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domenica 25 settembre 2022

UTOPIA di Tommaso Moro, alcune caratteristiche

di Mimma Zuffi


Ritratto di Tommaso Moro

L'utopia è vista non come qualcosa d'inattuabile, ma semplicemente non ancora realizzato, in dipendenza dal momento storico. D'altra parte si potrebbe anche discutere sull’ambiguità di un termine che può provenire tanto da ou-topia (luogo inesistente) quanto da eu-topia (luogo dove si vive bene).



Inoltre, già dalla Repubblica di Platone, come per More, Campanella, Bacone, Owen, Fourier, l’utopia è una reazione dell’intellettuale all’irrazionalità che il proprio tempo esprime.
Mentre però Bacone, definito il profeta della tecnica, anticipa situazioni che si realizzeranno nell'era industriale cercando di capire come utilizzare il funzionamento della natura (Ne La Nuova Atlantide di Bacone, viene descritta un'utopistica comunità che vive in un'ipotetica isola del Pacifico dedicandosi alla scienza e alle sue applicazioni, e la descrizione della Casa di Salomone occupa la maggior parte dell’opera. Bacone descrive i vari laboratori e le scoperte degli scienziati dell’isola, finalizzate al progresso materiale dei cittadini e al controllo della natura per migliorare la qualità della vita.«Conosciamo anche diverse arti meccaniche a voi ignote e, con esse otteniamo prodotti come carta, tela, seta, tessuti, eleganti lavori realizzati con lucenti piume, ottime tinture e molti altri prodotti. [...]), e in questo va oltre More il quale utilizza realtà già esistenti. C'è una maggior politicità rispetto a Bacone nell'Utopia di More che propone una nuova società di tipo comunista ripresa poi da Marx. Ma permangono gli schiavi e un residuo di feudalesimo. More é a cavallo di due periodi, Medioevo e Umanesimo, e tracce medioevali si possono osservare nelle motivazioni della sua morte. L'Utopia si misura con un duplice criterio, medioevale e rinascimentale, il che dà la misura della storicizzabilità della proposta. Critica contro i cacciatori di potenza, contro le recinzioni, contro la pena di morte per i ladri che sono il frutto di una situazione che li ha generati. Il primo libro, nei confronti del secondo, pone problemi sul significato dell'opera e v'introduce una discussione di fondo sull'organizzazione della società. More si mantiene su un punto di vista generale esprimendo una convinzione basata sull'osservazione dei dati reali: laddove non si hanno classi manca il rispetto per l'autorità. Il monastero è considerato una comunità autosufficiente, dove la carenza di classi è solo teorica e in effetti il capo gode di vera autorità. Nasce il problema se la vera organizzazione sia un fattore positivo o limitante. Si pone ora anche il problema del concetto dell'esperienza come positivo in sé. Abitualmente si cercavano giustificazioni di tipo storico, mentre l'Utopia cerca motivazioni d'ordine logico. L'Utopia che in realtà More considera come sinonimo di "diverso" dall' Inghilterra, era in origine una penisola resa isola per volontà del principe Hutopos.


L'Isola di Utopia
Gli stranieri sono ammessi sull'isola a lavorarvi solo come schiavi volontari e comunque Utopia intrattiene rapporti commerciali con gli altri popoli. Poiché in Shakespeare l'Inghilterra è un'isola felice e lontana dai problemi europei, la si potrebbe avvicinare molto a Utopia. Utopia è dominata da un colle a somiglianza del Purgatorio di Dante e in analogia con l'idea di Campanella; ma Moro la concepisce solo teoricamente e riproduce le divisioni dell'utopia di Campanella. Essa viene situata nel nuovo mondo ed anche questo dato la pone agli antipodi dell'Inghilterra. In base alle scelte fatte nel periodo dedicato all'istruzione, chi ha scelto una carriera intellettuale senza riuscirvi viene rispedito tra gli operai, che però, avendo la possibilità di dedicarsi agli studi si possono trasformare in senso umanistico (autodeterminazione dell'individuo, che collega More alla visione del Rinascimento). 
Gli Utopiani praticano un'etica moderatamente epicurea, incentrata sulla ricerca della felicità attraverso il soddisfacimento del piacere onesto, verso cui li spinge la stessa virtù che, in quanto tale, consiste nel vivere secondo natura e seguendo la sua guida, come fa l'uomo che obbedisce alla ragione.
More spiega poi la sua visione dello Stato, che influenzerà fortemente anche Marx il quale recupererà molti dati qui presenti inserendoli nella sua visione organica della società (il maggior tempo possibile deve essere sottratto all'impegno materiale per essere dedicato alla libertà e alla cultura di tutti).
Si presenta un problema analogo a quello dell'Ulisse dantesco, che tenta un'impresa eccessiva per il suo tempo, ma in More, diversamente da Dante, il tentativo di effettuare nuove scoperte è consentito, così come il porre in dubbio le strutture sociali. Infatti qui ha inizio la divisione tra sacro e profano basata sui due libri: della Bibbia, rivelata e dogmatica, e della natura aperta all'indagine e all'ipotesi, nella quale unico fondamento è la ragione che sarà poi eretta a paradigma assoluto: Milton, Bacone, Illuminismo.
Tale atmosfera è scarsamente presente in Shakespeare, ricco ancora della problematica medievale, ma è presente in altri, ad esempio in Walter Raghley. Il protagonista osserva ogni cosa senza fare nessuna scelta  preliminare, e contemporaneamente avverte  la coscienza dei limiti da porre alla conoscenza: sarà  questo il problema più vivo per More e per tutti gli spiriti religiosi. Ma sussistono anche tensioni fra loro contrastanti, esemplificate - forse - in Swift o Milton. Si elimina completamente il fattore del meraviglioso che era stato presente invece in Shakespeare (v. The Tempest). In questo More rivela una razionalità tipicamente rinascimentale. Viene criticato l'interesse del re alle arti della guerra considerando tale condanna come parte del buon governo (tema che tornerà nel Riccardo II di Shakespeare). Il governo di una persona sola è necessariamente corrotto perciò il sistema di Utopia è perfettamente razionale. Nel periodo di More nasce un personaggio che diventerà centrale con il rafforzamento della borghesia rurale cioè lo yeoman, proprietario terriero minore che esce rafforzato dalla crisi economica di cui parla More. Questa è una visione tipicamente borghese che sfocerà nel Protestantesimo, il quale coglierà nelle pagine della Bibbia un'autentica filosofia. Borghese è anche l'idea della famiglia, di cui si fissa il numero ideale di componenti, che solo eviterà antagonismi dannosi. La borghesia mercantile sceglie ora nuovi comportamenti e si rifà all'unità ideologica della famiglia come base per l'unità della società, secondo teorie che saranno sviluppate da protestanti e puritani. More loda il contadino come individuo socialmente posato e sicuro, base dello Stato, da cui uscirà il nuovo ceto medio rurale degli yeomen. More guarda dunque sempre alla società rurale. I servi, essendo pericolosi, devono godere di una situazione stabile (v. Locke e Jefferson). Tale classe, anche in tempo di guerra, diventerà l'ossatura dell'esercito.
La famiglia è vista come comunità organizzata intorno a un principio ideologico di base comunemente accettato e come un luogo in cui poter riposare dalla "battaglia del mondo". Le famiglie sono organizzate in una gerarchia che si riflette al suo interno. Vige un'organizzazione di tipo patriarcale e si prospettano nuove soluzioni sul piano economico (giornata lavorativa di sei ore). Anche la donna è vista in funzione della sua utilità secondo un concetto paleoborghese che sarà riconfermato nella commedia della Restaurazione. More non vede l'amore come sentimento e considera il matrimonio come fatto di convenienza. Un fondamento esclusivamente razionale della famiglia può romperne la basilare unità ideologica (da Defoe in poi prevarrà come fondamentale l'unità morale). More condanna la passionalità, i rapporti prematrimoniali e l'adulterio e ha una visione borghese del lavoro, visto come fulcro dell'intera giornata. More esprime un piacere dello studio visto come occupazione del tempo libero. Ciò  prefigura una situazione di tecnologia avanzata e riporta al suo personale amore allo studio elevato a norma dell'Utopia. Soltanto gli individui meno intelligenti o meno propensi allo studio debbono lavorare, come accadeva realmente a quel tempo in alcuni monasteri. Viene criticato Machiavelli che nei dialoghi di Tito Livio vede il miglior governo come espressione dell'unità ideologica di tutti, anche se ciò è praticamente impossibile. L'educazione non è ancora affidata alla famiglia, ma  è già di tipo rinascimentale e l'istruzione, alla quale si dedicano di preferenza i chierici, è valutata molto meno dell'abilità nel maneggio delle armi. Per concentrarsi nello studio occorre eliminare tutto il resto (ciò riporta a una visione di tipo umanistico). Il privilegio per gli studiosi è garantito dalla raccomandazione dei sacerdoti. Questi, pur venendo eletti con voto popolare segreto, tendono ad essere rieletti formando autentiche élite di intellettuali, e provvedono all'educazione dei giovani attraverso la pratica di retti costumi. Vige un concetto di interesse generale  che verrà ripreso da Locke (bonum commun). Si afferma la funzione educativa del carcere e la legittimità della schiavitù affermata dagli stessi schiavi. La terra viene considerata un valore autonomo e centrale (nel filone che va dai Gracchi ai proprietari terrieri americani del 1800). La stabilità che prescinde dalle modificazioni istituzionali può venire a cadere e poiché si può giungere ad una situazione di perfetta riproducibilità la sua visione è molto criticabile. Occorre evidenziare l'importanza di una lettura dell'opera su due piani: storico e attualizzato. Marsilio da Padova aveva teorizzato un'uguaglianza piuttosto teorica che effettiva e considerava sempre la presenza di una duplice verità e questo è il principale problema di More quando Enrico VIII nazionalizzò la Chiesa. Si evidenzia una separazione tra ecclesiastici e laici e il sacerdozio diventa una professione investita del compito di insegnare.
Il Vescovo insegna in base alla sua autorità sulla Scrittura che è segreta e si può interpretare esclusivamente per fede. I seguaci di queste teorie affermano la necessità di subordinare i sacerdoti al re (Anglicanesimo): ogni forza che usi il governo è arbitraria, perciò il governo non deve esistere; sostengono inoltre l'assoluta libertà di giudizio (libero arbitrio). Viene invocata da tutti i movimenti una trasformazione che corrisponda a un ritorno alle origini e si condanna l'ignoranza.
Gli Utopiani non necessitano di tante leggi: la normativa è sintetica e chiara, non suscettibile di interpretazioni diverse.
Dietro la sommarietà delle indicazioni fornite, s'intravvede la profonda diffidenza di More nei confronti del potere politico: in quanto luogo dove viene elaborato il comando, per forza di cose espone chi lo esercita al vizio della superbia e dell'ambizione, che dovrebbe essere del tutto estraneo all'abitante di Utopia.
Per concludere, considerando Utopia nel suo complesso, si può dire di trovarsi di fronte a una città ideale racchiusa nel racconto di un viaggio immaginario.
More, all'epoca, conosceva bene i meccanismi della vita politica dell'Inghilterra dei Tudor e, pur denunciandone i mali, resta testimone consapevole della sua forza.
Egli è quindi allo stesso tempo utopista e realista perché si sente di dover prospettare un mondo migliore pur essendo consapevole delle situazioni politiche esistenti in quel periodo.

Statua raffigurante Tommaso Moro
vicino alla vecchia chiesa di Chelsea, Londra



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