Partire é la più bella
e coraggiosa di tutte le azioni.
Una gioia egoistica
forse, ma una gioia, per colui che sa
dare valore alla libertà.
Essere
soli, senza bisogni, sconosciuti,
stranieri e tuttavia
sentirsi
a casa ovunque,
e partire alla conquista
del mondo.
Isabelle Eberhardt
Isabelle
Eberhardt (Ginevra, 17 febbraio 1877 – Aïn Séfra, Algeria, 21 ottobre 1904) è,
a mio parere, un personaggio che potrebbe entrare a pieno titolo nel famoso
“Club 27”. Il gruppo di giovani e talentuosi artisti morti a ventisette anni di
cui fanno parte, tra gli altri, Jim Morrison e Jimi Hendrix.
Isabelle
è stata per certi versi una rockstar ante
litteram. Esploratrice e scrittrice di successo, figlia illegittima di un’aristocratica
donna russa, nata in Svizzera, cresce in un ambiente cosmopolita, colto e anticonformista.
È una ragazza ribelle, iconoclasta, ma anche curiosa e affamata di esperienze,
motivo per cui, fin da giovanissima, non esita a vestirsi da uomo per poter
accedere ad ambienti maschili. Brillante studiosa, parla correntemente almeno
sei lingue, tra cui l’arabo.
Isabelle adolescente in abiti maschili (foto dal web) |
Il suo interesse per il mondo arabo-magrebino
e l’Islam nasce nel 1888, quando suo fratello Augustin fugge dalla Svizzera verso
l’Algeria, dove tenta di arruolarsi - senza successo
- nella Legione Straniera. Isabelle inizia quindi a studiare la cultura delle
regioni nordafricane e l’arabo.
Intorno
al 1895 il fratello fugge nuovamente in Algeria ma questa volta viene
arruolato. Isabelle e la madre Natalia decidono perciò di partire alla sua
ricerca e si imbarcano dal porto di Marsiglia verso Bona, in Algeria. È il
maggio del 1897. L’incontro con il Nord Africa sarà un colpo di fulmine, o
forse solo la conferma di un destino già segnato nella vita della giovane e
ribelle donna europea.
Ritratto di Isabelle Eberhardt in abiti occidentali femminili (foto dal web) |
A
vent’anni Isabelle ha moltissimi progetti per il suo futuro, viaggiare e
scrivere sono da sempre le sue passioni perciò inizia a cercare lavoro come
giornalista. Purtroppo gli anni tra il 1897 e il 1898 sono segnati da altri due
gravissimi lutti: il suicidio del fratello Vladimir e la morte per tumore di
Trofimoskij. Isabelle non ha più alcun legame con la Svizzera e nel giugno del 1898
è a bordo di una nave diretta a Tunisi.
In
Tunisia inizia a vestirsi alla beduina indossando candidi abiti berberi, si
rasa completamente i capelli, e si fa passare per un giovane ragazzo il cui
nome è Mahmoud Saadi. Ormai la vita di Isabelle non è più l’agiata esistenza
europea che ha sempre disprezzato, e il suo bisogno di diventare una libera vagabonda
prende finalmente corpo.
Un ritratto in abiti magrebini maschili (foto dal web) |
In
questi anni viaggia incessantemente tra i vari paesi nordafricani, alla ricerca
continua di risposte di cui forse neanche conosce le domande, e inizia a
sviluppare una visione fatalistica della vita, secondo cui tutto sarebbe già
scritto. In questo stesso periodo pare inizi a fumare il kif, una droga che è un misto di tabacco, erbe e hashish.
Nel
suo racconto “L’ufficiale medico” - pubblicato in Italia nella raccolta “Il paradiso delle acque II” - in cui il
personaggio principale ha forti tratti autobiografici, Isabelle descrive così
l’incontro del protagonista, giovane ufficiale medico francese, con l’Algeria: “Dapprima provò fastidio, disagio. Sentiva
tutta la vaghezza infinita di quell’orizzonte entrare in lui, compenetrarlo,
illanguidire la sua anima e quasi offuscarla, anch’essa, in modo vago e
indicibile. Poi, all’improvviso, sentì quanto la sua visione si allargasse, si
estendesse, si addolcisse in una calma immensa come il silenzio circostante. E
vide lo splendore di quel paese, la luce unica, trionfante, che dava vita alla
pianura. (…) E amò la pianura.”.
Dopo
un intensissimo biennio di viaggi tra il Maghreb e l’Europa, nell’agosto del 1900
torna a El-Oued, in Algeria, sempre
sotto spoglie maschili, e inizia a muoversi verso l’interno del Sahara.
Qui
Isabelle conosce Sulimain Ehnni – o Slimène, alla francese - un giovane ufficiale arabo del reggimento di
cavalleria denominato Spahi, di stanza a El-Oued. È un amore travolgente,
eccessivo, come tutto ciò che fa e prova la giovane avventuriera.
Nello
stesso periodo viene in contatto con la confraternita islamica sufi della
Qadriyya e diventa una loro iniziata. È sedotta, affascinata, dalla disciplina
mistica sufi che diverrà parte fondamentale della sua vita.
Il
29 gennaio 1901 accade però uno strano episodio, Isabelle è accoltellata alle
spalle da un uomo e ciò permette alle autorità locali francesi di avere una
buona scusa per espellere dall’Algeria, nel maggio dello stesso anno, "questa
signorina russa che s'abbiglia in costume arabo".
In
realtà tutto nasce perché Isabelle è ormai un personaggio noto e molto scomodo
per la Francia colonialista. Nelle sue collaborazioni con alcune riviste
europee e nordafricane infatti non esita a criticare aspramente la politica
coloniale francese in Nord Africa.
Sempre
in “L’ufficiale medico” Isabelle descrive così l’incontro del protagonista con
gli algerini: “Era già li da cinque mesi.
Ora sapeva parlare la lingua del deserto, capiva quegli uomini che, all’inizio,
gli erano sembrati così misteriosi e che, dopo tutto, erano solo uomini come
tutti gli altri, né peggiori, né migliori, solo diversi. E per l’appunto, se
Jacques li amava è perché erano diversi, perché non c’era in loro quella specie
di volgarità accentuata che aveva detestato in Europa.”
E
conclude il racconto con l’ufficiale costretto ad andarsene e constatare che
lui “Difatti non assomigliava agli altri,
e non voleva piegare la testa sotto il giogo della loro tirannica mediocrità.”
L’espulsione
dura poco, Isabelle tornerà in Algeria nell’estate del 1901 – in abiti
magrebini femminili, questa volta - per testimoniare al processo dell’uomo che
l’ha accoltellata. L’uomo dichiara: “Allah
mi ha ordinato di uccidere M.lle Eberhardt che, contrariamente alle nostre
abitudini, si abbiglia in modo maschile e porta scompiglio nelle nostre
regioni.”. L’imputato viene
condannato a dieci anni di carcere, ma alla fine del processo Isabelle è
costretta nuovamente a lasciare il Paese e il suo adorato Slimène.
Un ritratto in abiti magrebini femminili (foto dal web) |
Tornata in Francia, a Marsiglia, da sola, si trova ad
affrontare un periodo di difficoltà economiche – pubblica solo qualche articolo
- e di problemi fisici. Scriverà in uno dei suoi racconti: “Ricordi nostalgici! Ricordi nostalgici
disseminati a Marsiglia, smarriti come grandi uccelli che stanno per ripartire,
che si posano solo un istante!”.
Nel mese di ottobre Slimène la raggiunge e viene
celebrato il loro matrimonio. In questo modo Isabelle acquisisce la
cittadinanza francese e potrà quindi, qualche mese dopo, rientrare con il
novello sposo nell’amata Algeria.
Dal
1902 il rapporto con l’Europa s' interrompe definitivamente, smetterà anche di
scrivere al fratello Augustin. Ha un rifiuto totale di tutto ciò che la sponda
nord del Mediterraneo rappresenta per lei: il degrado morale, l’ipocrisia e
l’arroganza, contrapposte alla semplicità, spontaneità e autenticità del Nord
Africa.
In
Algeria conosce lo scrittore, e giornalista per la rivista La Revue Blanche, Victor Barrucand e grazie a lui inizia una
proficua collaborazione per varie testate giornalistiche.
Dal
1903 Isabelle viaggia tra deserto, tribù e guarnigioni militari francesi. I
suoi articoli pubblicati sulla rivista
filoaraba Akhbar, destano scalpore e
attirano l’attenzione, tanto da essere riproposti anche sull’importante testata
Le Dépêche algérienne.
Isabelle
diventa famosa, finalmente può vivere come ha sempre desiderato, libera,
nomade, e può fare ciò che ha sempre amato, scrivere. Purtroppo però, pur
avendo poco più di venticinque anni, la sua salute inizia a vacillare
gravemente. Ha vissuto ogni attimo della sua giovane vita strappando esperienze
ed emozioni al tempo, ma ora questo le presenta un conto molto salato.
A
inizio ottobre del 1904 è costretta a farsi curare in ospedale in preda alla
febbre malarica. Il 21 ottobre decide però di lasciare il ricovero, nonostante
il parere contrario dei medici, perché quel giorno il marito la raggiungerà a Aïn
Sefra, dopo una lunga separazione.
La
mattina di quel venerdì d’autunno un’improvvisa e paradossale piena di acqua e
fango colpirà l’oasi algerina di Aïn Sefra. Isabelle Eberhardt verrà ritrovata
solo alcuni giorni dopo, sotto il pantano e le rovine. Pare abbia osservato la
piena arrivare dal balcone della casa, senza neanche tentare di sfuggire alla
morte. Aveva appena ventisette anni.
Nel
racconto “Il Vagabondo” Isabelle
scrive, quasi come fosse una profezia: “Essere
soli è essere liberi,e per il carattere del vagabondo la libertà era la sola
gioia a cui si poteva pervenire. Allora si disse che la sua solitudine era un
bene e il suo animo fu pervaso da una grande pace malinconica. (…) La notte
estiva, scura e stellata, scese sul deserto. Lo spirito del vagabondo lasciò il
suo corpo e se ne volò per sempre verso i giardini incantati e i grandi bacini
azzurrati del Paradiso delle acque.”
Dieci
giorni dopo la tragedia il suo articolo “Orgia
nera” viene pubblicato su Le Dépêche
algérienne. L’episodio desta
molta emozione e rende improvvisamente la scrittrice quasi leggendaria.
L’amico
Victor Barrucand contribuirà a far crescere ancora di più il mito della giovane
e sfortunata scrittrice e viaggiatrice. Victor recupera dal fango numerosi
scritti ancora inediti e, nel 1906, cura la prima pubblicazione di una raccolta
di testi d' Isabelle. Il lavoro però viene molto criticato dagli amici della
scrittrice, poiché Barrucand ha apportato ai testi modifiche e censure fin troppo palesi.
Solo
molti anni dopo verranno pubblicati vari libri riportanti i testi originari,
mentre l’opera omnia sarà stampata in Francia solo alla fine degli anni ’80. In
Italia Isabelle Eberhardt è pubblicata sistematicamente solo a partire dal
nuovo millennio, in una felice riscoperta di una figura femminile fuori da ogni
schema, una vera rockstar del
diciannovesimo secolo.
Bibliografia in italiano:
“Scritti
sulla sabbia” ed. Mursia
“La via del
deserto. Vol. 1: Yasmina e altre novelle algerine.” ed. Ibis – 2002
“La via del
deserto. Vol. 2: Il paradiso delle acque” ed. Ibis – 2003
Altri testi dedicati a I. Eberhardt in italiano:
“Voglia
d'Oriente: la giovinezza di Isabelle Eberhardt” di Edmonde Cherles-Roux, ed.
Bompiani - 1990;
“Isabelle
amica del deserto. Una vita breve di passione e avventura” di Mirella Tenderini ,
ed. Alpine
Studio - 2016
Ciao Marina, articolo interessanete e molto particolare.
RispondiEliminaBrava!!
Patrizia e Alice
Grazie!
EliminaUn caro saluto
Marina