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lunedì 12 maggio 2025

Il Loto Bianco

 

di Vincenzo Zaccone


 

**Spoiler Alert**

“Il tempo da significato [alla vita]”: l’unico motivo reale per guardare la stagione 3 di The White Lotus. 

C’è da aspettare fino alla fine dell’ultima puntata, ma quel monologo vale l’intero viaggio di  sette ore e mezza.

Ho iniziato a guardare la terza stagione di “ The White Lotus” con entusiasmo, memore delle prime due; poi ho continuato con curiosità e con un senso di delusione strisciante. Perché la serie TV è scritta da Mark White, il quale si contraddistingue senza dubbio (anche in precedenti serie TV come Enlightened) per la qualità della scrittura: personaggi complessi, definiti, intriganti e inaspettati intrecci tra le diverse storie, multiple linee narrative, coinvolgenti evoluzioni dei personaggi. Tutto quello che è mancato nella terza stagione, in cui i personaggi erano cristalizzati, con cambiamenti di personalità repentina e non giustificata: Saxon da superficiale ragazzo tutto donne, sesso e lavoro (unica cosa che lo definisce, lui dice) di colpo capisce di voler qualcosa di più significativo nella vita; l’assassino testa-calda uccide solo perché provocato, nonostante la sua rabbia sia stata covata per anni e lo abbia portato dall’altra parte del mondo per uccidere - al momento della vendetta così tanto aspettata, implode; il padre di Saxon si chiude nell’ottundimento regalatogli dal lorazepam, congelato per almeno cinque puntate; la moglie rimane una simpatica macchietta per tutta la stagione. 


Dettagli a parte, anche la storia di White Lotus 3 (come visto già visto in Enlightened negli anni 2011-13) si struttura sulla lotta tra venalità e spiritualità e la tensione dalla prima verso la seconda. Ma, dopo  dodici anni, il messaggio finale continua a essere che la transizione è improbabile, spesso solo apparente. Le storie mostrano, spesso per contrasto, che la venalità/disumanità fa parte degli uomini (dalla colonizzazione e schiavitù di altri popoli per il benessere dei più forti nella prima stagione, all’uccidere per soldi nella seconda stagione), mentre dall’altra parte emerge la consapevolezza della possibilità di connettersi con la vita a un livello più profondo e autentico, e ciò può elevare dai circoli viziosi di sesso, potere, vendetta e far accettare la vita per quello che è, nel bene e nel male. Ma, per un motivo o per un altro, il tentativo di transire fallisce. 

Nella terza stagione i due mondi in contrasto si definiscono nella figura del sacerdote buddhista e nel bisogno del denaro-potere (che stabilisce la linea di confine tra la vita e la morte).

Il sacerdote dichiara esplicitamente che bisogna abbandonarsi al flusso degli eventi, mentre tutto intorno gli eventi si complicano e si muovono sempre più verso il caos, pian piano degenerano, si spingono verso punti di non ritorno.  

Il potere-denaro 

      Belinda tradisce se stessa e la sua etica: dimentica quello che Tanya le ha fatto nella prima stagione e paga l’uomo che incontra con la stessa moneta. Inizia a esserci qualche indizio che quella infatuazione possa essere amore, ma poi non conta più nulla con 5 milioni di dollari sul conto corrente. Nonostante quei soldi siano stati guadagnati con il sangue   

      Piper si sforza di diventare una buddhista, mente alla sua famiglia per arrivare in

           Thailandia e trascorrere un anno abbracciando in toto la vita buddhista. Ma mente

anche a se stessa e quella intenzione non ha una sentita ragione di essere. Lei è emblema della difficoltà di superare le proprie radici culturali e diventare qualcosa di diverso; perché tutto quello che siamo ha a che fare con quello che abbiamo e facciamo

      Gaitok (il guardiano del resort) parte da uno stato di genuinità, ingenuità e di illusione: ama Mook e sembra essere l’unica cosa che importa. Non c’è ambizione, non c’è malizia, e neppure una reale consapevolezza di sé.  Ma lei è ambiziosa. Lui ucciderà perché gli viene ordinato dal capo e quello gli procurerà un’opportunità di carriera e attraverso di quella la possibilità di conquistare la sua bella. E lo fa. Il suo vecchio sé sembra perso 

      La famiglia Ratliff è la quint’essenza di questa matrice narrativa. Il denaro definisce tutto, tutti; genitori e figli preferirebbero morire piuttosto che farne a meno. L’unico che non lo farebbe (Loch) quasi muore per mano di chi non riesce a non vedere una vita in povertà   

La spiritualità 

      Chelsea crede nella profondità e nel valore delle relazioni, ama e dedica la sua vita per salvare il suo compagno. Nonostante le facili tentazioni, non tradisce se stessa… Rimane innamorata e fedele al suo compagno.  Ma muore di quella dedizione

      Le tre amiche Laurie, Kate e Jaclyn sono pura apparenza. Nel resort continuano a interpretare gli stessi personaggi che hanno scelto nella loro quotidianità, con un’attenzione morbosa verso l’apparenza, il bisogno di riconoscimento e validazione del loro personaggio sociale. Si parlano alle spalle per il bisogno di quella validazione, confliggono, rompono quell’equilibrio basato sulla finta versione di sé. Ma è quello che le porterà a capire che c’è qualcosa di più reale di quello che si vede e le sovrastrutture sociali spesso sono gabbie che da una parte ci definiscono, dalla parte ci intrappolano 

      Loch vive nel flusso della vita degli altri. Ha il ruolo del mediatore in famiglia, quella figura chiave che fa da collante di personalità ego-centrate che interagiscono tra di loro senza relazionarsi davvero. Lui ne è consapevole ma non ha un moto di ribellione. Finché non esperisce il buddhismo e sente che in quella filosofia di vita può trovare un suo spazio.

Nella terza stagione c’è di buono che, nell’attesa della poesia del finale, il viaggio rimane piacevole, con una fotografia memorabile e scene coinvolgenti. Tra quelle da ricordare:

      Riprese della vegetazione, della giungla, del mare, di scimmie che rendono sullo schermo il sentimento delle vicende che stanno per accadere (ansia, rabbia, inquietudine)

      Molto bella la transizione tra la vita e la morte: quando Loch sta per morire, non c’è il solito tunnel, non c’è la luce dall’altro lato ad aspettare, ma lui si trova sotto acqua, la respirazione è sospesa, i rumori anche, mentre in superficie ci sono quattro oscure presenze (il resto della famiglia?) che aspettano 

      Il sole che diventa protagonista: ci sono diverse scene in cui i raggi diffondono nella lente della camera e generano cerchi parelici estatici

L’acqua è un altro elemento costante della terza stagione: restituisce il senso di quello che sta per succedere. Le immagini che ritornano sono: 1) perle d’acqua su foglie di loto, sospese in balia dei movimenti della foglia. Vibrano, oscillano, rendono il senso di una situazione in bilico; 2) le onde di un mare violento, che si schianta contro la spiaggia, contro gli scogli, pronto a travolgere tutto.

Quando la stagione 3 finisce, resta l’idea che la transizione dal superficiale allo spirituale non è possibile (Piper non ce la fa, Chelsea muore, Loch quasi); resta la percezione che comunque non importa. Si potrebbe morire da un momento all’altro, anche se non ce la si è andata a cercare (Chelsea). Importa rimanere presenti a se stessi, in ogni momento (Laurie). Il resto è accidentalità .

 

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