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venerdì 10 giugno 2016

Edward Hopper

di Giovanna Rotondo Stuart

Edward Hopper in mostra a Palazzo Fava, il Palazzo  delle Esposizioni di Bologna, dal 25 marzo al 24 luglio 2016, con tante opere: Summer Interior, South Caroline Morning, Second Story Sun Light, incisioni e acqueforti. Molti dei suoi disegni sono autentici capolavori.
La rassegna è curata dal Comune di Bologna in collaborazione con Musei della Città, Arthemisia Group, Fondazione Carisbo, Genus Bonanae e il Whitney Museum of American Art di New York.
Inoltre, nel secolo scorso, il Whitney Museum di New York ha curato le più importanti esposizioni artistiche di Hopper e possiede una collezione completa delle sue opere: circa 3000 tra dipinti, disegni e incisioni, lasciate in donazione dalla vedova di Hopper, Josephine, nel 1968.

Palazzo Fava


Edward Hopper
Un pittore che conquista per la sua poesia: ciò che racconta lo si comprende con immediatezza. Hopper riesce a captare quei momenti solitari che prima o poi si presentano nella vita delle persone, e li raffigura. Momenti solitari, ma anche di solitudine e d'isolamento, sensazioni di altre esistenze che ancora oggi si avvertono viaggiando nella provincia americana. Nella staticità delle sue composizioni, il tempo appare immutabile.
Hopper non dipinge la povertà, il lavoro o la gioia di vivere, ma vite inespresse in momenti d' intimità che appaiono eterni, e lasciano, a chi guarda, l’interpretazione della storia. Con grande abilità  tecnica porta le persone a riconoscersi in comportamenti della vita quotidiana. È stato definito un realista, ma  è indubbio che le sue composizioni esprimono grande spiritualità: “Non dipingo ciò che vedo, ma ciò che provoè una sua frase.















Due autoritratti di Hopper, uno del 1903, si trova al Museo di Fine Arts di Boston, 
                                 l’altro 1925/30   al Witney Museum di New York                                                                        
Edward Hopper nasce a Nyack, cittadina dello Stato di New York,  il 22 luglio 1882, in una famiglia benestante e colta della borghesia americana. I suoi genitori, di fede battista,  incoraggiano da subito le sue aspirazioni artistiche. Nel 1900 s'iscrive e frequenta la New School of Art, dove ha come insegnante Robert Henri, un pittore realista che incita Hopper a trovare la sua ispirazione nella vita di tutti i giorni, lontano dal manierismo del tempo. Alla New School of Art l’artista incontra allievi che sarebbero diventati personaggi significativi  della vita artistica americana tra cui George Bellows, pittore, litografo e illustratore, e William Merrit Chase, pittore americano esponente dell’impressionismo e in seguito responsabile di una delle più rinomate Art School of  Design di New York.
Hopper rimane alla School of Fine Arts fino al 1906, anno del suo primo viaggio a Parigi. A quei tempi, Parigi era il centro della vita culturale del mondo, La Ville Lumière, impossibile non esserne affascinati! Le opere di artisti come Manet, Degas e Paul Cezanne  sono determinanti  per la sua formazione, anche se, da persona schiva e riservata qual era, l’artista non frequenterà i pittori dell’avanguardia parigina ma condurrà una vita solitaria osservando la vita degli altri.
Dopo le visite europee si può dire che il futuro dell’artista si rischiari di nuove luci. Ama la natura, ma anche la città, interpreta le cose che lo circondano secondo il suo modo di sentire. Con il tempo elaborerà il suo personalissimo stile pittorico: uno stile con una prospettiva spesso fotografica. Tra il 1906 e il 1910 si reca in Europa  tre volte, oltre i soggiorni parigini, visita alcune capitali europee, ma non verrà in Italia. In seguito, non  lascerà più gli Stati Uniti. Lavora come illustratore pubblicitario alla C.C. Phillips & Company. L’unica occupazione retribuita che ha per molti anni. Le sue acqueforti e puntesecche  sono  apprezzate e ottengono notevoli riconoscimenti.  Hopper non solo è un grande illustratore ma anche  nelle diverse tecniche usate: olio, acquerello e acquaforte.
Uomini seduti al caffè, 1906,
acquerello opaco e trasparente,
penna e inchiostro, pennello e inchiostro
e la matita di graffite su carta.

The boy and the moon 1906/07, acquerello



 
Ombre notturne, acquaforte, 1921

 
Vento della sera, acquaforte, 1921
I dipinti
Interno d’estate, 1909, olio su tela,
Whitney Museum of American Art
Le sue tele, principalmente a olio, non  incontrano il favore del pubblico. L’impulso al suo lavoro di pittore  arriva  dopo la mostra al Whitney Club nel 1920, di cui è uno dei soci della prima ora. Non vende neanche una tela, ma, seppur con pareri controversi, una delle sue composizioni parigine “Soir bleu” (Sera azzurra),  una tela di notevoli dimensioni,   viene notata da pubblico e critica. Tuttavia, Hopper,  non gradendo i molti commenti  - “Soir Bleu” è un dipinto di  difficile  comprensione   in una   società pragmatica   come quella americana - arrotola la tela e la mette in disparte. Sarà riconsiderata molti anni dopo.

Soir bleu (Sera azzurra), 1914,
Whitney Museum of American Art, New York

Nel 1924, alcuni suoi acquerelli vengono esposti alla Frank Rehn Gallery di Gloucester, New York, e riscuotono successo. Da quel momento la carriera di pittore fiorisce e trova tutti i riconoscimenti che merita. Nello stesso anno Hopper sposa Josephine Verstille Nivison, anch’essa pittrice: sarà la sua modella in tutti i personaggi femminili dei suoi dipinti.

                         
               
        
                Railroad sunset  (Tramonto sulla ferrovia), 1929,
                                                   olio su tela, Whitney Museum                                                           of American Art, New York
                                   
 Il faro a due luci, 1927,
acquarello, 
Whitney Museum of American Art,
New York
In quegli anni dipinge Apartment Houses che viene acquistato dalla Pennsylvania Academy, suo primo dipinto a olio entrato a far parte di una collezione  pubblica e primo quadro venduto dopo più di dieci anni. Nel 1930 il dipinto House by the Railroad (La Casa Vicino Alla Ferrovia) viene donata al Moma – Metropolitan Museum on N. Y . –  da un collezionista, Stephen C. Clark. Dopo due o tre anni il Moma gli dedica una retrospettiva. 
Una curosità: il dipinto fu usato come modello per la casa di Psycho, il film di Alfred Hitchock.

Apartment houses east river, olio su tela, 1930,
Whitney Museum of American Art

Agli inizi degli anni trenta, Hopper costruisce una casa a Truro, nella penisola di Cape Cod, affacciata sull’oceano, dove si recherà ogni anno per le vacanze e che, indubbiamente, ispirerà molti suoi dipinti. La ricerca della luce è una costante delle opere di Hopper: la luce è la protagonista indiscussa dei suoi dipinti!  Tutto ciò che volevo fare era dipingere la luce del sole sul lato della casa”. E questa ricerca diventa sempre più evidente nella sua produzione artistica.

Cape Cod Sunset 1934, olio su tela,
Whitney Museum of American Art, New York
 
I nottambuli, olio su tela, 1942, Art institute of Chicago, Chicago
Mattino in Sud Carolina, olio su tela, 1955,
Whitney Museum of Art, New York

Hopper viene considerato il caposcuola dei realisti americani con le sue solitarie case vittoriane, i binari ferroviari, i  paesaggi surreali, i distributori di benzina, i personaggi immobili per l’eternità. Il pittore ha descritto la provincia americana come la si vede ancora oggi nelle back street, silenziosa e solitaria, impenetrabile e statica. Hopper è un pittore enigmatico che ha colto aspetti della vita quotidiana, sublimandoli e rendendoli eterni.
La sua vita è stata lunga e laboriosa, muore a 85 anni, nel 1967, nel suo studio a New York.

Secondo piano al sole, olio su tela, 1960,
Whitney Museum of Art, New York

Ci sarebbero molte considerazioni da fare  guardando i dipinti di questo artista e pensando che ha vissuto in un momento particolarissimo della storia dell’umanità. Un periodo di guerre e difficoltà, di depressioni economiche, ma anche di avanguardie e grandi fermenti artistici, di cui non si avverte traccia nel suo lavoro. Il suo messaggio si trova sia nella ricerca del silenzio, in quelle bellissime tele di paesaggi e tramonti: indescrivibili attimi di bellezza che solo la natura può donare, sia nella sensazione  di solitudine che le sue figure trasmettono. Ed è forse in queste immagini che si può  leggere la rappresentazione solitaria e silenziosa  dell’esistenza che l’artista vuole interpretare. 
L’altra caratteristica della sua arte sono i disegni di nudo: erotici, sorprendenti, originali, a volte inquietanti: un’altra delle molteplici capacità  interpretative di Edward Hopper, artista innovativo e riservato.
I due attori, 1966, olio su tela, collezione privata.
Una delle ultime opere, se non l’ultima, di Edward Hopper, dipinta l’anno prima della morte. Si potrebbe intitolare “L’addio”. Un dipinto commovente e al contempo ironico. I  due protagonisti, l’artista e sua moglie Jo, salutano un pubblico virtuale prima di uscire di scena: la scena della loro vita.




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