di Vincenzo Zaccone
**Spoiler Alert**
“Il tempo da significato
[alla vita]”: l’unico motivo reale per guardare la stagione 3 di The White
Lotus.
C’è da aspettare fino
alla fine dell’ultima puntata, ma quel monologo vale l’intero viaggio di sette ore e mezza.
Ho iniziato a guardare
la terza stagione di “ The White
Lotus” con entusiasmo, memore delle prime due; poi
ho continuato con curiosità e con un senso di delusione strisciante. Perché la
serie TV è scritta da Mark White, il quale si contraddistingue senza dubbio
(anche in precedenti serie TV come Enlightened) per la qualità della scrittura:
personaggi complessi, definiti, intriganti e inaspettati intrecci tra le
diverse storie, multiple linee narrative, coinvolgenti evoluzioni dei personaggi. Tutto quello che è mancato nella terza
stagione, in cui i personaggi erano cristalizzati, con cambiamenti di
personalità repentina e non giustificata: Saxon da superficiale ragazzo tutto
donne, sesso e lavoro (unica cosa che lo definisce, lui dice) di colpo capisce
di voler qualcosa di più significativo nella vita; l’assassino testa-calda uccide solo perché provocato, nonostante la sua
rabbia sia stata covata per anni e
lo abbia portato dall’altra parte del mondo per uccidere - al momento della vendetta così tanto aspettata,
implode; il padre di Saxon si chiude nell’ottundimento regalatogli dal
lorazepam, congelato per almeno cinque puntate; la moglie rimane una simpatica
macchietta per tutta la stagione.
Dettagli a parte, anche
la storia di White Lotus 3 (come visto già visto in Enlightened negli anni
2011-13) si struttura sulla lotta tra venalità e spiritualità e la tensione
dalla prima verso la seconda. Ma, dopo dodici anni, il messaggio finale continua a
essere che la transizione è improbabile, spesso solo apparente. Le storie
mostrano, spesso per contrasto, che la venalità/disumanità fa parte degli
uomini (dalla colonizzazione e schiavitù di altri popoli per il benessere dei
più forti nella prima stagione, all’uccidere per soldi nella seconda stagione),
mentre dall’altra parte emerge la consapevolezza della possibilità di
connettersi con la vita a un livello più profondo e autentico, e ciò può
elevare dai circoli viziosi di sesso, potere, vendetta e far accettare la vita
per quello che è, nel bene e nel male. Ma, per un motivo o per un altro, il
tentativo di transire fallisce.
Nella terza stagione i
due mondi in contrasto si definiscono nella figura del sacerdote buddhista e
nel bisogno del denaro-potere (che stabilisce la linea di confine tra la vita e
la morte).
Il sacerdote dichiara esplicitamente che bisogna abbandonarsi al flusso degli eventi, mentre tutto intorno gli eventi si complicano e si muovono sempre più verso il caos, pian piano degenerano, si spingono verso punti di non ritorno.
Il potere-denaro
•
Belinda
tradisce se stessa e la sua etica: dimentica quello che Tanya le ha fatto nella
prima stagione e paga l’uomo che incontra con la stessa moneta. Inizia a
esserci qualche indizio che quella infatuazione possa essere amore, ma poi non
conta più nulla con 5 milioni di
dollari sul conto corrente. Nonostante quei soldi siano stati guadagnati con il
sangue
•
Piper si
sforza di diventare una buddhista, mente alla sua famiglia per arrivare in
Thailandia e trascorrere un anno abbracciando
in toto la vita buddhista. Ma mente
anche a se stessa e quella intenzione non ha
una sentita ragione di essere. Lei è emblema della difficoltà di superare le
proprie radici culturali e diventare qualcosa di diverso; perché tutto quello
che siamo ha a che fare con quello che abbiamo e facciamo
•
Gaitok (il
guardiano del resort) parte da uno stato di genuinità, ingenuità e di
illusione: ama Mook e sembra essere l’unica cosa che importa. Non c’è
ambizione, non c’è malizia, e neppure una reale consapevolezza di sé. Ma lei è ambiziosa. Lui ucciderà perché gli
viene ordinato dal capo e quello gli procurerà un’opportunità di carriera e
attraverso di quella la possibilità di conquistare la sua bella. E lo fa. Il suo
vecchio sé sembra perso
• La famiglia Ratliff è la quint’essenza di
questa matrice narrativa. Il denaro definisce tutto, tutti; genitori e figli
preferirebbero morire piuttosto che farne a meno. L’unico che non lo farebbe
(Loch) quasi muore per mano di chi non riesce a non vedere una vita in
povertà
La spiritualità
•
Chelsea
crede nella profondità e nel valore delle relazioni, ama e dedica la sua vita
per salvare il suo compagno. Nonostante le facili tentazioni, non tradisce se stessa… Rimane innamorata e fedele al suo compagno. Ma muore di quella dedizione
•
Le tre
amiche Laurie, Kate e Jaclyn sono pura apparenza. Nel resort continuano a
interpretare gli stessi personaggi che hanno scelto nella loro quotidianità,
con un’attenzione morbosa verso l’apparenza, il bisogno di riconoscimento e validazione
del loro personaggio sociale. Si parlano alle spalle per il bisogno di quella
validazione, confliggono, rompono quell’equilibrio basato sulla finta versione
di sé. Ma è quello che le porterà a capire che c’è qualcosa di più reale di
quello che si vede e le sovrastrutture sociali spesso sono gabbie che da una
parte ci definiscono, dalla parte ci intrappolano
• Loch vive nel flusso della vita degli altri.
Ha il ruolo del mediatore in famiglia, quella figura chiave che fa da collante
di personalità ego-centrate che interagiscono tra di loro senza relazionarsi
davvero. Lui ne è consapevole ma non ha un moto di ribellione. Finché non
esperisce il buddhismo e sente che in quella filosofia di vita può trovare un suo spazio.
Nella terza stagione c’è
di buono che, nell’attesa della poesia del finale, il viaggio rimane piacevole,
con una fotografia memorabile e scene coinvolgenti. Tra quelle da ricordare:
•
Riprese
della vegetazione, della giungla, del mare, di scimmie che rendono sullo
schermo il sentimento delle vicende che stanno per accadere (ansia, rabbia,
inquietudine)
•
Molto bella
la transizione tra la vita e la morte: quando Loch sta per morire, non c’è il
solito tunnel, non c’è la luce dall’altro lato ad aspettare, ma lui si trova
sotto acqua, la respirazione è sospesa, i rumori anche, mentre in superficie ci
sono quattro oscure presenze (il resto della famiglia?) che aspettano
• Il sole che diventa protagonista: ci sono
diverse scene in cui i raggi diffondono nella lente della camera e generano
cerchi parelici estatici
L’acqua è un altro
elemento costante della terza stagione: restituisce il senso di quello che sta
per succedere. Le immagini che ritornano sono: 1) perle d’acqua su foglie di loto,
sospese in balia dei movimenti della foglia. Vibrano, oscillano, rendono il
senso di una situazione in bilico; 2) le onde di un mare violento, che si
schianta contro la spiaggia, contro gli scogli, pronto a travolgere tutto.
Quando la stagione 3
finisce, resta l’idea che la transizione dal superficiale allo spirituale non è
possibile (Piper non ce la fa, Chelsea muore, Loch quasi); resta la percezione
che comunque non importa. Si potrebbe morire da un momento all’altro, anche se
non ce la si è andata a cercare (Chelsea). Importa rimanere presenti a se
stessi, in ogni momento (Laurie). Il resto è accidentalità .
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