(di Mimma Zuffi)
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Copertina edizione inglese "The Monk" |
Abusi
sessuali o possesso di materiale pornografico da parte di religiosi
appartenenti alla Chiesa Cattolica rappresentano episodi che hanno avuto una
vasta eco mediatica, e fatti di violenza perpetrati all'interno dei palazzi
sacri scuotono l'opinione pubblica, non senza una certa pruderie: tutto questo succede ai giorni nostri, ma già nel 1796 lo
scrittore inglese Matthew Gregory Lewis aveva pubblicato The
Monk (Il Monaco), un romanzo che trattava questi argomenti.
Prima
dell'analisi dell'opera è doverosa una nota biografica sull'autore che, proprio
grazie a questo libro sarebbe stato soprannominato Matthew "Monk"
Lewis.
Matthew
Gregory Lewis, nato a Londra il 9 luglio 1774 da famiglia benestante, sin da
giovane si dilettò di
teatro e letteratura. La carriera diplomatica cui era stato destinato gli
permise di coltivare assiduamente questa sua passione e di avvicinarsi ai più
importanti nomi della letteratura del suo tempo, quali Goethe, conosciuto a
Weimar nel 1792, Byron e Shelley.
Lewis
impiegato quale attaché presso
l'ambasciata britannica a L’Aja, avendo molto tempo a disposizione, scrisse The
Monk (Il Monaco) di getto, in dieci settimane, come egli stesso amava
ricordare. Al termine della stesura fece rientro a Londra per la pubblicazione.
Fu un grande successo. Sempre nel 1796 entrò in Parlamento e aggiunse al
proprio nome la sigla M.P. (Member of Parliament). Proprio per questo motivo, la ristampa del libro gli
procurò non pochi guai, venne citato in tribunale e ricevette l'ingiunzione di purgare il romanzo, ordine cui ottemperò prontamente.
Le
opere che seguirono ebbero un
notevole successo, forse più mondano che letterario, tanto che una sua ballata,
ispirata alla figura di Crazy Jane, lanciò la moda detta appunto del
"cappello alla Crazy Jane". Tradusse Giovenale e adattò opere di
Schiller, Zschokke, Kleist e altri scrittori minori, ma come autore vero e
proprio, dopo Il Monaco, non registrò altri successi.
Alla
morte del padre ereditò una notevole fortuna e nel 1815 partì per le Indie
Orientali al fine di visitare i propri possedimenti. Durante questo viaggio
scrisse Journal of a West Indian Proprietor, pubblicato postumo nel 1833.
Al suo rientro da questo primo viaggio in
Giamaica (1816), si recò a Ginevra. Qui incontrò Byron e Shelley, con i quali
ebbe modo di confrontarsi sul mondo della magia nera, sulla stregoneria e sui fantasmi. Proprio in quel periodo Mary Shelley concepì
l'idea di Frankenstein.
Nel
1817, di ritorno dal suo secondo viaggio in Giamaica, morì di febbre gialla, e
il suo corpo fu affidato al mare.
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Ritratto di Matthew Gregory Lewis |
"Se
l'amore fosse una colpa, perché Dio l'avrebbe fatto così dolce?"
M.G. Lewis
Il Monaco
L'azione
del romanzo si svolge a Madrid e segue una direzione essenzialmente gotica
poiché non si limita a narrare la vicenda di Ambrosio, monaco spagnolo
considerato da tutti un santo, vissuto in convento sin
dalla più tenera età riuscendo sempre a evitare il
peccato, ma racconta anche le storie sussidiarie che si muovono alla scoperta dell'infinito
pericolo nascosto dentro e al di sotto di ciò che è sempre sembrato familiare e
sicuro.
E sono la sua stessa finzione gotica, la sua potenza, a spingere il lettore a partecipare a questa scoperta e non lasciare
che egli osservi "da fuori", da estraneo. Per esempio, il primo luogo
che s’incontra nella lettura del romanzo è la Cattedrale dei Cappuccini:
ambiente vivo, riempito dalla gente, dalla vita e, quindi, sicuro, familiare.
Ma ecco che non appena la gente se ne va e la chiesa si svuota, esso diventa
improvvisamente insicuro, pericoloso, buio.
Tutto il romanzo trabocca di zone e situazioni certe che si trasformano
in luoghi di pericolo dove spadroneggiano oscurità e
irrazionalità. Tra questi, la passione sessuale è la
più frequente, oltre che la più gotica. Nel caso
specifico del monaco, la repressione sessuale è stata così forte che risulta
impossibile una sua manifestazione esteriore con un’espressione innocente: la
sua sessualità diventa pertanto il tramite delle violente asserzioni della sua
volontà.
I
personaggi principali sono Ambrosio; Rosario - ovvero Matilda -; Antonia e sua
madre Elvira; Lorenzo - innamorato di Antonia -; sua sorella Agnese - monaca
rimasta incinta e promessa sposa a don Raimondo, amico di Lorenzo.
Si accennava prima alle vicende sussidiarie che,
pur essendo di compendio alla vicenda principale, non sono risparmiate dalle direttive
gotiche del romanzo: Raimondo e Agnese, amanti "moderni" e "razionali", devono fare i conti con l'irrazionalità della
Monaca Sanguinante; Raimondo impara a sue spese che lo scorrimento naturale dei
suoi desideri sessuali nei confronti di Agnese risulta complicato
dall'esistenza di forze, solo occasionalmente visibili, legate al passato. In
seguito, tali forze abbandonano le vesti della Monaca Sanguinante per assumere
quelle dell'antico codice del convento: a esso, infatti, la viziosa
Madre Superiora attinge a piene mani al fine di poter condannare Agnese a
essere rinchiusa nelle segrete del convento, con il
corpicino del bimbo avuto dalla relazione con Raimondo.
La Cattedrale, la vita monastica, la Chiesa in
generale, sembrano luoghi sicuri, chiari, certi, ma, in realtà, risultano
essere gli elementi che segneranno la condanna di Ambrosio: vita monastica
significa educazione corrompente, la Cattedrale è il luogo dove
l'autoesaltazione di Ambrosio trova il suo conforto, la Chiesa è il tramite che
rende possibile tutto questo.
In tal modo l'autore dà un importante esempio nello
sviluppo del tradizionale eroe gotico, facendo di Ambrosio un personaggio nel
quale splendide potenzialità diventano qualità distruttive.
In poche righe
ecco riassunta la trama del romanzo. Quando Ambrosio
scopre che Rosario, suo adorato confratello, è, in effetti, Matilda, una donna
innamorata di lui, conosce prima la tentazione e poi, nonostante i suoi
tormenti interiori, il peccato.
La
lussuria di Ambrosio non conosce ormai più limiti perché il rapporto con
Matilda non lo soddisfa più e, in cerca di una nuova fonte di piacere,
s’innamora della giovane Antonia. Per appagare i suoi desideri ricorre, grazie
all'aiuto di Matilda, alla stregoneria riuscendo, una notte, a entrare nella
casa di Antonia al fine di stuprarla. Elvira, madre della giovane, lo scopre e
Ambrosio si vede costretto a ucciderla per non essere smascherato. Assalito dal
rimorso, non gli resta che fuggire.
Sempre
consigliato da Matilda, Ambrosio decide di avvelenare Antonia, affinché potesse
sembrare morta e seppellirla quindi in
una cripta dove solo lui sarebbe potuto entrare. Il piano riesce e la giovane
viene violentata, ma, nel frattempo, un manipolo di soldati scopre il
nascondiglio e arresta il monaco – che aveva già pugnalato a morte Antonia – e
la sua complice.
Ambrosio
e Matilda sono consegnati all'Inquisizione, torturati e condannati a morte.
Convinto da Matilda, e seguendone l'esempio, pur di sfuggire alla pena
capitale, il monaco vende la propria anima al diavolo, che però, subito dopo
averlo fatto evadere, lo uccide rivelandogli sia che
Matilda è, in realtà, un demone minore, inviato deliberatamente per tentarlo e
farlo peccare, sia che Antonia era sua sorella ed Elvira sua madre, sia che
l'Inquisizione aveva deciso di concedergli la grazia.
Quale macabra beffa: la decisione di Ambrosio di consegnare la sua anima al
diavolo era stata del tutto inutile!
Il
romanzo non narra solo la storia di Ambrosio, ma
anche le vicissitudini di altri personaggi, in un modo o nell'altro, tutti
legati tra loro: Antonia e sua madre Elvira; Lorenzo, innamorato di Antonia; sua sorella Agnese, monaca rimasta incinta e promessa
sposa di don Raimondo. Quest'ultimo narra all'amico Lorenzo la storia d'amore
con Agnese, storia che diventa un vero e proprio racconto all'interno della
narrazione nel quale compaiono figure caratteristiche del romanzo gotico,
come la Monaca Sanguinante e l'Ebreo errante.
Al momento della
pubblicazione, Il Monaco riscosse un grande successo, anche se
i temi scabrosi in esso trattati gli procurarono non
poche critiche; tuttavia Coleridge, uno dei più importanti poeti romantici
inglesi, non poté fare a meno di lodarlo. Il marchese De Sade, anni dopo la
comparsa del romanzo, affermò che si trattava di un vero capolavoro della
narrativa gotica.
Nel corso del XIX secolo il romanzo fu dimenticato. Nei primi decenni del
Novecento il movimento surrealista riscoprì Il
Monaco proprio per la carica trasgressiva e libertina.
Artisti come Antonin Artaud – commediografo, scrittore e regista teatrale
francese – e André Breton – scrittore, poeta e critico d'arte francese e
teorico del surrealismo – ne furono influenzati. Questa riscoperta fece sì che nel XX secolo si cominciasse
nuovamente a prendere in considerazione questo meraviglioso romanzo.
Dalla
Santità alla Dannazione
John Berryman, nella sua introduzione al testo
originale di The Monk, pubblicato nel 1952 dalla Grove
Press di New York, affermava che il punto centrale del romanzo fosse quello di
condurre un uomo dalle rari doti a una dannazione completa, sorprendendosi di
quanto tempo ci volesse e di quanto fosse difficile essere certi dell'avvenuta
dannazione.
Quali sono stati dunque i passaggi intermedi che
hanno portato Ambrosio dalla quasi Santità alla certa e inequivocabile
Dannazione?
Punto fermo d'inizio è l'educazione che il giovane Ambrosio riceve in
convento: egli cresce, si educa e si forma sviluppando al massimo tutte le sue
virtù ma, al tempo stesso, il suo Eros viene represso nel profondo del suo Io.
Inevitabile, quindi, che la scoperta della prima donna – Matilda, ovvero il
falso novizio Rosario, ovvero un demone –, del corpo di lei e della sua
femminilità, provochino in lui uno sconvolgimento psichico enorme; di colpo,
tutto quanto a lui sconosciuto e negato, diventa quotidiano, tangibile:
bramosia e lussuria convivono costantemente in lui
turbandolo, tentandolo e distruggendolo nel corpo e nello spirito.
Così si compie l'operato satanico. Rosario/Matilda/il Demone ha colpito e fatto centro nell'unico punto fortemente
vulnerabile di Ambrosio: la sua sfera
sessuale. D'altro canto, cos' altro poteva offrire Satana ad Ambrosio in cambio
della sua anima? Forse una promessa di Santità? Il monaco la stava raggiungendo
giorno dopo giorno grazie alla sua ferma convinzione religiosa. Forse la
potenza terrena? Egli era già potente: le mogli dei grandi volevano solo lui
come confessore e alle sue omelie del giovedì nella Cattedrale accorreva tutta
Madrid per ascoltare le sue parole. Forse la fama? O il denaro? No, erano tutte
cose che Ambrosio già possedeva o avrebbe potuto possedere se solo ne avesse
manifestato il desiderio. La sessualità repressa, quindi, era l'unica via dalla
quale l'operato satanico doveva passare; ed è molto significativo il fatto
che Lewis scelga, come luogo in cui la tentazione si
manifesta, il giardino del convento, evocazione e trasposizione del peccato
originale e dell'Eden: Eva e il serpente condannano Adamo; Matilda, con l'aiuto
del morso di una serpe nascosta nel roseto, segna la condanna di Ambrosio.
Da questo momento in poi la vita del monaco diventa
una continua, tremenda prova: in antitesi alla figura di Ambrosio, nasce dentro
di lui un "anti-monaco", in tutto e per tutto il suo esatto opposto.
Prima del crollo definitivo assistiamo, per il resto del romanzo, a un continuo
dibattersi di Ambrosio tra monaco e antimonaco, tra vero e falso, tra bene e
male; da una parte, l'abate cerca, con uno sforzo disperato, di mantenere i
suoi obiettivi primari, soprattutto nell'esteriorità, affinché la sua figura di
uomo santo resti tale agli occhi della gente; dall'altra, l'anti-monaco propone
una nuova vita, densa di lussuria, un mondo dei sensi che lentamente
s’impadronisce della vittima predestinata.
I punti fermi della sua educazione (rettitudine,
religiosità e razionalità) vengono stravolti da nuove forze a lui sconosciute
ma più potenti della sua convinzione perché non teoriche ma palpabili, immediate, concrete:
l'irrazionalità, l'occulto e la magia nera.
Ne consegue che la crisi spirituale aumenti in misura direttamente
proporzionale all'aumentare dei suoi nuovi desideri. Sarà proprio questa sua insaziabile sete di nuovi scabrosi
obiettivi che lo porterà alla conoscenza e all'uso di nuovi strumenti a lui concessi dalla magia nera. Egli non esiterà a
far uso di questi strumenti, anche se l'operato compiuto per loro tramite lo
porteranno allo stupro e all'assassinio.
La crisi spirituale è definitiva e irrisolvibile;
l'Ambrosio-Monaco è finito; l'uomo che ora Matthew Lewis ci presenta è del
tutto svuotato da ogni virtù, da ogni speranza. Naturalmente è l'Anti-monaco a uscirne
vittorioso: la sua – e quindi di Satana – è una vittoria totale; oltre al corpo
di Ambrosio, conquistato con facilità grazie alle beltà più o meno nascoste di
Matilda, oltre alla coscienza, dominata con un paziente lavoro disgregativo, il
Principe delle Tenebre riesce a dominare e a farsi consegnare dallo stesso
Ambrosio la sua anima.
Vendendo la sua anima al diavolo, il monaco
suggella definitivamente la sua condanna e la sua perdizione eterna: ora il
perdono di Dio gli sarà negato.
La chiusura del romanzo è affidata a un metaforico
volo verso l'alto di Ambrosio che fugge dal carcere mentre – ironia – i
carcerieri gli stanno portando la grazia; ma questo volo iperbolico è destinato
a tramutarsi subito dopo in un precipitare vorticoso sulla Sierra Morena dove,
dopo alcuni giorni di tremenda agonia, anche il corpo trova la sua fine. Allo
stesso modo lo spirito di Ambrosio è sempre stato "ascendente" verso
la santità per poi precipitare vertiginosamente
nel baratro della perdizione dove, dopo molte agonie morali, giunge la
morte spirituale.
Ambrosio, fino a circa metà del romanzo, poteva apparire come
"l'eroe", rivelandosi poi un comunissimo mortale, oltretutto tra i
peggiori che esistano: al godimento di una molto probabile Vita Eterna -
elemento di là da venire, impalpabile, astratto, denso di sacrifici e
privazioni - egli preferisce il godimento immediato dei piaceri terreni, più
concreti, tangibili, più facili da raggiungere. Ma saranno proprio questi
piaceri, o presunti tali, che lo trascineranno verso sofferenze sempre più
atroci e irreversibili, sia materiali sia spirituali.
Inquadramento
letterario
Scholes e Kellog in La natura della narrativa, pubblicato da Il Mulino nel 1970, sdoppiano
l'insieme della narrativa, identificando con rappresentazione quel genere che cerca di riprodurre un duplicato della realtà, e con illustrazione il genere che si propone soltanto di riprodurre un
aspetto della realtà. A completamento di questa teoria, Clara Reeve, nel suo Progress of Romance (1785) identifica in "the novel" ciò che descrive come un "...quadro della vita e dei costumi reali del tempo
in cui viene scritto" e in "the
romance" ciò
che "...con linguaggio nobile ed elevato
descrive ciò che non accade e che probabilmente non accadrà mai".
Per un lettore italiano la
differenza tra questi due generi letterari è forse difficile da comprendere,
perché per noi il romanzo è la prosa di una certa lunghezza che racconti una
storia, ma per chi conosce l’inglese la differenza è chiara e scegliere di
scrivere un romance
piuttosto che un novel significa scegliere una distanza, maggiore o minore, da ciò
che probabilmente può accadere nella realtà.
Si deve comunque aggiungere quanto esposto da
Warren e Wellek nel loro trattato Teoria della letteratura, pubblicato da Il Mulino nel 1956,: "the novel" si sviluppa da forme non
fittizie della letteratura, prendendo
pertanto vita da lettere, diari, memorie, biografie, cronache, ed esaltando il
dettaglio rappresentativo. "The
romance", invece, è
continuatore dell'epica e del romanzo medioevale: può trascurare la
verosimiglianza dei particolari per raggiungere una più elevata realtà e una
più profonda analisi psicologica.
Nel prendere in considerazione queste grandi
classificazioni, si riesce a dare una prima collocazione a Il Monaco tra i testi di "Illustrazione" perché suggerisce un aspetto della realtà, e
tra i "Romance" perché descrive ciò che
non accade. Tuttavia, si rende necessario fare una precisazione: Tommaso
Kemeny, ungherese, in Testi di
illustrazione e rappresentanza dell' 800 inglese (1978), afferma che i testi di “Illustrazione” più che suggerire limitatamente un aspetto della
realtà, trasformano la visione dell'oggetto perduto del desiderio in modo tale
da renderlo irriconoscibile al lettore, ma non al metalinguaggio del critico.
Kemeny, inoltre, fa una puntualizzazione circa il linguaggio nobile ed elevato
dei "Romance" affermando che tale tesi
può essere corretta se usata per il romanzo epico dal quale i testi
dell'Illustrazione derivano. Questi ultimi, infatti, stravolgono completamente
il loro originario registro stilistico, precipitando negli abissi del
mostruoso, dell'orrido e dello strano.
In Introduction
à la literature fantastique, (1970) Tzvetan Todorov, filosofo e saggista bulgaro, definisce la parte più
significativa dei testi di “Illustrazione” come "Letteratura fantastica",
variante, appunto, del testo di “Illustrazione”.
A livello di classificazione dei testi, come
variazione del testo fantastico, s’inserisce il romanzo gotico inglese in
quanto, a ragione, è rappresentato da una serie di scritti sul soprannaturale, sullo spaventoso, con azione ambientata
nell'orrido. Anche il romanzo gotico si sottopone a sua volta a una
diversificazione binaria: da una parte il soprannaturale, spiegato, razionalizzato;
dall'altra, il soprannaturale accettato senza spiegazioni di alcun genere.
Prima condizione del fantastico è l'esitazione, e
di tale esitazione Il Monaco è pieno: il lettore
"esita" di continuo tra una
spiegazione logica e naturale degli avvenimenti, delineando così il sottile
confine tra possibile e impossibile. Il fantastico si presenta concretamente
come presente, come limite tra un passato noto e un futuro ignoto.
Se il fantastico viene razionalizzato, se viene
ricondotto al reale noto, siamo nella classe detta "dei testi dello
strano"; se, invece, il fantastico sconfina nel sapere dell'ignoto – come
ne Il Monaco – e si accetta l'impossibile,
siamo nel meraviglioso, dove la follia assurge a
ragione superiore.
In conclusione, quindi, Il Monaco appartiene al genere del romanzo di “Illustrazione”, come sottogenere al fantastico e come
classificazione ai testi del meraviglioso in cui l'impossibile è
accettato, in cui superato l'ordine reale (il mondo della struttura) e l'ordine
simbolico (il mondo dei sogni), s’irrompe nell'immaginario.
Comunque, Il Monaco viene
indicato come testo significativo del romanzo gotico, appartenente quindi a
quella classe di testi nei quali
terrore e mistero risultano elemento base del racconto.
Terrore e mistero hanno sempre esercitato un enorme
fascino sul lettore, già dai tempi dei drammi ellenistici. È però nell'ultima
parte del '700 che tale gusto si rafforza, affermandosi
definitivamente: sono appunto di questo periodo le Tales of terror - come, per esempio, Il Castello di Otranto di Horace
Walpole o I misteri di Udolfo di Ann Radcliffe - e i romanzi
del Marchese de Sade.
Il '700, quindi, non è l'epoca della scoperta
dell'orrido, ma il secolo nel quale l'idea giunge alla sua piena
consapevolezza; la novità piuttosto è da ricercarsi nel continuo, insistente,
costante legame tra terrifico, dolore e voluttà: il dolore provocato da
situazioni terrificanti è concepito come parte integrante della voluttà; anzi,
quest'ultima risulta proprio essere figlia della crudeltà.
La tematica del romanzo gotico è di per sé
abbastanza semplice e, comunque, comune a più o meno tutta la narrativa di
questo genere; il pretesto base, quando esiste, è dato dal ritrovamento
"casuale" di un antico manoscritto dov’è narrata la vicenda; il luogo
è sempre rappresentato da un sinistro castello o da un convento con segrete,
cunicoli, sotterranei; c'è sempre un misterioso delitto connesso sovente a un
amore illecito, contrastato o incestuoso, quasi sempre perpetrato da un
ecclesiastico; il malvagio, in genere spagnolo o italiano, vende sempre la sua
anima al diavolo, dal quale viene poi raggirato; maghi, streghe, fantasmi hanno
sempre una loro ordinata collocazione. Tutto questo, ovviamente, ripetuto in
modo quasi meccanico, tanto da dare origine, in seguito, alle scontate parodie
sul tema.
Innegabile, comunque, il fatto che ancora ai giorni
nostri questi cliché terrificanti abbiano una buona presa sul pubblico: segno
questo che tali meccanismi sono già, e sempre lo saranno, propri della mente
dell'uomo.
Fonti
d’ispirazione
Il Monaco è un
romanzo che racchiude in sé, per merito conscio o inconscio del suo autore,
molte tendenze e idee, molti gesti e spunti tipici del '700. Durante la lettura
del romanzo, quindi, s’incontrano diversi motivi preesistenti, magari solo in
embrione, nella produzione letteraria europea, che vengono 'recuperati' da
Lewis.
Oltre alle ispirazioni certe, fornite direttamente
dall'autore nella prefazione al romanzo – come, per esempio, la storia del
santone Barsisa –, o ricavabili dalla sua biografia o dalle lettere che inviava
da L'Aja a sua madre – nelle quali emergono l’enorme interesse per la
produzione letteraria e teatrale del tempo, e amicizie importanti, quali quelle con Goethe, Shelley e Byron
-, ne Il Monaco si trova un amalgama di tutto ciò che colpì
l'immaginazione del giovane Lewis, che più
catturò la sua attenzione leggendo un libro dell'epoca o assistendo a una
rappresentazione teatrale. Si possono indicate testi quali Intrigues monastiques, ou l'amour encapuçonné di Jean Van den Bergh, del 1739,
pubblicato a L'Aja, dove si narra di un confessore che uccide la giovane da lui
sedotta; oppure Les victimes clôitres, un dramma di Mouvel del 1791
nel quale un prete malvagio fa rinchiudere in convento una giovane che vuole
fare sua; oppure ancora Camille,
ou le souterrain di Morsollier
(1750), in cui una giovane viene rinchiusa in una segreta con il suo bambino e
liberata solo quando i due stanno per morire di fame. Ne Il Monaco anche Agnese, incinta, viene richiusa nel
sotterraneo e abbandonata.
La fanciulla sedotta, resa madre e abbandonata a se
stessa – tema antico e tanto caro allo Sturm und Drang del primo romanticismo tedesco – è una dominante ripresa e rinfrescata
da Richardson nel 1747 con la sua Miss Clarissa Harlowe del romanzo Clarissa. A distanza di pochi anni l'uno dall'altro,
nascono in Germania Emilia
Gallotti di
Gotthold Ephraim Lessing (1772), in Francia Justine di de Sade
(1791) e in Inghilterra Antonia e Agnese de Il Monaco di Matthew
Lewis; tutte queste disgraziate figlie di Clarissa, subivano ogni sorta di
oltraggio, morivano o rischiavano di farlo in orribili carceri, tra nauseabondi
orrori cimiteriali. In particolare, sembra che Lewis si compiacesse di evocare
tali nefandezze: d'altra parte, per scagionarsi da ogni accusa, avrebbe potuto
evocare nientemeno che Shakespeare e il suo Romeo e Giulietta (atto IV, scena I-76) dove si parla di serpi, ossari, crani, stinchi
putridi, e altro ancora.
Da sottolineare, infine, l'intuizione di Mario Praz
nel suo Il patto col serpente (Mondadori, 1972) circa
l'orribile fine che Satana riserva ad Ambrosio. Praz accosta l'azione del
monaco che precipita sulla Sierra Morena e la sua agonia con l'episodio
dantesco della morte di Buonconte.
Quest'ultima fonte, comunque, così come altre meno
evidenti, fanno parte di quei plagiarism
dei quali
Lewis non ne era a conoscenza, come egli stesso afferma nell' advertisment al suo romanzo.
...e da
questo capolavoro del '700:
Nel 1972
Adonis Kyrou gira un film tratto da questo romanzo con la sceneggiatura di Luis
Buñuel e Jean-Claude Carrière. Interpreti Franco Nero, nei panni di Ambrosio, e
Nathalie Delon, nei panni di
Matilda.
Nel 2011 la
regia di un nuovo adattamento cinematografico de Il Monaco (Le Moine) viene
affidata a Dominique Moll. Il film, presentato al London Film Festival, vede
Vincent Cassel nei panni di Ambrosio.
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Vincent Cassel nei panni di Padre Ambrosio |
un saggio davvero interessante ed esauriente!
RispondiEliminaGrazie Tiziana. Il libro è veramente molto bello.
RispondiEliminaMimma
Brava e acuta.
RispondiEliminaI.