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sabato 18 maggio 2024

Orsolina

 

(di Marisa Vidulli)



C'era una volta una numerosa famiglia che abitava in una bellissima isola chiamata Lussinpiccolo. Vista dall'alto, sembrava una macchia ocra nel mare Adriatico, di fronte alla costa di un paese che un tempo si chiamava Jugoslavia.

Ovunque fiorivano susini, oleandri e persone. Abitavano tutti felici e contenti in una casa con un orto e tanti alberi, dove scorrazzavano i sette figli di Orsolina e Francesco. Quella casa con l'orto era stata per vari anni il loro paradiso segreto, finché non successe qualcosa, qualcosa che già si delineava all'orizzonte e che nessuno di loro era capace di spiegare, ma che si avvertiva nel cambiamento di umore o nel rifiuto di parlare della storia del paese.


Ma di questo parleremo più tardi.

Torniamo a Orsolina e ai suoi figli.

Mario, il figlio più piccolo, rubava le susine e i dolci fatti dalle sorelle Maria, una bella Istriana che fioriva ogni giorno di più. Infatti, fu l'unica che prese marito a soli 20 anni e che rimase vedova a 27 con un figlio da tirare su, Anna detta Netti, e Emma, dedite ai lavori casalinghi e all'apprendimento di un mestiere. Una era provetta nel lavoro a maglia, l'altra più estrosa, confezionava capi e diventò in seguito una famosa modista. Infine, c'era Pia, una graziosa rossina che giocava con il fratellino Mario, poco più piccolo di lei, quello estremamente goloso che rubava i dolci chiusi a chiave in un cassetto dalle prudenti sorelle, ma che lui aveva imparato ben presto a scassinare.

Il settimo figlio, Francesco, era il maggiore e aveva iniziato a imbarcarsi a soli 14 anni.

Mario, il più piccolo, era il più scapestrato e scansafatiche.

Il marito di Orsolina era nato sotto il regno asburgico di Francesco Giuseppe e aveva navigato tutta la vita come direttore di macchina. Morì di polmonite, non essendoci ancora gli antibiotici, lasciando una moglie vedova con tutti quei figli da crescere.

Ma Orsolina non si perse d'animo. Era pur sempre una lussignana doc. Si rimboccò le maniche e se non fosse stato per la strega cattiva, tutto sarebbe filato liscio.

Si sarebbe potuta assimilare la sua storia a quella di Biancaneve e i sette nani, solo che Orsolina vestiva sempre di nero e i suoi sette figli erano molto alti. Purtroppo, però, la strega cattiva non tardò ad arrivare.

Era la guerra, che cambiò per sempre le loro vite.

Si impose l'esodo dalla loro terra: niente più susine, scorribande e mare limpido in cui nuotare, ma paura prima e disperazione poi. Tutti imbarcati sulla nave Tuscania e poi giunti a Trieste, separati per raggiungere le varie destinazioni.

Orsolina, ormai anziana, con le figlie Netti ed Emma, si trovò nelle baracche a Pavia, dove rimasero per anni prima che venisse loro assegnato, in quanto profughi, un appartamento al piano terra a Milano, zona San Siro, quella che canta Vecchioni nella celebre canzone. Maria, invece, venne prima assegnata a uno stanzone in un edificio dismesso, sempre a Pavia, poi emigrò in America, come fecero tanti altri esuli, e dove suo figlio Franco divenne un uomo importante e ricco.

Diverso fu il destino di Mario, che, in quanto insegnante in una frazione di Pola, ottenne prima della guerra il trasferimento in Friuli ed ebbe modo di evitare l'esodo. Certamente, in seguito, sarebbe potuto tornare nella sua terra, ma non fu così. Anzi, la sua bionda moglie, anch'essa insegnante e una bellissima ragazza conosciuta nella scuola dove entrambi insegnavano, ebbe grandi difficoltà a raggiungerlo con la splendida creatura nata dal loro amore.

Della loro bella casa a Pola non restò che il ricordo, il rimpianto e uno straziante dolore per la patria perduta, in cui non fecero mai più ritorno se non in tarda età, per brevi periodi di vacanza.

Vi si recarono ostinatamente per anni, fino alla morte.

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