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sabato 24 settembre 2016

Giacomo Leopardi e "L'Infinito" - Le parole dei sentimenti che trascendono il reale

a cura di Rosaria Andrisani


L’Infinito, scritto nel 1819 ed è uno dei più importanti idilli di Giacomo Leopardi; è un componimento di quindici endecasillabi sciolti, una testimonianza di come la parola descrive moti d'animo, semplicemente e profondamente; verso dopo verso, cogliamo l'essenza del suo messaggio, l'importanza dell'attimo da vivere, la malinconia delle circostanze che sfuggono, la fragilità che nasconde uno spiraglio di luce. La lirica é breve, ma rivela la capacità di comunicare in modo sublime il valore della realtà, trascesa e rivisitata in un mondo ideale che la mente disegna, appagando il desiderio di ogni uomo di immaginare l’infinito.


Il colle, il monte Tabor nei pressi della sua casa a Recanati, é sempre stato caro al poeta, suo rifugio nei momenti difficili, suo scorcio per immaginare "interminabili spazi" in cui perdersi lietamente e "profondissima quiete" che rasserena l'anima.
La siepe che “da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude” è quasi un velo che “protegge” da ciò che è oltre l’universo dei sentimenti di Leopardi il quale, nonostante tutto, è pronto a immergersi in quella realtà così distante dal suo modo di essere e di pensare, una verità che ha contrastato la sua naturale essenza, la sua delicatezza di pensiero. Quella siepe, barriera tra la realtà e l’immaginazione, ora invita a perdersi in tutto ciò che è essenza da toccare con mano ed è sottile il filo che separa l’oggettività dall’infinito, da un universo mentale dove “per poco il cor non si spaura” provocando uno sconcerto che acquieta i sensi. Il poeta riflette sul destino umano, manifesta il continuo contrasto tra il mondo reale e l’ideale, un mondo che pone limiti alla sua mente che non si concilia con la realtà storica che egli vive, con la società di cui fa parte. 
Così tra questa immensità s’annega il pensier mio; e il naufragar m’è dolce in questo mare”; in un dissidio tra finito ed eterno, dove i limiti spazio temporali si cancellano, Leopardi definisce la sua esperienza un dolce naufragio con un ossimoro che segna l’importanza di questa piacevole scoperta, di riuscire a confondere il suo io in una dimensione irreale, dove perdersi per ritrovare la propria identità.

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