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lunedì 8 agosto 2022

PIERA E LA SINDROME BIPOLARE

 di Marisa Vidulli



“La vita è come un pianoforte; i tasti bianchi rappresentano la felicità e il nero mostra la tristezza. Ma mentre percorri il viaggio della vita, ricorda che i tasti neri creano anche musica”.

 Ehssan

Piera si alzava ogni mattina disperatamente felice. Si, disperatamente e in quell'avverbio incongruente era contenuto tutto il senso della sua malattia: 


la sindrome bipolare1 per l'appunto che non conosce le mezze misure: o si è disperatamente felici, quindi troppo sopra le righe, oppure disperatamente tristi, quando l'umore si abbassa, cambia il vento e subentra la spaventosa fase down.


Piera sapeva che il disturbo bipolare era molto diffuso anche se non sempre dichiarato da chi ne soffriva, per una forma di pudore, ma questo non la consolava, come non la consolava il fatto di essere in buona compagnia, infatti i più grandi creativi da Michelangelo a Van Gogh ne avevano sofferto e alcuni contemporanei pure ne erano affetti come Simona Izzo e
Mel Gibson solo per fare due nomi.

Sapeva per esperienza personale che la sua  malattia aveva effetti devastanti nella fase down, mentre poteva favorire la creatività nella fase così detta euforica o in gergo up, ma anche allora occorreva stare attenti perché l'euforia poteva indurre la persona affetta a esagerare. Insomma, era giunta alla conclusione che la sua era una vita a metà, tra alti e bassi dell'umore…forse era questo il prezzo da pagare per questa malattia chiamata bipolarismo. Nella fase euforica a volte le veniva da pensare che ne valesse la pena, ma poi inesorabile arrivava la fase down ed erano dolori.

Piera si era spesso chiesta perché mai tutto nel mondo fosse bipolare: il giorno - la notte, l’estate - l’inverno. Pareva che l’evoluzione umana fosse proprio alimentata dall’alternanza tra due poli e che ogni passo in avanti fosse dovuto al trovato equilibrio tra gli opposti, quindi, la bipolarità nel mondo sembrava avere un ruolo positivo ed evolutivo. I bipolari sembravano la rappresentazione “in vitro” di tale meccanismo, visto che vivevano alternando in continuazione il polo up e il polo down. Ma allora, perché l’equilibrio che ci permetteva di fare un passo in avanti per lasciarci tutto alle spalle non lo si trovava mai?

Sua sorella con cui si confidava le diceva spesso che occorreva essere contemporaneamente gli attori e gli spettatori della nostra vita perché la miglior medicina, (oltre a saperci anche ridere un po’ su) è l’osservazione: se si osserva non ci si identifica e così si sta meno male. Piera ci aveva provato ma era maledettamente difficile, suo marito invece la sopportava, poveretto perché la convivenza con una persona bipolare può rappresentare

una vera sfida che richiede pazienza e comprensione, ma che è anche una grandissima prova d'amore.

Quante volte nei periodi down gli aveva detto mentre correvano in macchina: “ora apro la portiera e poi mi butto giù”, al che lui la guardava accigliato e le diceva: “sai non è piacevole sentirti dire queste cose” e lei subito si pentiva di aver proferito quelle parole, che poi non portavano a nulla, tanto non lo avrebbe mai fatto, come non si sarebbe buttata giù dal ponte che aveva già scelto con cura tra i vari ponti in città, aveva sin ispezionato la tromba delle scale di un palazzo antico dove abitava sua figlia ma aveva scoperto che lo scalone a chiocciola avrebbe impedito la caduta. Eh si, di pensieri suicidi ne aveva avuti, ma se ne era sempre poi vergognata.

Aveva lavorato tanto su se stessa grazie a una bravissima psicoterapeuta, che però poi era morta di Covid e ora lei si trovava come si suol dire “in braghe di tela”; nessun altro poteva sostituire la sua Nadia, la dottoressa che tanto l’aveva aiutata nei periodi bui e anche in quelli euforici.

Le aveva spiegato che il disturbo bipolare è una malattia mentale che ha un impatto significativo sulla vita di chi ne è colpito e di chi vive con lui. Per queste persone un equilibrio non è facile da trovarsi, ma insieme ci sarebbero riuscite.

Piera per fortuna aveva conservato tutti i suoi appunti, infatti, dopo ogni colloquio aveva sempre trascritto sul computer il succo di ogni seduta e ora se li rileggeva, ma la nostalgia di Nadia la travolgeva sempre. Le sembrava di rivederla in tutta la sua gloriosa bellezza, di sentirla parlare

quella donna luminosa e bellissima che aiutava veramente i suoi pazienti con dedizione assoluta e aveva lasciato tutti orfani andandosene a soli 63 anni! Ma Piera aveva i suoi appunti che ancora la aiutavano, sia nella fase up sia in quella down. Nella prima fase, quella dell'euforia, per prima cosa nascondeva la carta di credito per non esagerare e comprare tutto il comprabile - glielo aveva suggerito Nadia a suo tempo- cercava di trattenersi da tutte le esagerazioni, ma non sempre ci riusciva, però era così disperatamente felice che avrebbe abbracciato il mondo!

Nella fase down, soffriva disperatamente, ma cercava di non pesare sugli altri, cancellava i pensieri suicidi, quando ci riusciva, li teneva per sé, non li manifestava ai propri cari come aveva fatto con il marito e purtroppo a volte anche con i figli e le sorelle. Infine, soprattutto pensava che sarebbe passata in pochi mesi... come le altre volte!

Come aveva letto una volta, sapeva che i tasti neri del pianoforte si alternano ai tasti bianchi e ne esce una bella musica… la vita!

Piera si era finalmente convinta che il disturbo bipolare poteva essere un ottimo insegnante. Una sfida che la poteva, se vinta, mettere in grado di fare quasi qualsiasi altra cosa nella vita.


2 commenti:

  1. Lettura interessante, che può aiutare nei momenti difficili chi soffre di crisi depressive. Giovanna R.

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  2. Un giorno chiesi all'autrice: "ma coma fai a scrivere racconti e libri sulla depressione tu che sei depressa ?" Lei mi rispose: "chi meglio di me conosce la depressione ? ". E' vero solo chi la conosce bene può scriverne e dare consigli su come uscirne, molto bello il racconto. Brava Marisa !!!

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