Lamantica Edizioni, 204 pp., € 18,00
Liv e Nasrin sono andate ad abitare in una vecchia stazione abbandonata. La loro principale occupazione condivisa diventa quella del restauro e dell'abbellimento. Mentre scavano in giardino, però, rinvengono delle ossa. Alcune strane cartilagini fanno loro pensare d'avere rinvenuto delle ali, e che quindi il resto dello scheletro sia quello di un angelo. Non smetteranno di scavare finché non troveranno anche il teschio e lo scheletro sarà completato.
Una storia parallelamente coinvolge le nostre protagoniste. Le ritroviamo infatti in un bosco, sperdute e minacciate da strane creature metà umane e metà animali. La loro principale occupazione è difendersi da questi attacchi e ritrovare la via di casa.
Queste due storie viaggiano parallelamente, non v'è alcun dichiarato collegamento tra l'una e l'altra.
Per Liv e Nasrin amare è avanzare nel buio della fitta boscaglia; scavare nel terreno duro e riarso dal sole.
Amare significa non smettere mai di trarre l'altro dall'oscurità del mondo, un pezzo alla volta, ogni notte.
Nivangio Siovara non esiste, è solo uno pseudonimo. Come Atena, è nato dalla testa del padre che non abbandona mai; trascorre, anzi, il proprio tempo ad osservarlo con scientifico interesse. Il risultato è una continua produzione di oscuri scritti, di cui questo libro è un’eccellente testimonianza. Il genitore, rassegnato, gli concede completa libertà, nella speranza che diventi per lui l'immancabile bastone della vecchiaia.
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