di Mimma Zuffi
Nel 1594 Caravaggio esce dalla
bottega del Cavalier d'Arpino e, da allora, riceve ordinazioni dirette; nel
1601 il Cardinal Federico Borromeo porta la tela da Roma a Milano.
Si tratta di un semplice cesto di
vimini con qualche mela, pere, fichi, e tre grappoli d'uva. Il fondo è di un
giallo spento e, in primo piano, l'accenno a una tavola di legno su cui si
proietta, appena appena, l'ombra del cestino. Tutto qui.
Eppure questo quadro è una sorta di
mito nella storia dell'arte perché con esso nasce la "natura morta".
Non come genere - perché già se ne producevano nelle Fiandre (e Caravaggio
conosceva bene quelle di Jan Brueghel) - ma in quanto "natura morta"
autonoma, cioè non inserita in mezzo ad altre figure come dettaglio o
particolare. Non a caso il Caravaggio afferma che “tanta manifattura gli è a
fare un quadro buono di fiori, come di figure”, per l'epoca una
dichiarazione rivoluzionaria. Vi era, infatti, una norma molto rigida per
stabilire i soggetti più o meno importanti: "la storia" sacra e
mitologia era il soggetto principale, mentre la natura serviva, al massimo, per
esercitarsi. Per Caravaggio, invece, è importante il pittore e non cosa dipinge.
Insomma, è la qualità dell'opera che conta e non il soggetto. Un concetto
moderno. La frutta è dipinta con poco colore sul pennello, in modo tale da
definire ogni particolare, dall'accartocciarsi di una foglia già segnata dai
segni dell'autunno alle gocce di rugiada, quasi un trompe-l'oeil. Ma, mentre
nei quadri fiamminghi l'ossessione dei particolari finisce per disperdere
l'attenzione di chi guarda in una varietà di dettagli, qui c'è l'emozione di un
tratto di natura unificato dalla luce. L'incanto è nello scorrere delle ombre
che la frutta proietta sul cestino, più intense da sinistra a destra, fino a
quando l'avanzare della luce è bloccata dai fichi e dall'uva nera e le foglie
già secche spariscono negate dall'ombra.
Caravaggio, in questo quadro, non
crea solamente uno splendido squarcio di natura, ma vuole anche, secondo la
cultura del tempo, offrire uno spunto di riflessione religiosa: uva bianca,
luce e foglie fresche sono simbolo della
vita, uva nera, foglie secche e ombra sono quelle della morte. E tutto ciò non
toglie poesia a questo capolavoro.
La sua lezione di pittura
"naturale" continuerà nei secoli, vetta altissima nella storia
dell'arte di tutti i tempi.
Michelangelo Merisi nasce a
Caravaggio nel 1571 da Fermo, architetto ed economo di Francesco Sforza.
La sua fu una vita tormentata e i
suoi quadri sono sempre più drammatici, segnati da ombre profonde. Nel 1610 s’imbarca
per Porto Ercole (vicino agli Stati Pontifici) per adempiere alle varie norme
che gli permetteranno poi di rientrare a Roma. Arrestato per errore,
imprigionato nelle segrete del Forte, malato di malaria, sconvolto, muore il 10
luglio. Il suo corpo, non richiesto da nessuno, viene sepolto nella fossa
comune. I suoi quadri (imbarcati con lui) sono invece contesi.
E intanto nel mondo:
A LONDRA Shakespeare
rappresenta "La bisbetica domata".
A VENEZIA Il Tintoretto dipinge
L'ULTIMA CENA in San Giorgio Maggiore
A ROMA muore il "principe della
musica" Pierluigi da Palestrina.
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