(a cura di Mimma Zuffi)
Il Natale può
essere festeggiato in tanti modi, ma Benedikt ne ha uno tutto suo: ogni anno la
prima domenica d’Avvento si mette in cammino per portare in salvo le pecore
smarrite tra i monti, sfuggite ai raduni autunnali delle greggi. Nessuno osa
sfidare il buio e il gelo dell’inverno islandese per accompagnarlo nella
rischiosa missione, o meglio nessun uomo, perché Benedikt può sempre contare
sull’aiuto dei suoi due amici più fedeli: il cane Leó e il montone Roccia.
Comincia così il viaggio dell’inseparabile terzetto, la «santa trinità», come
li chiamano in paese, attraverso l’immenso deserto bianco, contro la furia
della tormenta che morde le membra e inghiotte i contorni del mondo,
cancellando ogni certezza e ogni confine tra la terra e il cielo. È qui che
Benedikt si sente al suo posto, tra i monti dove col tempo ha sepolto i suoi
sogni insieme alla paura della morte e della vita, nella solitudine che è in
realtà «la condizione stessa dell’esistenza», con il compito cui non può
sottrarsi e che porta avanti fiducioso, costi quel costi, in un continuo
confronto con gli elementi e con se stesso, per riconquistare un senso alla
dimensione umana. Nella sua semplicità evocativa, Il ”pastore d’Islanda“ è il
racconto di un’avventura che diventa parabola universale, un gioiello poetico
che si interroga sui valori essenziali dell’uomo, un inno alla comunione tra
tutti gli esseri viventi. Esce per la prima volta in Italia un classico della
letteratura nordica che ha fatto il giro del mondo e sembra aver ispirato
Hemingway per Il vecchio e il mare, considerato in Islanda il vero canto di
Natale.
Citazioni
«Chi non l'ha mai
bevuto in una buca nella terra, a trenta gradi sotto zero e in mezzo a un
deserto di montagne e tempesta, non sa cos'è un caffè.»
(Gunnar
Gunnarson, Il
pastore d'Islanda, p. 85)
Gunnar Gunnarsson (1889-1975),
plurinominato al Nobel, è uno dei grandi nomi della letteratura islandese. Nato
in una famiglia povera ma deciso a seguire la sua vocazione di scrittore, si
trasferisce in Danimarca dove riesce a terminare gli studi e comincia a
scrivere romanzi che presto gli procurano fama internazionale e i più
prestigiosi riconoscimenti. Tutte le sue maggiori opere sono state scritte in
danese, tra cui Il pastore d’Islanda, La chiesa sulla montagna, L’uccello nero, e solo in seguito tradotte in islandese dall'autore stesso, che torna in patria nel 1939 per rimanervi fino alla morte. Il pastore
d'Islanda ha avuto svariate letture e
interpretazioni sia in Islanda che all'estero.
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