!-- Menù Orizzontale con Sottosezioni Inizio -->

News

mi piace

domenica 22 settembre 2024

Violenza e prevenzione: per una cultura del rispetto

 

di Tiziana Viganò

 

Come possiamo prevenire la violenzaCome possiamo riconoscerne i segnali? Dove e come possiamo trovare soluzioni? La violenza in famiglia, la violenza psicologica, la violenza nel mondo.

  A me piace sempre parlare in positivo, e, anche se l’argomento è scabroso, difficile, tremendo, come quello della violenza contro le donne, preferisco cercare il bandolo della matassa, quello che fa uscire dai problemi, piuttosto che avvoltolarmi in un groviglio di negatività. Questo non vuol dire disinteressarsi del problema, ma al contrario, dopo averlo studiato trovare la soluzione per uscirne soprattutto puntando sulla prevenzione.

Quindi i quesiti sono questi: 

Come facciamo a prevenire la violenza

Come possiamo riconoscerne i segnali? 

Dove e come possiamo trovare soluzioni?

 

Se devo rispondere in 3 parole direi che prima di ogni cosa bisogna educare al rispetto: cambiare la cultura di maschi e femmine per educare tutti al rispetto di sé e degli altri.

 Certe volte, parlando con le donne, emerge un dato molto importante: la mancanza di consapevolezza. Questa si collega a una bassa autostima, a una scarsa analisi delle proprie capacità, risorse e talenti, certe volte anche uno scarso rispetto per se stesse: queste donne perdono occasioni preziose che invece dovrebbero cogliere per migliorare la loro vita.

 



"difficile equilibrio"

Definiamo meglio il concetto di consapevolezza, che è diverso da quello di conoscenza razionale: è un tipo di percezione profonda della realtà che porta ad agire e reagire; noi percepiamo e sentiamo, immaginiamo, ci emozioniamo fluendo liberamente tra noi e l’esterno, ben in contatto con l’inconscio, un vero oceano di conoscenze rimosse che si attiva fin dalla primissima infanzia condizionando tutta la nostra vita, ma anche arricchendo il nostro sapere di dati preziosissimi, che spesso o non riconosciamo, o non possiamo o non vogliamo riconoscere. 

Educare le donne all’autostima, al rispetto di sé 

e gli uomini alla stima e al rispetto delle donne.

Gli uomini non vanno lasciati soli, mai accusati e denigrati, anzi apprezzati nella loro diversità e complementarietà nei confronti delle donne. Quello che è da condannare recisamente è una cultura che da millenni li approva se dominanti, possessivi, prevaricatori, sempre vincenti. Aiutarli a gestire la rabbia, il fallimento, il dolore dell’abbandono e del rifiuto, proprio quello che non tutti sopportano e che spesso provocano i femminicidi, aiutarli al controllo delle proprie azioni e reazioni se violenti, sono passi verso un cambiamento di cultura che non sarà né facile né veloce, perché radicato profondamente da millenni.

 La violenza psicologica

 Se la violenza fisica e il femminicidio sono cose tremende che con il loro lato fisico e materiale, con il sangue che scorre, suscitano orrore e attenzione, c’è ben altro: la violenza più diffusa è quella che non si vede, ma che distrugge la persona che la subisce. Svalutare, umiliare, isolare, controllare, perseguitare tutto questo è violenza psicologica, poi c’è la violenza economica, e quella assistita (quella subita dai figli). 

 Definizione di violenza di genere per l’ONU e per l’Unione Europea:

“Una violenza che si annida nello squilibrio relazionale tra i sessi e nel desiderio di controllo e di possesso da parte del genere maschile sul femminile. Atti persecutori, matrimoni forzati, mutilazioni genitali, tratta di donne e bambini, violenza economica, violenza fisica, psicologica, abuso sessuale e stupro”.





 

"Fil rouge"


Da una statistica diffusa dal Ministero delle Pari Opportunità, risulta che in Italia ogni tre morti violente, una riguarda donne uccise proprio dal partner: questo deve far prendere coscienza che la famiglia e la relazione di coppia sono i punti fragili dove si deve lavorare. E’ liberatorio pensare che ci sia un “mostro” che viene da chissà da dove ad agire violenza, ma la realtà è proprio il contrario: solo il 2% dei violenti è estraneo.

Ci sono regole millenarie che dicono che le donne devono essere sottomesse: se nei paesi del mondo è cosa palese e diffusa, qui nei nostri paesi “evoluti” è più subdola, perché sotterranea, non è politically correct manifestare questo concetto, ma in realtà, sotto sotto, lavora ancora sotto la crosta del perbenismo.

Chi esce dalle regole della società la paga cara, anche con la vita.

E non nascondiamoci dietro la parola “delitto passionale”, come una volta c’era il “delitto d’onore”! E i raptus di follia non esistono…o quasi, sono frutto di violenze antiche, psicologiche e/o fisiche, reiterate nel tempo e visibili a tutti. La violenza in famiglia è un fenomeno molto grave e troppo diffuso: le vittime fanno fatica a denunciare, si vergognano, hanno paura, vogliono proteggere i figli e quello che hanno, non sanno come mantenersi, non si fidano delle leggi e delle istituzioni che molte volte per cavilli o impossibilità o per mancanza di prove certe non proteggono chi è a rischio.

Ma i vicini, gli amici, i compaesani sanno sempre cosa succede in una famiglia, a volte c’è un’omertà inspiegabile, la gente chiude gli occhi e non vuole vedere, o pensa di non impicciarsi di affari che non la riguardano… 

Che orrore vedere in tv tutti quegli “esperti” che sentenziano sui fatti di cronaca nera, compiacendosi del particolare macabro. Le troppe parole non servono, contano i fatti, conta l’osservazione dei fenomeni,conta guardare i segnali, conta capire che un uomo che svaluta, umilia, che non si controlla, che trascende, picchia è quello che è, un violento, spesso psichicamente disturbato se non malato ed è sempre potenzialmente pericoloso: soprattutto non ama. L’amore è un’altra cosa.

Che dire della situazione nel mondo?

 La parola femminicidio è stata coniata in Messico da Marcela Lagarde nel 2006 per definire gli omicidi basati sul genere, si uccide una donna in quanto donna. E in che occasione è stata coniata? A Ciudad Juarez una delle città più violente del mondo, circa 5000 donne sono state uccise o scomparse: è diventata simbolo del femminicidio, ma anche dell’attività delle donne contro la violenza per le associazioni e i movimenti nati contro il fenomeno.


Tiziana Viganò

Milanese, laureata in Lettere Moderne, redattrice e iconografa per molti anni presso Garzanti Editore, ha poi approfondito altri interessi e lavorato nel campo della psicologia, della comunicazione e della medicina naturale, studiando a fondo i rapporti tra mente e corpo. Appassionata di cultura, arte e letteratura, scrive da sempre. Attiva nel volontariato sociale a favore delle donne, ha fatto esperienze e progetti per ONG in Africa e nella Repubblica Dominicana a favore dei migranti: assieme al lavoro come Counselor (in terapia della Gestalt e PNL) e ai viaggi nel mondo, queste attività sono fonti inesauribili per le sue storie. Ha partecipato con i suoi racconti a molte antologie. Dal 2018 collabora alla redazione del magazine MilanoNera, scrive recensioni per grandi case editrici. Il suo sito è www.tizianavigano.com  Ha pubblicato: 

Come le donne”, (2012-16, PMedizioni) dodici racconti, Premio internazionale "Nuove lettere" dell'Istituto di cultura di Napoli 2012, XXX edizione.

Sinfonia nera in quattro tempi” (2016, Youcanprint). La prima indagine,"Mal di psiche, mal di cuore" ha ricevuto il Premio Kalendimaggio 2012 allo Spazio Hajech di Milano.

L’onda lunga del Titanic” (2017, Macchione Editore), presentato alla Mostra internazionale del Titanic a Torino 2018 e qualificato al secondo posto al Premio Edizioni Convalle “Dentro l’amore”, V edizione, 2020.

Noi e il Sessantotto”, (2018, Macchione editore), antologia curata da lei.

Viaggi di nuvole e terra”, (2018, Macchione). Finalista al Premio per la letteratura di viaggio - Città di Palestrina 2019 - XXII edizione

Quando il delitto è arte”, (2021, Golem), sequel di “Sinfonia nera”.


 





Nessun commento:

Posta un commento