Editore Ponte alle Grazie- pagg. 336 - € 16,80
La vita straordinaria di Andrej Čikatilo,
il più terribile assassino della storia,
raccontata da lui medesimo.
“Il male esiste, e c’è uno scrittore italiano che lo sa raccontare”
Mariarosa Mancuso, Il Foglio
Tra il 1978 e il 1990, mentre in Unione Sovietica il potere si scopriva fragile e una certa visione del mondo si avviava al tramonto, Andrej Čikatilo, marito e padre di famiglia, comunista convinto e lavoratore, mutilava e uccideva nei modi più orrendi almeno cinquantasei persone. Le sue vittime – bambini e ragazzi di entrambi i sessi, ma anche donne – avevano tutte una caratteristica comune: vivevano ai margini della società o non si sapevano adattare alle sue regole. Erano insomma simboli del fallimento dell’Idea comunista, sintomi dell’imminente crollo del Socialismo reale.
Questo libro, sospeso tra romanzo e biografia, narra la storia di uno dei più feroci assassini del Novecento attraverso la visionaria, a tratti metafisica ricostruzione della confessione che egli rese in seguito all’arresto. E fa di più. Osa raccontare l’orrore e il fallimento in prima persona: Čikatilo, infatti, in questo libro dice «io». È lui stesso a farci entrare nella propria vita e nella propria testa, a raccontarci le sue pulsioni più segrete, le sue umiliazioni e ossessioni.
Il giardino delle mosche è un libro lirico e crudele allo stesso tempo: la storia di un’anima sbagliata, una meditazione sul potere e la sconfitta e, soprattutto, una discesa impietosa fino alle radici del Male.
Andrea Tarabbia è nato a Saronno nel 1978. Ha pubblicato, tra gli altri, i romanzi La calligrafia come arte della guerra (Transeuropa, 2010), Marialuce (Zona, 2011), Il demone a Beslan (Mondadori, 2011), il racconto La ventinovesima ora (Mondadori, 2013) e il reportage La buona morte. Viaggio nell’eutanasia in Italia (Manni, 2014). Nel 2012 ha curato e tradotto Diavoleide di Michail Bulgakov per Voland. Vive a Bologna con la moglie e il figlio.
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