In questo mondo di consumismo i media ci offrono troppa
crudeltà gratuita e non sappiamo, o non vogliamo più raccontare favole ai
bambini. Non siamo più capaci di far amare e di amare gli animali, che non sono
giocattoli da buttare quando siamo stanchi di loro.
Accompagnati dalle parole dello scrittore Jules Renard, potremmo invece avvicinarli alla natura e
andare con loro a vedere le scimmie che si rincorrono sugli alberi, danzano ai raggi del nuovo
sole, si stizziscono, si spulciano, sbucciano una banana, e bevono avidamente, mentre i loro occhi lanciano lampi che presto si spengono nel
ricordo delle foreste.
Potremmo andare a vedere i fenicotteri
che sembra camminino sulle molle, per paura di bagnarsi
nell’acqua dello stagno; i cigni e il loro lungo collo; lo struzzo
con quelle alucce da pulcino e un ciuffetto in cima alla testa simile a un berretto ; andate a vedere le
cicogne, che fanno solo spallucce (a lungo andare è un gesto che non
dice più nulla); i
pinguini in frac come se dovessero recarsi a una cerimonia; il pellicano che gira con quel suo enorme becco come se fosse una sciabola; e i pappagallini che si fanno gioco del
custode.
E se andassimo con loro a vedere la giraffa che ci mostra la sua testa, oltre le
sbarre della gabbia; l’elefante che trascina stancamente
le sue pantofolone, con la proboscide penzoloni e il codino che si muove appena.
Andiamo anche a vedere il porcospino,
con quegli aculei fastidiosi non solo per sé ma anche per la sua compagna; la zebra; la pantera, distesa mollemente al sole; l’orso che ci fa sorridere mentre pensa tristemente ai ghiacci lontani; e il leone che
sbadiglia ricordando la libertà di cui godeva nella sua Africa.
E che dire del ranocchio? Poveretto, vive sotto una pietra e lì morrà …a meno che non…
Andavo spesso a fargli visita, e tutte le
volte avevo sempre paura che fosse ancora lì e
paura che non ci fosse più.
Sì, c’era ancora. Nascosto sotto il suo
stretto rifugio, lo occupava tutto, rigonfio come la sacca degli avari di una volta, ricordandomi così l’Avaro
di Molière o Il
Mercante di Venezia di Shakespeare. Ed ancora un ricordo del
cartone animato Robin Hood con Re Giovanni e i sacchi pieni delle monete rubate
alla povera gente.
Era tuttavia sufficiente un piccolo
rumore per allontanarlo e per venirmi incontro con
salti pesanti e guardarmi con i suoi occhioni rossi e quasi colmi di lagrime.
Se il mondo lo trattava con
ribrezzo, io non avevo paura di accoccolarmi accanto a lui e di avvicinare al suo
faccione verde il mio volto. Chissà, pensavo, con un po’ di amore, come in una favola, potrebbe
anche cambiare sembianze!
Con questo pensiero in mente rimossi quel
po’ di ribrezzo che mi restava e osai fargli una lieve carezza: che strana
sensazione.
D’altra parte, nella vita, si caccian giù
tanti rospi che fanno nascere ben altri tipi di nausee!
Quel giorno però non riuscii a toccarlo,
e pensai che era davvero brutto. Quando aprì quella sua bocca da bimbo, o da vecchio?,
senza denti, quasi avesse letto
nel mio pensiero, mi rispose con un leggero accento inglese: “E tu?”
Accento inglese? Allora era arrivato da
chissà quale Paese lontano, grazie a qualche misterioso incantesimo. Dall’Africa,
forse? A questo punto cominciai a pensare a
popoli lontani che vivono nella natura, a tradizioni a noi ancora sconosciute,
alla giungla, scrigno di misteri, alla savana, al deserto che muta col passare
del vento e avrei voluto avere anch'io la pelle nera.
Istruttivo l'inizio. Divertente la descrizione degli animali. Il mondo sarebbe migliore se imparassimo davvero ad amare VERAMENTE gli animali. E quanto abbiamo da imparare da loro! Brava.
RispondiEliminaBeatrice
Grazie Beatrice, quanta strada dobbiamo ancora fare!
RispondiEliminaMimma
Che bello! Che dolcezza e poesia, divertente ed emozionante. Gli animali sono da rispettare sempre, non solo nelle favole. Bravissima, Mimma. Juanito.
RispondiEliminaGrazie Juanito per aver compreso sia l'insegnamento sia la "poesia" nel descrivere gli animali.
RispondiEliminaMimma