Appunti sparsi di viaggio di Marina Fichera
Parlare di Siria
potrebbe sembrare inopportuno per certi aspetti, ma il mio è un atto di
rispetto per questo paese mediorientale di cui ora non resta che una vuota
carcassa, un fantasma dal passato glorioso, quando regnava una storica
tolleranza tra popoli e religioni, ormai perduta.
La Siria era un paese
bellissimo, vario e ricco di storia e umanità. Verdi montagne che ricordano le
nostre regioni appenniniche, deserto, mare, importanti siti archeologici, arcaici
monasteri cristiani e possenti castelli crociati erano il vanto di questa
regione, posta a cavallo tra il Mediterraneo e il deserto iracheno, l’antica
Mesopotamia.
Damasco – La moschea degli Omayyadi - foto di M. Fichera |
Damasco, una città
millenaria, tra le più antiche al mondo, era vivace, cosmopolita e colta.
Nella moschea degli
Omayyadi, nata sulle rovine di un tempio dedicato a Zeus e il più importante
luogo di culto musulmano della Siria, è conservata e venerata la testa di San
Giovanni Battista. Il cortile della moschea era pieno di bambini e famiglie,
all’interno uomini e donne pregavano separati, genuflessi su splendidi tappeti
persiani.
Il suk di Damasco in
particolare era un luogo splendido, ricco di un fascino speciale. Profumo di
rose damascene, sgargianti tessuti, dolciumi, pistacchi e spezie arricchivano i
lussuosi negozi rivestiti di preziose tarsie.
Ma la vera anima del suk
erano i suoi commercianti, distinti e appassionati venditori di esotismo e
delizie per il palato e l’anima. C’era il profumiere, un omone nel suo negozio
ricolmo di centinaia di boccette d'essenze. Gli raccontavi quel che volevi – naturalmente
con l'aiuto della fidata guida che traduceva in arabo - e lui, quasi
magicamente, mescolando fragranze semplici e antiche, faceva nascere il tuo profumo, unico e irripetibile.
Poi c’era il venditore
di antichità che ci portò sulla terrazza all'ultimo piano del suo negozio. Una
bellissima terrazza coperta da freschi tendaggi, affacciata sul minareto di
Gesù della moschea degli Omayyadi, dove ci offrì un tè insieme ai suoi
affascinanti racconti. Il negoziante era un uomo molto colto e raffinato, con
un perfetto inglese, che conosceva bene il mondo. Ci mostrò con orgoglio il suo
"regno", colmo di antichi vasi, tappeti e argenti, un piccolo caos
dove tutto era armonioso.
Piccoli lussi di tempi
andati che, dopo la guerra civile che dal 2011 a oggi ha ridotto Damasco a un
cumulo di macerie, spero non siano andati perduti per sempre.
Una bottega nel suk – foto di M. Fichera |
A nord del paese sorge Aleppo, detta
“la grigia” per il colore della pietra dei suoi palazzi, la più grande città
della Siria e patrimonio Unesco. Qui la cucina siriana ha da sempre espresso i
suoi massimi livelli, tra profumi di coriandolo e confettura di rose.
Il centro storico, ormai
completamente distrutto, era dominato dalla cittadella, una fortezza arroccata
su una collina in cui le famiglie passeggiavano allegre e spensierate nei
giorni festivi.
Ai piedi della collina si estendeva,
in un dedalo di vicoletti e gallerie, un meraviglioso suk dove era d’obbligo
comprare il famoso – e ottimo - sapone di Aleppo e i profumati dolcetti ai
petali di rosa.
Qui tutto era tranquillo, le persone
gentili e sorridenti, i bambini vivaci e paffuti. A ripensarci forse era solo
apparenza, non riesco a capire, e non riesco neanche a immaginare come stiano
vivendo gli abitanti di Aleppo che ancora non sono scappati dall’orrore della
guerra.
Il Krak des Chevalier, la cui storia
inizia nell’XI secolo, è considerato la più rilevante e famosa
costruzione militare fortificata dell'Ordine dei Cavalieri dell'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, in seguito noto come Ordine
dei Cavalieri di Malta.
Sito protetto
dall’Unesco per la sua unicità e storia, è un imponente castello bianco, fiero e massiccio, che
svetta tra vallate verdissime, e che ha resistito alle antiche campagne
crociate e ad alcuni terremoti, attraversando i secoli quasi intatto fino allo
scoppio della guerra civile. Dalle
ultime notizie il castello, riconquistato dalle truppe governative nel maggio
2014, è parzialmente distrutto al suo interno, ma le possenti mura esterne
sembrano aver resistito, ancora una volta, alle follie umane.
Il krak des chevalier – millenario castello crociato – foto di M. Fichera |
Palmyra era una fiorente città già
nei primi secoli dopo Cristo. Qui in incrociavano i carovanieri che
commerciavano tra il mondo orientale e quello occidentale, e qui tutto era
bello, ricco e raffinato, come la sua affascinante regina Zenobia. Diventata
regina a seguito della morte del marito nel 267 d.c., Zenobia fu una regina
ambiziosa e ribelle, che cercò di creare un nuovo impero e di sfuggire al giogo dell’Impero Romano. Sfortunatamente fu
sconfitta proprio a Palmyra dove, legata con catene d’oro, fu esibita come
trofeo di guerra dall’imperatore Aureliano.
Il sito archeologico si
trova nel mezzo di un luminoso deserto spesso
sferzato dal vento. Quando la sabbia vola veloce e ricopre le persone e le
cose, tutto diventa irreale, il confine tra la terra e il cielo si confonde, le
distanze non si comprendono e il tempo quasi si ferma. Ma quando tutto si
calma, e il cielo torna limpido e azzurro, la luce del sole è magnificamente
accecante e le rovine mostrano tutto l’antico splendore della città di Zenobia.
Qui le battaglie si sono susseguite con crescente durezza nel tempo, ma dal marzo 2016 Palmyra dovrebbe essere stata sottratta definitivamente dal controllo dello stato islamico.
Qui le battaglie si sono susseguite con crescente durezza nel tempo, ma dal marzo 2016 Palmyra dovrebbe essere stata sottratta definitivamente dal controllo dello stato islamico.
Sergiopoli – gregge nella tempesta di sabbia – foto di M. Fichera
|
Le rovine di Palmyra – foto di M. Fichera |
Maaloula è – voglio
pensare che esista ancora – un piccolo villaggio cristiano a nord della
capitale. Costruito sul costone di una montagna, a circa 1.500 metri s.l.m., è
uno dei villaggi dove si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù.
Mentre stavamo per
raggiungere il villaggio per visitare i monasteri di Santa Tecla e di San
Sergio il nostro bus si ruppe e perdemmo alcune ore in attesa di assistenza.
Arrivammo così al villaggio che era quasi buio. Il paesino era illuminato da
piccole luci che lo rendevano simile a un presepe, faceva freddo ma tutto era
così calmo e sereno. I monaci, la ragazza che ci recitò il Padre Nostro
nell’antica lingua aramaica, il villaggio intero, tutto era avvolto da pace e
silenzio. Tutto era come magicamente immutato da millenni.
La Siria era, e ancora
è, questo e molto di più. Un paese con una storia e una cultura immensa, un
popolo con una grande umanità e fierezza, che sta attraversando un periodo
buio, e che va aiutato, in attesa che le colombe tornino a volare nuovamente.
Non so pronunciare il suo nome senza che sulla mia bocca si
addensi il nettare dell’albicocca, del melograno, della mora e del cotogno
Non so ricordarla senza che si posino su un muretto della memoria
mille colombe… e mille colombe volano.”
Nizar Qabbani – estratto
da "Damasco… giubilo di acqua e gelsomini"
che bello...si sentono i profumi e si vedono i colori....
RispondiEliminaGrazie Tiziana
RispondiEliminaMarina
Articolo molto bello e interessante che ci fa riflettere su questa insensata guerra...
RispondiEliminaBellissime anche le foto. Complimenti!
Patrizia e Alice
Grazie care amiche!
RispondiEliminaMarina
Condivido l'articolo che mi ha emozionato, grazie! Cristina Bianchi
RispondiEliminaGrazie Cristina!
Elimina