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martedì 16 settembre 2014

1564, nasceva William Shakespeare - Analisi di un sonetto, con qualche ambiguità


di Mimma Zuffi

William Shakespeare

Quest'anno si festeggia il quattrocentocinquantesimo anniversario della nascita di William Shakespeare.
Sicuramente qualcuno di voi, recandosi in Gran Bretagna, avrà avuto l'occasione di visitare Stratford-on-Avon, scoprendo un angolo insolito e rurale, attraversato dalle acque verdissime del fiume Avon, riuscendo così a tuffarsi nella storia e nell'atmosfera che ispirarono il Bardo.
A Stratford-on-Avon William Shakespeare nacque il 23 aprile 1564, iscritto nei registri della Holy Trinity Church come "Guiliamus filius Johannes Shakspere, e qui trascorse l'ultima parte della sua vita, morendo nel 1616.



La visita di questa cittadina non può che partire dal cottage in Henley Street dove il piccolo William venne al mondo, dove giocò da bimbetto, e dove trascorse i primi anni della sua vita da giovane uomo sposato con Anne Hathaway dalla quale ebbe tre figli. Questa casa è ora un museo che raccoglie visitatori da tutto il mondo e che, piccola curiosità, venne risparmiata nel 1864 dalla demolizione grazie a un comitato guidato da Charles Dickens.
In realtà si sa poco sugli anni dell’infanzia di Shakespeare e tutta la sua vita è avvolta nel mistero.

Collegandomi alla parola "mistero", vorrei commentare il Sonetto n. 20 della raccolta "Sonnets", in quanto proprio su questo sonetto si è molto accentrata l'attenzione dei critici, soprattutto da un punto di vista esterno, per definire in una maniera o nell'altra la dibattuta questione dell'omosessualità di Shakespeare.
Frontespizio dei "Sonnets", ed. 1609

Noi possiamo verificare che entrambe le possibilità sono presenti nel sonetto, e non mi sembra lecito dare un verdetto definitivo.
Nella lettura di questi versi vorrei seguire la falsariga di una bellissima analisi fatta dal Pagnini in "Critica della funzionalità" (Einaudi Editore, 1970), naturalmente riassumendo solo i punti centrali.


A woman's face with Nature's own hand painted 
Hast thou, the master-mistress of my passion; 
A woman's gentle heart, but not acquainted 
With shifting change, as is false women's fashion;
An eye more bright than theirs, less false in rolling,
Gilding the object whereupon it gazeth; 
A man in hue, all hues in his controlling,
Much steals men's eyes and women's souls amazeth.
And for a woman wert thou first created; 
Till Nature, as she wrought thee, fell a-doting,
And by addition me of thee defeated, 
By adding one thing to my purpose nothing.
But since she prick'd thee out for women's pleasure,
Mine be thy love and thy love's use their treasure.

Volto  di donna, dipinto dalla stessa mano della Natura,
hai tu, Signore-Signora della mia passione;
cuore gentile di donna hai tu , ma non avvezzo
ai mutevoli cambiamenti così come è maniera delle donne false;
occhio più splendente del loro, meno falso nel volgersi, 
che indora l’oggetto su cui si fissa;
uomo nella forma che tutte le forme ha in suo dominio, 
e gli occhi degli uomini rapisce e l’anima delle donne stupisce.
E come donna tu fosti dapprima creato,
finché, nel plasmarti, la Natura si perse d’amore,
e, inoltre, mi privò di te, 
aggiungendo una cosa che al mio scopo è nulla.
Ma poiché ti eresse per il piacere delle donne,
mio sia il tuo amore e loro tesoro il suo uso.

L'intera composizione è basata su una sorta di bisticcio per cui la persona canta: il "fair youth", allo stesso tempo donna e uomo, viene cioè cantato e sublimato a livello di uomo totale, cioè partecipe di entrambe le nature: la natura maschile e la natura femminile secondo un mito antichissimo, e secondo quanto Shakespeare, grazie alla sua cultura umanistica, poteva trarre da Platone, dal "Simposio" in particolare. 
Nei primi versi, ci appare chiarissimamente la figura del fair youth come una sorta di Giano bifronte che genera tutta la dialettica del Sonetto. "Volto di donna dipinto dalla stessa mano della natura che hai tu Signore-Signora della mia passione" (traduzione di Mimma Zuffi): qui si produce in modo molto chiaro l'ambivalenza che viene sottolineata dalla omofonia di Master con Mistress, che collocandosi al cento del verso, costituisce una sorta di serratura semantica.
Questo è il tema posto che viene sviluppato nel resto della composizione: "Cuor gentile di donna tu hai, ma non avvezza ai mutevoli cambiamenti così come è maniera delle donne false"(traduzione di Mimma Zuffi); è una sorta di femminilità sublimata in virtù maschile secondo gli stereotipi della caratterizzazione delle donne nel periodo elisabettiano e anche della cultura classica, e che si riproduce fino al dramma ottocentesco con "la donna è mobile".
A partire dal terzo verso si ha una serie di indicazioni per cui il fair youth viene qualificato come femmineo, ma non ritiene di quei contributi femminei i lati negativi, ma li ritiene al positivo; infatti anche il quinto verso ci dà lo stesso andamento "Un occhio più brillante dell'oro" (si riferisce a quello delle donne) meno falso nel volgersi che fa d'oro l'oggetto su cui guarda"(traduzione di Mimma Zuffi).
E poi quel verso abbastanza centrale, da un punto di vista semantico "A man in hue all Hues in his controlling": "Hue" vuol significare "Calore, carnagione, aspetto, forma esteriore"; "A man in hue" dovrebbe dire "Un uomo di bell'aspetto", e "all Hues in his controlling" significa "che domina ogni altro aspetto" oppure, come traduce il Pagnini "un uomo di bell'aspetto che è modello di ogni altro sembiante".
Questa traduzione è più soddisfacente in quanto ci riporta pari pari archetipo platonico di cui si è parlato; cioè il fair youth è una sorta di archetipo, un'idea pura che diventa produttiva sul piano della fenomenologia delle forme umane per tutti gli altri che non sono copie di lui.
Già si è trovato questo concetto nel sonetto 19 dove dice "Him in thy course untained do allow, For beauty pattern to succeeding men"  ("come modello di bellezza per gli uomini che seguiranno): è lo stesso concetto.
"Much steals men's eyes and women's souls amazeth", anche le sue funzioni sono di carattere doppio, nel senso che può sedurre sia gli uomini che le donne.
C'è ora un punto fermo e la composizione trova pertanto uno svolgimento tematicamente diverso.
Il fuoco semantico del sonetto è, evidentemente, nel secondo verso, in quel "Master Mistress" che pone tutte le antinomie e che presenta il suo nucleo in posizione centrale ("Hast thou the Master Mistress of my passion").
Questa antinomia maschio femmina è l'antinomia generativa di tutte le opposizioni contenute nel sonetto ed investe subito una delle parole dominanti, "passion", che indica sia amore platonico che amore sensuale, erotico; infatti "passion" significa sì amore sensuale, ma nell'inglese elisabettiano indicava anche "componimento lirico di amor cortese", quindi contiene tutti e due i significati presenti e ha perciò una doppia valenza semantica.
Ed ecco come da questa antinomia principale deriva una ripercussione che bipartisce, in maniera equilibrata, l'intero sonetto, attraverso una serie di opposizioni o di parallellismi che possono essere grammaticali, fonologici, ecc.
Nel terzo verso troviamo di nuovo l'antinomia "A women's gentle heart but not acquainted"; nel quinto verso troviamo un'altra opposizione "An eye more bright than theirs less false".
La bipartizione continua con il verso otto "Which steals men's eyes and women's souls amazeth", che "ruba" nel senso di incantare "gli occhi degli uomini e l'animo delle donne".
Questi bisticci continuano anche nei sei versi successivi, anzi s'intensificano in maniera paradossale, e se si nota la progressione del versi 11-12 "by addiction" si oppone a "defeated", una addizione che invece di aggiungere sconfigge, perciò c'è un contrasto di carattere logico evidente.
Così, anche "by adding one thing" ("aggiungendo una cosa che al mio fine è nulla"), cioè una aggiunta che si annulla nel suo contrario.
L'ultimo bisticcio lo si ha nel verso finale "Mine be thy love and thy love's use their treasure".
L'intero sonetto è pertanto leggibile come una sorta di struttura binaria che deriva tutta dall'antinomia fondamentale che era posta in "Master Mistress"; questo è un primo rilevamento della sistemazione formale e di significato contemporaneamente del sonetto.
Ogni elemento formale in poesia conduce sempre significato, e uno degli errori di certi attacchi al formalismo è quello di ritenere che un'analisi interna del linguaggio della poesia possa mai portare ad una visione sganciata dai significati, perché più che mai in poesia, che è la forma più complessa di comunicazione, ogni elemento strutturante reca significato.
Questo si può veder anche a livello delle microstrutture, anche i fenomeni che costituiscono le parole, e pertanto i loro disegni, le allitterazioni, le consonanze e i disegni metrici-ritmici, cioè le sistemazioni degli accenti, sono tutti elementi portanti di significato: cambiare un elemento formale significa cambiare il significato e non la forma.
Questo deve essere chiaro sennò la prospettiva rischia di falsarsi in uno pseudoproblema, cioè lo pseudoproblema di un atteggiamento formalistico che di fatto non esiste. 
Se si fa una corretta analisi di carattere semiologico-strutturale, si va inevitabilmente a reperire i significati, vi si riferisce i significati laddove essi sono, cioè nelle funzioni delle forme che sono a loro volta sempre significanti.
Da un punto di vista delle immagini, possiamo notare nella prima parte del componimento uno sviluppo di presentazione della figura del fair youth secondo la logica della contiguità e della metonimia.
La metafora è l'unione di due significati nell'ambito di una loro comunanza più o meno occulta, mentre, invece, la metonimia è l'estrapolazione di un dato che sta per il tutto; per esempio, se noi diciamo la vela per indicare la nave, questa è una metonimia, perché indica il tutto attraverso una parte.
Se noi invece diciamo "dei remi facemmo ali al folle volo"(Dante, La Divina Commedia, Inferno - canto XXVI), noi adoperiamo un metodo metaforico, cioè i remi diventano ali, cioè i remi non stanno per qualche altra cosa, essi diventano ali nella sovrapposizione di due immagini.
Nella presentazione del giovane si ha, quindi, una progressione di carattere metonimico; cioè il giovane viene presentato dapprima come "a woman's face", una parte per il tutto della figura: "volto di donna".
Questa presentazione di carattere metonimico va per coppie di versi; nei primi due versi abbiamo la figura presentata attraverso il volto ("womans face"), nel verso 3 e 4 abbiamo di nuovo una metonimia: "a woman's gentle heart", "cuore" che sta a indicare l'intera figura; nel quinto verso, abbiamo "eye" (occhio) come altra metonimia.
Come è evidente, si procede attraverso accumulazione di dati della figura del giovane sempre in chiave femminile-maschile; cioè femminile per quanto riguarda la prima attribuzione, però non femminile per quanto riguarda la mancanza delle qualità negative insite nella femminilità.
Questa progressione va avanti per coppie di versi 12, 3-4,5-6, nel verso 7, che è il verso centrale del sonetto, è riassunta per la prima volta l'intera sembiante del fair youth (" man in hue all Hues in his controlling") ed è riassunta a livello degli archetipi, diventa un modello di figura umana che vale per tutte le figure umane.
Dopo questo primo blocco che delinea il giovane attraverso questa sequenza di metonimie, vengono riprese le idee iniziali del primo verso, di woman e di Nature.
Nel primo verso abbiamo "A woman's face with Nature's own hand painted" e nel nono e decimo verso abbiamo "And for a woman wert though firtst create, Till Nature as she wrought thee, fell a-doting"; nel nono e decimo verso vengono ripresi i temi fondamentali del primo verso, cioè creato come donna dalla Natura.
C'è quindi un'evidente simmetria che rientra nell'ambito compositivo particolare del mondo rinascimentale.

Se mi si chiedesse se in questo sonetto la Natura è vista come figura femminile, risponderei: certamente, ed è vista anche come natura assimilabile alla figura di Venere nel celebre poemetto "Venus and Adonis", uno dei poemi più lunghi del Bardo e dedicato a Henry Wriothesley.

Henry Wriothesley, ritratto da
John de Critz the Elder
    


















Forse, quindi, anche la famosa frase "essere o non essere" potrebbe, in qualche modo, riferirsi al mistero iniziale dal quale si è sviluppata questa lunga dissertazione. 

6 commenti:

  1. Analisi puntuale e dotta di un sonetto di Shakespeare che fa riflettere sul tema della discussa omosessualità del grande scrittore. Molto interessante.
    Corinna.

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  2. Ti ringrazio del commento "prezioso". Quante cose si potrebbero ancora scrivere sul Bardo!
    Mimma

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  3. Articolo interessante anche se poi che Shakespeare fosse etero, omo o bisex, cosa importa? l'unica cosa che conta é la grandezza della sua opera!
    ciao

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  4. Non importa, è vero. Ma è interessante analizzare il suo linguaggio. Ed è vero, la sua opera è grandissima e dovrebbe essere conosciuta anche dalle nuove generazioni.
    Grazie.
    Mimma

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  5. Ciò che importa è che aver letto il tuo pezzo su Shakespeare mi ha emozionato e fatto passare un piccolo periodo di piacere. Omo o etero, il Bardo era troppo avanti! Grazie Mimma per la sensibilità espressa nelle tue parole. Juanito

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  6. Grazie a te Juanito per le belle parole: E se dovessi fare l'analisi di qualche altro sonetto? Shakespeare è sempre un grande, sonetti, tragedie, commedie, tutto merita di essere letto con attenzione per coglierne la grandezza.

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