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domenica 22 giugno 2014

Le corde dell'anima: il serio e il faceto

di Vincenzo Zaccone 


La splendida Piazza del Duomo e il palco del Festival
(foto di Vincenzo Zaccone)
E poi succede che a fine Maggio si consumi un rito, un appuntamento con cui si sente l'impegno e la voglia di convenire (nel senso letterale del termine), perché da quattro anni a questa parte ha luogo un festival di originale combinazione: musica e parole. O meglio, parole scritte e parole in musica. O, ancora, emozioni veicolate in maniera diversa, la prima più suggestiva e persuasiva e l'altra più intuitiva e immediata. Insomma, senza dubbio, due mondi contigui, che bene si accoppiano su un palco. Infatti l'evento ha guadagnato in popolarità di anno in anno, aumentando i propri visitatori (75 mila nell'edizione 2013) e attirando l'attenzione di volti noti del panorama musicale e prosaico, da tutt'Italia e dal mondo. Non può che aggiungere fascino la cornice del centro storico di Cremona, le botteghe dei liutai che si affacciano a ogni angolo, le vie pedonali che accolgono la gente che si sposta da un luogo all'altro della manifestazione, lungo la linea tracciata dal fitto programma della manifestazione. 


Anche quest'anno il Festival "Le corde dell'anima" ha preso il via la sera del 30 maggio, venerdì, ospitando grandi artisti come Paola Turci, e Ildefonso Falcones, autore di best seller che a Cremona ha presentato il suo nuovo libro La regina scalza, ambientato in Andalusia; il gruppo scelto per questa presentazione sono i Duende Flamenco, musica nata proprio in quella regione della Spagna. Sabato 31, nonostante fosse una giornata fredda e ventosa, alle 11 si è già tutti a Palazzo Affaitati a vedere la presentazione di Presagio, libro di Andrea Molesini. Il professore veneziano, vincitore nel 2011 del Premio Supercampiello con il libro Non tutti i bastardi sono di Vienna, e che vede tradotta in francese e tedesco la sua opera La primavera del lupo,  parla della sua Venezia nell'attimo prima di precipitare nel baratro della Prima Guerra Mondiale: l'arciduca Francesco Ferdinando è stato appena assassinato a Sarajevo e ancora nessuno riesce a presagire le conseguenze di quell'assassinio. Venezia fu una delle prima città italiane a subirne le ripercussioni, essendo una città basata sul turismo: nel Grand Hotel Excelsior, si muovono i membri dell'aristocrazia europea e, sebbene ancora la guerra non sia scoppiata, il mondo della Belle Époque sta per crollare e i segni sono tangibili nelle cucine vuote, senza vivande, del lussuoso albergo. 
Un momento della presentazione del libro
(Foto di Vincenzo Zaccone)
Sul piano della Storia si muovono le vicende di Margarete von Hayek, femme fatale che, lo scrittore ci tiene a ribadire, è “bella come sa essere solo una donna dal piglio pari alla sua grazia”, la cui vicenda d'amore si consuma in dodici giorni. La curiosità rivelata dallo scrittore, e che ho trovato molto affascinante, è che, prima di iniziare a scrivere un libro, inventa e segna altrove le storie dell'infanzia di tutti i personaggi, così da definirli e tipizzarli a tal punto da farli evolvere “spontaneamente” durante lo svolgimento della narrazione. L'intervista e la lettura di stralci del libro sono accompagnate dal Quartetto Palladio: Alessandro Ceravolo al violino, Luisa Zin, violino, Lucia Zazzaro alla viola, e Enrico Graziani al violoncello. Una presentazione del genere aumenta enormemente il fascino del libro.
Il Museo del violino di Cremona
Ogni appuntamento ha la durata di un'ora circa e ha luogo in posti diversi della città e a volte le conferenze si accavallano. Quindi da Palazzo Affaitati, ci si è precipitati al Museo del Violino, dove era ospite la mitica Banda Osiris. Consacrata alla popolarità dalla TV e in particolar modo dal programma Rai 3 Parla con me, si sono consegnati alla scrittura con il libro Note dolenti. Ovviamente, un testo divertente giocato con autoironia sul mestiere del musicista... e sui consigli per evitarlo! Dalle gag programmate e quelle estemporanee che nascono da subito sul palco (un'asta di microfono che pian piano si abbassa viene spiegata da uno dei quattro con un “questo è l'effetto che fa la tua presentazione”) a un Ezio Gentile, modulatore dell'incontro, che viene disarcionato dal suo ruolo molto presto, Gianluigi e Roberto Carlone, Giancarlo Macrì e Sandro Berti se la cantano, se la suonano, si autocitano, si divertono, si promuovono, si ripropongono in lettere ipotetiche di fan e test di conoscenza musicale improbabili tratti dal libro. Hanno ben imparato la lezione della TV. 
Nel pomeriggio, il cortile Federico II ospita Gaia Servadio, una donna italiana di adozione inglese, che ha visto nella cultura di un altro paese il trionfo del proprio amore per la stessa. Da sempre giornalista, poi anche narratrice e saggista, ha scritto per importanti testate quali Il Mondo, La Stampa e Il Corriere della Sera. Nata a Padova, si trasferì  a Londra nel 1956 e qui iniziò a collaborare con The Observer, The Sunday Times, The Times, The Daily Telegraph. Diventerà vicepresidente della stampa estera londinese ed entrerà a far parte dell'esecutivo della London Symphony Orchestra. Ha scritto diversi saggi, come Luchino Visconti, La donna nel Rinascimento e The Real Traviata. E' ospite a Cremona come autrice di un'autobiografia che racconta la storia di una vita passata a osare, a rincorrere e guadagnare traguardi che non sembravano troppo facili da raggiungere. Raccogliamo le vele, titolo della sua opera, fa riferimento all'idea di non farsi aiutare dal vento nel viaggio percorso verso l'orizzonte della vita, guadagnando la soddisfazione del “largo” con la forza di braccia pronte a remare. Il tutto calato nella musica di Mozart, molto cara alla scrittrice, eseguita al piano da Paola Girardi e al flauto da Raffaele Trevisani. 
Alle 18,00 è la volta di un attesissimo appuntamento con un autore internazionale: Roddy Doyle. Scrittore irlandese tra i più conosciuti e vissuto nella periferia dublinese, è passato alla storia della scrittura con The Commitments, libro di gran successo che ebbe anche una trasposizione cinematografica omonima, diretta da Alan Parker. I personaggi di quel libro sono diventati un po' un cult, tra i lettori assidui di Doyle, tanto che l'autore ha deciso di farli rivivere e farli conoscere così come si sono trasformati negli anni: il libro che presenta a Cremona è La musica è cambiata. Titolo ironico e acuto, così come il suo autore, così come i toni che attraversano le sue opere. 
Roddy Doyle sul palco di Cremona 
La storia riprende le fila della vita di Jimmy Rabbitte che dopo vent'anni ritroviamo padre di quattro figli, a capo di una famiglia e di un'attività economica che consiste nel riscoprire talenti ormai persi nel passato e portarli di nuovo alla ribalta. Rimane insomma intatta la sua passione per la musica ma sono appunto trascorsi parecchi anni (altrettanti per l'autore del libro) e la storia si vena di malinconia, nostalgia, ben giustificate da una tremenda notizia: Jimmy ha il cancro. Il tema della malattia viene affrontato con la solita ironia da Doyle che, anche dal vivo, continua a scherzare con l'intervistatrice e arriva a definire il cancro “come il nuovo nero”, che va vestito con orgoglio. Con un sorriso sulle labbra Doyle scherza su un tema molto difficile da approfondire e spiega che quello è il modo con cui l'ha trattato nel suo libro, conservando il suo inconfondibile stile letterario. L'autore irlandese risponde a una domanda specifica dicendo di non sapere da dove venga fuori il suo sarcasmo e cita, dal suo libro, la scena in cui Jimmy spiega ai figli la sua malattia, scherzandoci sopra, ma uno di loro si arrabbia perché non accetta che il padre faccia dell'ironia anche su quello. La scena dà l'esatta idea che l'autore abbia piena coscienza del volo ardito che fa con le sue battute, ma la sua bravura sta proprio in quello. Durante l'intervista, parla anche del tema della nostalgia... per la giovinezza, gli amici; l'autore stesso definisce il suo personaggio principale come molto cambiato dal primo “episodio”, perché si preoccupa, pensa, s'interroga, vuole cambiare e afferma “Man mano che s'invecchia si va incontro a convenzioni che possono sembrare gabbie. Jimmy accetta la propria gabbia quando ormai è troppo tardi...”. Insomma questa nuova avventura narrata da Doyle si presenta come una novità nella tradizione narrativa dell'amato autore. 
Mauro Corona: uno stie inconfondibile
(Foto di Vincenzo Zaccone)
Dopo un'ora di conversazione, a seguire, sempre in piazza Duomo, un altro appuntamento “esplosivo”: Mauro Corona. Nel presentarlo, la sua interlocutrice  annuncia la recente notizia che l'autore friulano è entrato nella cinquina dei finalisti del Premio Campiello. E lui coglie l'occasione per dichiarare la sua contentezza non solo per il risultato in sé, ma anche perché coincide con il riscatto da una vita difficile. Mauro Corona si presenta alla piazza gremìta con una maglietta smanicata sbiadita, infilata in jeans consunti e una bandana in testa. I capelli che spuntano sotto sono spettinati e in generale appare “non curante”.
Tutto questo lo scrivo non per mettere in risalto un atteggiamento fuori luogo e quindi fare una critica, anzi... tutto il contrario: la sua non curanza che trasmette nel non essersi “agghindato” per il grande evento rispecchia quella di un uomo che è riuscito, storicamente, ad averne poca anche per la sua persona, ma soprattutto rispecchia il suo vivere “secondo natura”. Quel suo non occuparsi delle apparenze sembra una conseguenza diretta di una vita che asseconda i ritmi della natura, che esalta questi ultimi e denuncia lo scempio dell'economia umana che non rispettando un ecosistema di cui essa stessa fa parte, ne subisce le conseguenze. Nella sua semplicità e immediatezza parla di moralità, Mauro Corona, ma non universale e alla quale tutti devono partecipare, ma di quella che ciascun uomo trova non alterando se stesso e preservando il proprio modo di essere, senza farlo corrompere dalle idee “disumane” che il mondo modernizzato ha inculcato. Mauro Corona vive a Erto, nella valle del Vajont e nei suoi discorsi spesso ritorna alla nota strage. In pochi minuti non esita a palesare il suo rapporto disastroso con la madre, con la famiglia, la violenza ripetuta del padre nei confronti della madre, il suo problema di alcolismo da cui con difficoltà è riuscito a venire fuori. Nella sua semplicità appare un personaggio tra i più “forti” del festival cremonese, per l'energia che sprigiona sul palco, nelle sue parole, nella grinta del tono della voce, nei concetti espressi che risuonano nella piazza come ben radicati, elaborati, figli di riflessioni e di nozioni: continuamente lo scrittore cita autori come Borges, racconta aneddoti e parla di idee; un passaggio continuo tra il mondo concreto e quello ideale, in rapporto costante con una moralità ferrea. Personaggio anche molto simpatico e ironico, Mauro Corona, che molto seriamente rilancia la sua concezione del mondo come basato sulla suddivisione tra “chi ha tre pasti al giorno garantiti e chi non li ha”. Ma poi la sua massima migliore, forse, la enuncia quando parla dell'eccesso del mondo, della voglia di strafare dell'uomo, che cerca di continuo, cerca di riempire le proprie giornate di oggetti e situazioni inutili perché semplicemente si è entrati nell'ottica di dover avere e ottenere sempre di più, lui dice “la vita ci rende eroinomani di oggetti”; quindi sostiene che “la vita è come la scultura: bisogna levare, non continuare ad aggiungere” e poi afferma deciso “nel momento in cui si hanno garantiti un pasto e un litro di vino al giorno, allora ci si può sentire già soddisfatti”. Lascia alla piazza una risata sincera e diverse idee da introiettare. Il suo libro s'intitola La voce degli uomini freddi, una fiaba per adulti in cui si parla della voce del fiume, quella che la notte si sente nel bosco, e del suo sparire all'interno di una diga voluta dagli adulti stessi. 
La serata di Cremona si accende poi di artisti molto noti, da Ivano Fossati, che presenta il suo primo libro, Tretrecinque, sulla vita di un'artista solo apparentemente appagato, a Malika Ayane che viene ospitata sul palco come controparte ideale di Silvia Avallone, giovanissima scrittrice che ha avuto un enorme successo già con la sua opera prima Acciaio. A Cremona presenta Marina Bellezza; la storia dell'autrice s'intreccia con quella personale raccontata dalla cantante, sui temi comuni di difficili decisioni da prendere nella vita, sulla ricerca del sé e su un successo artistico dai risvolti spersonalizzanti. 
Un inglese fuori dagli stereotipi
Il sabato sera si chiude con grasse risate, nel cortile Federico II, fino a notte inoltrata, un inglese che con difficoltà si riesce a rinchiudere negli stereotipi della sua nazionalità, conosciuto davvero da tutti, quanto meno per la voce: John Peter Sloan. Accompagnato al piano da Boosta (al secolo, Davide di Leo), Sloan, ormai da anni in Italia e sempre più appassionato alla sua attività di docente, si cimenta in una conversazione libera che spazia da modi “ridicoli” (quindi efficaci) per memorizzare la corretta pronuncia di parole inglesi al modo in cui gli italiani sono visti all'estero... ma anche come sono visti da un inglese che vive in Italia!
Quindi parla del continuo gesticolare italiano e dichiara: “la cosa buffa è che all'estero siamo convinti che voi improvvisiate, ma invece non è vero! E' tutto un altro linguaggio con cui voi comunicate, oltre alle parole”; e ancora “voi italiani soffrite di malattie che non esistono in nessun'altra parte del mondo. Tipo la cervicale! Che io ancora non ho ben capito dov'è localizzata questa malattia perché ognuno indica sempre un posto diverso, che va dalla testa al culo!”. Continua “Sapete quante persone sono morte perché hanno fatto il bagno in mare dopo aver mangiato? Io mi sono informato: solo un uomo a Miami... perché si è tuffato senza vedere che c'erano gli squali!”. Poi ironizza “a lezione, all'inizio parlavo di continuo perché nessuno mi interrompeva o faceva domande; quindi ero contento perché pensavo che avessero capito tutto. E invece no, perché un italiano preferisce stare zitto piuttosto che rischiare di fare una figura di merda in pubblico!”. Il suo modo di intervenire è esplosivo, coinvolgente. 
Il giorno dopo, domenica, Palazzo Affaitati ospita un'interessante associazione tra pianoforte e la voce del soprano Lucrezia Drei, uniti per intonare le diverse canzoni che vengono citate nel libro Fauci, di Nicola Gardini. Il docente di Letteratura Italiana alla Oxford University, dopo diverse opere saggistiche, approda al mondo della narrativa e a Cremona presenta questa storia costruita intorno al buffo, che diventa goffo, che nasconde il tragico. Il tutto infarcito da diversi richiami al mondo dell'opera lirica. Un libro da non perdere per gli appassionati del genere. 
Tutto è pronto per "Fauci"
(Foto di Vincenzo Zaccone)
Subito a seguire, un'autrice che arriva da Cape Town, Liesl Jobson, e che, dopo esser stata musicista e poetessa, approda a un tipo molto particolare di narrativa: la flash fiction. Il suo libro, Cento Strappi, è una raccolta di storie dense e veloci, lunghe poche righe, che ritraggono il Sudafrica e lo colgono nel pieno delle sue controversie, delle sue brutalità e anche dei suoi atti di coraggio. Un tipo di scrittura nato dall'aver partecipato a diversi concorsi di scrittura online, mirata a sviluppare l'attitudine alla brevità. Si viene a delineare, durante la conversazione, un modo di fare narrativa molto rivoluzionario e suggestivo.
Da Cape Town con passione: Liesl Jobson
(Foto di Vincenzo Zaccone)

Jakob Malander  suona nel Cortile Federico II
(Foto di Vincenzo Zaccone)
Pieno di energia è il cuore del pomeriggio, nell'incontro accompagnato dai Bud Spencer Blues Explosion, che con batteria e chitarra elettronica, accompagnano l'ottimo chitarrista Jakob Malander. Lui è un docente di letteraura a Copenaghen, da sempre musicista, che a un certo punto della sua vita decide di dedicare le proprie energie ai suoi personaggi; con successo, infatti il suo primo thriller Nei tuoi occhi diventa subito un successo internazionale.
Il protagonista è un detective della capitale danese, appassionato dei Led Zeppelin, che si trova invischiato in una catena di omicidi. La trama non segue un percorso lineare, ma si sviluppa su diversi livelli perché qualcuno cerca di tenerlo lontano dalle indagini. Il libro mette il risalto il rapporto stretto tra le istituzioni pubbliche, i media e il loro potere di cambiare la coscienza pubblica in base al tipo di notizie divulgate e al modo in cui ciò avviene. 
Intanto la rassegna cremonese si accinge verso la fine, ma ancora riserva delle sorprese.

Presentazione di Catozzella e il gruppo dei "Bobino"
(Foto di Vincenzo Zaccone)
Alle 18.30, Giuseppe Catozzella, noto giornalista che ha scritto per Il Fatto Quotidiano, L'Espresso e ha collaborato con Le Iene, parla dell'origine della storia narrata in Non dirmi che hai paura; di come sia venuto a conoscenza, a Mogadiscio, della storia di Samia Yusuf Omar e abbia deciso di farla conoscere al mondo. La ragazzina sente sempre più opprimente l'esigenza di non rinunciare al suo sogno, al suo destino, alla sua voglia di correre, gareggiare e vincere le Olimpiadi. In una Somalia in cui l'integralismo diventa sempre più onnipresente e forte, Samia si allena di notte, con il burqa, resiste alla paura e alle minacce che vengono rivolte a lei e alla sua famiglia e, a diciassette anni, riesce a qualificarsi per le Olimpiadi di Pechino. Arriva ultima, ma diventa l'immagine del riscatto per le donne somale e torna nel suo paese sempre più decisa a coronare il suo sogno: vincere le Olimpiadi di Londra 2012.
A quel punto, non le resta che vestire tutto il suo coraggio e parte, a piedi, pronta a percorrere gli ottomila chilometri che, attraverso il Sahara, il Sudan, l'Etiopia, la Libia, la porteranno sulle coste del Mediterraneo per imbarcarsi alla volta dell'Italia e cercare un allenatore. Ma il barcone sul quale si trova insieme a tanti altri emigranti affonda e il sogno di Samia annega con lei. Catozzella dice “Ho voluto raccontare questa storia perché mi sono sentito responsabile in quanto italiano, in quanto cittadino di quel paese che Samia sperava di raggiungere”.
In prima serata, invece, un duo eccezionale, il serio e il faceto uniti sullo stesso palco: Ornella Vanoni partecipa alla presentazione del libro del suo amico, Pino Roveredo. La scena è completamente rubata dalla presenza della famosa cantante, che dichiara più volte di essere lì per l'amico e che si debba parlare solo del suo libro Ballando con Cecilia (rimprovera anche bruscamente alla presentatrice di rubare del tempo al libro per parlare delle sue canzoni), ma di fatto la sua fama e la sua personalità eccentrica lasciano ben poco spazio libero. L'incontro si articola tra i discorsi che la Vanoni declama intorno al libro, ad aneddoti che la legano allo scrittore, aneddoti sull'immancabile Gino Paoli, qualche canzone che generosamente regala al pubblico di Cremona e, dulcis in fundo, qualche inframezzo in cui si citano le pagine del libro in questione. La scena è molto divertente. Il libro racconta il rapporto umano tra l'autore e una degente di un manicomio ante-Basaglia e la vita, in generale, di quelle persone così alienate dal mondo da non volerne più uscire per il disagio insuperabile di doversi reintegrare in una realtà esterna in cui non si riconoscono più. Le scene citate solo molto affascinati, le parole potenti, poetiche. Intanto la cantante si muove liberamente sul palco e va a recuperare sgabelli e sedie come se fosse un tecnico di scena, cerca di ammaestrare il fedele barboncino che vuole andarle in braccio, gestisce l'intervista a discapito della presentatrice che appare spiazzata dall'atteggiamento della diva.
Un mito sul palcoscenico
(Foto di Vincenzo Zaccone)
Diva perché è completamente se stessa, nel bene e nel male, anche quando chiede un fazzolettino di carta perché deve cantare e perché, dichiara, “non posso cantare con la candela al naso”; poi soffia i muchi nel microfono e dice “Perché ho la rinite cronica. Se volete, poi vi racconto tutte le magagne che ho”. E ancora, vince su ogni pronostico quando all'improvviso chiede all'intervistatrice “sai come fa a difendersi un'ape? Con la pu...pu..pu...puttana di tua madre!”. La piazza è in mano sua, tanto che si sentirà libera di ripetere la stessa gag un'altra volta durante l'intervista.
Lascia il palco con una massima “Ci s'innamora dell'intelligenza e del talento”.
Il festival finisce con la presentazione in anteprima nazionale del film di Franco Battiato, Attraversando il bardo. Un film documentario che è messa in immagini e raccolta di esperienze di vita reale su concetti e suggestioni frutto del suo orientamento spirituale, che spesso trasparisce dal testo delle sue canzoni. Una concezione del mondo e dell'uomo visti come luogo di energie, nella prospettiva di una vita oltre la morte. Inutile parlare del contenuto del film, c'è solo da vederlo.


Vado via da Cremona, anche quest'anno con delle piacevoli sensazioni, con delle belle immagini nella testa e qualche idea in più da integrare nel mio vissuto. Il che vale il viaggio. 

8 commenti:

  1. Con questo tuo reportage, mi hai fatto venire voglia di essere presente l'anno prossimo. Sai infondere curiosità e profondo interesse per questa manifestazione. Tutti gli autori hanno avuto una bella presentazione, ma soprattutto mi è piaciuto Roddy Doyle e Mauro Corona.
    Clem

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  2. grazie dell'apprezzamento, Clem. E' una manifestazione che a me piace molto e sono contento sia venuto fuori attraverso le parole..
    allo stesso modo non sono riuscito "nascondere" il trascinamento verso alcuni autori.
    un saluto :)

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  3. Grazie Vincenzo per questo interessante pezzo. Devi amare molto sia la lettura sia la musica.
    Angie

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    1. Grazie a voi che siete così partecipi della letteratura e della musica.. In maniera sentita. Perché poi in un modo superficiale, soprattutto alla musica, ci si approccia tutti.
      Un saluto, Angie.
      Vincenzo

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  4. Articolo veramente interessante. Bravo

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    1. grazie del commento. continua a seguirci, andremo avanti a proporti sempre qualcosa di interessante :) un saluto

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  5. Leggendo il tuo pezzo sembra quasi che tu riesca a far "vibrare le corde dell'anima". Complimenti.
    Sara

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    1. che gran bel complimento che mi hai fatto! grazie mille, Sara!
      E spero a presto, se vorrai ancora. Ciao

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