(a cura di Mimma Zuffi)
Tra poco sarà il 27 gennaio, e anche noi non vogliamo dimenticare Il Giorno della memoria, ricorrenza internazionale che ogni anno commemora le vittime del nazismo, dell'Olocausto e ricorda coloro che, a rischio della propria vita, hanno protetto i perseguitati.
Il testo dell'articolo 1 della legge italiana n. 211 del 20 luglio 2000 definisce con queste parole le finalità del Giorno della Memoria:
« La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. »
L'entrata del campo di concentramento di Auschwitz con la tristemente celebre scritta Arbeit macht frei |
Là dove si danno alle fiamme i libri,
si finisce per bruciare anche gli uomini".
H. Heine
E quando ci domanderemo cosa stiamo facendo,
tu potrai rispondere loro: noi ricordiamo.
Ecco dove alla lunga avremo vinto noi.
E verrà il giorno in cui saremo in grado
di ricordare una tal quantità di cose
che potremo costruire la più grande scavatrice
meccanica della storia e scavare, in tal modo,
la più grande fossa di tutti i tempi,
nella quale sotterrare la guerra.
dal libro "Fahrenheit 451" di Ray Bradbury
«L'Olocausto è una pagina del libro dell'Umanità
da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria.»
Primo Levi
Nel giardino della Sinagoga di Budapest si trova "L'albero della vita", il commovente monumento all'Olocausto opera di Imre Varga, una scultura raffigurante un salice piangente sulle cui foglie è inciso il nome di quei martiri. Il parco è anche dedicato alla memoria di Raul Wallenberg, Giorgio Perlasca e Mons. Angelo Rotta, tre grandi uomini che durante la seconda guerra mondiale salvarono dallo sterminio migliaia di Ebrei ungheresi.
Particolare de "L'Albero della vita" Foto di M. Zuffi |
Nel parco si trova questa lapide a ricordo dei grandi uomini che salvarono la vita a migliaia di Ebrei Foto di M. Zuffi |
La bibliografia che proponiamo di seguito è solo orientativa. Andate in libreria e documentatevi!
Massimiliano Boni
Il museo delle penultime cose
66THAND 2ND |
In un futuro non troppo lontano l’Italia è scossa da un’inquietante deriva antisemita. Mentre la situazione va lentamente degenerando, al museo della Shoah di Roma si prepara una grande mostra sugli ultimi sopravvissuti ai campi di concentramento, ormai tutti scomparsi. A occuparsene è un giovane storico, Pacifico Lattes, uno degli artefici del minuzioso lavoro di conservazione di dati e documenti d’archivio che ha trasformato definitivamente il ricordo individuale in memoria collettiva. Le sue certezze, tuttavia, vacillano a causa di una notizia sconvolgente: forse c’è un sopravvissuto ancora in vita, un vecchio aspro e testardo, confinato in una casa di riposo nel degrado del quartiere Tor Sapienza. Ma c’è qualcosa che non torna, il suo nome non compare in nessuna delle liste dei deportati: cosa nasconde quell’uomo taciturno e ostinatamente chiuso in sé stesso?
Per celebrare la Giornata della memoria 66thand2nd porta in libreria Il museo delle penultime cose, secondo romanzo di Massimiliano Boni: un’indagine che mescola abilmente fiction e verità storica, una drammatica «scelta di Sophie» che svelerà solo in fondo il suo terribile segreto.
IL PARTIGIANO EDMOND
di
Aharon Appelfeld
Guanda editore
Ucraina, ultimo anno di guerra. Sfuggito per un soffio alla deportazione, Edmond a diciassette anni è entrato in una banda di partigiani ebrei capeggiata dal carismatico Kamil. Gli addestramenti quotidiani, la vita comunitaria, le incursioni per procurarsi viveri e armi lo hanno irrobustito nella mente e nel corpo, facendo del liceale di buona famiglia, scombussolato dai primi turbamenti amorosi, un uomo pronto a fronteggiare la morte e – quel che per certi versi sembra ancora più difficile – le proprie radici e i ricordi: la fede degli avi, il distacco dai genitori e la distanza emotiva, l’indifferenza nei loro confronti nell’ultimo periodo trascorso insieme, che ora gli appare imperdonabile. Stare con i partigiani di Kamil – fra i quali spiccano per la luminosa umanità il vicecomandante Felix, nonna Tsirel, la cuoca Tsila, il gigante Danzig, che si occupa con infinita tenerezza di un trovatello, e tanti altri – significa riscattarsi, riguadagnare uno scopo che renda la vita sopportabile e degna di essere vissuta: proteggere i più deboli, salvarli, votarsi a loro con dedizione assoluta, dissipare almeno un poco la tenebra in cui il mondo sembra immerso. Dopo essersi temprato nella terra dell’acqua, una regione paludosa perfetta per la guerriglia contro gli occupanti tedeschi, il gruppo intraprende infine la lunga ascesa verso la vetta, il luogo ideale per mettersi in sicurezza e realizzare l’obiettivo più ardito: far deragliare i treni destinati ai lager, in attesa di poter tornare a casa.
BADENHEIM 1939
di
Aharon Appelfeld
Guanda editore
È la primavera del 1939 e, come ogni anno, la località di villeggiatura di Badenheim, in Austria, si affolla di villeggianti. Ma questa non sarà una vacanza come tutte le altre. Quando, per ordine delle autorità, agli ebrei viene imposto di registrarsi presso un misterioso Dipartimento sanitario dotato di poteri allargati, molti si risentono del fastidio, alcuni protestano, ma nessuno riconosce appieno la minaccia. Certo, un terribile cambiamento è nell’aria, e un senso di catastrofe imminente assedia Badenheim, circondata da una foresta che si fa sempre più cupa e paurosa. Ma finché il pericolo resta senza un nome e il nemico senza un volto è ancora possibile dar retta alle parole consolatorie dell’impresario Pappenheim che, animato da un infausto senso materno, si fa in quattro per rassicurare e illudere se stesso e i suoi compagni di sventura. Alla fine la piccola comunità forzata si avvierà docilmente verso la stazione, in compagnia di un rabbino sulla sedia a rotelle, guida spirituale che ormai non potrà più condurre i suoi alla salvezza. E nessuno, neanche davanti ai treni diretti verso la Polonia, sembra comprendere a fondo la misura dell’abisso che sta per spalancarsi.
L'AMORE SEMPLICEMENTE
di
Alessandro Golinelli
Frassinelli Editore
Ispirata a un episodio storico, una storia d'amore autentica e toccante, un racconto che rimane attaccato alla pelle e ci restituisce un passato tanto atroce quanto vivo e ancora attuale
Mauthausen, 1944. Anna è una liceale che abita poco distante dai campi di prigionia. Un giorno di novembre decide di tornare a casa da scuola attraverso il bosco, perché ama le piante e il loro profumo e ne conosce i segreti e i benefici poteri. Mentre cammina, il suo sguardo incrocia quello del ragazzo più bello che abbia mai visto, così giovane da sembrare un bambino, con gli occhi così azzurri che ci si perde dentro. Lui ha appena sfiorato con delicatezza una rosa d'inverno, e le sorride. È la sua anima gemella, pensa Anna.
Il ragazzo è Il'ja, un soldato russo di diciassette anni, e, come molti prigionieri del campo, è costretto a lavorare nelle fattorie della zona. Per lui, Anna diventa un antidoto contro la paura, che già combatte immaginando una fuga disperata e dedicandosi amorevolmente al giardino che deve curare. E forse il pensiero di lei è anche un rifugio dalla straziante perdita della famiglia e dei compagni. Anna e Il'ja, separati dalla violenza della guerra, si cercano disperatamente e nei loro brevi incontri - fatti di sguardi, silenzi e piccoli gesti muti eppure intensissimi - nutrono un amore delicato e totale. Il primo, puro e innocente, capace di sfidare anche il male assoluto. Ispirato a un episodio storico, la tragica fuga di seicento prigionieri dell'Armata Rossa dal campo di sterminio di Mauthausen avvenuta il 2 febbraio 1945, L'amore semplicemente di Alessandro Golinelli è un romanzo appassionante e di grande potenza visiva, una storia d'amore autentica e toccante, un racconto che rimane attaccato alla pelle e ci restituisce un passato tanto atroce quanto vivo e ancora attuale.
Quella difficile identità. Ebraismo e rappresentazioni letterarie della Shoah
di
Stefania Lucamante
Iacobelli editore
Con Quella difficile identità. Ebraismo e rappresentazioni letterarie della Shoah Stefania Lucamante ci fornisce un affresco ampio e assai documentato del femminile della e nella Shoah. E dimostra come questo patrimonio, finora non sufficientemente valutato dalla critica storica e letteraria, abbia influenzato la letteratura italiana dalla seconda metà del XX secolo fino ai nostri giorni.
Partendo dai primi memoriali delle deportate italiane, che videro la luce già l’indomani della Liberazione, passando alle testimonianze e ai romanzi pubblicati a distanza di decenni negli anni della “rottura del silenzio” sul tema, fino all’opera di scrittrici della generazione che è stata definita dei “Figli e figlie dell’Olocausto”, l’autrice indaga i meccanismi di trasmissione della memoria di donne che, in modi diversi, furono coinvolte in quell’evento epocale e decisero di scriverne. Il filo rosso del volume, che fa propria la posizione di Primo Levi nel considerare anche i memoriali come un genere “letterario”, è la messa a fuoco del valore letterario, oltre che testimoniale, delle opere di autrici quali Liana Millu, Lidia Beccarla Rolfi, Giulia Tedeschi, Edith Bruck, Lia Levi, Giacoma Limentani, Helena Janeczek, con una significativa inserzione della non ebrea Rosetta Loy.
Un intero capitolo del volume è dedicato a La Storia di Elsa Morante: Lucamante ripercorre il dibattito critico sul romanzo al tempo della sua pubblicazione, chiarisce i fraintendimenti sulle intenzioni autoriali in merito alla forma e allo stile scelti e soprattutto evidenzia la finora scarsa considerazione dei temi legati all’ebraismo presenti nell’opera morantiana.
Il lungo viaggio di Primo Levi
La scelta della resistenza, il tradimento, l'arresto. Una storia taciuta
di
Frediano Sessi
Marsilio Editore
Nella notte tra il 12 e il 13 dicembre del 1943, Primo Levi venne arrestato, in località Amay (valle d’Aosta), durante un rastrellamento della milizia fascista contro i partigiani. Con lui saranno arrestati Luciana Nissim e Vanda Maestro, Aldo Piacenza e Guido Bachi che, da qualche settimana, hanno dato vita a una banda di ribelli affigliata a Giustizia e Libertà. Nonostante questo episodio dia inizio a tutto il suo calvario di ebreo deportato ad Auschwitz, Primo Levi parlerà assai poco e saltuariamente della sua permanenza in montagna tra i partigiani. Anzi arriverà a definirlo «il periodo più opaco» della sua vita. «È una storia di giovani bene intenzionati ma sprovveduti - scriverà - e sciocchi, e sta bene tra le cose dimenticate». Qual è la causa di un giudizio così severo, accompagnato da un silenzio interrotto solo da alcune pagine di un racconto e da cenni contenuti in opere letterarie e di testimonianza? L’esecuzione sommaria all’interno della banda di due giovani che con le loro azioni minacciavano la sicurezza e la vita stessa del gruppo partigiano può sicuramente aver contribuito. E tuttavia, la ricostruzione puntuale e documentata delle settimane che videro Levi passare dalla scelta antifascista alla lotta partigiana, apre altri scenari, suggerendo un legame di continuità tra la vita partigiana e la lotta per la sopravvivenza ad Auschwitz. Una storia inedita, raccontata per la prima volta a partire da documenti ritrovati, interviste e ricostruzioni d’ambiente.
Le donne e l'Olocausto
Ricordi dall'inferno dei Lager
di
Lucille Eichergreen
Marsilio Editore
Le donne e l'Olocausto è uno dei pochi memoriali che si concentra esclusivamente sulle donne. Con sincerità straziante, Lucille Eichengreen offre uno sguardo approfondito e sincero dell'esperienza femminile nei campi nazisti. Raccontando la storia della propria sopravvivenza, esplora il mondo delle altre donne che ha incontrato, dal potere femminile delle guardie SS, alle prigioniere che erano costrette a prostituirsi per il cibo. Le amicizie che nacquero tra le donne spesso durarono a lungo. Si aiutavano l'una con l'altra, e si dimostravano un affetto e un'attenzione che era difficile trovare persino in famiglia. Certo, avevano anche delle nemiche tra loro. Altre donne le maltrattavano, le denunciavano, le raggiravano e rubavano il cibo o le scarpe. In tutti i campi di concentramento era più o meno lo stesso. Ma in generale c'era fiducia reciproca, le donne si davano una mano e piangevano insieme. Con una prosa secca e toccante, la Eichengreen sa cogliere il nocciolo, l'essenza delle cose ma senza fare prediche. In più, Lucille scrive con l'autorevolezza della testimone oculare, un valore che presto spetterà solo alla pagina scritta e ai documentari filmati, visto che le fila dei sopravvissuti si assottigliano drammaticamente ogni anno. Lei è una di loro, una sopravvissuta che ha ancora voglia di raccontare la propria storia. Sopravvivere al ghetto di Lodz, ad Auschwitz, a Neuengamme e a Bergen-Belsen fu quasi un miracolo. Aveva otto anni e viveva ad Amburgo, in Germania, quando Hitler salì al potere. Aveva vent'anni quando la guerra finì. Dodici lunghi anni di orrore, di privazioni, di umiliazioni, di fame
Frediano Sessi , Carlo Saletti
Visitare Auschwitz
Guida all'ex campo di concentramento e al sito memoriale
Marsilio Editore
Ogni anno, dall'Italia, più di 60.000 visitatori raggiungono il Lager di Auschwitz; per lo più gruppi di studenti e di insegnanti, ma anche famiglie e singole persone. Dal 1959 il loro numero cresce continuamente, nonostante sia trascorso ormai più di mezzo secolo dalla sua liberazione. Chi si reca a O´swi¸ecim (Polonia) e visita il Lager di Auschwitz, che ha sede nel campo base, e poi raggiunge Birkenau, il campo di sterminio poco distante, spesso non riesce a capire come funzionava questo immenso centro di sterminio e di afflizione. Intorno a questo luogo memoriale immerso in un grande e profondo silenzio che lascia esterrefatti, la vita scorre e la città come i suoi abitanti cercano di mostrarsi per quello che sono oggi, senza riuscire a risolvere (ma si potrà mai?) il conflitto tra il presente e un passato che non passa. Per capire occorre arrivare a O´swi¸ecim preparati e informati, ma poi sul luogo che tra il 1940 e il 1945 vide morire più di un milione di ebrei e fu il Lager del martirio di un'Europa soggiogata dalla scure nazista, gli occhi guardano ciò che rimane senza troppo comprendere. Visitare Auschwitz è una guida ricca di informazioni, fotografie e mappe, di suggerimenti puntuali per aiutare il visitatore a entrare in ciò che resta oggi di questo terribile passato, un utile strumento per cominciare a ricostruire la storia del complesso concentrazionario e a rivivere con l'immaginazione i frammenti di vita quotidiana di molti dei deportati ebrei e non che vissero in questo luogo i loro ultimi giorni.
Genocidio. Una passione europea
di
Georges Bensoussan
Chi ha reso possibile la formazioni intellettuale degli architetti dell’annichilimento? Chi furono i maestri dei medici nazisti? In quale brodo culturale sono stati immersi coloro che hanno concepito l’assassinio di massa?
Dal momento che gli uomini sono nutriti dalle credenze delle generazioni precedenti, si deve procedere a un’archeologia intellettuale del disastro del secolo appena trascorso, non mettendosi nei panni di un giudice o di un procuratore (e contro chi istruire il processo?) ma adottando l’andatura di un passante qualunque.
Convinti che la cultura era sinonimo di “progresso” e di “ragione”, abbiamo occultato l’immensa storia dell'anti-illuminismo, quella parte della cultura europea che si dedicò a fare degli ebrei una questione. L’immaginario antiebraico non si limita a qualche figura rinomata, ma impregna la storia dell’intera Europa. Chi potrebbe negare che l’antiebraismo, mutato in “antisemitismo”, costituisca il sottofondo di questa catastrofe? Ma lo sfondo non esclude una cerchia più ampia: come poter capire le leggi di Norimberga prescindendo dagli statuti di limpieza de sangre del XV secolo spagnolo? Come poter capire il comportamento genocida dell’autunno 1941 senza correlarlo al programma “T4” nazista di soppressione dei malati mentali? Gli anni 1880-1914 sono stati la matrice di una brutalizzazione della società che la Grande Guerra avrebbe esacerbato con una morte di massa, riducendo i corpi ad avanzi umani e degradando il nemico al rango di parassita.
Privata del suo terreno di coltura, la storia senza precedenti ma non senza radici della Shoah rischia alla lunga di apparire come un incidente nella “marcia continua del progresso”. La messa in luce delle sue origini culturali e politiche contribuirà, al contrario, ad ancorare questa tragedia nella storia di lungo periodo.
Patrick Desbois
«Fucilateli tutti»
La prima fase della Shoah raccontata dai testimoni
Tra il 1941 e il 1944, circa un milione e mezzo di ebrei che vivevano in Ucraina, in seguito all’invasione tedesca dell’Unione sovietica, sono stati assassinati mediante fucilazione. Soltanto una minoranza di questi ebrei è stata deportata nei campi di sterminio nazisti. La quasi totalità è morta sotto il tiro delle pallottole degli Einsatzgruppen (unità mobili SS di massacro), delle Waffen-SS, della polizia nazista o dei suoi collaboratori dell’Est europeo. Il fenomeno della Shoah per fucilazione, conosciuto e raccontato dagli storici, nelle sue linee essenziali, ma noto anche alle truppe alleate, non è mai stato ricostruito in modo sistematico, ed è rimasto fino a oggi poco studiato. Padre Patrick Desbois, spinto da motivi personali e da ragioni etiche, nel giugno del 2002 comincia a ripercorrere le tracce e i luoghi di questo Olocausto per fucilazione, fino a quel momento ignorato. Villaggio dopo villaggio, con i suoi giovani collaboratori, ritrova e intervista i testimoni di terrificanti massacri, riscopre le fosse comuni, nelle quali porta alla luce bossoli di fucili e di mitragliatrici, ossa di uomini, donne e bambini assassinati, così come molti oggetti personali non corrosi dal tempo. In questo modo, raccoglie le prove dell’assassinio selvaggio di centinaia di migliaia di ebrei. Indaga, al tempo stesso, sul fenomeno inquietante del collaborazionismo e fa riemergere dal buio e dal silenzio parole di testimonianza che restituiscono una giusta sepoltura, degna della specie umana, a coloro che furono travolti dalla furia omicida del progetto nazista di conquista dell’Est. Un libro scritto con la pietas di un sacerdote che riesce, con il rigore della sua ricerca, a parlare al cuore degli uomini e dei potenti di questo mondo che ancora nasconde massacri e violenze di massa, spesso rimossi anche quando sono conosciuti.
La voce dei sommersi
Manoscritti ritrovati di membri del Sonderkommando di Auschwitz
a cura di Carlo Saletti
Questo libro sfata il mito tragico del silenzio degli innocenti e la convinzione ancor più radicata che i "corvi neri" dei crematori fossero ebrei che avevano deciso di collaborare con i nazisti per distruggere i loro fratelli, rende la parola ai "sommersi", fa sentire la loro voce di testimoni integrali. Essi hanno scritto con la precisa consapevolezza di essere i soli cronisti che avrebbero potuto rendere conto dell’orrore, là dove l’orrore era assoluto.
Nel corso di alcuni mesi, a volte anni, qualche centinaio di prigionieri ebrei, deportati nel campo di concentramento di Auschwitz, visse più di ogni altro l’esperienza della prossimità con l’epicentro della catastrofe. Erano i membri del cosiddetto Sonderkommando, la squadra speciale addetta alle operazioni di sterminio degli ebrei nelle camere a gas e al "trattamento" dei cadaveri nei crematori di Birkenau. La maggior parte di questi uomini venne uccisa dalle ss del campo; solo qualche decina riuscì fortunosamente a sopravvivere e a testimoniare dopo la guerra. Segregati tra i segregati, assistettero giorno dopo giorno alla distruzione del proprio popolo. Tra il 20 e il 26 gennaio 1945, ad Auschwitz le ultime ss fecero saltare in aria quanto rimaneva dei crematori e delle camere a gas. Sotto le macerie, tra le ceneri, rimasero nascoste le annotazioni che alcuni membri del Sonderkommando avevano preso durante la prigionia, scritte, a volte, con il proprio sangue. Sepolti nei pressi dei crematori del lager di sterminio di Auschwitz-Birkenau, questi sei manoscritti raccontano l’inferno, il dolore e la morte, ma anche la speranza di vita e l’anelito di rivolta di coloro che erano destinati a scomparire nel nulla perché ebrei o zingari o politici antinazisti. Per la prima volta la voce del testimone porta il lettore nei sotterranei dei crematori, nelle celle della morte, tra i cristalli dello Ziklon B, il veleno tremendo che veniva usato nelle camere a gas di Auschwitz-Birkenau.
"In condizioni estreme ogni pezzo di carta diviene sacro. Più la distruzione è vasta, più le tracce scritte divengono sacre". E reclamano di essere conosciute. Un libro evento, che aggiunge nuova conoscenza alle ragioni e alle dinamiche della macchina dello sterminio nazista. David Roskies
Elisa Springer
Il silenzio dei vivi
Marsilio Editore
Elisa Springer aveva ventisei anni quando venne arrestata e deportata ad Auschwitz con il convoglio in partenza da Verona il 2 agosto 1944. Salvata dalla camera a gas dal gesto generoso di un Kapò, Elisa vive e sperimenta tutto l’orrore del più grande campo di sterminio nazista. Ben presto ridotta a una larva umana, umiliata e offesa, anche nel corso dei successivi trasferimenti a Bergen Belsen, il campo dove morì tra gli altri Anna Frank, e a Theresienstadt, risucirà a tenere vivo nel suo animo il desiderio di sopravvivere alla distruzione. La sua forza e una serie di fortunate coincidenze le consentono di tornare tra i vivi, dapprima nella sua Vienna natale e poi in Italia, dove all'inizio della persecuzione nazista contro gli ebrei d'Europa, spinta dalla madre, aveva cercato rifugio. Da questo momento e per cinquant'anni la sua storia cade nel silenzio assoluto: nessuno sa di lei, conosce il suo dramma; nessuno vede (o vuole vedere) il numero della marchiatura di Auschwitz che Elisa tiene ben celato sotto un cerotto. Il mondo avrebbe bisogno della sua voce, della sua sofferenza, ma le parole non bastano a raccontare il senso del suo dramma infinito e sempre vivo. La sua vita si normalizza, nasce un figlio. In quegli anni è proprio la maternità il segno della sua riscossa contro i carnefici. Cinquant'anni dopo proprio questo figlio, Silvio, vuole capire, sapere e lei, per amore di madre, ritrova le parole che sembravano perdute. Unico caso al mondo di un silenzio così profondo che si interrompe con in racconto della storia della sua drammatica vita, morte e rinascita, il libro di Elisa Springer assume il peso di quei testi che sanno parlare agli uomini e alla storia, al cuore e alla mente.
Ottima l'idea di citare libri che parlano di quella pagina orrende della Storia. NON SI DEVE DIMENTICARE!
RispondiEliminaMarco
molto interessante...
RispondiEliminaPer non dimenticare, ricordiamo anche le parole di Guccini in Auschwitz (Canzone del bambino nel vento). Grazie Mimma, Juanito.
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