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sabato 14 febbraio 2015

Alaska. Natura all'ennesima potenza

Appunti sparsi di viaggio di Marina Fichera

Latitudine 61° Nord, Longitudine 149° Ovest, oltre sedici ore complessive di volo, meno dieci ore di fuso orario rispetto all'Italia. Benvenuti ad Anchorage, Alaska, Stati Uniti d’America. 
In queste terre selvagge la popolazione di caribù, grizzly e alci è ben superiore a quella degli esseri umani. L’Alaska è, per certi versi, un non luogo, dove regnano incontrastati gli elementi naturali. Qui l’uomo è un ospite che, seppur perfettamente integrato nel difficile ambiente nordico, non é riuscito a soggiogare a proprio favore la Natura, prepotente e indomita. 
Abitante del Denali National Park and Preserve
(foto di M. Fichera)


La luce estiva che ad agosto inoltrato, arrivando ben oltre le 22:30, permette di vivere lunghissime giornate, sarà duramente compensata durante un inverno freddo e buio, lungo oltre sei mesi. In una continua applicazione della legge del contrappasso l'uomo, qui, non può che cercare di adattarsi. 
In questa estate - ma credo che sia così quasi sempre - il sole in Alaska é una risorsa scarsa quasi quanto l’acqua nel deserto. Ma dopo interi giorni di pioggia, quando il sole finalmente si affaccia lacerando le nubi, il paesaggio si trasfigura. Il grigio del mare diventa turchese, i ghiacciai risplendono di una luce talmente intensa da sembrare quasi irreale, i fireweed - letteralmente erbacce di fuoco - le magnifiche piante selvatiche tipiche di questa terra, diventano come fiamme che incendiano questi immensi spazi di violetto e rosso. Tutto respira, gli elementi formano un'unica onda vitale, alimentata da un singolo raggio di sole.
Fireweed
(foto di M. Fichera)
  
Strade sterrate, strisce di terra battuta lunghe centinaia di miglia, scorrono dritte tanto da essere definite highways, autostrade. Mentre percorro la Denali Highway intorno ho solo tundra, laghi e montagne ricoperte di ghiacciai, sopra il cielo con le sue nuvole bianche continuamente in cambiamento, sotto la madre terra. Contrariamente all'Italia, dove percorrendo le autostrade senti un senso di estraniamento dal paesaggio, in Alaska anche percorrere una highway é un viaggio nella vastità di una natura incommensurabile. 
Panorama dalla Denali Highway
(foto di M. Fichera)

La terra d’Alaska, scossa da terremoti e vulcani, è primordiale e umida. E il Denali National Park and Preserve  non è semplicemente un luogo selvaggio, è innanzitutto un luogo primordiale. Un salto indietro nel tempo di migliaia di anni. Nella tundra licheni, fango e roccia, sui monti neve e acqua,  elementi semplici come era semplice la vita terrestre all’inizio della storia.

La mattina in cui visitiamo il Denali National Park il cielo è inizialmente azzurro pastello e ci permette di vedere – cosa abbastanza rara - il monte McKinley, il più alto del Nord America con i suoi 6.194 metri s.l.m., ma ben presto volge al grigio lattiginoso e spesse nubi ne ostacolano la vista. 
Il verde della tundra ha una tonalità intensa, mentre le pozze riflettono il grigiore del cielo. Un verde nutrito dall'umidità del terreno e rinvigorito dalle intense piogge della breve stagione estiva.

Il monte McKinley, 6.194 metri s.l.m.
(foto di M. Fichera)

Il 49° Stato è una terra vulcanica, dominata dal fuoco, ma più che altro penso al fuoco interiore che spinse sin qui i primi uomini, alla ricerca dell'oro prima e dell'oro nero dopo. Migliaia di uomini che dalla fine del XIX secolo lasciarono le proprie case, famiglie, vite, per rincorrere dorati sogni di ricchezza. 
Sorsero non solo miniere ma interi paesi con case, saloon, empori, che portarono la vita “civilizzata” nei territori isolati e impervi dell’ultima frontiera. Ancora oggi s'incontrano, nelle sterminate pianure alascane, alcuni di questi luoghi, ridotti ormai allo stato di  villaggi fantasma.
Quel che resta dell'emporio di Chitina
(foto di M. Fichera)
   
Ex miniera di rame
(foto di M. Fichera)

Scendendo a sud andiamo verso il freddo mare del Golfo d’Alaska. Un mare profondo e scuro, color piombo, fango o argento - a seconda del cielo - così diverso dal caldo e azzurro Mediterraneo. Un mare composto da acqua e ghiaccio, ricchissimo di fauna marina di ogni specie: pesci, leoni marini, cetacei, uccelli; queste coste sono rifugio per migliaia di animali.  

Lasciando Valdez in nave
(foto di M. Fichera)

Columbia Glacier
(foto di M. Fichera)

E l’uomo non può che approfittare ancora una volta di questa ricchezza, la pesca è una delle principali risorse  - dopo il petrolio – della regione. Ogni estate pescatori di professione e appassionati da tutto il mondo si ritrovano su queste coste per pescare enormi halibut e i salmoni che, nel tentativo di  dare inizio alla fine del ciclo vitale, si dirigono dal mare verso i numerosi fiumi della regione. In ogni paese della costa vengono organizzate gare - i cosiddetti Salmon Derby - che richiamano moltissimi amanti della pesca a suon di premi da decine di migliaia di dollari.
Gara di pesca al salmone
(foto di M. Fichera)

I cieli dell’Alaska sono quasi sempre colmi di nuvole dalle forme più fantasiose. E che siano cieli impetuosi popolati da enormi e rapide nuvole, minacciosi e bassi da rendere l'orizzonte quasi una linea immaginaria oppure impreziositi da squarci di azzurro lapislazzulo, questi cieli hanno un comun denominatore: sono senza fine. 
Il modo migliore per godere di questa vastità è prendere un piccolo e traballante aereo a quattro posti e sfidare la forza di gravità e le correnti ascensionali.
Il panorama del ghiacciaio del Parco del Saint Elias-Wrangell, anche se ancora una volta il sole si fa desiderare, è incredibilmente bello!
In volo sul ghiacciaio
(foto di M. Fichera)

L’Alaska mi ha aperto un mondo di dubbi e curiosità. Mi domando cosa spinge, ancora oggi, queste persone a vivere o a trasferirsi in luoghi così difficili? Lo spirito di avventura, la voglia di libertà, il feroce contatto con la natura o cos’altro? Chissà, forse semplicemente fuggono e se vengono da altri luoghi, cosa hanno perso e cosa guadagnato? 
Ho capito qualcosa di più dopo aver sentito l'entusiasmo dell’autista del bus al parco del Denali o della capitana della nave al fiordo del Kenai. Due delle numerose donne che ho trovato impegnate in lavori duri, che in Italia definiremmo "maschili", come rifare le autostrade o scavare un sentiero di montagna nella roccia. Lo stupore, a tratti gioiosamente infantile, che esprimono quando raccontano l'ambiente in cui ci accompagnano é vivo e sincero. Per loro ogni giorno, seppur duro e interminabile, é una nuova avventura, una scoperta, una meraviglia che si rinnova quotidianamente nella Natura. E un po' le invidio.

L'ultimo bagliore del tramonto si spegneva sulle deserte solitudini gelate e, contro l'indistinto colore del cielo, più viva spiccava la massa scura degli abeti che premevano e incalzavano il corso gelato del fiume.
Il vento che sino allora aveva impazzato, strappando dagli alberi la veste gelata che li aveva ricoperti, ora aveva tregua. Nessun rumore, nessuna voce d'uomo rompeva quel silenzio, e la natura, sempre uguale da che è nato il mondo, dominava incontrastata.
Da “Zanna Bianca”  di Jack London

8 commenti:

  1. Come al solito riesci a evocare paesaggi meravigliosi.
    Antonio

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  2. Grazie Marina per averci regalato questo sogno...primordiale. Juanito.

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  3. Testo e foto splendidi. Hai la facoltà di farci sognare. Grazie.
    Tony

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    Risposte
    1. Grazie Tony, mi fa molto piacere!
      ciao
      Marina

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  4. Ciao Marina!Con questo articolo hai fatto viaggiare anche noi. È scritto veramente bene e anche le foto sono stupende!
    Un bacione, Patrizia e Alice

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