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domenica 18 febbraio 2018

La guerra dei Roses, riduzione teatrale

di Antonio Mastrapasqua

Si è appena concluso il fortunato Tour in giro per l’Italia dell’adattamento teatrale del romanzo di Warren Adler La Guerra dei Roses da cui nel 1989 è stato inoltre tratto il film cult con Michael Douglas e Kathleen Turner e la regia di Danny Devito.
È una commedia straordinaria, comica e crudele al tempo stesso. Adler racconta una delle più straordinarie deflagrazioni dei sentimenti, la separazione di due che si sono molto amati. E la grandezza del loro amore si rispecchia nella sua fine. La regia dello spettacolo è affidata al grande Filippo Dini. Una regia che tende a essere fedele al testo originale ma non rinuncia al suo tocco originale e personale. 


Lui, Jonathan (Matteo Cremon), ricco e ambizioso uomo d’affari che ha fatto della sua carriera il suo orgoglio perché gli ha permesso la tanto aspirata elevazione sociale; lei, Barbara (Ambra Angiolini), moglie obbediente, fedele, accondiscendente che l’ha accompagnato nella sua brillante ascesa, con remissione. Ha sempre vissuto la sua vita sociale in funzione  di quella di suo marito. Ma, inevitabilmente, a un certo punto avverte dentro  di sé il bisogno di trovare una sua realizzazione personale. Vuole aprire una società di catering che le permetta di aver finalmente puntato addosso il proprio riflettore nella vita e nella società e che per una volta le conceda di vivere qualcosa che la faccia brillare di luce propria e non più solo di luce riflessa del successo e delle volontà del marito. Questa necessità di emancipazione la porterà a chiedere il divorzio. È l’inizio della fine, del delirio dell’onnipotenza tra loro e tra i due avvocati che li difendono.  Due avvocati scaltri e sciacalli di anime perdute. Lei ha una donna, senza scrupoli e che odia per partito preso i maschi; lui si fa difendere da un uomo, avido, ma che rappresenta la voce sofistica e saggia del dramma umano.
Ambra Angiolini e Matteo Cremon
Quello che vediamo in scena è la storia della lenta e terribile separazione tra i coniugi Rose. Una trama semplice ma logorante e distruttiva come il rapporto tra i due coniugi che si massacrano e distruggono lite dopo lite. Una distruzione lenta ma progressiva condita e scandita da schermaglie, angherie, dispetti ma anche da tanto dolore. E dinanzi a cotanta psicopatologia della vita quotidiana di questa coppia lo spettatore si ritrova sospeso sul filo della suspense tra una cinica e liberatoria risata dinanzi al grottesco esibito delle loro dispettose e reciproche rivalse  fatte di vendette, piani distruttivi di uno nei confronti dell’altro, esilaranti e quindi divertenti e nel frattempo lo sconcerto e lo sconforto di trovarsi dinanzi a una coppia che un tempo si amava e si era formata sulla consapevolezza che quello che è destinato a stare insieme deve stare insieme ma che ora, con il susseguirsi degli eventi, si sgretola lentamente e inesorabilmente fino a un epilogo inimmaginabile ma al contempo inevitabile. Perché distruzione vuol dire anche autodistruzione. E da questa storia alla fine non usciranno né vincitori né vinti. Né colpevoli né innocenti. Sarà lo spettatore a parteggiare dentro di sé una volta per uno e una volta per l’altra. In una vera dicotomia interna e catartica. 
Questa straordinaria tournée teatrale iniziata a Massa lo scorso ottobre e appena conclusa sempre in Toscana, a Figline  Valdarno, è stata accolta con entusiasmo in ogni sua tappa. Macchina perfetta sotto ogni aspetto, ha segnato sold out ovunque. Attori straordinari armati di talento e passione. Ambra Angiolini in primis si è rivelata ancora una volta un vero animale da palcoscenico. Poliedrica ed eclettica, ci ha regalato una Barbara Rose straordinaria, sanguigna e verace che ha saputo far divertire e riflettere.  E gli altri suoi compagni di viaggio non sono stati da meno: Matteo Cremon ha incarnato alla perfezione l’uomo dedito esclusivamente ai suoi affari e alla salvaguardia di ciò che con duro lavoro ha creato. Massimo Cagnina ed Emanuela Guaiana nei panni degli avvocati dei coniugi Rose sono un po’ la voce narrante della loro vicenda e sicuramente sono i veri burattinai delle loro anime ormai perse tra angherie e dissapori. Uno spettacolo che è stato uno straordinario successo di pubblico e critica ovunque, da nord a sud, grazie anche all’adattamento fedele al testo senza privarsi della sua originalità: per la regia eccellente, per la scenografia impeccabile e ben aderente alla storia, per le musiche originali scritte appositamente, per l’adattamento davvero suggestivi e coinvolgenti che segnano il ritmo e i sentimenti messi in scena.  
Uno spettacolo che ho visto diverse volte e in città diverse e di ogni rappresentazione conservo tutta la bellezza e la qualità che questo spettacolo ha saputo regalare al pubblico. E a tutti loro un meritatissimo applauso 


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