Edward Hopper in mostra a Palazzo
Fava, il Palazzo delle Esposizioni di
Bologna, dal 25 marzo al 24 luglio 2016, con tante opere: Summer Interior, South Caroline
Morning, Second Story Sun Light, incisioni e acqueforti. Molti dei suoi disegni sono autentici capolavori.
La rassegna è curata dal Comune
di Bologna in collaborazione con Musei della Città, Arthemisia Group,
Fondazione Carisbo, Genus Bonanae e il Whitney Museum of American Art di New
York.
Inoltre, nel secolo
scorso, il
Whitney Museum di New York ha curato le più importanti esposizioni artistiche di
Hopper e possiede una collezione completa delle sue opere: circa 3000 tra
dipinti,
disegni e incisioni, lasciate in donazione dalla vedova di Hopper, Josephine, nel 1968.
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Palazzo Fava |
Un pittore che conquista per la sua poesia: ciò che
racconta lo si comprende con immediatezza. Hopper riesce a captare quei momenti
solitari che prima o poi si presentano nella vita delle persone, e li
raffigura. Momenti solitari, ma anche di solitudine e d'isolamento, sensazioni di altre esistenze che ancora
oggi si avvertono viaggiando nella provincia americana. Nella staticità delle
sue composizioni, il tempo appare immutabile.
Hopper non dipinge la povertà, il lavoro o la gioia di
vivere, ma vite inespresse in momenti d' intimità che appaiono eterni, e lasciano, a chi guarda,
l’interpretazione della storia. Con grande abilità tecnica porta le persone a riconoscersi in
comportamenti della vita quotidiana. È stato definito un realista, ma è indubbio che le sue composizioni esprimono
grande spiritualità: “Non dipingo ciò che vedo, ma ciò che provo”
è una sua frase.
Due autoritratti di Hopper, uno del 1903, si trova al Museo di Fine Arts di Boston,
l’altro 1925/30 al Witney Museum di New York
Edward Hopper nasce a Nyack, cittadina dello Stato di New
York, il 22 luglio 1882, in una famiglia
benestante e colta della borghesia americana. I suoi genitori, di fede battista,
incoraggiano da subito le sue aspirazioni artistiche. Nel 1900 s'iscrive e frequenta la New School of Art, dove ha come
insegnante Robert Henri, un pittore realista che incita Hopper a trovare la sua
ispirazione nella vita di tutti i giorni, lontano dal manierismo del tempo.
Alla New School of Art l’artista incontra allievi che sarebbero diventati
personaggi significativi della vita
artistica americana tra cui George Bellows, pittore, litografo e illustratore,
e William Merrit Chase, pittore americano esponente dell’impressionismo e in
seguito responsabile di una delle più rinomate Art School of Design di New
York.
Hopper rimane alla School of Fine Arts fino al 1906, anno
del suo primo viaggio a Parigi. A quei tempi, Parigi era il centro della vita
culturale del mondo, La Ville Lumière, impossibile non esserne affascinati! Le opere di artisti come Manet, Degas e Paul
Cezanne sono determinanti per la sua formazione, anche se, da persona
schiva e riservata qual era, l’artista non frequenterà i pittori
dell’avanguardia parigina ma condurrà una vita solitaria osservando la vita
degli altri.
Dopo le visite europee si può dire che il futuro
dell’artista si rischiari di nuove luci. Ama la natura, ma anche la città,
interpreta le cose che lo circondano secondo il suo modo di sentire. Con il
tempo elaborerà il suo personalissimo stile pittorico: uno stile con una
prospettiva spesso fotografica. Tra il 1906 e il 1910 si reca in Europa tre volte, oltre i soggiorni parigini, visita
alcune capitali europee, ma non verrà in Italia. In seguito, non lascerà più gli Stati Uniti. Lavora come
illustratore pubblicitario alla C.C. Phillips & Company. L’unica
occupazione retribuita che ha per molti anni. Le sue acqueforti e
puntesecche sono apprezzate e ottengono notevoli
riconoscimenti. Hopper non solo è un grande
illustratore ma anche nelle diverse tecniche usate: olio, acquerello
e acquaforte.
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Uomini seduti al caffè, 1906, acquerello opaco e trasparente, penna e inchiostro, pennello e inchiostro e la matita di graffite su carta. |
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The boy and the moon 1906/07, acquerello |
I dipinti
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Interno d’estate, 1909, olio su tela, Whitney Museum of American Art |
Le sue tele, principalmente a olio, non incontrano il favore del pubblico. L’impulso
al suo lavoro di pittore arriva dopo la mostra al Whitney Club nel 1920, di cui
è uno dei soci della prima ora. Non vende neanche una tela, ma, seppur con
pareri controversi, una delle sue composizioni parigine “Soir bleu” (Sera
azzurra), una tela di notevoli dimensioni, viene notata da pubblico e critica.
Tuttavia, Hopper, non gradendo i molti commenti - “Soir Bleu” è un dipinto di difficile comprensione in una società pragmatica come quella americana -
arrotola la tela e la mette in disparte. Sarà riconsiderata molti anni dopo.
Nel 1924, alcuni suoi acquerelli vengono esposti alla
Frank Rehn Gallery di Gloucester, New
York, e riscuotono successo. Da quel momento la carriera di pittore fiorisce
e trova tutti i riconoscimenti che merita. Nello stesso anno Hopper sposa
Josephine Verstille Nivison, anch’essa pittrice: sarà la sua modella in tutti i
personaggi femminili dei suoi dipinti.
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Railroad sunset (Tramonto sulla ferrovia), 1929, olio su tela, Whitney Museum of American Art, New York |
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Il faro a due luci, 1927, acquarello, Whitney Museum of American Art, New York |
In quegli anni dipinge Apartment Houses che viene
acquistato dalla Pennsylvania Academy, suo primo dipinto a olio entrato a far parte di una collezione
pubblica e primo quadro venduto dopo più di dieci
anni. Nel 1930 il dipinto House by the Railroad (La Casa Vicino Alla Ferrovia) viene donata al Moma – Metropolitan
Museum on N. Y . – da un collezionista, Stephen
C. Clark. Dopo due o tre anni il Moma gli dedica una retrospettiva.
Una
curosità: il dipinto fu usato come modello per la casa di
Psycho, il film di Alfred Hitchock.
Agli inizi degli anni trenta, Hopper costruisce una casa a Truro, nella penisola di Cape Cod, affacciata sull’oceano,
dove si recherà ogni anno per le vacanze e che, indubbiamente, ispirerà molti
suoi dipinti. La ricerca della luce è una costante delle opere di Hopper: la
luce è la protagonista indiscussa dei suoi dipinti! “Tutto ciò che volevo fare
era dipingere la luce del sole sul lato della casa”. E questa ricerca diventa sempre più evidente nella sua
produzione artistica.
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Mattino in Sud Carolina, olio su tela, 1955, Whitney Museum of Art, New York |
Hopper viene considerato il caposcuola dei realisti
americani con le sue solitarie case vittoriane, i binari ferroviari, i paesaggi surreali, i distributori di benzina,
i personaggi immobili per l’eternità. Il pittore ha descritto la provincia
americana come la si vede ancora oggi nelle back street, silenziosa e
solitaria, impenetrabile e statica. Hopper è un pittore enigmatico che ha colto
aspetti della vita quotidiana, sublimandoli e rendendoli eterni.
La sua vita è stata lunga e laboriosa, muore a 85 anni,
nel 1967, nel suo studio a New York.
Ci sarebbero molte considerazioni da fare guardando i
dipinti di questo artista e pensando che ha vissuto in un momento
particolarissimo della storia dell’umanità. Un periodo di guerre e difficoltà,
di depressioni economiche, ma anche di avanguardie e grandi fermenti artistici,
di cui non si avverte traccia nel suo lavoro. Il
suo messaggio si trova sia nella ricerca del silenzio, in quelle bellissime tele di
paesaggi e tramonti: indescrivibili attimi di bellezza che solo la natura può
donare, sia nella sensazione di
solitudine che le sue figure trasmettono. Ed è forse in queste immagini che si
può leggere la rappresentazione
solitaria e silenziosa dell’esistenza
che l’artista vuole interpretare.
L’altra caratteristica della sua arte sono i disegni di nudo: erotici, sorprendenti,
originali, a volte inquietanti: un’altra delle molteplici capacità interpretative di Edward Hopper, artista
innovativo e riservato.
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I due attori, 1966, olio su tela, collezione privata. |
Una delle ultime opere, se non l’ultima, di Edward
Hopper, dipinta l’anno prima della morte. Si potrebbe intitolare “L’addio”. Un
dipinto commovente e al contempo ironico. I
due protagonisti, l’artista e sua moglie Jo, salutano un pubblico
virtuale prima di uscire di scena: la scena della loro vita.
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