!-- Menù Orizzontale con Sottosezioni Inizio -->

News

mi piace

mercoledì 17 luglio 2019

Almodóvar e Banderas - Al Festival di Cannes - Riconciliazione e cinema



di Annalisa Petrella


La parola chiave per interpretare l’ultimo film di Pedro Almodóvar, “Dolor y gloria”, è riconciliazione, intesa nel senso più ampio: riconciliazione con il proprio passato, con le persone significative che ne hanno fatto parte e, soprattutto, con se stessi.   
 Il film, che è stato molto apprezzato al Festival di Cannes, dove Banderas ha vinto la Palma d’oro come miglior attore protagonista, ha un taglio autobiografico già sperimentato in “Todo sobre mi madre”, “Volver” e “La mala educación”, ma qui Almodóvar ha voluto rinnovare lo sguardo, stemperando l’acuzie degli eccessi a lui congeniali ed ha realizzato una pellicola sobria, melanconica, riflessiva che va a scavare nelle ombre del proprio passato in un processo di rievocazione e catarsi.

La sceneggiatura, sfrondata da ogni orpello, raggiunge un grado di essenzialità esemplare e offre al pubblico un viaggio a ritroso nitido ed emozionante come mai era avvenuto prima.
Antonio Banderas alter-ego di Pedro Almodóvar, interpreta in modo superlativo la parte del protagonista, Salvador Mallo, un regista famoso il cui film di maggior successo, che risale a trent’anni prima, è stato “Sabor”. L’uomo si è ripiegato su se stesso e sui propri acciacchi, dovuti anche all’avanzare dell’età, in una totale assenza di spunti creativi, è bloccato da anni nella sua produzione artistica e vive imbrigliato in un labirinto di paure e mali fisici che gli impediscono di misurarsi con il presente.
Il concetto di “dolor” che nel fluire delle scene prevale su quello di “gloria”, relegato a un ruolo secondario, pone subito al centro il corpo di Salvador fin dalla prima scena in piscina: l’uomo è completamente immerso nell’acqua, le braccia sono spalancate in una sorta di abbandono totale e sul petto è ben visibile una lunga cicatrice, traccia di un “dolor” che non si dimentica. L’acqua, elemento simbolico che attenua il peso del vivere, con la sua trasparenza mette a nudo un corpo senza difese, come in un richiamo all’amnios materno, in attesa di un possibile risveglio dell’anima alla vita. Salvador si sente perduto, si rinchiude in se stesso e s' isola nella propria casa dove i colori accesi sembrano soffocati da uno strato di depressione. Sono i colori di una vita precedente di eccessi e successi, ma anche quelli di esperienze forti i cui ricordi chiedono di riaffiorare in un disegno riappacificatore. Assistiamo così a un’intima e sussurrata ricognizione della vita trascorsa, a un diario di memorie dove l’artista Almodóvar traduce le sue esperienze più intime in qualcosa di profondo che riguarda tutti noi. Il passato viene ripercorso in una serie di flashback, con geniali raccordi di montaggio e salti temporali tecnicamente impercettibili, nonostante il tempo del racconto, che lo riconducono a tre personaggi fondamentali.

La madre
Si parte dagli anni di un’infanzia povera trascorsa con la famiglia, soprattutto con la madre, nella provincia agricola di Valencia negli anni Sessanta, attraverso immagini che rimandano al soffocante clima del franchismo che permeava ogni settore.
I canti intonati dalle donne che lavano i panni al fiume accesi dal bianco delle lenzuola stese al vento ad asciugare accompagnano immagini di rara bellezza nelle quali viene tratteggiato il rapporto straordinario che unisce Salvador bambino alla mamma, interpretata da una Penelope Cruz perfettamente calata nella parte. Le scene si
susseguono come schegge di luce fino alla scoperta momentanea del buio, il turbamento dovuto alla propria omosessualità rivelatasi di fronte al bellissimo corpo nudo del giovane muratore al quale da bambino insegnava a scrivere. L’acqua, che in questo caso scorre sul corpo maschile in un’abluzione spontanea priva di morbosità, ritorna per la terza volta come elemento simbolico, dopo quella della piscina e quella del fiume, in un passaggio narrativo raffigurato con una regia talmente virtuosa da rappresentare una pagina significativa del cinema d’autore. Anche il ricordo
degli ultimi incontri con la madre ormai molto anziana, interpretata da una bravissima Julieta Serrano, è da annoverare tra le pagine più alte del cinema di Almodóvar: la memoria, i rimpianti, il decadimento fisico della donna, i passi incerti rafforzati dal braccio offerto dal figlio, una carezza e una sincerità anche rude nei dialoghi essenziali generano commozione e ci consegnano un momento significativo nella rappresentazione cinematografica dell’amore materno.

Alberto Crespo, interpretato da Asier Exteandia, è l’attore protagonista di “Sabor” con cui Salvador non parla da trent’anni dopo la turbolenta realizzazione del film.

Alberto: - Che fai qua?
Salvador: - Devo parlare con te! Trentadue anni, tanto ci ho messo a fare pace con questo film!
 
Il capitolo Alberto è quello che tormenta maggiormente Salvador in un percorso di riconciliazione con un passato e un presente che li accomuna e li allontana. Dopo lo scontro iniziale e la tragica esperienza dell’eroina, il regista compie un atto di “risarcimento” nei confronti dell’amico e chiude pacificamente la sua resa dei conti.

Federico è stato il primo amore di
Salvador che lo aveva lasciato per la sua dipendenza dalla droga. Quando Federico dopo tanti anni si presenta a casa sua per salutarlo la narrazione di ciò che è stato tra loro e di ciò che è accaduto successivamente nelle loro vite li riavvicina intimamente e la riconciliazione è completa anche se Salvador rifiuta l’offerta di una notte d’amore.  L’emergere delle tante verità è affidato da Almodóvar a un campionario di metodi basici del cinema in una messinscena che crede nella sfumatura attoriale per esaltare l’autenticità del personaggio, ne è un esempio riuscitissimo il misurato addio di Salvador a Federico, amore di una vita, nonché fonte di ispirazione artistica, risolta in accenni, in detti e non detti e infine in un bacio struggente purificatore.
 Le immagini, dense di una bellezza ancestrale, scivolano via sullo schermo accompagnate da una nuova, straordinaria colonna sonora firmata Alberto Iglesias, compositore feticcio di Almodóvar. I personaggi femminili, come già sottolineato, sono dipinti in maniera superba attraverso le interpretazioni di attrici di alto calibro, ma il primo piano della storia appartiene alle figure maschili. Asier Etxeandia recita la parte di un attore trasandato con un passato turbolento e irrisolto, ne esce un Alberto Crespo di spessore che sarà parte fondamentale della nuova vita di Salvador Mallo.
Leonardo Sbaraglia regala al suo Federico, altro uomo dalla doppia vita e dai ricordi spezzati in due, una soavità redentrice.


Antonio Banderas, nel ruolo più importante dei suoi ultimi anni, è il mattatore assoluto del film. L’attore riesce a restituire la natura di un uomo introverso e tormentato con un’integrità che nella sua filmografia mancava da tempo. Non va dimenticato il ruolo importante di José Luis Alcaine, già direttore della fotografia in La pelle che abito, Volver, La mala educación, che ha saputo amalgamare insieme tutti gli elementi del film sfruttando colori sgargianti ma bilanciati, luci e ombre mai estreme, giocando continuamente con contrasti e ambiguità - non a caso sembra spesso di assistere a un'opera teatrale.
La redenzione di Salvador Mallo, alias Pedro Almodóvar, viene celebrata nell’ultima scena, che ne riprende un’altra già vista: mamma e bimbo aspettano, a lungo, in silenzio, dolcemente, nella stazione ed ecco che l’inquadratura si allarga e ci rivela dove approda il cammino emozionale della storia e della vita di Pedro Almodóvar con energia ritrovata: al binomio cinema - vita.
Il Festival cinematografico di Venezia ha annunciato per il prossimo settembre il premio del Leone d’oro alla carriera al regista Pedro Almodóvar e noi non possiamo che rallegrarcene.



28 commenti:

  1. Splendida recensione di un film che ho perso.

    RispondiElimina
  2. Emozionante la recensione e il film

    RispondiElimina
  3. Davvero bella la tua recensione di un film che anch'io ho amato tantissimo e che ha toccato le corde più intime delle mie emozioni.
    Lucrezia

    RispondiElimina
  4. Annalisa, con i tuoi commenti e osservazioni così acuti riesci sempre a colpire nel segno. Bravissima!

    RispondiElimina
  5. Recensione raffinata e profonda che mi riconcilia con Almodovar, andrò a vederlo.

    RispondiElimina
  6. Annalisa, più che una recensione hai scritto un vero e proprio saggio su questo bellissimo film che anche io ho amato molto.
    Brava!
    Leonardo

    RispondiElimina
  7. Annalisa, la tua recensione è davvero una perla rara: toccante ma non sdolcinata, acuta e profonda.
    Complimenti davvero

    RispondiElimina
  8. Non è fra i miei film preferiti, ma convengo con te che Banderas è superlativo e che la tua recensione tocca i punti più salienti del film
    CV

    RispondiElimina
  9. Bellissima recensione che analizza con intelligenza e sensibilità i personaggi di un film che ho molto amato.

    RispondiElimina
  10. Recensione accurata ed emozionante di un film che ho talmente amato da definirlo "poetico".
    Annalisa hai superato te stessa! Serenella

    RispondiElimina
  11. Concordo con Serenella.
    M

    RispondiElimina
  12. I tuoi saggi sul cinema sono da Morandini!

    RispondiElimina
  13. Ho letto la recensione senza aver visto il film. Mi ha affascinato e ho voluto vederlo. Nel film ho ritrovato, talvolta quasi a fatica, la delicata umanità e le sue interpretazioni che avevo apprezzato nella recensione. Credo che l'insieme di attori bravissimi e di un grande regista sia stato valorizzato ancora di più da questa recensione. Almodovar dovrebbe leggerla...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Vittorio, mi hai dato una bellissima idea, grazie!

      Elimina
  14. Grande acume e profondità, cara Annalisa, in questa recensione che rivela, costruisce, elabora significati, legami, rimandi che a noi spettatori comuni erano di certo sfuggiti. Brava, un lavoro egregio per rimeditare un bel film.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Renza carissima, acume e profondità nel tuo commento generoso. Grazie!

      Elimina