«È strano, ma l’Irlanda nutre l’immaginazione dei suoi autori e allo stesso tempo li fa scappare»
Edna
O’Brien ha superato gli ottanta, è alta, maestosa, capelli ramati, occhi verdi,
e riesce, con la propria immagine, a conquistare lo schermo. Nelle recentissime
interviste televisive i primi piani mostrano una donna ancora bella che presenta
la sua autobiografia, “Country girl”,
l’ultimo libro che non avrebbe mai pensato di scrivere, ma che ha voluto realizzare
per sconfessare alcune affermazioni infondate sulla sua persona, come donna e
come scrittrice.
Ho descritto donne sole, disperate e
umiliate, spesso vittime di uomini, e quasi sempre alla ricerca di una catarsi
dei sentimenti che non arriva.”
Classe
1930, la O’Brien è una delle voci irlandesi più incisive dell’ultimo secolo,
insignita di premi e riconoscimenti importanti (come la James Joyce Ulysses Medal
e l’Irish Book Award), ha scritto romanzi, raccolte di racconti, poesie,
sceneggiature e testi teatrali.
In “Country girl”, pubblicato da Elliot
nel novembre del 2013, ripercorre, attraverso quattro grandi capitoli, tutta la
propria vita con sentimento e ironia e narra senza fronzoli e giustificazioni
la verità di un’autrice moderna e anticonvenzionale. La prosa è brillante, impeccabile
e riesce a esprimere i cambiamenti di un’epoca in continua
trasformazione, vissuti sulla propria pelle di donna, moglie, madre e
scrittrice.

Poi
New York, con il mondo di Hollywood e il jet set internazionale, il resto del mondo
per la presentazione dei suoi libri, e infine Londra scelta da sempre come
città di adozione. In questo grande viaggio a ritroso, segnato anche da
esperienze dolorose e da emozioni contrastanti, emergono saldi i punti cardine
di una vita eccitante colma di straordinarietà.

I colori delle
pareti, il riflesso della luce sui vetri delle finestre, i quadretti appesi
ovunque della “Nostra Signora di Limerick” con un nugolo di putti ai suoi
piedi, l’aspro lavoro dei campi o l’allevamento del bestiame, i boschi
fittissimi di felci, querce e frassini che formavano una meravigliosa riserva
naturale per volpi e tassi, ci trasportano in luoghi magici di cui pare di
avvertire i profumi e i suoni degli scrosci improvvisi della pioggia battente
sui verdissimi prati senza fine. Gli anni dell’infanzia sono difficili per la
famiglia, il padre, svogliato e dedito all’alcool, è una figura negativa,
violenta, ha perso quasi tutte le terre che possedeva, pretende obbedienza e
sottomissione dalle donne di casa e quando riappare, dopo giorni di sparizione,
instaura un clima di paura. La madre è infelice, ma il senso del dovere dettato
da una mentalità contadina rigorosamente cattolica la costringe ad accettare il
suo ruolo in famiglia. Edna cresce quindi in un clima denso di infelicità e
paura, stemperato dalla freschezza del suo carattere e dall’incoscienza di una
fanciullezza vissuta a contatto con la natura.
La fase degli anni della scuola,
trascorsi in convento dalle suore, è permeata dagli odori di cera per
pavimenti, di cavolo bollito e d’incenso. Il dormitorio era gelido, il cibo
terribile e vigeva una rigidità assoluta nelle imposizioni delle regole e nell’allontanamento
continuo da tutte le tentazioni mondane e profane. E’ soprattutto in questo
periodo che si radica in lei il senso della colpa del peccato per i pensieri e i
desideri di un’adolescenza perennemente frustrata.
La
Dublino degli anni Cinquanta, era
considerata nell’Irlanda puritana del contado il luogo della depravazione per
una ragazza di campagna e, proprio per questo motivo, esercitava un fascino
indiscusso: la grande città con le strade asfaltate e illuminate, negozi, locali,
hotel, biblioteche fornitissime, l’università, il teatro, la moda, l’emancipazione
con il lavoro in farmacia, le aprono finalmente gli occhi sulla vita, di cui
lei era affamata. Edna narra con candido realismo le prime esperienze amorose deludenti,
è ancora ignara di ciò che ci si possa aspettare da un rapporto sessuale, vede
uomini vogliosi di sesso e avari di sentimento, spera in un “Ti amo” che non
arriva mai, si sente sovrastare dal senso della colpa per il peccato capitale
commesso e la confessione imbarazzata, per ricevere l’assoluzione, le pesa come
un macigno. I contrasti emotivi sono forti, e pure le delusioni, ma prevale
sempre l’anelito di tuffarsi senza indugi nelle esperienze vitali.
E ogni cosa o persona conosciuta
diventano spunti di riflessione per la sua scrittura che si trasforma in una
vera passione. S'innamora di T.S. Eliot e dell’autobiografia
di James Joyce, “Ritratto dell’artista da giovane”, che le apre gli occhi su un metodo
di lavoro autoreferenziale che la conquista e decide di fare proprio. Entra
come lettrice nella casa editrice Hutchinson e lavora in un giornale, il legame con il mondo della letteratura
di cui si nutre voracemente ormai è indissolubile e diventa un caposaldo per
l’intera vita.
Il
romanzo, tra l’altro, crea un vero scandalo e suscita reazioni di sdegno, viene
considerato immorale, bruciato sul sagrato delle chiese e messo all’indice: la
spontanea e sincera narrazione di Caithleen, la protagonista, che sogna l’amore
e aspira a vivere liberamente la propria sessualità e le emozioni che le donne
non avevano mai osato raccontare sconvolge il comune senso del pudore. “Certamente
– afferma la O’Brien in un’intervista – tutto questo accadeva in passato,
quando l’Irlanda era un Paese religioso, claustrofobico e repressivo. Io sono
cresciuta in quel clima e sono stata costretta ad emigrare per potermi
esprimere liberamente. Ma devo anche ammettere di aver portato con me molto
d’irlandese.”
Rileggendolo ora, a distanza di cinquant’anni, viene da
sorridere, in esso non c’è nulla di scabroso, se non una freschezza e un ardore
di vivere con slancio e incoscienza anche le esperienze più intime.
Non
appena viene pubblicato il secondo
romanzo “La ragazza dagli occhi verdi”, nel 1963, Edna, sempre più infelice
e madre di due figli che ama tantissimo, decide di lasciare il marito. Gebler è
fermo da tempo nella sua produzione creativa e, mosso da incredulità e invidia,
assiste con rabbia alla crescita incontrollabile della moglie “bambina” e perpetra
nei suoi confronti continui ricatti e violenze per vincolarla ai propri doveri
familiari e tenerla lontana dalla scrittura. Finché una sera, dopo un ultimo
atto di sopraffazione fisica e psicologica, Edna, sola, disperata e senza denaro,
trova la forza di andarsene: dovrà lottare
duramente per restare a galla e affrontare una lunga e dolorosa battaglia
legale per dimostrare di essere degna di ottenere l’affido dei figli.
Seguono finalmente gli anni della liberazione
dal giogo coniugale e dell’affermazione di sé come donna, madre e scrittrice di
successo. A partire dagli anni Sessanta, nella Londra internazionale,
fucina di un rinnovamento universale, si aprono le porte delle case di
scrittori, pittori, gente del cinema, musicisti, non c’è orario per i party
dove si legge, si balla, si fuma, si discute, ci si perde e ci si ritrova e la
O’Brien trova una proprio spazio di primo piano in cui intreccia amicizie e si
fa apprezzare sempre di più come scrittrice. Tra letture poetiche, sbornie colossali,
amore libero e passioni artistiche, amicizie e contatti preziosi si
consolidano. Edna si divide tra la dimensione tormentata della scrittura,
continuando a pubblicare, e quella vorticosa dei party. In questi anni conosce una
miriade di personaggi eccezionali: Samuel Beckett, Marguerite Duras, Sean
Kenny, la principessa Margaret con Lord Snowdon, Marianne Faithfull, Peter
Brook, David Laing, Richard Burton e Paul Mc Courtney che una sera, dopo
l’ennesima festa, la riaccompagna a casa dove imbraccia la chitarra davanti ai
suoi figli e le dedica una canzone. Per convincere il giorno dopo i compagni di
scuola che uno dei mitici Beatles fosse andato a casa loro e li avesse
intrattenuti cantando, l’unica prova inconfutabile dei bambini è l’esibizione del
plettro di Paul ricevuto in regalo.

Anche
qui entra in contatto con un numero sconfinato di personaggi unici, le feste
faraoniche a Sutton Place erano diventate leggenda, tutti i nomi di grido
passavano da lì: Martha Graham, Gregory Peck, Thornton Wilder, Gunter Grass,
Neil Jordan, Milos Forman, Arthur Schlesinger, Norman Mailer, Harold Pinter, Al
Pacino, Robert Mitchum e Jackie Onassis, che diventa una delle sue amiche più
care, ricca di charme, intelligente, curiosa, disponibile e allo stesso tempo
distaccata.
Nel Greenwich Village, a Brooklyn, in
ogni angolo di New York Edna ritrova una vitalità e
un’immediatezza connotate dal senso dell’unicità:
il guazzabuglio di voci, il traffico convulso, Central Park innevato con gli
uccellini che becchettano le briciole, le sedie davanti a un caffè della Fifth
Avenue, il ristorante La Cote Basque,
le cene eleganti nell’Upper East Side, i reading
nelle università, le canzoni di Frank Sinatra, l’amicizia con Philip Roth.
Edna O’Brien è una viaggiatrice nel tempo e nel mondo, ma il richiamo di casa la riporta sempre indietro.
Da
cinquant’anni Londra è la sua patria di adozione, il suo porto sicuro e insostituibile,
l’Irlanda è l’altra parte dell’anima che, anche se riconciliata, rimarrà per sempre
divisa in due.
Note Bibliografiche:
Edna O’Brien pubblica numerosi romanzi a partire dalla trilogia “Ragazze di
campagna”, “La ragazza dagli occhi verdi” e “Ragazze nella felicità coniugale”,
che diventano notissimi in Irlanda anche per la versione cinematografica del
1984, intitolata “The country girls”.
I romanzi più noti “August is a wicked month” 1965,
“Casualties of peace”, 1966, “A pagan place, 1970, “Night”, 1978, “Johnny I
hardly knew you, 1977, “The high road”, 1988, sono tutti incentrati sul mondo
femminile messo in difficoltà da una realtà ostile e meschina. “Country girl –
un’autobiografia”, Elliot, 2013, è l’ultima pubblicazione.
La
scrittrice si dedica con successo anche alle raccolte di short stories: “The love object”, 1968, “A scandalous woman and
other stories”, 1974, “Mrs. Reinhardt and other stories”, 1978, “Returning”,
1982, “Lantern slides”, 1990.
Pubblica testi per il teatro: “A cheap bunch of nice flowers”, 1965,
“The gathering”, 1974, “The ladies”, 1975, “Virginia”, 1980, “Flesh and blood”,
1985.
Seguono
“On the bone”, 1989, raccolta poetica, due interessanti antologie, libri per
ragazzi, saggi e memorie di viaggi.
Non conosco la O'Brien e mi è venuta voglia di leggerla. Anni mitici!
RispondiEliminaGreta.
Spero non ti deluda. Grazie.
EliminaAnnalisa
Conosco Edna O'Brien sin dai suoi primi libri. Mitica! Hai fatto una bella analisi!
RispondiEliminaElena
Ti ringrazio del commento!
EliminaAnnalisa
La tua analisi bella, con un significativo corredo fotografico, induce alla lettura di Edna O' Brien, se non fosse che a me la scrittrice non è piaciuta. Ho letto "La stanza dei figli", romanzo con riferimenti autobiografici i cui personaggi sono tratteggiati, a parer mio, in modo superficiale e spesso contraddittorio. Prima di esprimere un giudizio negativo avrei dovuto leggere almeno un altro suo romanzo ... ma la lettura è un piacere, non un dovere. Serenella
RispondiEliminaIn verità la O'Brien può risultare in alcuni scritti non del tutto convincente. Resta comunque un personaggio vivace e interessante che esprime con i suoi scritti e il suo modo di vivere le istanze più anticonvenzionali del Novecento. Ma la lettura è un piacere...
EliminaGrazie! Annalisa
Finalmente! Qualcuno di ricorda di una grande scrittrice come Edna O'Brien. Complimenti Annalisa per il tuo bellissimo saggio.
RispondiEliminaMiriam
Ti ringrazio del commento generoso. Annalisa
EliminaNon conoscevo questa scrittrice, il personaggio è stato tratteggiato dando di lei un'immagine di donna vivace e volitiva. Non deve essere stato facile per lei riuscire a realizzarsi considerata la sua provenienza e il condizionamento sociale derivante dall'aver vissuto la prima parte della sua vita in un'Irlanda fortemente conformista e schiacciata dalla morale cattolica.Grazie Annalisa per avermi dato la possibilità di entrare in contatto con Edna O'Brien. Lucrezia
RispondiEliminaE' di grande soddisfazazione essere seguiti da lettori arguti e profondi. Grazie a te.
EliminaAnnalisa
E' di grande soddisfazione essere seguiti da lettori arguti e profondi. Grazie a te.
RispondiEliminaAnnalisa
"Ho letto la presentazione di questa autrice e, nonostante non abbia letto nulla dei suoi libri, mi sono incuriosita... quale titolo consiglieresti per cominciare?
RispondiEliminaCinzia"
Sicuramente "Ragazze di campagna", il romanzo che l'ha portata al successo, e "Country girl", l'ultimo. Buona lettura!
Elimina"Ragazze di campagna" non mi aveva convinta, ma mi hai fatto venire voglia di leggere la sua autobiografia, sapevo che era una donna con alle spalle una vita più che interessante.
RispondiEliminaComplimenti per l'articolo denso e particolareggiato! :)
Valentina
www.peekabook.it
L'autobiografia della O'Brien è intrigante, "Ragazze di campagna" può risultare un po' datato. Grazie dei complimenti!
EliminaAnnalisa