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1947 è il
vertiginoso racconto di un anno in cui la politica e la grande Storia si
fondono con gli eventi quotidiani. Un anno trascurato e apparentemente
insignificante, in cui un vecchio ordine cade e ne sorge uno nuovo, ma
soprattutto l’anno dove inizia il nostro presente.
Dove
comincia il presente? Quando nascono le forze, i conflitti e le idee che
governano la nostra epoca? Inseguendo le tracce della famiglia che non ha mai
potuto conoscere, Elisabeth Åsbrink ci trasporta in un anno cruciale del ’900,
nel momento in cui l’Occidente, reduce dal Secondo conflitto mondiale, è di
fronte a una serie di bivi e possibilità ancora aperte, e compie scelte
decisive per i nostri giorni. È il 1947 quando scoppia la Guerra fredda, viene
istituita la CIA e Kalašnikov inventa l’arma oggi più diffusa al mondo; l’ONU
riconosce lo Stato di Israele e il figlio di un orologiaio egiziano lancia il
moderno jihad.
È solo nel ’47 che viene redatta la Dichiarazione universale
dei diritti dell’uomo, prima sconosciuti all’umanità quanto il termine
«genocidio», coniato da un giurista polacco che ha perso la famiglia nei Lager.
E mentre una rete clandestina di organizzazioni internazionali mette in salvo i
gerarchi del Reich e rilancia gli ideali fascisti, Primo Levi riesce a
pubblicare Se questo è un uomo, un disilluso
George Orwell scrive il profetico 1984 e Christian Dior
crea il suo controverso New Look. In mezzo a
tutto questo, tra le masse di profughi ebrei che attraversano l’Europa in cerca
di una nuova vita, c’è il padre dell’autrice, un orfano ungherese di dieci
anni, davanti a una scelta che deciderà il suo futuro. In un racconto poetico e
documentatissimo, che ci cala nei destini di personaggi d’eccezione e persone
comuni, Åsbrink ricompone il puzzle di un anno emblematico per la sua identità
personale e per quella collettiva. E scavando nei retroscena degli eventi, fino
agli istanti in cui la Storia avrebbe potuto prendere un altro corso, arriva
all’origine di quei nodi che non abbiamo ancora sciolto.
Elisabeth Åsbrink
(1965) è una nota scrittrice e giornalista svedese, che vive tra Stoccolma e
Copenaghen. Con il suo primo libro «Och i Wienerwald står träden kvar» nel 2011
ha vinto il premio August e nel 2013 il prestigioso Ryszard Kapuściński per il
miglior reportage letterario. 1947 è il suo primo libro tradotto in Italia, in
corso di traduzione in 15 paesi.
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