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lunedì 1 dicembre 2014

Appunti di un viaggio...nel passato



di Vincenzo Zaccone

Esiste un'isola nel mare Egeo, poco nota, del tutto disabitata, brulla come tante dell'arcipelago greco; ma non è un'isola qualsiasi, bensì quella per cui tutte le altre si sono disposte in un cerchio (come narra la leggenda), quello delle Cicladi. Nomen omen. Un'isola sacra, al punto che a nessuno è stato mai concesso di nascere o di morirvi, a nessuno è permesso, a oggi, di passarvi la notte: al calar del sole l'isola deve essere abbandonata. E' Delos. 
Il porto antico
(foto di Vincenzo Zaccone)

                                            
Come sempre, in tutto ciò che ha a che fare con l'antica Grecia, anche qui la realtà acquista una dimensione mitica e nulla è lasciato al caso. Così anche il nome (Δῆλος  in greco) ha un significato, quello di “visibile” e un mito sottende la nascita dell'isola stessa. All'origine vi è sempre il padre degli dei, che, concupiscente come al solito, si unisce a Leto, appartenente alla stirpe dei Titani, e la donna resta incinta. La divina Hera scopre quanto successo e, irata, diffida chiunque a offrire ospitalità per permettere a Leto di partorire il suo bambino. A quel punto, Zeus si rivolge a suo fratello Poseidone, il quale fa riemergere dalle acque del mare, un'isola inabissata... che sarà Delos, appunto, in quanto luogo nascosto che è tornato a mostrarsi in superficie. Leto così partorì sull'isola due gemelli: Apollo e Artemide, cioè due dei più importanti déi del pantheon greco, perché il primo è il dio della luce, delle arti, assimilato al Sole e la seconda sarà dea della caccia, associata alla Luna.
Delos storicamente divenne sede di una civiltà fiorente e di una città potente e ricca. Nonostante l'isola sia grande solo cinque chilometri quadrati, la popolazione arrivò a toccare i trentamila abitanti, che svolgevano le proprie attività commerciali, culturali, ludiche sull'isola. É magica l'atmosfera che si respira a Delos: ci si arriva con mezz'ora di traghetto dal porto di Mykonos e si resta impressionati, avvicinandosi alle sue rive, dal fatto che la città è ancora tutta lì, le tracce di quel popolo, delle loro abitazioni, del loro mondo, sono ancora attraversabili a piedi. E con essi, il loro tempo. Vi sono resti di intere case, con le loro pareti divisorie interne e poi anche le vestigia degli edifici religiosi, del teatro, dello stadio, dell'ippodromo, dei locali che servivano per la vendita di merci di diverso tipo: pesci, tessuti, schiavi, denaro. 
Delos svolse un ruolo centrale nella gloria della Grecia e di Atene; duemila anni a.C. i primi abitanti costruirono rudimentali abitazioni sul monte Kynthos, il punto più alto dell'isola da dove si poteva tenere sotto controllo l'arrivo di eventuali nemici dal mare. I macedoni poi, alla fine del XV secolo a.C., s' insediarono nella valle del monte, a ridosso del mare. Nel IX secolo a.C. venne eretto un tempio ad Apollo, che raggiunse l'apice della sua gloria nel periodo che va dall'epoca arcaica (VII-VI secolo a.C.) a quella classica (V-IV secolo), quando gli Elleni arrivarono sull'isola da ogni parte del mondo greco per adorare le divinità che avevano trovato i natali sull'isola. Alla fine del V secolo a.C. l'isola era ancora costituita dal santuario in onore di Apollo con intorno qualche casa e alcune  fattorie. Tutto cambiò quando l'isola, per la sua posizione strategica che fungeva da ponte con il mondo dell'est, venne dichiarata porto franco e tutti i commerci dell'est e dell'ovest del Mediterraneo fecero riferimento a Delos, tanto che circa settecentocinquantamila tonnellate di merce all'anno venivano movimentate sull'isola. Delos era diventata il più importante centro di commercio del mondo conosciuto e una fiorente città vi si sviluppò a partire dal 167 a.C., quando ricchi mercanti, banchieri e proprietari di navi si stanziarono sull'isola richiamando a loro volta manovalanza, artigiani, artisti per fare erigere le loro lussuose case, riccamente decorate con statue, affreschi e pavimentazioni musive.
Delos non è solo la storia di una città ricca e di una rigogliosa civiltà, ma è la storia di “tutti noi”, la storia di quell'Occidente geografico e culturale che trasse dal mondo greco la propria essenza, e tuttora affonda le proprie radici in quelle terre ormai “perdute” prodighe nel donarci sapere, arte, teatro come conseguenza di una visione antropocentrica per cui si ritiene l'uomo e la sua mente come punto di partenza per conoscere se stessi e il mondo. E attraverso la conoscenza, il dominio dello stesso. Quindi in quei luoghi è sorto tutto ciò che Noi siamo, sia nell'evidenza con cui viviamo questo pianeta, quindi le molteplici “attività” nelle quali l'Uomo può impiegare il proprio pensiero, sia, in modo meno evidente, nel modo in cui parliamo, nella matrice delle parole e delle circonlocuzioni che utilizziamo; e ancora, nel particolare, Delos è il prototipo di una città cosmopolita dei giorni nostri. Per il resto, è implicito, le pulsioni che muovono l'Uomo sono invariate nei millenni: il denaro, quindi il potere, il sesso e “la fuga da sé” (nella religione, nell'ebbrezza del vino, nelle droghe). 
Questo racconto vuole indagare la base immutata del mondo, vale a dire l'uomo con le sue pulsioni; rendere evidente come la modalità di viverlo sia cambiata irreversibilmente in Grecia e sia tutt'oggi presente nella nostra epoca (anche nei formalismi di linguaggio); ragionare su quanto sia cambiato il fine ultimo di tutto.
Dunque, come accade tutt'oggi nelle grosse città, il denaro è unione d'intenti di popoli diversi, è tolleranza, finalizzata allo scopo comune di ricchezza e benessere. E così, Delos diventa non solo crocevia di mercanti di popolazioni diverse, ma anche centro ospitale di queste culture: sull'isola si trovano sia il tempio di Hera sia il santuario degli dèi egizi, sia quello degli dèi siriani, e anche la sinagoga più antica del mondo. 

Ecco la mappa dell'isola:


In corrispondenza del numero 2 della foto, vi era il porto commerciale, con accesso diretto alla parte civica della città, che si sviluppa verso il teatro e pian piano si inerpica sul monte Kynthos. Diverse costruzioni, statue, colonne, decorazioni sono state ritrovate durante gli scavi: le case tradizionali erano abitazioni modeste con pareti in pietra, prive di finestre o aperture verso l'esterno; all'interno vi erano delle rientranze ricavate nella parete, in cui venivano messe le candele per l'illuminazione.

Case umili di Delos
(foto di Vincenzo Zaccone)
                              

Il tessuto cittadino era composto anche dagli esercizi commerciali, quali i locali per la vendita del pesce, altri per lo scambio e la vendita di denaro, e poi, ovviamente, vi erano le case dei ricchi commercianti, come la Casa di Dioniso.                  

La clava di Hercules, all'ingresso di una casa
(foto di Vincenzo Zaccone)
              


L'interno della Casa di Dionisio
(foto di Vincenzo Zaccone)






















Queste case erano riccamente decorate, presentavano il rialzamento di un secondo piano, porticato, con cortile centrale aperto, nel quale si raccoglieva l'acqua piovana, che si lasciava evaporare, convinti che rendesse l'ambiente della casa più salubre. L'ingresso di queste case spesso ostentava la clava di Hercules, esibita per tenere a debita distanza la cattiva sorte. 

Gli ambienti della casa erano le stanze da letto, la cucina, rigorosamente lontana dal lato aperto alla strada, e i locali riservati esclusivamente agli uomini, che qui, la sera, si davano a simposi, durante i quali parlavano di questioni politiche e filosofiche, bevendo del vino unito ad acqua, al fine di non ottundere la mente. Oltre agli uomini, solo un'altra categoria di persone aveva accesso a queste stanze: le prostitute; queste, non erano donne ingaggiate lungo le strade della città, bensì donne colte che si intendevano di musica, di arte, che sapevano intrattenere anche in conversazioni gli uomini con cui banchettavano. Al tempo le donne, in Grecia, erano figure sociali di secondo piano, che passavano la vita in casa a cucinare, tessere e filare. Le prostitute erano le uniche cui fosse concesso di possedere del denaro. Le pareti di queste case aristocratiche erano decorate, i due livelli dell'edificio erano sorretti da eleganti colonne, i pavimenti rivestiti da mosaici. Nella casa di Dioniso, si vede il dio dell'ebbrezza a cavallo di un leopardo, mentre il calice, che inevitabilmente lo accompagna, rotola nell'immagine. 
Pavimentazione musiva rappresentante il dio
(foto di Vincenzo Zaccone)
Casa del Tridente
(foto di Vincenzo Zaccone)


           









Numerose sono le case degli aristocratici, compresa quella chiamata Casa di Cleopatra, che conserva due splendide statue dal panneggio tipicamente ellenico.
Come in una città moderna, ma in stradine che ricordano i vicoletti dei “nostri” centri storici, ci si muove in un dedalo di costruzioni e ambienti ormai a cielo aperto, e si riesce a ricostruire con gli occhi la ricca storia raccontata dai reperti. 

Gli antichi vicoli della città
(foto di Vincenzo Zaccone)
                                   
Si arriva poi a uno dei perni della civiltà greca e uno dei più grandi regali che questa ci ha fatto: il teatro. É uno dei più antichi al mondo (il primo teatro della storia si trova ad Atene), fulcro anche della nostra civiltà perché da lì deriva tuttora la struttura e i formalismi del nostro teatro, del nostro cinema, ma anche i nostri modi di dire. La struttura del teatro è costituita principalmente dalla cavea, cioè l'area semicircolare, che sfruttando spesso il pendìo di una collina, presenta i sedili atti a ospitare il pubblico: fino a cinquemila persone, uomini e donne di tutta la città per le rappresentazioni di tragedie, pubblico di soli uomini per le commedie, ritenute di linguaggio troppo volgare per essere ascoltate dalle donne. In fondo vi erano i sedili di marmo destinati agli aristocratici, che avevano ai loro piedi delle scanalature dove si raccoglieva l'acqua con cui potevano lavarsi.

La cavea vista dall'orchestra
(foto di Vincenzo Zaccone)                          
Non vi era acqua corrente a Delos e, al fine di immagazzinarne il più possibile, questa scendeva lungo la cavea nella zona circolare alla base chiamata orchestra e s'incanalava per finire in un'enorme cisterna oltre la scena (Skené). Quest'ultima è una parola che in greco indicava una struttura in legno, rialzata, che pian piano nella storia del teatro iniziò a essere decorata e abbellita, per creare uno sfondo scenico alle interpretazioni  che avvenivano sul palco. La parola è tuttora in uso nella civiltà occidentale, con un'accezione più superficiale che si riferisce all'insieme delle azioni che vengono osservate, ma la derivazione è proprio quella concreta dell'ambiente teatrale. La parola orchestra invece, deriva dal verbo greco ὀρκέομαι, orkeomai, che significa danzare; era il luogo destinato al coro, anch'esso derivato da khorós, che è “la danza unita al canto”. Termini ancora in uso in molte lingue del mondo. L'invenzione del teatro era intesa come luogo in cui l'uomo rappresenta se stesso e veicola idee e, nello specifico, gli attori trasfigurano la propria personalità per presentare in scena un personaggio che diventa portavoce di idee e stereotipi. A questi aspetti sono correlate due importanti accezioni moderne: innanzitutto, agli attori, in quanto tali, era richiesto di fingere... gesto che in greco era indicato con il termine ypòkrisis, da cui deriva il nostro termine di ipocrisia, per indicare una persona che fa la stessa cosa di un attore: mostra un atteggiamento costruito. E ancora, il termine Persona venne utilizzato dai Latini proprio per indicare la maschera che veniva indossata dagli attori del teatro greco, quindi nella sua accezione primaria è intrisa di un senso che ha a che fare con ciò che viene ostentato, con ciò che si vede dell'essere umano, infatti, per estensione, oggi si parla di persone anche riferendosi all'insieme delle loro caratteristiche fisiche o di individui sociali. Poco più oltre del teatro di Delos, si può notare qualcosa che è sotto gli occhi di tutti noi, ancora dopo millenni.
Cisterna per la raccolta d'acqua dell'isola
(foto di Vincenzo Zaccone)
             
In questa cisterna per l'acqua, si nota come i greci avessero inventato l'arco, nella sua struttura con tanto di chiave di volta centrale e cunei laterali, atti a scaricare le forze verso l'esterno e a  non far crollare la struttura. Furono poi  i romani a sviluppare questa architettura e il suo uso, costruendo ponti, acquedotti, strade. Dunque anche qui, un legame molte forte e pratico con il passato greco. 
Dall'altro lato della mappa, cioè procedendo verso il nord geografico di Delos, si ha il Porto sacro (numero 1 in figura); la vista doveva essere grandiosa: un ampio spazio dedicato allo scambio di merci, chiamato Agora dei Compitaliasti, con due piccoli templi dedicati a Hermes. Vi era poi la Via Sacra, chiusa sul lato est e quello ovest dal porticato di Filippo e da quello sud. In greco, porticato si dice Stoà e questi erano i luoghi nella città in cui i filosofi predicavano le proprie dottrine e s'intrattenevano con i loro discepoli. Da qui deriva il termine Stoicismo (e il termine stoico, ancora in uso), nome di quella particolare dottrina filosofica fondata da Zenone di Cizio, che predicava la fermezza e la solidità dello spirito umano. In fondo alla via sacra, vi erano i Propilei, accesso principale al Santuario, che fungevano proprio da ingresso, adornato da colonne reggenti un timpano riccamente decorato da statue in alto rilievo.

La statua di Hermes, nei pressi dei Propilei
(foto di Vincenzo Zaccone)
Al fianco dei Propilei, vi era, e rimane visibile, una colonna, in cima alla quale vi è la testa di Hermes. A circa metà della colonna vi era un pene eretto, che svolgeva, anche qui, il ruolo di portatore di buona sorte. Spesso, in cima a queste colonne, anziché il capo di Hermes si poteva trovare quello di Afrodite... questo alternarsi in luoghi diversi della cultura greca, in cima allo stesso tipo di colonna, del volto di Hermes e di quello di Afrodite, ha portato alla nascita del termine Ermafrodito, per indicare, a oggi, individui nati con le caratteristiche fisiche sia maschili sia femminili. Anche qui, un elemento dell'antica Grecia di ampio uso moderno, per determinazioni che vanno dal regno vegetale a quello animale. 
                 
Oltre i Propilei, si trovava l'Area Sacra, con una colossale statua di Apollo– alcuni resti sono presenti nel parco archeologico– e la Casa dei Nassi, cioè gli abitanti dell'isola di Naxos, una tra le più grandi isole greche. Anche la statua di Apollo venne forgiata con il marmo di Naxos e fu un dono votivo dei suoi abitanti al grande dio. Più a nord, sono visibili i resti di tre templi dedicati al dio Apollo, e il Keraton, cioè un antico altare, costruito dal dio stesso! L'area si sviluppa seguendo l'eterogeneità etnica dell'isola: vi sono il santuario della dea Artemide, cinque Oikoi , termine greco che sta per case, e in queste venivano conservati i doni portati sull'isola come ex voto; edifici governativi quali l'Ekklesiasterion, il Bouleuterion e il Prytaneion, tre edifici in cui si radunavano i deputati, i dignitari e i cittadini di Delos; vi era anche un enorme portico che limitava l'area nord del Santuario, costruito con intenzione votiva dal re macedone Antigono Gonata.

Via dei Leoni
(foto di Vincenzo Zaccone)
Procedendo sempre verso nord, e dirigendosi verso il Lago Sacro, si attraversa la Via dei Leoni, consistente in  nove enormi statue votive forgiate dai Nassi con il loro marmo, rivolte verso est, a guardare il sorgere del sole. Uno dei leoni si trova all'ingresso dell' Arsenale di Venezia.

Apriamo qui una piccola parentesi, sulla grande isola greca di Naxos. Fu qui che Teseo, ucciso il Minotauro e uscito dal labirinto, abbandona Arianna, dopo che la fanciulla si era addormentata. Al suo risveglio, capisce che l'eroe l'aveva lasciata sull'isola, l'aveva proprio “piantata in Naxos”: da qui deriva la circonlocuzione italiana dell'essere “piantato in asso”. E così, un'espressione dal significato poco chiaro, si risolve nel mondo antico.
Proseguendo lungo Delos, oltre il Lago Sacro, si arriva nel quartiere dello stadio, dell'ippodromo e del ginnasio, luogo in cui i giovani si allenavano per le gare atletiche. 
Questa, in poche battute, la mappa di Delos, questa la sua storia in breve, il cercare di far cogliere la continuità che intercorre tra il nostro mondo e quello greco di 2500 anni fa; un rapporto di necessità, per il quale Noi non esisteremmo se il mondo greco non fosse stato così rivoluzionario, le nostre accezioni non sarebbero queste, perché non sono altro che quelle di quel mondo che ci appare così sperduto nel tempo. In pochi aspetti analizzati, è parso evidente, oltre la retorica storica del nostro debito nei confronti dei greci, di quanto non ci sia distacco tra questo e quel mondo, nelle nostre abitudini culturali, nelle parole che utilizziamo, in un immaginario che affonda le proprie radici in quelle elleniche, negli elementi architettonici che non hanno mai smesso di essere utilizzati. In realtà, a ben vedere, in tutto questo non c'è nulla di eccezionale, nel senso che non è mai esistito un distacco fisico o temporale tra un popolo e un altro, tra la civiltà di un'area del mondo e quella di un luogo contiguo; e quindi, anche i greci devono le origini della propria gloriosa storia ai contatti continui con i popoli limitrofi: la matematica e la geometria esistevano già in Egitto, così come i calendari astronomici facevano parte già della cultura babilonese. La vera rivoluzione attuata sul campo della Storia dai Greci, non fu negli strumenti acquisiti, ma nella mentalità che soggiaceva al loro impiego: nei popoli più antichi di loro, le nozioni astronomiche, matematiche e geometriche erano asservite alle verità detenute dai sacerdoti e quindi erano gli strumenti mediante i quali gli dèi comunicavano con gli uomini e inviavano i propri messaggi; quindi, ancor lungi dall'avere l'accezione che oggi hanno, questi saperi avevano una matrice esoterica, di rivelazione e dispiegamento del divino. É con i greci che diventano scienze, perché questo popolo comincia a guardare al mondo e alla natura come delle entità conoscibili e l'uomo diventa lo strumento di questa conoscenza, nella sua sostanza di pensiero: mente capace di apprendere dalla natura le sue leggi, studiarle e utilizzarle per indagarla. Il mondo diventa antropocentrico in ogni sua sfaccettatura, dalla politica (la democrazia nasce in Grecia), alle scienze, alle arti (l'uomo che si sente padrone del mondo, diventa forgiatore della materia). L'uomo stesso diventa un microcosmo da sondare, da interrogare, da analizzare perché sia liberodalle catene dell'ignoranza. In tutto ciò si hanno i punti in comune tra il nostro millennio e quello greco, come si diceva all'inizio; le basi culturali e le pulsioni dell'uomo restano le medesime e rintracciabili nel corso dei tempi. Cambia però la polarità del pensiero.
Paradossalmente, la differenza sostanziale tra il punto di partenza (i Greci) e quello di arrivo (noi) è proprio l'elemento di continuità tra i due mondi: la concezione dell'uomo. Perché è vero che nelle pulsioni primarie non si può che essere gli stessi, vale a dire vivere sulla tensione continua del successo, e quindi di soldi e potere, quella del sesso e quella dell'ebbrezza, del trascendere se stessi; è vero che questo ha portato in passato, come oggi, alla creazione di situazioni di socialità strutturata in cui perseguire e dar sfogo a questi istinti (quindi le città antiche che corrispondono alle metropoli moderne). Tuttavia, a ben vedere la società greca sembrava permeata da un fine ultimo diverso, che stava nell'uso della parola come mezzo per cogliere le sfumature del sé, per conoscere se stessi, e poi vi era il bisogno di mettersi in discussione, di porsi domande sul perché le cose e le persone fossero nelle modalità in cui partecipano all'essere; quindi il parlare di filosofia nei simposi in casa, radunarsi per confrontarsi e dialogare, per cercare la verità, che non è infusa da un essere trascendente, ma conoscibile e indagabile perché immanente. La cultura occidentale, partendo da quelle basi, oggi contrappone un mondo in cui l'uomo non è più il fine di ogni cosa, ma è il mezzo per il perseguimento di uno scopo unico: il denaro. É vero che, a quei tempi,  il popolo greco non era da meno alle genti dei nostri giorni, con la sua dedizione alla guerra, con un'economia basata sulla schiavitù, con città popolate anche da prostitute, ma accanto a quello vi erano anche filosofi che ricoprivano un ruolo importante nel tessuto sociale e politico, vi era la passione per la conoscenza e la dedizione per l'uomo come strumento della stessa, vi era il culto delle materie umanistiche e quindi tutta quella rete di idee connesse, vi era ancora una contiguità con l'Uomo e la sua emotività. Oggi, forse, non è l'uomo uno strumento e basta? Il mondo occidentale, muovendo le basi da lì, non è forse pervenuto a ragionare solo in termini di efficienza, produttività, guadagno e potere? Alla maieutica praticata per le strade delle città non abbiamo forse sostituito menti che si occupano di economia e di tecnica? E la seconda non è asservita alla prima? Il Nostro mondo non si fonda su logiche di redditività? E il valore dell'individuo non è forse pesato su questo criterio? I paesi che contano, non a caso, sono quelli ricchi. Quelli poveri si consumano solo in silenzio, tra malattie e miseria. Non voglio qui fare della retorica, tuttavia mi chiedo: alla base di ciò non vi è un concetto disumano del mondo? E infine, al “conosci te stesso” non va contrapponendosi sempre più la logica dell' “apparire per essere”? Mentre Epicuro predicava il Λάθε βιώσας, Lathe biōsas  (vivi nascosto).

Una serie di considerazioni, nate a Delos, e con esse l'esigenza di condivisione. La risposta mi piacerebbe che lo fosse anche, ma al di là delle singole accezioni, a me pare che si sia persa del tutto la filosofia, nel suo significato letterale di φιλεῖν (philêin), "amare", e σοφία (sophía), la "sapienza".

3 commenti:

  1. Riesci anche a far sognare!
    Bruna

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  2. E' sorprendente testimoniare la capacita' che un luogo possiede nel risvegliare sentimenti e costruire nuovi pensieri. La tua mente deve essere un posto davvero interessante in cui abitare. La clava di Hercules rigorosamente appesa alla porta di ingresso.

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