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giovedì 15 settembre 2016

FRANCESCO GUCCINI, EPISODIO 3: IL CANTAUTORE-POETA

di Giovanni De Pedro
Guccini durante uno dei suoi innumerevoli concerti
Parlare della carriera musicale di Francesco Guccini non è facile in quanto la sua vasta produzione è costituita da 16 album registrati in studio, 7 dal vivo e 3 raccolte dei suoi migliori successi.
La storia di Francesco parte dal 1967 quando, prodotto da Caterina Caselli, fu pubblicato Folk beat n.1, dove spiccano canzoni come Noi non ci saremo, Auschwitz, In morte di S.F. e Statale 17, tutte riprese nell'Album Concerto con i Nomadi del 1979.


Noi non ci saremo è la descrizione di una futura fine del mondo, della quale l’uomo percepirà solo l’esplosione che la genererà ma poi, dopo secoli, la vita sul pianeta ricomincerà.
Auschwitz (canzone del bambino nel vento) è una poesia che parla del famoso campo di concentramento e termina con una frase toccante:

Io chiedo quando sarà 
che l'uomo potrà imparare 
a vivere senza ammazzare
e il vento si poserà.

In morte di S.F.(Canzone per un amica) è dedicata alla morte di una sua giovane amica a seguito di un incidente stradale ed è con questa canzone che Guccini ha sempre aperto ogni suo concerto.

Voglio però ricordarti com'eri
pensare che ancora vivi
voglio pensare che ancora mi ascolti
e come allora sorridi.

Statale 17 è un bellissimo blues che paragona questa strada appenninica alla mitica Route 66.
Nel 1970 Guccini esce con Due anni dopo, dove ci regala La Primavera di Praga che racconta dell'invasione russa del '68 nella città boema, effettuata per sedare una rivolta contro il regime comunista. Francesco paragona il sacrificio di Jan Palach, che si diede fuoco in Piazza San Venceslao, a Jan Hus, mandato al rogo a Costanza nel 1485 per aver protestato contro la Chiesa.

Jan Hus di nuovo sul rogo bruciava
all'orizzonte del cielo di Praga.

Questa canzone fu ripresa nell'Album Concerto con i Nomadi e in Quasi come Dumas..., pubblicato nel 1988 e registrato durante un suo concerto tenuto proprio a Praga. In questo album dal vivo e in Due anni dopo, Guccini canta L'albero ed io, una specie di testamento della sua volontà di essere sepolto sotto un albero, una emozionante poesia anche se piena di tristezza.

Quando il mio ultimo giorno verrà
dopo il mio ultimo sguardo sul mondo
non voglio pietra su questo mio corpo
perché pesante mi sembrerà
cercate un albero, giovane e forte
quello sarà il posto mio
voglio tornare anche dopo la morte
sotto quel cielo che chiaman di Dio.

La tematica della morte ritorna spesso nei testi di Guccini come in Un altro giorno è andato, inserita ne L'isola non trovata del 1970 e nell'album dal vivo Tra la Via Emilia e il West del 1984.

E un altro giorno è andato la sua musica ha finito
quanto tempo è già passato e passerà!
Tu canti nella strada frasi a cui nessuno bada
il domani come tutto se ne andrà.

Ma è nell'album Radici del 1972 che Francesco incide la canzone, con la quale chiude ogni concerto, simbolo della lotta operaia, La locomotiva, in cui il cantautore parla di un fatto realmente accaduto alla fine dell'800: un ferroviere anarchico lanciò a forte velocità una locomotiva verso un treno di lusso ma la sua macchina venne deviata su un binario morto e, per la cronaca, il ferroviere se la cavò con solo qualche ferita.

Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore
mentre fa correr via la macchina a vapore
e che ci giunga un giorno ancora la notizia
di una locomotiva che come cosa viva 
lanciata a bomba contro l'ingiustizia.

Nello stesso disco, Guccini inserisce Il vecchio e il bambino, una canzone con una musica da “pelle d'oca” che crea un'atmosfera e un pathos indescrivibili. I versi di questo testo, una poesia che è stata inserita nei libri scolastici, raccontano di un uomo e un bambino che, tenendosi per mano, vanno verso un tramonto mentre l'anziano racconta al bimbo di un tempo passato dove i ritmi della vita erano dettati dalla natura e non c'erano le fabbriche. Emozionante la frase finale:

Il bimbo ristette, lo sguardo era triste
e gli occhi guardavano cose mai viste
e poi disse al vecchio con voce sognante
mi piaccion le fiabe, raccontane altre.

Una caratteristica di Guccini è quella di non essersi mai piegato alle richieste delle scadenze dettate dalle case discografiche; l'unica volta che lo fece ha scritto, nel 1974, quello che lui stesso definisce il disco più brutto della sua carriera, Stanze di vita quotidiana. Ma nel 1976 pubblica un altro capolavoro, Via Paolo Fabbri 43, che prende il titolo dall'indirizzo della casa dove il cantante viveva a Bologna. Tra i pezzi dell'album non si può non ricordare L'avvelenata, una canzone piena di parolacce che ancora oggi è famosa tra i suoi fan in quanto legata alle proteste di quegli anni; Il pensionato che parla della povertà e della solitudine di un anziano vicino di casa che, solamente al suo funerale, "rivede" i pochi parenti che ancora aveva e, per finire, Canzone quasi d'amore, dialogo con la morte in una emozionante atmosfera musicale che termina con la frase:

D’ altra parte, lo vedi, scrivo ancora canzoni
e pago la mia casa, pago le mie illusioni,
fingo d’ aver capito che vivere è incontrarsi,
aver sonno, appetito, far dei figli, mangiare,
bere, leggere, amare… grattarsi! 

Nella canzone Via Paolo Fabbri 43 c'è una frase che sintetizza il pensiero di Francesco sulla morte e sul definirsi "un giullare"

Se solo affrontassi la mia vita come la morte,
avrei clown, giannizzeri, nani a stupir la tua corte,
ma voci imperiose mi chiamano e devo tornare perché
ho un posto da vecchio giullare qui in via Paolo Fabbri 43! 

In Amerigo, del 1978, Francesco incide Libera nos domine, il cui titolo parla da sé: una preghiera a Dio perché ci liberi dal male e dalla corruzione. Molti anni dopo, il rocker emiliano Luciano Ligabue, scrisse quella che io considero la copia di questa canzone Libera nos a malo.
In questo disco, Guccini inserisce un'altra canzone simbolo di quel periodo di protesta, dedicata all'indumento che distingueva i sostenitori della sinistra politica da quelli di destra, Eskimo, dove l’autore parla dei tempi che cambiano e della liberazione sessuale.

E quanto son cambiato da allora e l’eskimo che conoscevi tu
lo porta addosso mio fratello ancora e tu lo porteresti e non puoi più,
bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà:
tu giri adesso con le tette al vento, io ci giravo già vent’ anni fa! 

Dopo quattro anni, nel 1981, esce Metropolis, album le cui canzoni sono dedicate a varie città del mondo tra cui Bisanzio, Bologna - definita una vecchia signora - e Venezia, dove si svolge una storia triste in un ospedale tra gli antichi palazzi e il porto di Marghera.

Venezia che muore, Venezia appoggiata sul mare, 
la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi, Venezia, la vende ai turisti, 
che cercano in mezzo alla gente l' Europa o l' Oriente, 
che guardano alzarsi alla sera il fumo - o la rabbia - di Porto Marghera... 

Guccini è il titolo dell'album uscito nel 1983, nel quale compare Autogrill dove protagonista è la barista di un autogrill, a cui Francesco pensa chiedendosi come sarà la vita della ragazza fuori dal proprio posto di lavoro. Ma questa non è l’unica ragazza a cui Guccini dedica una canzone; infatti ve ne è un’altra, Culodritto, soprannome che lui dà alla figlia e che inserisce in Signora Bovary del 1987.
Passano altri tre anni, prima dell'uscita di Quello che non..., nel quale, oltre alla canzone che dà il titolo all'album, compare Le ragazze della notte, dedicata a tutte quelle donne che si prostituiscono e rischiano la vita sulle strade .
Nel 1992, l'entomologo Giovanni Sala, scopre sull'Appennino tosco-emiliano, una nuova specie di farfalla appartenente alla famiglia Parnassius e la dedica a Guccini che, nel 1993, intitola il suo nuovo album Parnassius Guccinii, appunto, in cui Francesco compone Canzone per Silvia, omaggio a Silvia Bernardini, imprigionata negli Stati Uniti perché accusata di essere comunista e di lavorare per i servizi segreti russi.
La copertina del disco dove appare la famosa farfalla

Nei due album seguenti, Guccini scrive due pezzi ispirati da noti romanzi storici, Cirano in D'amore di morte e di altre sciocchezze del 1996 e Don Chisciotte, un pezzo potente e fantastico di grande presa sul pubblico durante i concerti, inserito nel primo album del nuovo millennio Stagioni, nel quale l'omonima canzone è dedicata alle sensazioni provate da Guccini il giorno in cui arrivò la notizia della morte di Ernesto "Che" Guevara.

Il terzo mondo piange, ognuno adesso sa 
che "Che" Guevara è morto, forse non tornerà, 
ma voi reazionari tremate, non sono finite le rivoluzioni 
e voi, a decine, che usate parole diverse, le stesse prigioni, 
da qualche parte un giorno, dove non si saprà, 
dove non l'aspettate, il "Che" ritornerà. 

Nel medesimo disco, Guccini interpreta Ho ancora la forza, una canzone scritta in collaborazione con Luciano Ligabue, e poi cantata anche da quest’ultimo, suo erede naturale.
Nell'album seguente, Ritratti del 2004, Guccini torna a omaggiare l'eroe sudamericano Ernesto Guevara dedicandogli Canzone per il Che.
Passeranno otto anni prima che Francesco entri in sala d'incisione per un nuovo disco e nel frattempo vengono pubblicate tre raccolte dei suoi successi e un album dal vivo registrato a Cagliari, Anfiteatro live.
Nel 2014 è uscito L'ultima Thule, preceduto dal "triste" annuncio di Francesco Guccini che sarà l'ultimo album della sua lunga carriera anche se continuerà a esibirsi in concerto. Ne L'ultima Thule, il cantautore, facendo una specie di excursus dei vari stili musicali e una raccolta dei concetti che hanno sempre caratterizzato i suoi testi, ha creato un lascito per tutti i suoi fan che culmina proprio ne Il testamento di un pagliaccio.

A noi non restera' che andare via,
e sciogliendoci da quel mortale abbraccio
ricorderemo forse quel pagliaccio
e la sua lotta ingenua e cosi' sia. 

Questo sentirsi "giullare" era culminato, nel 1973, con un album dal vivo intitolato Opera buffa, con canzoni di pura follia e trascinante ironia.
In ogni caso, pagliaccio o giullare, a noi piace vederlo ancora dietro la sua chitarra emozionandoci e facendoci ridere oppure piangere perché chi è suo fan non smetterà mai di amarlo e dirgli: "Grazie Francesco".
La copertina dell'ultimo, in tutti i sensi, album di Francesco Guccini








4 commenti:

  1. Bellissimo. Leggendo questi tre episodi ho potuto conoscere in profondità l'opera di questo grande artista. Grazie di cuore...

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  2. Giovanni sei stato bravissimo nel cogliere i vari aspetti del grande Guccini.
    Mary

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  3. Grazie le sue parole sono sempre state per me una guida nella vita. Giovanni.

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