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giovedì 4 dicembre 2014

Giovanni Segantini - Il ritorno a Milano

di Giovanna Rotondo Stuart

Milano è la città in cui avviene la formazione artistica di Segantini e rimane il suo punto di riferimento per tutta la vita, il centro del mondo, il luogo che predilige per esporre le sue opere.  E la città lo ricambia accogliendolo tra i suoi artisti più apprezzati e amati. 
La splendida mostra di Giovanni Segantini, realizzata a Palazzo Reale dal Comune di Milano, Assessorato alla Cultura, in collaborazione con la Fondazione Mazzotta e Skira Editore, si protrarrà fino al 18 Gennaio.






Bellissimi i 120 dipinti e disegni in mostra, provenienti dai più importanti musei del mondo, alcuni mai esposti in Italia. Un uomo, Segantini, di cui s'intuisce la grandezza d’animo e il talento guardando le sue opere e leggendo la storia della sua vita e…  non si può non amarlo! 
La mostra è divisa in otto sezioni a tema, con una parte introduttiva che raccoglie documenti, lettere, fotografie, un acquarello del pittore sul letto di morte, avvenuta nel 1899 a soli 41 anni, di Giovanni Giacometti, e altre opere che lo rappresentano. Nella sezione preliminare sono esposti tutti, o quasi, gli autoritratti di Segantini, dall’età di vent’anni, 1878, al 1895.  
La prima sezione, “Gli esordi”, è dedicata a Milano. Si possono ammirare  paesaggi dei Navigli sotto la neve e scene della città.  Nella seconda sezione, “Allo specchio. Dal ritratto al simbolo”, sono esposti ritratti della borghesia milanese e della famiglia. Nella terza parte, “Il vero ripensato: la natura morta”, troviamo, tra gli altri, una bella  “Azalea” bianca e una splendida “Anatra appesa”, tutta giocata su sfumature bianche e altre nature morte  alquanto insolite. 
La quarta e la quinta sezione, “Natura e vita dei campi” e “Natura e simbolo”,  rappresentano la vita e la fatica degli umili. Segantini, come Van Gogh, s'ispira al verismo di Jean Francois Millet. 
Nella quarta sezione troviamo anche il disegno dal dipinto, disegni da dipinti già realizzati in cui l’artista dimostra di avere capacità stilistiche eccezionali. La sesta sezione è dedicata a “Fonti letterarie e illustrazioni” e la settima al “Trittico dell’Engadina”, non presente alla mostra per la sua fragilità, ma con possibilità di vedere dei filmati. Infine l’ultima parte: “La maternità”, divisionista e simbolista, con “Le due madri”, nelle due versioni, quella  del 1889, esposta alla Triennale di Brera nel 1891, considerata la prima opera del divisionismo italiano, e la seconda del 1899. Inoltre, è interessante osservare nel filmato "Le cattive Madri"  (il dipinto non è in mostra), come Segantini raffiguri con simbolismo allegorico la sua visione di cattiva madre.
Alla fine del percorso della mostra, si avverte la sua prematura scomparsa come una privazione e si prova rimpianto per quell’Arte mai dipinta. 
La sorte gli è stata avversa e amica al tempo stesso. L’ha premiato con un grande successo, già nei primi passi della sua vita di artista, quasi a compensarlo degli anni terribili della sua fanciullezza di orfano e bambino abbandonato.  Infatti, a dodici anni, viene rinchiuso in un riformatorio, il Marchiondi,  con l’accusa di vagabondaggio, tanto è solo e derelitto dall’età di sette anni, anno della morte della madre avvenuta ad Arco di Trento, dove Giovanni Segantini nacque il 15 gennaio 1858. 
Nel 1865 il padre lo manda a Milano e l'affida alla sorellastra Irene che si guadagna da vivere come modista,  lavorando lunghissime ore. Di conseguenza Giovanni rimane solo tutto il giorno. 
Sarà l’altro fratellastro, Napoleone, che a gennaio del  1873 andrà a prenderlo al riformatorio e lo porterà  a lavorare con sé, come apprendista nel suo laboratorio di fotografia,  in Trentino, a Borgo Valsugana.  Ci rimane un paio d’anni. 
Torna a Milano e s'iscrive ai corsi serali dell’accademia di Brera che frequenterà per quasi tre anni. Dal 1878 al 1879 seguirà i corsi regolari. Riesce a mantenersi agli studi lavorando come decoratore e insegnando disegno. Proprio a Brera riceve i primi riconoscimenti per le sue opere. 
Il coro della chiesa di Sant'Antonio, 1879
Il 1879 si può definire l’anno della svolta per Segantini, il suo dipinto “Il coro di Sant’Antonio”, viene notato dalla critica all’Esposizione Nazionale di Brera e sarà acquistato dalla Società per le Belle Arti di Milano.
A Brera, Segantini, frequenta artisti che conteranno molto nella sua vita, tra cui: Emilio Longoni, Carlo Bugatti e Vittore Gubricy de Dragon; quest’ultimo, gallerista e critico d’Arte, oltre che pittore, lo introdurrà nel mondo della borghesia milanese. Nel 1881 incontra Bice Bugatti, sorella di Carlo, che diverrà la compagna della sua vita e madre dei suoi quattro figli.

Giovane donna in Via San Marco, 1879/80
Il Naviglio a Ponte San Marco, 1879/80




















Il Naviglio sotto  la neve, 1879/1880


Azalea, 1884/85
Anatra appesa, 1886






         













Dopo la nascita del primo figlio, nel 1882, si sposta, con tutta la famiglia, da Milano a Eupilio, nell’alta Brianza, dove dipinge la prima versione di “Ave Maria a trasbordo”, poi andata distrutta, che gli fece avere il primo riconoscimento internazionale, una medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Amsterdam. E nel 1886 , ad Anversa, riceverà un’altra medaglia d’oro per “La tosatura delle pecore”. La monumentale composizione "Alla Stanga", presentato alla Permanente di Milano nel 1886, riscosse immediatamente un notevole successo di pubblico e di critica, che lo portò a vincere la medaglia d'oro ad Amsterdam, per essere successivamente acquistato dallo Stato italiano per la Galleria d’Arte Moderna di Roma, dove si trova tutt’ora. 
Diviene ben presto un pittore apprezzato e affermato e di successo, la vendita delle sue opere consentono  a lui e alla sua famiglia un buon tenore di vita. 

La mia famiglia, 1882
Uno di più, disegno 1886/88


















     

Nel 1886 Segantini dipingerà la seconda versione di “Ave Maria a trasbordo”, un dipinto di grande luminosità che, pur con qualche riserva, può essere considerato la prima opera divisionista. Ci sono diversi disegni di quest’opera: è interessante notare la differenza di stile tra le due Ave Marie, quella a trasbordo e quella sui monti. Di stile divisionista il bel disegno di Ave Maria sui monti.
Ave Maria a trasbordo, 1886, seconda versione


Ave Maria sui monti, disegno 1890
Ave Maria a trasbordo, disegno 1883



       






La Scapigliatura
Intorno al 1860 nasce a Milano “La Scapigliatura”, movimento artistico e letterario che  si estenderà  nel resto dell’Italia - animato da spirito di ribellione  e vuole  esprimersi senza i vincoli, gli  schemi e le regole della cultura tradizionale. Il termine “Scapigliatura” e “Scapigliati” é una libera interpretazione della  vita di “bohème”, o “vita da zingari”, e si ispira al modo di vivere anticonformista e disordinato degli artisti parigini.
Il movimento è animato da personaggi come Antonio Ghislanzoni, Arrigo Boito, Tranquillo Cremona, Mosè Bianchi, Carlo Dossi, Amilcare Ponchielli e molti altri.

Divisionismo e Simbolismo
Il divisionismo si diffonde in Italia verso la fine dell’800, soprattutto a Milano,ed è un movimento antiaccademico al seguito della Scapigliatura Lombarda.  Si può associare, per certi versi, al puntinismo francese, ma meno scientifico e  tecnico come stile: il puntinismo continua lo studio sulla luce secondo lo stile impressionista,  cercando, con la scomposizione del colore, di ottenere la massima luminosità rifacendosi  alle scoperte scientifiche del tempo, in cui  era la retina dell’occhio a ricomporre il colore. 
Il divisionismo si esprime con piccole pennellate di colore puro, tese a  catturare la luce e, a differenza del più sofisticato puntinismo,  è uno stile naturalista e dipinge soprattutto  la bellezza della natura, con evidenti  riferimenti alla pittura   di Francois Millet.  
La natura e il  paesaggio sono  fonti di grande ispirazione per Segantini: ama lo spazio, studia la luce, la dipinge. Ama l’incanto delle montagne, dei laghi, la vita dei semplici, le stalle, gli animali… la sua famiglia.

Le due madri, 1889
Le due madri, 1899









Con il definitivo trasferimento in Svizzera, nel 1886, in un ambiente solitario e incontaminato, il profondo misticismo dell’artista si manifesta in composizioni di grande respiro in cui spiritualità, vastità e armonia si fondono e diventano simboli. Un Simbolismo molto personale quello di Segantini.  I simboli  della sua vita diventeranno, nel suo percorso di artista, i simboli della sua pittura;   esprime tutto ciò in cui crede: la purezza, la vita, la maternità, la morte, l’umanità. Lo si avverte nelle magnifiche composizioni del Trittico: La Vita, La Natura e La Morte, in mostra permanente al Museo Segantini di St. Moritz. 
L'ora mesta, 1892
Sul balcone, 1892








    










Questa breve rassegna sul grande pittore può terminare con una considerazione.  Segantini, a dodici anni, quando viene rinchiuso al riformatorio Marchiondi, è analfabeta. Riesce, in quel periodo, a imparare a leggere e scrivere, pur se con qualche piccola lacuna ortografica, e potrà, in seguito,  comunicare i suoi pensieri con  intelligenza e sensibilità. Di seguito alcune sue riflessioni all’amico Vittore, così come lui le ha scritte:
[...] ultimamente studiai l'umane forme piú precisamente nelle loro belleza come feci colle pecore, i cavalli, le vacche, e tutti gli altri animali; cosí passai dalla pianura ai colli da questi ai monti fino alle cime senza altra peoccupazione che di rendere nelle cose quella passione affascinante che mi determinò a concederle tutto il mio amore. così d'amore, in amore, passai dall'espresione delle belle forme per le forme, alla bella colorazione in se, e per la conoscienza della luce, e per la conoscinza del colore nella sua bellezza armoniosa e per la conoscenza delle belle forme e delle belle linee e per quella dei bei sentimenti, e per la conoscenza di tutte queste bellezze in sieme, credo di poter comporre il mio pensiero verso la bellezza suprema, creando liberamente quello che lo spirito mi detta. (da Lettera a Vittore Grubicy de Dragon da Maloja del 17 IV 98, p. 74)


 “Il godimento della vita sta nel sapere amare, nel fondo dogni opera buona c'è l'amore”. (da Lettera a Vittore Grubicy de Dragon, [Savognino, 4 gennnaio 1890], p. 32)  “. 

I dipinti, se non altrimenti specificato, sono a olio su tela.

(pubblicato con l'autorizzazione dell'autore)




1 commento:

  1. Grazie Giovanna per averci dato un bel ritratto del GRANDE Segantini.
    Mariella

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