare. Quand’era stagione ci faceva il nocino…”. Le suggerisco, quando se la sentirà, di recarsi lì sotto per comunicare il suo sentire alla trapassata, evitando però di trattenerla col dispiacere dell’assenza; infatti un continuo rimpianto è come una zavorra che àncora chi è ormai oltre confine, soprattutto se meritevole di una maggiore libertà. All’appuntamento successivo i miei piedi ricevono tonnellate di gratitudine per quanto da lei sperimentato… ai piedi degli alberi: la sensazione di essere avvolta in una ventata calda (l’enfolding to protect descritto dai metafisici americani, un confortante fenomeno di vicinanza col disincarnato sconosciuto ai più) e l’insperata serenità subentrata dopo di allora, quantomeno rispetto al problema-morte. “Potrebbe aiutarmi a sciogliere un altro problema che mi tormenta?” Chiamalo problema!! Dopo aver lasciato il compagno anni prima (anni!!!) non era più riuscita a dormire sonni tranquilli, perseguitata da un pensiero ossessivo “avrò fatto bene a lasciarlo?”. Un’insonnia vigile l’aveva fatta finire più volte in ospedale e, malgrado fosse seguita da uno psichiatra, la situazione non era ancora migliorata. Riusciva a lavorare ma, quando la sua mente non era impegnata, il dubbio e l’ansia di aver sbagliato la sopraffacevano. Si trattava dell’esito di un pensiero ossessivo, che in genere si innesca su un cordone di connessione anteriore. Sì, conoscevo il problema e sapevo come agevolarne la risoluzione, ma l’intenzione di lasciar andare poteva mettercela solo lei. Stiamo lavorandoci su.

*Come si lavora sui pensieri ossessivi?
I pensieri ossessivi non sono facili da debellare e hanno effetti devastanti se non corretti in tempo: infatti le radici di un cordone al secondo chakra (quello delle relazioni amorose e delle emozioni) può inoltrarsi a strozzare il cuore del chakra stesso, poi risalire lungo la kundalini a danneggiare il terzo chakra (quello della chiarezza di pensiero, dell’autoindividuazione e del rapporto col padre) oppure scendere e angariare il primo chakra (quello del rapporto col proprio corpo e con le energie di terra). Si diventa degli zombie.
*Quindi un legame non risolto può fare molti danni?
Parecchi sì e non tutti conosciuti. In sostanza, un legame non risolto (in genere già poco sano in partenza) quando tenuto vivo da una persistente rievocazione, può arrivare a inibire il dinamismo della dimensione aurica, che non può assolvere le sue funzioni di difesa, equilibrio, nutrimento, sostegno, chiarezza eccetera. Ne risultano fragilità emotiva, impoverimento della volontà, coazione a ripetere, insomma una sorta di auto-condizionamento. Si risolve ripulendo le “aree” coinvolte, estraendo la parte di cordone che si lascia trovare e convincendo la persona a portare l’eventuale radice del cordone al quarto chakra, da dove un amore che non cerca ritorno può affrancare l’esperienza-dolore: ti libero e mi libero. Pace.
*  Come è possibile comprendere il linguaggio dell’anima?
Risvegliare la memoria di chi siamo fa parte dei compiti incarnativi dell’anima, che però comunica in codice! Per interpretarlo bisogna avere fede e/o mettersi sul cammino, o quantomeno esserne attratti. Gli altri tendono a notare solo i segnali eclatanti, tipo fulmine sulla via di Damasco; non vedono la lucciola sul sentiero, oppure non danno credito alla vocina interiore, velocemente catalogata come autosuggestione.
*Ma che cos’è l’anima? –
L’anima è la parte immortale di noi (pertanto con un inizio ma senza una fine); è energia-pensiero-amore a altissima frequenza, un “ente” che per il tempo di vita si lega ad un essere nuovo, irripetibile e denso, cioè dotato di un corpo fisico, essere cui fornisce l’insieme dei corpi sottili, o MetT (la chiamo genetica spirituale, a quella fisica provvede la madre).
*E lo Spirito invece cos’è?
Lo spirito (o merkabah, shen, pneuma, corpo di luce, corpo adamantino eccetera) è l’insieme dei corpi sottili, il mezzo di cui l’anima si serve per legarsi e comunicare col corpo/mente. Quindi spirito non nell’accezione di Spirito Santo.
*E tu poi parli di MetT. Di cosa si tratta? 


MetT è come ho rinominato la componente “spirito” per non aumentare la confusione; è un insieme a 4 dimensioni che avvolge/compenetra/informa il corpo fisico e riduce le energie animiche ad alta frequenza a misura del soggetto uomo, analogamente alla funzione dell’atmosfera terrestre rispetto al sole. Il suo ruolo è indispensabile per mettere in contatto due energie talmente lontane (anima e corpo) che -in sua assenza- non potrebbero interagire. MetT ha l’indispensabile funzione di mediatore fra anima e corpo. Anche…
*Se parliamo di risveglio è perché ci siamo addormentati. Perché succede questo?
L’oblio (chi ricorda l’acqua di Lete virgiliana “Le anime che per fato devono cercare un altro corpo, bevono sicure acque e lunghe dimenticanze sull’onda del fiume Lete En., VI 714-715)?) cala sugli individui in genere verso l’età scolare, quando il mondo esterno e denso prevale, e copre cause passate e finalità future: ritengo succeda per non avvilirci… e per non condizionarci (troppo). E per darci il merito di ri-cordarle, cioè di riportarle al cuore. Alla caduta dell’oblio (il velo di Maya induista) provvedevano in passato le religioni o le filosofie, cioè qualcosa di mosso dall’alto della piramide, da sacerdoti e da saggi. Nel nuovo millennio questi non hanno più una uguale influenza (e forse nemmeno una analoga conoscenza…). Di conseguenza si è chiamati “a darsi una mossa” in proprio. Gli elementi per farlo oggi sono a disposizione… di chiunque li cerchi. .
*Cosa significa per te risvegliarsi?
Significa ricordare che siamo più di un corpo/mente! Che siamo un intero da ricomporre -e da rispettare- composto di anima (la vera regista), MetT (mediatore, traduttore, suggeritore) e corpo/mente (l’attore). Ricordarsi che l’anima esiste consente di recuperare il contatto con l’anima stessa ed essere aiutati a dare significato e direzione alla propria vita, anche quando grama assai. Cosa intendi con il risveglio della memoria di chi siamo e come ci si arriva? Per risveglio della memoria intendo il ri-cordare (cioè riportare al cuore) chi siamo, cioè esseri spirituali ed immortali che animano un essere materiale e mortale per il periodo di una vita. Invece di citare un filosofo, citerò un politico: John Fitzgerald Kennedy! Ai tempi della crisi di Cuba, dopo che fu evitata la terza guerra mondiale, il suo discorso agli americani finiva con “Siamo esseri di passaggio”. C’è poi la memoria di come siamo composti e non è la stessa cosa. La memoria di chi siamo è innata, risente della legge di armonia cui siamo chiamati a ri-aderire: se ne trova traccia nell’atteggiamento solidaristico degli infanti (non viziati); nello stare bene quando si medita, si prega, si ama, si vive in comunione con la natura, quando ci si dedica agli altri; nell’aspirazione al bello, al buono e al vero di cui scrivevano già i filosofi antichi (aspirazione che può essere riferita solo a qualcosa di noto. Tutti risuoniamo al passato e questo, una volta ricostruito, almeno in parte, aiuta a comprendere e ad accettare il presente. Platone la chiamava sia rimembranza che anamnesi. Anamnesi, ricorda qualcosa?)
*Che fare per sentire/sapere chi siamo?
É importante tener conto che ci vuole un concorso di azioni e competenze per interagire con i diversi livelli di cui siamo composti. Una buona base di partenza consiste nell’esprimere solidarietà ed empatia nel quotidiano, di modo che l’anima sia serena: “Sei nel giusto, avanti così”. Poi serve coerenza, non puoi spingerti verso i mondi sottili, ispirati all’armonia e allo scambio, mentre vivi in modo conflittuale, contro gli altri o contro le regole. In quanto al che fare di extra per ricordare… Siti, riviste specializzate e social propongono ormai innumerevoli tecniche (?) per leggere alcune pagine della memoria sottile: l’ipnosi regressiva, le costellazioni familiari, il focusing, il rebirthing eccetera; altre tecniche, posturali come la bioenergetica o sciamaniche, come le capanne sudatorie, si limitano a smuovere le pagine. Non si possono citare tutte, ne nasce una al giorno…
*E chi sia all’inizio di questo percorso come può muoversi in questa jungla di proposte?
Qualche consiglio per migliorare? Iniziare ad ascoltare e ascoltarsi, analizzare i fatti evidenziati dalla scienza o messi a disposizione dalla natura, chiedersi se sia possibile che solo l’uomo sia esente dall’ordine che regge i mondi (che li si chiami microcosmo e macrocosmo, mondo subatomico e infiniti universi, o campo Unificato). Diventare moderni samaritani; seguire corsi di yoga o applicarsi agli stili interni delle arti marziali. Pregare, meditare, essere a disposizione delle necessità altrui. Eccetera. Qualche consiglio per saperne di più? Leggere i testi a disposizione sull’uso delle energie spirituali, con la serena fiducia espressa da un detto induista: “quando l’allievo è pronto il maestro arriva”. Poi scegliere, se possibile con fides et ratio (fede e logica: gli asini non volano, se non sul cargo)
* Il risveglio non arriva per tutti allo stesso modo..
No, non arriva per tutti nello stesso modo, con uguale consapevolezza e in tempi brevi. Conosco persone che, pur rispettando i vari passaggi (meditazione, altruismo, preghiera ecc) continuano a non ricordare… la password del loro progetto. Forse perché si aspettano di più. Ne ho accompagnate parecchie a comprendere che risvegliarsi al mondo spirituale è anche riaderire alla legge dello scambio e mettersi a disposizione. Ad esempio, tra i progetti dell’anima c’è il “fare da ponte”, cioè facilitare l’interazione fra persone affini, senza gelosie o esclusivismi. Risvegliarsi in tal caso è come accendere una luce nel buio. Una volta capito il processo, la vita cambia, si diventa come pub affollati… di simili. Capita anche e soprattutto a chi si è sentito solo e perso! Più che di una compensazione, si tratta del probabile esaurirsi di un karma.

*Quanto il modo di pensare influisce sulla nostra esistenza?
Molto più di quanto si creda, poiché condiziona a nostra insaputa anche la nostra salute. Infatti il pensiero è strettamente correlato al nostro livello di evoluzione spirituale tramite il sistema dei corpi sottili, o MetT. Al pensare non concorrono solo i due cervelli conosciuti dalla medicina, superiore ed enterico, ma anche le componenti sottili che procurano energia col terzo chakra, elementi di valutazione col cuore alto, sostegno neurologico col nimbus eccetera. Una volta dimenticata l’esistenza della componente spirituale, nel migliore dei casi relegata alle convinzioni di mistici e visionari, del pensiero sono stati considerati solo gli effetti sul corpo/mente e studiate le cause nel visibile, cioè sull’organismo. Invece, il nostro modo di pensare ha conseguenze anche sulle dimensioni sottili del MetT, che provocano reazioni a valle, sul fisico. Essendo il MetT “tarato” sull’evoluzione spirituale ottimale, le sue componenti reagiscono, nel breve o nel lungo periodo, a tutti i pro e i contro l’evoluzione stessa. Reagiscono come? Rinforzandosi, espandendosi, annidandosi in un equilibrio perfetto che permette al flusso di energie eteriche di scorrere facilmente… qualora il pensare sia improntato al bene. Distorcendosi, squilibrandosi, bloccandosi qualora pensare e progettualità siano malevoli.
* Ma il pensiero, perché sia efficace, deve sempre essere legato all’azione?
Un pensare coerente, teso alla solidarietà e seguito dall’azione (tutti sono capaci di essere velleitari) mantiene chakra aperti, linea harica stabile e centrata eccetera; quando non trovano ostacoli sul percorso di discesa, le energie animiche, che sono multitasking, raggiungono più facilmente il soggetto.
*E se il pensiero e l’azione sono in conflitto cosa succede?
Un pensare e un agire conflittuale ostacolano il fluire dell’energia animica attraverso le dimensioni sottili, così che uno non ne viene sostenuto, informato, nutrito e resta al di sotto delle proprie capacità e realizzazioni, come un motore in riserva di benzina e senza additivo. Lo ripeto, conoscere la costituzione del MetT può spiegare come e perchè un retto pensare e un corretto agire procurino serenità, creatività nelle soluzioni e maggior benessere.
*Da cosa è generato ogni malessere in noi, su qualunque piano si presenti?
Mal-essere, lo dice il termine stesso, è star male dentro. Risentirebbe anche di uno squilibrio delle componenti sottili del MetT a seguito della mancata aderenza del soggetto al progetto dell’anima, progetto per ognuno diverso nei modi, ma uguale nel fine: scegliere di ri-aderire alla legge di armonia e a quella dello scambio “dare secondo capacità proprie in risposta alle necessità altrui”. Seppure con criterio. Stiamo male quando l’anima soffre (ci sono poi i casi a parte, di chi ha scelto un percorso difficile per alleggerirsi di un peso… pesante, in quel caso l’anima non patisce e, se ascoltata, aiuta).
*Le scelte sbagliate dove possono portarci?
Che domandina! Scelte “contro” (gli altri, ma anche contro se stessi) allontanano l’anima dalla realizzazione del suo progetto incarnativo (testimoniare l’armonia) cosicchè l’anima ne patisce, con effetti a cascata sui piani sottostanti; l’uomo può risentirne con gradazioni… proporzionali a quanto le scelte sbagliate lo abbiano allontanato dal cammino ideale: può trattarsi del malessere, fisico o psicologico, di chi non è nutrito a sufficienza (di energia), di una sgradevole confusione mentale, dell’incriccarsi sempre nelle stesse situazioni di sofferenza, fino a malattie vere e proprie! Queste vanno a colpire il cosiddetto organo bersaglio (come già individuato dalla metamedicina), ma non andrebbero considerate come una punizione immeritata, quanto come il correttivo scelto dall’anima per indurre a cambiare direzione. Pensate alla voce del tom tom quando sbagliate strada, non dice “attendere prego, il percorso viene ricalcolato”?
* E come può essere corretto uno squilibrio dei corpi sottili?
Lo squilibrio (dei corpi sottili del MetT) può essere corretto con un riallineamento al positivo, raggiungibile senza eroismi o sacrifici, ma col scegliere da che parte stare della bilancia: col contribuire al benessere degli altri (senza dover mortificare se stessi, infatti l’antica regola d’oro recitava -con lievi varianti da cultura a cultura- “ama il prossimo tuo come te stesso”. I termini di paragone sono due e valgono uguale! ).
*Quindi è sempre possibile cambiare?
Sino a che c’è vita è possibile cambiare e migliorare, oserei dire doveroso! L’anima ne sarà sollevata ed invierà tutto il suo aiuto per compensare quanto non agito positivamente prima. Ma bisogna tener conto che, dall’altra parte del confine, vige l’equità, col suo svolgersi matematico. Ricordate la bilancia degli egizi e la piuma di Mat? Chi si pente in punto di morte dopo aver fatto carne di porco tutta la vita non è detto che poi se la goda ancora…
Giovanna vintage - a. 30
*Quale importanza ha nella tua vita la preghiera?
Nella mia esperienza la preghiera è stata determinante, insieme a una fede ricostruita mattone su mattone. Lungo la via ho imparato che non dovrebbe essere una preghiera di impetrazione “fammi guarire” e nemmeno un atto di affidamento totale “sia fatta la tua volontà”, ma una richiesta di consapevolezza e una promessa di impegno “aiutami a realizzare la tua volontà di pace”. Il Vangelo chiamava chi collabora al “progetto di salvezza” sunergoi, o operai della vigna…
*Cosa vuoi dire quando sostieni che la tua formazione è avvenuta sul campo?
“Sul campo” è un’allusione alla mia conoscenza del campo espresso dai corpi sottili, o MetT. Un “campo” di probabile natura elettromagnetica, su cui mi sono formata col supporto di tutor… poco densi; valutino gli altri se questo vale di più o di meno di una formazione universitaria ufficiale… al momento inesistente. Quello che sono stata aiutata a ri-cordare non viene insegnato -nell’intero che non ho ancora divulgato- nemmeno in India o in California, a Parigi, in Russia o in certi poco conosciuti collegi inglesi. Utilizzo spesso la formula “formata sul campo” perché mi piace l’ironia, anche se un’amica umanista mi sconsiglia dall’usarla: “Dovresti stare più attenta, perché le cosiddette figure di nascondimento andrebbero utilizzate solo… quando possono essere capite”. Ha sicuramente ragione, ma continuano a piacermi.
*Per concludere, una domanda personale, visto che io sono “un’abbracciosa” . Come è il rapporto con la tua affettività?
La mia affettività? Direi che è sottodimensionata; esprimo la mia partecipazione con l’aiuto e con l’ascolto, non con la fisicità, quella no, è riservata a familiari e… gatti. Quando un estraneo mi abbraccia resto ancora a legnetto, non sono come dici tu un’abbracciosa. In compenso, l’emozionalità è più sotto controllo. Chi ricorda i filosofi greci? Erano considerati saggi con l’età matura, in realtà erano solo più rigorosi, avevano imparato a raffreddare le emozioni. Senza il peso di emozioni personali posso ricevere e alleggerire con neutralità quelle che traboccano dalle persone sofferenti. Non mi esprimo con la carezza, ma con l’accoglienza e l’assenza di critica.
*Che progetti hai per il futuro?
Raggiungere una condizione fisica che mi permetta di andare in Turchia da mia figlia, cosa che per ora non è fattibile, con 12 ore minime di viaggio. Si è trovata un ottimo marito, ma in mezzo ai bricchi… Poi pubblicare gli altri testi i cui contenuti sono già abbozzati: uno sulle fasi di vita dal punto di vista dell’anima, uno sui bambini e sul perché non vanno considerati tabulae rasae, uno sulla teoria della mente. O meglio, su un’ipotesi integrativa alla teoria della mente. Mi intriga più degli altri, ma mi serve tempo… Spero di averlo.

(pubblicato con l'autorizzazione dell'autore)

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