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giovedì 16 gennaio 2020

Russia: viaggio nella Grande Madre - prima parte dal Circolo Polare Artico a Solovki



Appunti sparsi di viaggio di Marina Fichera

Ho deciso di fare questo viaggio per due motivi principali: il primo perché mi ero fatta un’opinione negativa della Russia e volevo andare a vedere dal vivo se era giustificata o meno, il secondo perché da anni avevo voglia di visitare sia la remota regione artica della Penisola di Kola e il suo capoluogo, Murmansk, la più grande città al mondo sopra il Circolo Polare Artico, sia le affascinanti città di San Pietroburgo e Mosca, di cui parlerò nel prossimo articolo.
Ho pertanto scelto un viaggio di diciassette giorni che dall’estremo nord-est della penisola scandinava mi ha condotta – tutto via terra – fino alla capitale Mosca, in un alternarsi continuo di spiagge, foreste e immensi laghi boreali, ma anche di antiche e maestose città e minuscoli villaggi  costruiti in legno.

La Penisola di Kola e la Karelia (mappa dal web)
Un volo internazionale di poche ore e atterriamo a Mosca da dove, all’alba della mattina successiva, prendiamo un nuovo volo interno che punta verso l’estremo nord e ci porta ad Apatity, Oblast’ di Murmansk, Penisola di Kola.
Da un punto di vista storico e culturale questa zona fa parte della grande regione della Lapponia, che si estende dalla Norvegia a ovest fino alla Russia a est, passando per Svezia e Finlandia. Molti dei suoi timidi e gentili abitanti sono infatti sami, mentre quasi tutti i russi sono arrivati nel periodo sovietico, solo da meno di un secolo.

Visitiamo il museo minerario di Apatity e poi saliamo su tre grosse jeep e un enorme mezzo cingolato per trasferirci in un ostello in mezzo ai monti Khibiny, a est della penisola. Ci troviamo subito immersi in una natura vigorosa, fatta di acqua, fango, roccia e verdissime foreste ricoperte di muschi e licheni. Piove e, anche se è il 3 agosto, fa davvero freddo.
La nostra guida locale, Frank, un simpatico signore di origini olandesi, ci dice che quella del 2019 è la seconda estate più fredda e piovosa da quando si è trasferito li, da più di vent’anni, per amore di una bella signora russa e della natura incontaminata della penisola.
 
Ostello tra i monti Khibiny (foto di M. Fichera)
Per tutta la prima settimana del viaggio siamo davvero sfortunati con il clima: il sole non si affaccia mai tra lo spesso strato di nubi e la temperatura, che di solito ai primi di agosto è intorno ai 18-20 gradi, oscilla tra i 5 e i 12. La pioggia, accompagnata da un gelido vento che spira con forza dal Mar Bianco, non facilita certo le escursioni, ma in fondo non importa molto perché tutto è talmente affascinante e avventuroso che non ci fermerebbe neanche la neve in agosto!

Tappeto di muschio bianco nella foresta 
(foto di M. Fichera)

Addentrarsi con i nostri mezzi 4x4 tra magiche foreste ricoperte da un luminoso tappeto di muschio bianco, attraversare la linea immaginaria del Circolo Polare Artico, sfrecciare in jeep sul bagnasciuga di lunghissime spiagge boreali, raccogliere ametiste da miniere a cielo aperto e passeggiare in minuscoli villaggi costruiti in legno, senza strade né acqua corrente in casa, è entusiasmante. Una totale immersione nella primordiale natura e nella cultura nordica.
Siamo talmente presi da tutta questa energia, alimentata dalla natura e dalla bellezza, che neanche un piccolo incidente di una delle nostre jeep, affondata parzialmente mentre tentava di guadare un ampio lago, scalfigge il buon umore del gruppo, anzi!


La jeep, parzialmente affondata in un lago, viene recuperata dal cingolato
(foto di M. Fichera)
Il piccolo villaggio di Kuzomen, affacciato sul gelido Mar Bianco, si distingue per due particolarità che lo rendono unico: la prima è l’esser costruito interamente sulla sabbia, per cui molte delle vecchie case di legno languono parzialmente inclinate dal feroce polare che sposta le dune, smuove le tombe e increspa gli animi dei pochi abitanti che ci guardano con sguardi azzurri pieni di disincanto.
La seconda è che tra le sue sabbiose strade si muovono liberamente, come fossero cani o gatti, alcuni cavalli semi-selvaggi, purtroppo abbastanza aggressivi nelle loro richieste di cibo.
Cavalli semi-selvaggi nel villaggio di Kuzomen 
(foto di M. Fichera)

Per le brevi strade di Kuzomen girano solo alcuni anziani, una bellissima bimba bionda che gioca solitaria di fronte al cortile di casa, tre cavalli e due bellissimi cani bianchi. Il vento continua a ululare mentre i due cani mi affiancano e, come silenziosi ciceroni, mi accompagnano fino a un luogo che vedo da lontano e mi incuriosisce subito: il cimitero del villaggio. La nostra guida ci racconta che in questo minuscolo camposanto - poche croci di legno dipinte d’azzurro su alcune dune di fronte al Mar Bianco - non c’è la pace che di solito regna nei luoghi di riposo eterno. Perché quando il mare è in tempesta il vento è talmente potente che spazza via le dune nelle quali sono messe a dimora le bare, che vengono ribaltate e talvolta addirittura scoperchiate. In questa regione tutto è duro e aspro, e la lotta contro le forze della Natura continua anche dopo la morte.

Io con i cani bianchi al cimitero del villaggio di Kuzomen
(foto di M. Fichera)

Come sempre andare in posti nuovi e cercare di comunicare con le persone è molto interessante e stimolante. In questo viaggio ho incontrato persone tranquille e gentili ma che sorridono poco, sarà la dura vita del nord, l’indole russa, o forse il ricordo ancora vivo del periodo sovietico.
Il villaggio di Varzuga (foto di M. Fichera)
Avevo voglia di visitare un luogo sperduto e al tempo stesso affollato e volevo vedere come vivono le persone in una città la cui temperatura media annua è di 0,2 gradi centigradi. Per questo motivo sono andata fino a Murmansk, la città oltre il Circolo Polare Articolo più grande sul pianeta.
Fondata nel 1915 sui pendii di un profondo fiordo, questa strana città portuale all’estremo nord della Penisola di Kola. a poco più di 30 chilometri a sud del gelido Mare di Barents, conta oggi circa 300.000 abitanti – ma negli anni ’80 del XX secolo erano quasi mezzo milione - che vivono stabilmente oltre il 68° parallelo.
Arrivo in città in una fredda e grigia giornata: più che il 7 agosto sembra il 7 novembre! Durante l’estate nordica il sole tramonta molto tardi e la sera è davvero strano vedere gli abitanti che girano per le strade imbacuccati più di noi - alcuni hanno piumini lunghi, colbacchi e sciarpe – fermarsi per specchiarsi nelle vetrine dei negozi di abbigliamento dove occhieggiano accattivanti manichini femminili che indossano abiti estivi scollati e sandali dorati di dubbio gusto.
                               La rompighiaccio nucleare Lenin nel porto di Murmansk 
(foto di M. Fichera)


Nel porto di Murmansk è attraccata la famosa nave Lenin. Costruita nel 1959 è stata la prima rompighiaccio nucleare al mondo. Un simpatico ragazzone in divisa, che ci dice essere nipote di uno dei primi membri dell’equipaggio, ci guida all’interno della nave, oggi museo, mostrandoci, tra i tanti interessanti ambienti, il ponte di comando, i raffinati dettagli delle sale ufficiali, il lusso della sala congressi ed infine il propulsore nucleare.
Le carrozze di seconda classe del treno notturno che da Murmansk ci portano a Kem, da dove ci imbarcheremo per le isole Solovki, sono davvero lussuose. Scompartimenti da quattro letti, lenzuola bianchissime, cena e colazione calda servita personalmente dalla responsabile del vagone, ma soprattutto due bagni moderni e puliti, uno dei quali addirittura con la doccia! Viaggiare in questo modo lento è fantastico, ci lasciamo cullare dal rollio del treno per circa undici ore e puntualissimi arriviamo a Kem. Da qui un traghetto ci porta in circa due ore sulle isole Solovki, arcipelago diventato in epoca moderna tristemente famoso per essere stato sede dei primi gulag sovietici.
Il monastero di Solovki (foto di M. Fichera)




Queste isole erano talmente sperdute che Lenin prima e Stalin poi decisero di requisire i diversi bellissimi monasteri ortodossi - costruiti a partire dal quindicesimo secolo - per farne delle orribili prigioni. Da qui sono passati centinaia di migliaia di prigionieri politici, intellettuali, musicisti, artisti dissidenti. Arrestati e portati dove nessuno li poteva sentire solo perché avevano idee e sogni non allineati al regime.
Oggi le isole Solovki sono incantevoli, i monasteri austeri e maestosi, le verdissime foreste di abeti, i numerosi e limpidi laghetti di un blu profondo, gli antichissimi e misteriosi labirinti di pietre, tutto è davvero piacevole tranne il paesino, molto trascurato. Le sue strade sono fangose, le case decadenti, l’ospedale con i vetri rotti. Eppure i turisti disposti a pagare cifre considerevoli non mancano... Chissà, sembra quasi che gli abitanti vogliano, ancora oggi, espiare le colpe di questa terra macchiata di troppo sangue.
Il paese di Solovki (foto di M. Fichera)


Dopo la caduta del regime sovietico la popolazione russa ha riscoperto la religione ortodossa e la spiritualità. Oggi la grande totalità dei visitatori che affollano le isole in estate sono pellegrini. Per pochi rubli mangiamo, insieme a centinaia di devoti, zuppe e ottimo pesce nella grande mensa del monastero, interamente gestita da volontari laici.
Pellegrina ortodossa a Solovki 
(foto di M. Fichera)


Mentre siamo a Solovki, dove dormiamo due notti, iniziano ad arrivare dall’Italia messaggi allarmati che ci chiedono se va tutto bene. Ci riferiscono che pare ci sia stata un’esplosione nucleare nella zona, però nessuno dei locali ne fa cenno, sembra che la notizia a loro non sia arrivata. Questa è una delle numerose contraddizioni di questo enorme e affascinante paese.
Il mio lungo viaggio continua su un treno notturno - meno comodo e pulito del precedente, purtroppo - diretto a Petrozavodsk, sul lago Onega, di cui vi parlerò nella seconda parte.

“La nostra letteratura e la nostra musica hanno attraversato tutti i dispotismi, sono sopravvissute agli zar e ai bolscevichi. Il materialismo non fa per noi. Nel nostro carattere ci sono gli spazi immensi della Russia“
Michail Gorbačëv






8 commenti:

  1. Complimenti Marina per la sintesi che, tuttavia, nulla toglie all'efficacia del contenuto. Mi sono ritrovato in viaggio attraverso luoghi affascinanti e certamente fuori dalle normali rotte.
    giorgio

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  2. Racconto vibrante di una parte di mondo poco conosciuta, il viaggio deve essere stato davvero avvincente: lo si percepisce dalle tue parole che trasmettono tante emozioni

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  3. Un viaggio magnifico!
    Grazie Lori, ciao
    Marina

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  4. racconto molto interessante. io mi sono trovato a superare il circolo polare artico in Alaska sulla Dalton highway. anche laggiù paesaggi freddi e desolati ma affascinanti. mi pice molto la foto del cavallo bianco.
    Giorgio Forlani

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    1. Grazie, sono stata anche io in Alaska (su cui ho pubblicato qualche tempo fa un articolo) e ho trovato molte somiglianze con la penisola di Kola. Saluti
      Marina

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  5. Complimenti Marina per il tuo articolo molto interessante e per le belle foto. Mi hai fatto scoprire una parte di mondo veramente particolare ed affascinante.
    un abbraccio
    Patrizia

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