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lunedì 5 gennaio 2015

Tagliatelle


di Marina Fichera
(foto di Marina Fichera)


Andrea era talmente piccolo da non arrivare al piano del tavolo in cucina eppure, quando la domenica mattina sua mamma preparava la pasta fresca, quel piano diventava per lui il centro del mondo. Una festa che si rinnovava gioiosamente tra cascate di farina, uova, mattarelli e la splendente macchina per tirare la pasta. L’Imperia, rigorosamente a manovella e luccicante come l’armatura di un antico cavaliere, gli permetteva di stendere la pasta che gli dava la mamma e ottenere le sue tagliatelle.



Erano gli anni ’70 e una tappezzeria a fiorelloni beige cercava di rallegrare la cucina, mentre la mamma indossava un vestito corto e scollato, azzurro come il cielo. Andrea guardava incantato sua mamma e pensava fosse la cuoca migliore del mondo, oltre che la migliore madre che avesse potuto desiderare. Era l’amore di un bimbo, semplice, profondo, che si cibava di piccoli momenti e tagliatelle al ragù.
Rapidamente erano arrivati gli anni ’80 e con essi il tempo in cui tutto sembrava non andare più bene. La tappezzeria era cambiata, verde acqua a tinta unita, il colore del vestito era diventato rosa antico e l’orlo si era allungato. Andrea, ormai adolescente, non sopportava più le tagliatelle, la mamma, la domenica, il ragù, tutto. Stava crescendo ma al tempo stesso il suo mondo era diventato piccolo, stretto, noioso. Era il periodo delle contestazioni e del rifiuto, di un’ingenua paura di crescere mescolata a un’insaziabile fame di esperienze. 
Andrea guardava arrabbiato sua mamma e si sentiva non compreso, e pensava che non sopportava la farina e che non avrebbe più mangiato la pasta fatta in casa. Era l’amore di un ragazzo, complesso, viscerale, inespresso, che si alimentava d' inquietudine e hamburger.
Poi, un giorno come un altro, Andrea aveva telefonato alla mamma chiedendole se per favore poteva preparare, per la domenica successiva, le sue favolose tagliatelle. Aveva da comunicarle qualcosa. A fine anni ’90 in cucina il muro era bianco di pittura e il vestito della mamma grigio con piccoli fiori lilla. Ancora una volta la farina si era mischiata alle uova per esser lavorata, con la stessa Imperia di sempre, fino a ottenere lunghe striscioline di pasta, gialle come il sole e piene di vita. Il sugo al ragù profumava la cucina.  Mentre mangiavano la pasta comunicò alla famiglia che con sua moglie aspettavano un bambino. 
Andrea guardava orgoglioso sua mamma commossa e si sentiva felice, e pensava che fosse bello essere tutti lì, a mangiare. Era l’amore di un giovane uomo, pieno, intenso, che si nutriva di speranza, di futuro e tagliatelle all’uovo.
Nell’autunno del 2014 Andrea andò a trovare sua madre e per la prima volta si rese conto che ormai era una vecchia signora. La mamma, con quel vestito un po’ demodé e la cucina, come ingrigita, non erano più le stesse di tanti anni prima. Solo l’Imperia luccicava come sempre. Se non fosse stato per il manico di legno della manovella consumato, nessuno avrebbe potuto immaginare quanta pasta aveva tirato in tutti quegl’anni.
Andrea guardava intenerito sua mamma e si sentiva malinconico e felice al tempo stesso, e pensava che era fortunato a stare ancora una volta insieme. Era l’amore di un uomo, maturo, profondo, che viveva di singoli attimi e ancora una volta delle tagliatelle più buone del mondo.
Quando quella domenica aiutò la mamma a preparare la pasta all’uovo – un evento raro ormai, ma festeggiavano il suo compleanno e Andrea aveva tanto insisto – capì che il viaggio della vita era un po’ come fare le tagliatelle. Bastavano pochissimi ingredienti purché semplici e genuini, ma soprattutto ci si doveva dedicare tempo e amore.

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